Roncoferraro 28 ottobre 1972 – visita pastorale
Mons. Carlo Ferrari
Miei cari fratelli nel Battesimo, in questo momento nella nostra Chiesa mantovana ha inizio un avvenimento che riguarda la sua vitalità, la sua vita, la sua consistenza ed efficienza, non una efficienza umana, ma direi un’efficienza della salvezza, che Nostro Signore Gesù Cristo ha portato in questa terra.
Io, allo scadere allo scadere dei primi cinque anni della mia permanenza in mezzo a voi, incomincio la cosiddetta visita pastorale. E’ una visita pastorale non comune – chiamiamola così – e neppure vuol essere una visita pastorale speciale. Mi pare che sia una visita pastorale come Gesù Cristo intende il ministero apostolico, come intende la cura e la missione della sua Chiesa, e nella chiesa, la partecipazione di tutti i credenti, di tutti i battezzati a questa responsabilità, che Egli ha affidato agli uomini.
Abbiamo appena terminato di leggere, di ascoltare la Parola di Dio: Gesù che passa la notte in preghiera.
Noi siamo, ciascuno di noi, non dico nel cuore della notte, ma all’inizio di una notte. E’ notte. E ci troviamo anche noi, come Gesù Cristo, ma soprattutto insieme a Gesù Cristo, a pregare.
E dopo aver trascorso la notte in preghiera Gesù compie l’atto più significativo e più decisivo della sua missione. Perché? Sapendo di dover ritornare al Padre attraverso la via della Croce, della morte, dell’annientamento di se stesso, per poter dare la vita nuova agli uomini, attraverso la forza della sua Risurrezione, sceglie degli uomini destinati per la sua grazia, cioè per l’azione che Egli stesso personalmente avrebbe compiuto in queste persone, a continuare ciò che Egli ha incominciato.
Che cosa ha fatto Gesù Cristo?
Lo sappiamo: ha annunciato il Vangelo, ha guarito tutti i mali, ha risuscitato i morti e ha portato un precetto nuovo, il suo precetto, il suo comandamento in mezzo agli uomini. Gesù che predica il Vangelo, la buona Novella, l’annuncio gioioso di che cosa? Che noi siamo liberati dai nostri peccati, che nella misura in cui ci liberiamo dai peccati, dal peccato, ci liberiamo, in certo qual senso, anche dagli altri mali.
Gesù viene a liberarci dal peccato, perché il peccato è una schiavitù, é una limitazione, è la distruzione della dignità della persona umana. E di questa persona umana umiliata, nullificata in certo qual senso dal peccato, Gesù Cristo ne fa dei figli di Dio.
Ecco la Buona Novella: la liberazione dal male e la situazione del bene, non di un bene qualsiasi, ma di una vita nuova, di una vita che non ha dinanzi a sé un termine, ma un’apertura sull’infinito, sull’infinito che è Dio stesso, perché l’ultimo termine della nostra vocazione, l’ultima meta che ci segna Nostro Signore Gesù Cristo nel Vangelo è la partecipazione piena alla vita stessa di Dio, che è pienezza di tutto l’essere.
San Paolo, che ha fatto una certa esperienza della vita eterna, ci assicura che non c’è lingua d’uomo, non c’è occhio, non c’è senso, non c’è capacità di esprimere ciò che è la vita di Dio, che egli intravede in qualche modo, molto da lontano.
Miei cari, siamo troppo radicati nella nostra esistenza, molto terrena e alle volte molto terrestre, e dimentichiamo il punto fondamentale della nostra persona, che è il meglio di noi stessi, ed è il nostro spirito, è la nostra intelligenza, è il nostro cuore, sono i nostri sentimenti, è la nostra libertà, è la padronanza delle nostre azioni: è tutto questo che ci distingue da tutte le altre creature, che ci rende grandi. E Dio ci vuole rendere infinitamente più grandi e vuole venire incontro a tutte le nostre aspirazioni, che Lui stesso ha radicato nella nostra persona, perché siano soddisfatte infinitamente.
