La celebrazione del centenario a Monopoli
In cattedrale le testimonianze e la concelebrazione presieduta dal vescovo Domenico Padovano
25 aprile, festa della Liberazione. Non a caso l’evento alla memoria del vescovo Carlo Ferrari è stato per analogia una festa della liberazione dei cuori, un momento di Grazia per la città di Monopoli che ha ricordato il suo vescovo. Nel centenario della nascita, il vescovo della Diocesi Conversano-Monopoli, mons. Domenico Padovano, ha presieduto una solenne concelebrazione nella Cattedrale della Madonna della Madia. All’omelia ha ricordato la figura del Vescovo Carlo rifacendosi alle confidenze di mons. Magrassi, Vescovo di Bari e discepolo spirituale dello stesso Carlo Ferrari. Il parroco della Cattedrale, mons. Vincenzo Muoio ha organizzato ogni cosa con cura ed ha rievocato la memoria con grande trasporto emotivo. Diciamo subito che grande è stata la risposta dei monopolitani, che hanno gremito la Cattedrale sin dalle prime ore del pomeriggio per tributare al loro amato vescovo quel filiale affetto, segno di un ricordo che il tempo non ha sbiadito. Alla cerimonia era presente il sindaco della città, ing. Emilio Romani e i rappresentanti del consiglio comunale. Il primo cittadino ha ricordato il momento del conferimento della cittadinanza onoraria e le riconoscenti parole dell’ allora sindaco Remigio Ferretti rivolte a Ferrari, lette con spirito di deferente partecipazione. La cerimonia ha avuto tre momenti significativi: la presentazione dei volumi Testimonianze di 40 anni di Episcopato fra Monopoli e Mantova, curato da Benito Regis e Carlo Ferrari – Padre del Concilio, Diario (1962-1965), a cura di Stefano Siliberti, un lavoro mastodontico di 700 pagine, realizzato con grande cura e affetto, in cui il sacerdote di Cisternino riporta tanti frammenti di vita conciliare di Ferrari, pensieri che accendono lo spirito e il cuore di chi avrà la possibilità di leggere il volume. Gli interventi del rettore della Cattedrale. mons. Vincenzo Muolo della prof.ssa Vanna Rossam e del prof. Paolo Centomani; e la celebrazione Eucaristica. DON STEFANO SILIBERTI Il don Stefano Siliberti nel presentare il volume ha preso le mosse da una lettera del 29 giugno ’77 che mons. Ferrari scrisse a Paolo VI in cui si enucleano tre punti di pensiero: l) “Trascorsi 15 anni per me preziosi in mezzo ad una accogliente popolazione meridionale nella diocesi di Monopoli ed ebbi la ventura di partecipare al Concilio”. 2) “Il mio intento a Monopoli e a Mantova fu quello di aiutare ognuno a maturare la sua Grazia”. 3) “Non voglio attirare l’attenzione sulla mia persona”. «Il vescovo Ferrari – afferma il sacerdote – si lasciò invadere dalla solarità luminosa della nostra terra. Il “Diario”, infatti, respira costantemente il richiamo al sole e per converso alla nebulosità del cielo romano, sia atmosferico che simbolicamente ecclesiale, a significare l’affetto che nutriva per Monopoli. Il vescovo Ferrari aveva l’accoglienza nell’animo. In un contesto pomposo, come quello conciliare, accolse in aula chiunque da Monopoli lo avesse raggiunto a Roma». (A tal proposito si ricorda la visita all’università Cattolica di Roma in cui seppe di una monopolitana, Maria Amodio, iscritta al corso di infermiera. Ferrari andò a trovaria, le strinse la mano. Quel ricordo oggi è indelebile nel cuore di questa donna, ndr.). Don Stefano avviandosi alla conclusione riprende, a mo’ di suggerimento, quanto affermato ai mantovani: «Carlo Ferrari conservò fino alla fine della vita un foglietto e lo portava sempre con sé. Apparteneva a un suo fratello, Oreste, morto in giovanile età, senza poter coronare il sogno di sposarsi. Su quel foglietto il fratello aveva scritto per la sua ragazza: “Se anche avessi tanta carta quanto il Cielo e tanto inchiostro quanto il mare, non basterebbero per dirti quanto ti amo”. Noi sappiamo quanto Carlo abbia amato il nostro limpido cielo e il nostro mariano mare. Eppure il nostro cielo e il nostro mare – ne sono convintissimo -non bastano a ridire quanto il vescovo Carlo abbia amato il Dio-Mistero, la Chiesa e le chiese di Monopoli e di Mantova. Il suo cuore fu davvero “eccellente”» . PROF.SSA VANNA ROSSANI «Arrivò nel 1952 a Monopoli un vescovo giovane, anticonformista, senza fronzoli e formalità. Era diventato il nostro punto di riferimento. A lui andavamo per chiedere un consiglio, un aiuto. Quando scendevamo le scale della Curia, ce ne andavamo motivati e pronti ad affrontare la vita. . Quelle