Dio vuole il sacerdote a sua disposizione
per la salvezza dei suoi fratelli
Non so se nella vostra chiesa, che ha una lunga storia, sia mai avvenuto che un vostro fratello sia stato elevato alla dignità, all’ordine, al ministero, al servizio del sacerdozio, comunque é una cosa straordinaria quella che accade in mezzo a voi questa sera.
Tonino lo conoscete tutti é un vostro amico, un vostro fratello, un compaesano e voi, questa sera, me lo presentate perché io gli imponga le mani e diventi sacerdote. In un certo qual senso, me lo presentate perché io lo consacri a Dio, perché sia di Dio e, sempre in un determinato senso, non sia più vostro e, non soltanto perché sarà destinato altrove per esercitare il suo ministero, ma perché per l’imposizione delle mani, Dio stesso ne prende possesso, diventa cosa sua in modo del tutto particolare come tutte le persone che egli riserva per sé.
Noi ci esprimiamo come possiamo, quando parliamo delle cose di Dio. Che Dio si riservi qualcuno per sé potrebbe lasciare la impressione che Dio abbia bisogno di qualcuno. Miei cari, dobbiamo stare attenti per quanto possibile a capire le cose di Dio, i gesti che compie Dio.
Questa sera Dio, per la imposizione delle mani del vescovo, per l’azione di nostro Signore Gesù Cristo sommo ed eterno sacerdote e dello Spirito Santo, Tonino sarà totalmente consacrato a Dio, perché Dio é preoccupato di noi. Dio non vuole Tonino per se, ma lo vuole totalmente a sua disposizione a favore nostro, per il nostro bene, per la nostra salvezza, la salvezza annunziata dal profeta, realizzata da nostro Signore Gesù Cristo e di cui il nostro fratello Tonino diventerà il segno e il dispensatore.
Dalla parola del Signore che abbiamo celebrato insieme possiamo cogliere due particolari della salvezza. La salvezza che Dio vuole compiere in noi per mezzo della presenza di nostro Signore Gesù Cristo operante nel sacerdote é prima di tutto una liberazione. Avete ascoltato il profeta dove dice:” lo Spirito del Signore é sopra di me. Mi ha inviato ad annunziare la buona novella agli umili e a proclamare la libertà agli schiavi, la scarcerazione ai prigionieri”. Le parole si riferiscono a nostro Signore Gesù Cristo, ma si riferiscono anche ad ogni forma di presenza di nostro Signore Gesù Cristo in mezzo a noi e quindi anche al sacerdote. E questo é il senso della salvezza.
Oggi si parla tanto di libertà. Si parla anche di liberazione. Il nostro liberatore é nostro Signore Gesù Cristo. E’ Dio che ci libera per mezzo del suo Figlio e, il sacerdote in mezzo ai suoi fratelli rende operante la liberazione portata in mezzo a noi da nostro Signore Gesù Cristo come dono di Dio. Non c’é libertà, se non siamo liberati dall’azione stessa del nostro Creatore e del nostro Salvatore. Non c’é una libertà che nasce dall’uomo perché l’uomo é nella sua condizione storica assoggettato ad un potere più grande e più forte di lui, dal quale potere deve essere sottratto con una forza più potente di quella che lo tiene soggiogato e questa é soltanto la forza di Dio.
Il sacerdote è in mezzo a noi perché, attraverso il suo ministero nostro Signore Gesù Cristo ci raggiunge e ci libera.
Nostro Signore Gesù Cristo ci libera dalla potestà del peccato, dalle suggestioni del male e del peccato e ci dà la forza di essere liberi da tutti i condizionamenti che ci impediscono di ragionare con la nostra testa, che ci impediscono di prendere le decisioni secondo un nostro criterio valido, ci impediscono di essere noi stessi. Questo fa il sacerdote per un potere che gli viene da nostro Signore Gesù Cristo.