Ecco il Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo. E per questo Egli compie dei segni, dei gesti, dei miracoli addirittura, per attestare che se qualcuno non vuole credere alle sue parole, al suo Vangelo, al suo messaggio, creda almeno ai fatti. E i fatti attestano che Dio è in Lui, che egli è il Figlio di Dio, che egli non può mentire.
Perciò guarisce gli ammalati, risuscita i morti e Lui stesso risorge da morte, perché è padrone della vita, e quindi è capace di mantenere la parola, che egli lega al suo Vangelo, al suo messaggio.
E il suo vangelo e il suo messaggio hanno come sintesi il comandamento suo, il comandamento nuovo, il comandamento di sintesi. Se noi, per la Redenzione di Nostro Signore Gesù Cristo, diventiamo figli di Dio, conseguentemente ognuno di noi è figlio di questo Padre, ognuno di noi è, rispetto all’altro un fratello.Ogni uomo veramente è mio fratello.
E allora la conseguenza: il precetto del Signore è che noi ci vogliamo bene, è che noi siamo uniti, è che realizziamo la vita cristiana, come è descritta al principio della vita della Chiesa: essere un cuor solo e un’anima sola.
Voi vedete, miei cari, questa sera intorno al Vescovo tutti i sacerdoti responsabili delle parrocchie del Vicariato.
Non ho fatto questo invito, che tutti i sacerdoti vostri siano intorno a me questa sera, solo per una concelebrazione; l’ho fatto con un intento preciso.
Noi ci poniamo dinanzi a voi come coloro che continuano la missione degli Apostoli, come gli annunciatori del Vangelo, ci poniamo dinanzi a voi come quelli che vi liberano dal peccato e vi conferiscono la grazia della vita nuova, per cui siete generati figli di Dio, e siamo dinanzi a voi come quelli che per primi ricevono il precetto nuovo del Signore: “amatevi gli uni gli altri” “Siate una cosa sola fra di voi, come io e il Padre siamo una cosa sola” ; “In questo conosceranno che siete miei discepoli”; da questo riconoscerete che noi siamo discepoli di Gesù Cristo, perché ci vogliamo bene.
E io credo al bene che si vogliono i vostri sacerdoti. Ma io questa sera, non con un atto di autorità, ma con un invito fraterno, perché ho la responsabilità di essere segno e strumento della loro unità , vi raccolgo qui intorno all’altare, perché ci sia l’espressione evidente della Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo, che è tale nel senso che “essendo molti, formiamo una cosa sola”.
Avete udito la Parola dell’Apostolo Paolo, che pone dinanzi a noi l’immagine dell’edificio: Cristo è il fondamento, è la pietra angolare, gli Apostoli si fondano anch’essi su Cristo, per Cristo e con Cristo come fondamento; ma tutta la costruzione deve crescere e non cresce perché si mette una pietra sopra l’altra, perché sono delle persone libere, che liberamente danno la loro adesione al Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo, si accostano per accogliere la vita, che Egli è venuto a portare in questa terra e si amano vicendevolmente.
Anche questo ho voluto: che tutte le parrocchie del Vicariato fossero rappresentate anche semplicemente da una persona, perché si formasse una unità ecclesiale.
Io non so se riuscirò a far intendere il mio pensiero e lo scopo che mi guida in questa visita pastorale, concepita, ripeto, secondo il desiderio di Dio e secondo la natura della chiesa.
Non ci possiamo stringere o restringere intorno ai nostri campanili e pensare che la loro ombra copra tutto il mondo e che il resto non ci riguardi. No. Il Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo incomincia ad essere operante, la sua grazia, la sua vita diventano una realtà di esistenza quando si adempie il suo comandamento: che in tanti formiamo una cosa sola. Non dobbiamo essere tanti nel senso di essere troppi; io non ho cominciato la visita pastorale in tutta la diocesi, perché è troppo estesa, non ci sarebbe stata la possibilità di raccogliere per un tempo assai prolungato, in qualche modo, in diverse forme, tutti i sacerdoti e i fedeli delle diverse parrocchie, per esprimere questa unità.
Il campanile non deve segnare dei confini; deve essere un punto rialzato, dal quale noi spaziamo, più largamente possibile, la nostra comunione di amore, per adempiere al precetto del Signore, almeno fin dove arriva il nostro sguardo.
