I favolosi anni 60, qui a Monopoli, per noi giovani di allora furono segnati, mi si perdoni l’immagine apparentemente irriverente, dalla presenza di monsignor Ferrari, punto di riferimento autorevole e fervido di stimoli per la nostra esperienza di vita.
Il Vescovo Carlo, viene ricordato, e a ragione, come il Vescovo del Concilio, ma per noi fu il Vescovo dei giovani.
Giovane egli stesso, aperto, pronto ad ascoltare i suoni (ce ne erano pochi) o i bisbigli o i silenzi che si innalzavano dalla condizione giovanile di quegli anni, con i suoi modi franchi, diretti, a volte bruschi ci invitava a non “strusciare” sempre per il borgo e aggiungeva: “Ditemi che i giovani fanno qualche malefatta, ma ditemi che fanno”.
Ci spingeva così ad inoltrarci nel fiume della vita, a coglierne i sapori, ad avviarci all ‘incontro-scontro con la realtà. E noi lo ascoltavamo, lo seguivamo anche per il suo anticonformismo non di maniera, ma rispondente ad un suo preciso stile di vita. Attratto dalle modernità, sfrecciava in spider rossa per le strade della diocesi, volto al nuovo rifuggiva dai ritualismi vuoti e paganeggianti (memorabili le sue crociate contro le processioni di San Cosmo).
Pur nella opinabilità di tali comportamenti, lo sentivamo autentico, credibile perché, nel farci sentire il vento del nuovo che stava arrivando nella chiesa e fuori della chiesa, testimoniava con altrettanta fermezza i valori dell’ amore e della libertà.
Ricordo fra i suoi più grandi insegnamenti quello rivolto alla libertà di coscienza. E’ qui – diceva – che ritroviamo il senso del nostro esistere e del nostro essere perché è qui, nella coscienza, che la voce del Padre risuona più compiutamente. Ed è qui che parte la consapevolezza della libertà di figli di Dio.
Sì, eravamo giovani con quel Vescovo giovane che ci accostava ad un’immagine per noi diversa di Dio: il Padre. Si formava in noi giovani cattolici l’idea di un Dio Padre e quindi di un Dio Amore che permea di se tutto l’ Universo e l ‘umanità.
E intanto arrivava l’evento, il Concilio; il nostro vescovo ne fu uno degli interpreti più convinti ed entusiasti. Quando tornava da Roma andavamo ad attingere da Lui come a fonte di acqua nuova e limpida.
E’ rimasto sempre il vescovo del Concilio, anche quando nella chiesa è spirata un’aria postconciliare di dubbia adesione a quegli orientamenti. E la sua voce critica si è alzata, in difesa di quell’enorme e prezioso patrimonio di valori e idee che il Vaticano II aveva espresso.
Quando con il suo alto magistero si è trasferito a Mantova, ha lasciato in noi, che ormai giovanissimi non eravamo più, una risonanza profonda e piena.
Erano gli anni a Monopoli del Movimento Studenti il cui animatore fu il caro don Salvatore Carbonara, figlio spirituale vicinissimo e sempre in piena sintonia con monsignor Ferrari.
Ora che Lui non c’è più, resta per noi giovani di allora questa scia luminosa della lieta novella, della testimonianza della Parola che si fa vita, di quelI’amore in Cristo di cui il Vescovo si fece annunciatore coerente e sincero. Quella scia luminosa ora è nei nostri cuori, ci indica la Via, ci proclama la Verità, fa esplodere la Vita.
Grazie, padre Carlo, per avere attraversato il nostro cammino di vita.
Vanna Rossani – da Monopoli-
Stampa: “La Cittadella” 10 Gennaio 1993