Corresponsabilità
di tutti i membri del popolo di Dio nell’unico servizio
di edificare la chiesa di nostro Signore Gesù Cristo
Finalità, strumenti, oggetto della pastorale della chiesa locale.
Anche se non ci credete, il mio imbarazzo aumenta dopo che ho avuto la grazia di incontrarvi quasi tutti personalmente, almeno per salutarvi, e di sentire non solo le vostre impressioni ma anche qualche cosa delle vostre reazioni alle affermazioni che ho fatto ieri mattina. Il mio imbarazzo aumenta perché, queste affermazioni che io non faccio con disinvoltura, producono in gran parte di noi un senso di crescente crisi e anche di sfiducia.
Volere o no, la subiamo questa tentazione. La dobbiamo superare. E’ latente in noi ed è tanto più latente quando, proponendo un ideale di chiesa, una situazione di chiesa più vicina al vangelo, noi facciamo il confronto con la nostra situazione personale e con la situazione delle nostre comunità. E’ vero ma bisogna che noi lo vediamo.
Mons. Vescovo diceva: non dobbiamo nascondere la testa nella sabbia come lo struzzo. Dobbiamo guardare di fronte la realtà in cui ci troviamo, ma altrettanto dobbiamo guardare, con occhio ansioso di ricerca,quale sia l’opera di Dio in mezzo a noi, per sintonizzarci. Quando Dio è con noi… Mi pare che Gesù Cristo dicesse ieri a Giovanni: basta che non sia contro di noi che è già con noi. I motivi di fiducia ci sono.
Mi capita più di una volta di incontrarmi con preti di altre diocesi e sempre rilevo questo motivo di crisi e di sfiducia. Io sono ottimista, come il nostro vescovo, in questo senso. Noi oggi nella chiesa possediamo dei beni così evidenti, di una presenza quasi straordinaria dello Spirito Santo e della sua azione come non si è mai verificato negli ultimi secoli della storia della chiesa. Certo, lo Spirito Santo, quando arriva sconvolge, quando arriva rinnova tutte le cose. E’ la disponibilità ad essere rinnovati, che è difficile.
Credo di poter prendere tutta la libertà, non solo di parlare con fiducia, ma con confidenza.
Se io oggi parlo un linguaggio e dico cose che trenta anni fa non dicevo é perché ho subito la mia crisi. Ho avuto la fortuna di leggere la nota di quello scoglio nel Tangheri, e di essermi buttato a capofitto nel Marmion. Ho avuto la fortuna, in quel tempo, di leggere i misteri cristiani dello (non si legge) Erano i germi di quello che oggi è sbocciato e che è destinato a dare dei frutti.
Poi ho partecipato al concilio, più o meno come tutti i vescovi e sono stato abbastanza attento, molto interessato e anche discretamente impegnato, ma non ho terminato la mia crisi e quindi il mio rinnovamento con la celebrazione del concilio. Ho continuato con lo studio dei documenti del concilio perché – non so se sia capitato anche a te (al vescovo di Tortona) di trovarti in mano dei documenti che erano novità anche per noi che ne avevamo seguito discussione in aula, e ci siamo trovati davanti ad una ricchezza.
Ecco, il rischio del concilio, il più grave danno che possa accadere alla chiesa,è quello di non prenderlo sul serio e di non fare lo sforzo indispensabile di rinnovamento di noi stessi, – di metanoia -, per cui non dobbiamo aver paura di immergerci in orizzonti che non ci sono famigliari. Questa non è una condanna del passato. Non è una critica. Dicevo ieri: quello che ci manca è il senso della storia, cioé quel tempo è quel tempo e in quel tempo si giustificano tutte le cose; fuori da quel tempo non si giustificano più.
E’ vero tutto quello che abbiamo studiato nel Tangheri, nel Genicò, eccetera. Non dico che, oggi, non sia più vero. Dico che quelle, oggi, sono delle verità diminuite, delle verità limitate. Se continuiamo col Tangheri, il Genicò, eccetera, noi continuiamo a fare un’opera di edificazione della chiesa, ma facciamo opera di scristianizzazione nel senso che non proponiamo tutto il contento della rivelazione, ma solo una parte estremamente impoverita. Guardate che in campo di teologia morale il Genicò è un manuale di morale naturale, di etica naturale anche se nomina Dio.