Ecco allora una ragione per cui la visita pastorale è la visita per tutto il Vicariato; sarà anche per le singole parrocchie, verrò in ciascheduna delle vostre parrocchie, state tranquilli, ma quello che importa è che ogni parrocchia si senta sorella delle parrocchie del Vicariato; che ogni comunità parrocchiale si senta veramente in comunione con tutte le comunità parrocchiali del Vicariato.
Ma non basta.
Il Vescovo per suo conto, i sacerdoti con lui, ma anche ogni battezzato con il Vescovo e con i sacerdoti dobbiamo sentirci responsabili della missione di Nostro Signore Gesù Cristo e perciò diventare annunciatori del Vangelo; dobbiamo essere portatori della vita nuova, che ci è offerta da Nostro Signore Gesù Cristo; dobbiamo essere dinanzi agli uomini – San Paolo dice anche dinanzi agli Angeli” – spettacolo, ragione di ammirazione. Perché?
Non perché andiamo in chiesa, non per il solo fatto che partecipiamo alla Messa o ai santi sacramenti, ma per il fatto che ci vogliamo bene. Questo si diceva dei primi cristiani: “guardate come si vogliono bene”.
Miei cari, concludo.
Io non mi riprometto dalla visita pastorale se non quello che ci concederà la misericordia del Signore, che noi imploriamo per l’intercessione di tutti i santi protettori di queste parrocchie e soprattutto per l’intercessione di Maria Santissima.
Io non mi riprometto di più di quello che sarà il vostro impegno, l’impegno dei sacerdoti, delle religiose, dei laici.
Ma io ho un’aspirazione e non ve la tengo nascosta. Sentite: il mondo si trasforma, il mondo si rinnova. E’ indispensabile rinnovare il nostro cristianesimo, ma non inventarne un altro: prendere alla lettera quello che ci propone Nostro Signore Gesù Cristo, prendere sul serio il suo messaggio e viverlo, fino in fondo, a qualunque costo, sopportandone tutte le conseguenze.
Noi non saremo chiamati al martirio e non saremo chiamati ad altri atti eroici; però guardate e convincetevene bene: un cristianesimo serio è un cristianesimo eroico.
Non diamo alla parola eroismo un senso più o meno retorico o romantico; diamole il senso di serietà, il senso di responsabilità, che ci prende fino in fondo, nelle nostre energie, nelle nostre capacità, nel nostro tempo e anche nelle nostre cose. Prima Cristo e poi tutto il resto, prima l’uomo redento da Cristo, Figlio di Dio, diventato lui stesso figlio di Dio e poi tutto il resto.
Diamo un volto nuovo alle nostre comunità cristiane.
Ripeto ancora: non attendo miracoli, ma attendo che la grazia di Dio possa operare in voi; attendo che ci sosteniamo vicendevolmente: voi laici, voi sacerdoti sosteniate me e io sostenga i sacerdoti, i sacerdoti sostengano voi, per adempiere pienamente a questo nostro impegno.(Ciò che segue non si troverà sulla stampa)
Ora, continuiamo la nostra concelebrazione.
In mezzo a noi la presenza di Gesù è così viva, così attiva; a questa presenza dobbiamo aderire, a questa presenza noi dobbiamo abbandonarci.
E’ presente Gesù Cristo nella sua Parola, è presente nel suo Sacrificio eucaristico; è presente per essere il nostro cibo e la nostra bevanda, perché forza sia data a ciascheduno di noi per seguirlo.
E non dimentichiamo l’invito di Gesù e non vorrei neppure che suonasse male al termine di queste parole, che suoni bene: “Chi vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda tutti i giorni la sua croce e mi segua”.
Gesù non ci porta sul Calvario per abbandonarci sulla Croce, ci fa passare per la via della nostra croce, per portarci alla gloria della Risurrezione, cioè alla pienezza della sua vita.
OM 579 visita pastorale 1972 – Roncoferraro, 28 ottobre
Stampa “Da Dio a Dio” pag. 274-279