E’ un potere posto al nostro servizio, esercitato in nostro favore ed é un potere di cui il sacerdote stesso, e tra i sacerdoti il vescovo, tutti, abbiamo bisogno. Noi che ci presentiamo a voi, non siamo degli “altri” ma siamo come tutti voi e come tutti voi abbiamo bisogno di essere liberati da nostro Signore Gesù Cristo, forse in un senso più radicale, più profondo e più vasto di quanto é necessario per la vostra persona.
E, se noi ci presentiamo a voi come persone libere, se noi stiamo in mezzo a voi come persone dotate della libertà che viene da nostro Signore Gesù Cristo, il nostro ministero é valido.
Questo significa che se noi siamo veramente gli amici di nostro Signore Gesù Cristo e permettiamo a Gesù Cristo, giorno dopo giorno attraverso la preghiera, attraverso un impegno di vita ascetica, di possederci e di liberarci, allora la nostra presenza in mezzo alla comunità ha un senso.
Se accadesse di non essere totalmente posseduti da Dio attraverso quella liberazione che vuole compiere in noi nostro Signore Gesù Cristo e che da parte nostra si realizza con l’impegno della preghiera e della continua conversione nella mortificazione e nella penitenza, noi staremmo in mezzo alla nostra comunità, più come inciampo all’azione che vuole compiere nostro Signore Gesù Cristo in mezzo agli uomini, che come strumento di liberazione.
Ho detto che il senso della parola di Dio ci pone di fronte ad un altro elemento della salvezza: la fraternità, la comunione, l’amore vicendevole. Le parole di Pietro, le parole di nostro Signore Gesù Cristo, lo hanno detto con molta chiarezza. Il sacerdote é il ministro di questa capacità di amarci scambievolmente che ci viene da Dio. Il ministero del sacerdote, l’esercizio del sacerdozio, deve essere visto nella prospettiva di “uno” che sta in mezzo ai fratelli per invitarli, sollecitarli, guidarli, quasi a costringerli a stare uniti fra di loro, a volersi bene tra di loro come debbono fare i figli di uno stesso padre.
Ma, il ministero del sacerdote non é semplicemente quello di darci delle indicazioni, di sollecitarci nel senso della unione fraterna. Il sacerdote é il portatore di una grazia, di una forza nuova, di un amore nuovo che é l’amore stesso di Dio comunicato a noi attraverso il ministero del suo sacerdozio. E la capacità di volerci bene, che ci conferisce attraverso l’azione del suo ministero, non é soltanto la capacità di imitare nostro Signore Gesù Cristo che per dimostrarci il suo amore é morto per noi, perché Gesù Cristo non é soltanto un modello. Gesù Cristo é una grazia, é una forza, é una fonte di vita nuova.
E il sacerdote in mezzo ai propri fratelli é colui che porta l’amore di nostro Signore Gesù Cristo. Anche in questo senso deve essere il segno e lo strumento. Deve essere lui, il sacerdote, l’uomo capace di legare amicizie, di suscitare concordia e comprensione, di sedare gli animi accesi gli uni contro gli altri. Deve essere lui, il sacerdote, capace, non soltanto per le doti naturali che pure ci vogliono, ma soprattutto per una capacità che gli viene dall’essere amico intimo di nostro Signore Gesù Cristo. L’amore nasce dall’amore e l’amore cristiano nasce dall’amore di Cristo. Se il sacerdote vuole portare questo amore ai fratelli deve attingerlo al cuore di nostro Signore Gesù Cristo.
Ho tentato di dirvi qualche cosa di ciò che avviene in uno dei nostri fratelli per l’azione dello Spirito Santo che trasformerà il suo essere, la sua persona, per essere in mezzo a noi tutti, un segno della presenza di nostro Signore Gesù Cristo, che ci viene a dotare della libertà e dignità di figli di Dio e della capacità di amarci vicendevolmente come veri discepoli di nostro Signore Gesù Cristo.
OM 375 Volta Mantovana 71 – 13-3-71 ore 17- Don Tonino Frigo