parole, quei consigli, quella permanente funzione formativa sono e rimarranno per noi pietre vive». PROF. PAOLO CENTOMANI «Ero chierichetto. Avevo 6 anni nel 1952. Più che le sue parole, colpiva lo sguardo. Eravamo emozionati della sua autorevolezza. Da grande maestro della fede, ci ha sempre aiutati a crescere nella grazia con una profondità e una chiarezza unica Su don benito regis c’è un passaggio significativo nel “diario Conciliare” curato da don Stefano Siliberti, in cui Ferrari gli attribuisce il merito d’essere “intelligente interprete del suo pensiero e delle sue predilezioni pastorali”. «Sono sicuro – esordisce Benito Regis – di alcune convinzioni che il vescovo Ferrari mi ha trasmesso e che molto mi hanno aiutato a essere prete, a perseverare nella fede e ad acquisire sempre nuova umanità. Le mie parole non vogliono essere soltanto un doveroso e affettuoso amarcord, sono invece la riproposta di una testimonianza di fede e di coscienza ecclesiale del vescovo Carlo, un patrimonio che non ha perso affatto la forza di bussare ancora oggi ai cuori della gente del nostro tempo». «Vi sono delle intuizioni nella predicazione di Ferrari che lui chiamava “chiodi” per dire punti fermi. Quei chiodi corrispondono alle sue convinzioni. Al primo posto la “centralità della persona”. Oggi tutti riconoscono questa realtà a parole, ma spesso è più che altro uno sciacquarsi la bocca. Nel concreto questa centralità è oggetto di scempio, accettata come un male minore. Ecco la rassegnazione. Centrale oggi non è la persona, è il profitto, il mercato globale con le sue leggi e i suoi crimini. Centrale non è la persona, ma il Governo dello Stato (leggi ad personam, cedere alle pressioni delle lobbies). Centrale non sono le persone, ma i mass media, che da mezzi di informazione diventano mezzi di disinformazione, complici se non protagonisti di uno scardinamento dei valori su cui sono fondati la convivenza civile e la famiglia. Centrale è il mito della tanta autorealizzazione in nome della quale si spezzano le famiglie Se evoco questi scenari disturbanti è per mettere in evidenza l’attualità della convinzione di Ferrari per la difesa del primato della persona». Parla del libro sapienziale scritto dal vescovo, “Il Dio Cristiano”: «Nel testo dice: “Il mistero e la vicenda delle divine Persone hanno per fine la persona umana”. Coerente con questa convinzione diceva: “Preferisco sbagliare dando fiducia alle persone, che non sbagliare negando la fiducia “». Sul tema dell’impegno pastorale: «La pastorale del vescovo Carlo era rivolta a correggere le distorsioni della fede cristiana, il devozionismo, le tradizioni e incrostazioni delle abitudini. “Il cristianesimo non è questo” fu il ritornello del vescovo. E’ la religione del Verbo Incarnato, della Parola di Dio che si fa Carne, non la religione del libro. Il documento del Concilio Vaticano II, “Dei Verbum” è memoria della storia di Dio che entra nella nostra storia, è liberazione di Dio per l’uomo; una alleanza voluta da Lui per accorciare le distanze fra Dio e l’uomo. Ecco l’incontro con la Parola di Dio. E’ realismo, immediatezza, risonanza emotiva. Senza questa testimonianza non c’è incontro di persone. Credere è fare strada insieme, Dio e noi. Ecco come ritorna il tema della centralità della persona». Parla della personalità del vescovo Ferrari: «La sua era un’intima sintonia con il profilo paradossale della fede. Nel Dna del credere cristiano c’è la Pasqua del Signore. Il pane non è più solo pane, ma è la vita di Cristo che nutre i cuori. Il vescovo Carlo non ha eluso i paradossi della fede, non li ha nascosti, li ha posti al centro della sua meditazione e testimonianza». Parole forti sono state quelle riguardanti la Gerarchia: «Ha gioito intimamente (il Vescovo) quando il Concilio ha dichiarato che la Gerarchia deve essere all’interno e non sopra il popolo di Dio; deve essere al servizio della coesione e della crescita del popolo». Don Regis avviandosi alla conclusione ha richiamato: «Vi ho parlato solo della testimonianza del vescovo Carlo, ma nel libro vi sono altre testimonianze legate alle figure di persone che avete conosciuto o conoscete: del senatore Luigi Russo, del giudice Fortunato D’Auria, del vescovo mons. Martino Scarafile, del vaticanista Orazio Petrosillo: l’importante è che da tutte venga un richiamo a quei tratti fondamentali dell’esperienza cristiana oltre che del vescovo Carlo Ferrari
Viantonio Marasciullo
direttore del mensile “ il Borgo” di Monopoli