Miei cari,
lo scorso anno per rispondere ai vostri auguri per il mio onomastico e per le Feste Natalizie vi trascrivevo le mie impressioni sulla solenne chiusura del Concilio. Il Concilio si chiudeva come celebrazione, come riflessione, come studio, come documentazione di lavori; ma proprio dall’otto dicembre 1965 esso si apriva come dinamica di un organismo vivente che, superata una situazione di stasi, riprende con nuovo vigore la sua azione: I’azione di salvezza del Figlio di Dio in mezzo agli uomini. Una nuova presa di coscienza della Chiesa, il rinnovamento liturgico, la funzione della Parola di Dio la dignità dei laici e il loro posto nel popolo di Dio, I’impulso missionario, il movimento ecumenico, la presenza della Chiesa nel mondo non sono soltanto dei temi di dottrina, ma dei semi che lo Spirito Santo ha affondato nelle coscienze perché germoglino, crescano e diano frutti.
A distanza di un solo anno, quanti segni già possiamo raccogliere della potenza e della fecondità dell’azione dello Spirito di Dio che ha ispirato, assistito e portato a tanta altezza I’avvenimento del Concilio. Per più d’uno di questi segni si può constatare che, come già i Documenti del Concilio, anche i suoi frutti vanno al di là delle migliori speranze. Personalmente mi sono trovato nel vivo di una singolare esperienza, impensabile prima del Concilio e certamente segno di quella novità di grazie che il Concilio ha inteso, promosso e che ora diventano operanti.
La Conferenza Episcopale Pugliese aveva accolto nell’adunanza del 7-7-66 la proposta dell’ Arcivescovo di Taranto di sperimentare una forma di aggiornamento per il Clero della regione che, oltre il motivo pastorale e l’attrattiva turistica, offrisse la possibilità di una esperienza comunitaria dei sacerdoti tra di loro e con i loro Vescovi.
L’iniziativa si concretava in una crociera su nave che avrebbe toccato alcune isole dello Ionio, dell’Egeo e Atene. Pur dando la meritevole attenzione all’aspetto turistico-culturale, lo scopo preciso si appuntava su un serio impegno di studio.
Anche se non entra nell’interesse di questa breve relazione, a fatto compiuto lo scopo dell’aggiornamento sui documenti conciliari e di una spontanea e positiva esperienza comunitaria, tutti hanno costatato che è stato pienamente raggiunto.
Per il confluire fortuito e provvidenziale di varie circostanze, nel nostro programma venne a inserirsi la possibilità di un significativo incontro ecumenico con il Metropolita Ortodosso di Volos, Damaskinos.
I necessari preparativi risultarono assecondati dal desiderio reciproco di incontrarsi e quindi non ci furono difficoltà da superare. L’Arcivescovo cattolico di Atene dette la sua incondizionata approvazione e si prestò volenterosamente per la concretizzazione delI’avvenimento.
L’incontro si effettuò il giorno dodici settembre alle ore diciassette nel salone delle opere di apostolato annesso all’Arcivescovado cattolico di Atene. Presenti Monsignor Damaskinos, un suo Protobresbitero, un gruppo di sacerdoti ortodossi e alcuni laici della facoltà di teologia di Atene, Mons. Printesis, Motolese, il sottoscritto, il nostro gruppo di circa sessanta sacerdoti diocesani e religiosi, sacerdoti e laici cattolici ateniesi. Monsignor Printesis dà il benvenuto a tutti: nelle sue parole, in perfetto italiano, trapelava lo stile dell’uomo e del pastore: personalità rilevata, visione chiara delle situazioni, essenzialità di soluzioni, naturale semplicità di comportamento (conduce personalmente la macchina, unico segno distintivo l’anello del Papa).
Monsignor Motolese dice della sua e della comune commozione e mentre ringrazia chi ci ospita saluta nel Metropolita di Volos tutte le Chiese di Oriente a cui va la nostra stima, la nostra sincera venerazione e tutta l’apertura del nostro cuore. Mette in particolare risalto la comune devozione alla Santa Madre di Dio ed esprime la speranza che quanti invocano insieme la comune Madre non tarderanno a riconoscersi fratelli.