Non definisce certamente la morale: conformità a nostro Signore Gesù Cristo, partecipi della sua vita e quindi partecipi del suo mistero pasquale, della morte e della resurrezione. Se ricordate il Tangheri, alla domanda che cos’è la religione risponde: un complesso di verità, di norme, di riti! Il cristianesimo è una storia, è un avvenimento tra persone!
Siamo in periodo di crisi
e noi la dobbiamo subire se vogliamo arrivare a sintonizzarci con la vita della chiesa di oggi.
Il tema: finalità, strumenti: oggetto della pastorale della chiesa locale. La finalità della pastorale della chiesa locale è l’unità nella carità di tutti i membri del popolo di Dio in essa animato, in comunione con tutte le chiese alle quali presiede quella di Roma.
Gli autori non si mettono d’accordo sulla definizione di pastorale. Noi mettiamo dinnanzi la finalità di ogni nostra azione così detta pastorale, per vedere dove dobbiamo tendere: – l’unità nella carità di tutti i membri, – il popolo di Dio, adunato in ogni luogo e in un tempo, corrisponde al piano del Padre. Si. Cristo è il Signore, ma prima c’è il Padre che lo ha costituito Signore. Noi dimentichiamo il Padre.
Ricordate: – quei tempi , che bei tempi! ,migliori di quelli di oggi !- quando proponevo come libro di meditazione “andiamo al Padre”di Mons. Gherì? Era una scoperta anche quella di tipo biblico: il richiamo al Padre. Altro che sistematizzazione dei trattati di teologia! Ci vuole anche questo ed è indispensabile per avere la chiave di uno studio serio della teologia, ma poi bisogna spaziare negli orizzonti del piano di Dio. C’è qualche cosa che ha concepito Lui, a cui noi dobbiamo corrispondere, a cui noi dobbiamo adeguarci.
Il piano del Padre si compie in Gesù Cristo, costituito Signore, Capo del suo corpo che è la Chiesa. Capo non nel senso che sta al di sopra ma nel senso che da lui scende tutta la vita per la Chiesa come la linfa dalla vite al tralcio. Questo piano é attuato dallo Spirito Santo nella concretezza dei tempi storici, nella Chiesa. Vedete, quindi, che è indispensabile un cambiamento di prospettiva non solo nel linguaggio ma proprio negli atteggiamenti e quindi nel concepire la nostra azione pastorale.
Cambiamento di prospettiva dalla “cura d’anime individualistica”, alla “pastorale comunitaria”.
La cura d’anime.
La mia parrocchia ha tante anime, perciò io devo occuparmi di tutte quelle anime. E’ vero. Ma è piuttosto vero che di tutte quelle persone io devo fare un “unum” nella carità. Non mi devo preoccupare che ognuno faccia la sua confessione, che ognuno ascolti la sua messa. Se anche io avessi mille persone che ascoltano tutte la loro messa e si fanno tutte la loro comunione, io non ho una comunità cristiana, non ho una cellula di chiesa, non ho una vita di chiesa, non ho una vita cristiana perché trascuro la dimensione orizzontale che è tanto necessaria, indispensabile alla salvezza. Extra ecclesia non datur salus, va inteso prima di tutto in questo senso, non nel senso di quelli che sono fuori, ma proprio nel senso di quelli che sono dentro: se fanno o non fanno Chiesa proprio nella comunione con gli altri.