Anch’io sono entrato nel dialogo: ho detto che per l’abbraccio ecumenico la Grecia e la Puglia sono le più vicine per ragioni geografiche, storiche, culturali e per un patrimonio religioso che attende di venire reintegrato in una certa misura da entrambe le parti per essere pienamente vitale e diventare comune nella totalità del significato e della funzione nell’ordine della salvezza. Egnazia (Monopoli) e la nuova Roma (Bisanzio) erano al termine della via più battuta tra Oriente e Occidente; il monachesimo Orientale ha trovato un asilo naturale e accogliente nelle numerose « laure » sparse nella nostra zona; ogni celebre cattedrale della nostra terra custodisce e venera un’altrettanto celebre e devota immagine di Maria, che ci è venuta certamente dall’Oriente: basterebbe che si promuovessero degli incontri pellegrinaggi, tra le nostre Chiese per costatare quanto siamo ancora vicini. Infine mi sono permesso di far notare come la Chiesa, da Papa Giovanni ai nostri giorni, sia sotto un’azione più sperimentabile dello Spirito Santo: il suo compito è quello di diffondere la carità nei cuori; se i nostri cuori saranno sinceramente aperti a questa azione dello Spirito, Egli c’introdurrà in tutta la verità. Quando ci vorremo veramente bene e i fatti lo testimonieranno, le difficoltà di ordine dottrinale avremo la sorpresa e la gioia di vederle cadute.
Una festosa ovazione ha accolto il gesto di Damaskinos che si accingeva a parlare. Un’attenzione protesa ad ogni sua affermazione (parla con padronanza la nostra lingua) che ora sorprendeva, ora meravigliava, ora commoveva, sempre produceva motivi di letizia nel Signore. Riporto soltanto alcune battute raccolte dal registratore.
«Non conosco perfettamente la lingua italiana, tuttavia ho l’obbligo di parlare e sono i sicuro che tutti capirete, perché ora tutti siamo convinti che è il cuore che parla e quando parla il cuore tutti ci si capisce ».
Veniamo a sapere che durante la guerra fu prigioniero dei tedeschi e conobbe la tragica esperienza di Dachau, che sempre come prigioniero soggiornò in Calabria dove ebbe modo di rendersi conto delle molte affinità di spirito e di tradizioni che tuttora è facile I riscontrare in mezzo alle nostre popolazioni, lontane propaggini di quella che fu la Magna Grecia. Poi la memoria lo porta di forza all’incontro avuto con Papa Giovanni, che rievoca con evidente emozione: « Non dimenticherò mai questo Papa: il capo della più grande Chiesa, con naturale semplicità ha preso con le sue mani una grande poltrona, I’ha accostata così vicino alla sua che eravamo viso a viso e |con gioia evidente mi dice:
-Beatitudine ! Io rispondo:
-Santità, non sono Beatitudine.
-Ma tu sei Arcivescovo, osserva il Papa.
-No, Santità, da noi il Metropolita non comporta il titolo di Arcivescovo.
-E allora caro Fratello: questo è il titolo più vero e provo una grande gioia perché tu sei il primo Vescovo Ortodosso e Greco per di più, che viene per incontrarsi col Papa (era il 17 Maggio 1962)
Tutta la persona di Papa Giovanni, le sue parole, i suoi gesti, I’amabilità che traspariva dai suoi occhi, mi hanno dato la certezza – è la prima volta che lo dichiaro – che in Lui c’era presente Dio. Quando Dio vuole parlare agli uomini non ricorre a una lingua internazionale: le persone, la carica espressiva della loro fisionomia, il loro cuore diventa tutto linguaggio di Dio; trovandomi davanti alla personalità sacra di Papa Giovanni ero sicuro e lo sono ancora che il Papa è un’ immagine di Dio sulla terra».
«Il mondo attraversa una grande crisi. Anche la Chiesa soffre la sua crisi e per questo c’è nel nostro cuore una grande tristezza. Ma fra tante cose ce n’è una consolante: non sono soltanto parole, non si tratta di un sogno, ma di una speranza che deve diventare realtà. Voi cattolici pregate per l’unità della Chiesa, noi Ortodossi preghiamo come voi e con voi e fra poco pregheremo insieme, un Vescovo Ortodosso coi Vescovi cattolici, con i nostri sacerdoti e sono sicuro che, se avessimo avuto il tempo di farlo sapere, tanti e tanti qui in Atene sarebbero venuti per unirsi alla nostra preghiera. Questa è una realtà nuova indistruttibile. Lo so che ci sono ancora uomini che hanno paura, che temono il primato del Papa, come se si trattasse di un impero che mette in pericolo le altre Chiese; questi uomini non hanno letto la storia, non sanno nulla di ciò che avviene a Roma, dell’atteggiamento dei Papi e dei prelati cattolici, non leggono i vostri libri e neppure i vostri giornali; per questo stanno in un atteggiamento sbagliato
«Mentre i teologi studiano è necessario che noi Pastori, Vescovi e sacerdoti, facciamo di questi incontri. In questo momento, in questa piccola sala sento che è presente tutto il popolo italiano e tutto il popolo greco, specialmente tutti i Vescovi carichi delle loro responsabilità, i quali conoscono le gravi situazioni in cui vive il mondo e la Chiesa di Cristo. Tutti abbiamo bisogno di tenere presente che la nostra religione, la religione del nostro Signore Gesù Crocifisso, non è la religione dell’odio ma dell’amore, che la Chiesa non è solamente dei tempi passati, ma è la Chiesa nella quale vive lo Spirito Santo che è amore di Dio e per il prossimo.
«Dobbiamo tutti metterci davanti al tribunale di Dio e chiederci che cosa dirà nostro Signore di ciò che abbiamo fatto, come Papa, come Cardinale, come Patriarca, come Vescovo, come Diacono per il santo Vangelo di Dio, per l’unità delle Chiese e per la pace del mondo, la quale non è possibile senza questi incontri e senza questa unione nella carità. Per questo vi bacio tutti con grande rispetto. Portate l’espressione del mio rispetto a Sua Santità, i miei saluti e ringrazia menti all’Arcivescovo carissimo di Bari, a tutti i Vescovi e al popolo italiano.
«Infine mi auguro che, se Iddio vuole ancora la Chiesa martire, questo sia il martirio dell’unica Chiesa e non di molte Chiese». Non conta l’intensità dell’applauso che coronò queste parole, ma la profonda commozione dei presenti, tra i quali più di uno non riusciva a trattenere le lacrime.
L’incontro terminò con lo scambio di doni e con il gruppo fotografico fatto sulla gradinata della Cattedrale cattolica che dà sul Corso: la gente sostava numerosa e si poteva intravederne il lieto stupore.
Il momento più toccante dell’incontro fu la cena a cui Mons. Damaskinos invitò Mons. Printesis, Motolese, il sottoscritto e il nostro a segretario.
Un modestissimo ristorante di un villaggio, distante da Atene, sul mare.
All’aperto, un tavolo ricoperto di nailon, tovagliolini di carta, pane casalingo, pesce arrostito, ricotta piccante, pomidoro, vino: quasi una cena preparata dal Maestro per i suoi Apostoli.
Damaskinos spezzò il pane e in quell’atmosfera evangelica si parlò delle cose che riguardano il Padre: niente di sensazionale, nessuna indiscrezione (eppure la stampa rivelò l’importanza e la gravità delle dichiarazioni che il Santo Sinodo preparava proprio in quelle ore), molta libertà e reciproca confidenza, molta sofferenza, ma soprattutto molta speranza.
Al cospetto del mare che circonda il mondo, in un angolo remoto della terra, nel silenzio della notte, testimoni le stelle e gli Angeli, i Successori degli Apostoli si abbracciavano e, con impresso il bacio della pace, si dirigevano alle loro dimore e il loro cuore « ardeva » perché in quel giorno il Signore aveva fatto un lungo cammino con loro.
Miei cari, il Natale è Gesù che ricomincia camminare con noi come l’Angelo che conosce la strada, come l’Amico che ci sostiene, come l’Agnello che ci purifica e ci rende miti e buoni.
Che il nostro cuore abbia la sorpresa di sen tirsi « ardente » perché il Signore è con noi! Vi benedico.
CARLO FERRARI Vescovo
Monopoli, Natale 1966
ST 216 Natale 66 [1]