Comunicare a Gesù Cristo nel senso di comunione eucaristica, comunicare a Gesù Cristo per essere in comunione, per attuare una propria comunione con tutti i fratelli, con tutte le membra del suo Corpo. Questo è un cambiamento di prospettiva non da proporre a qualcuno che lo vuole accettare, ma che è intrinsecamente insito nella natura della salvezza: “Dio non volle santificare e salvare gli uomini individualmente, ma volle di loro costituire un popolo “. Una dichiarazione molto perentoria che non deriva solo dal magistero, ma da tutta la storia della salvezza, cioè dal piano di Dio. Perciò, come abbiamo detto ieri, il livello della carità è il criterio di valutazione della efficienza dell’azione pastorale.
Capite che quando diciamo: il livello della carità, oppure l’unità nella carità, diciamo qualche cosa di più, di grazia di Dio. Diciamo grazia di Dio in quanto è vita, in quanto è espressione di vita, in quanto è sorgente di vita che si esprime in quanto è vita, non, in quanto è uno stato di vita, ma in quanto è principio dinamico che porta con se la conseguenza di un movimento continuo.
Io sono in stato di grazia… se muoio vado in paradiso… gli altri si arrangino ! E’ una concezione nettamente errata. Ecco dove il cristianesimo è insufficiente: è frutto di una scristianizzazione nel cristianesimo.
Soggetto dell’azione Pastorale
Il soggetto dell’azione pastorale è il popolo di Dio che si raccoglie in ogni legittima comunità. Se volete conferma leggete LG 7; 17; 30;10 eccetera. Il soggetto dell’azione pastorale é il popolo di Dio,allora: la necessità di chiarire e di specificare il compito dei sacri ministri. E’ latente in ciascheduno di noi la convinzione che il soggetto dell’azione pastorale o del ministero o del servizio pastorale siamo noi.
Pastore è nostro Signore Gesù Cristo.
E’ la chiesa che santifica il mondo, che salva il mondo.
E’ la chiesa di nostro Signore Gesù Cristo lo strumento, il segno, il mezzo attraverso cui tutti gli uomini raggiungono la loro unione con Dio e l’unione nella carità tra di loro.
E’ la chiesa: “Lumen Gentium”!
Allora la chiesa non siamo soltanto noi.
Tante volte è stato rilevato che nella Costituzione della chiesa viene prima il capitolo sul popolo di Dio e dopo quello sulla gerarchia. La gerarchia fa parte del popolo di Dio, è nel popolo di Dio. Sì che i poteri sacri alla gerarchia derivano non dal popolo ma da nostro Signore Gesù Cristo, attraverso l’azione sacramentale, è indubitato però, che la gerarchia non è al di sopra o al di fuori del popolo di Dio e non ha una mansione in esclusiva in nessun modo. Al principio del capitolo sui laici è detto che i sacri ministri sono convinti che la responsabilità della missione salvifica non spetta soltanto a loro, ma che tutti debbono prendere la parte della loro responsabilità nella missione salvifica quindi nel compito pastorale della chiesa.
Necessità di chiarire e di specificare i compiti dei sacri ministri.
Si celebra un sinodo per questo. Speriamo che ne venga fuori qualche cosa sempre più chiara, per scoprire la nostra identità, il nostro compito, il nostro posto nella chiesa, nella comunità in cui viviamo, in cui esercitiamo il nostro ministero.
C’è la necessità di scoprire, di rispettare, di inserire accanto al nostro ministero i vari ministeri dei laici, i loro doni di grazia, la loro grazia particolare.
E’ un ministero quello di un padre e di una madre costituito dall’azione di un sacramento e quando noi ci sostituissimo nella educazione dei figli – purtroppo dobbiamo fare anche dei compiti di supplenza – il nostro ministero non è adatto a quel compito,vale meno, è più adatto il loro. Se noi priviamo la comunità di questi doni che Dio elargisce attraverso i doni sacramentali, attraverso la libera azione del dono della sua grazia, secondo una misura incomprensibile e misteriosa, impoveriamo la vita della comunità, imbrigliamo i doni di Dio, facciamo il tentativo di spegnere l’azione dello Spirito Santo.
Questa è una realtà del cristianesimo, una realtà della vita cristiana, è una realtà della vita della chiesa. Quindi tutti i battezzati nella comunità sono oggetto della pastorale. Anche noi siamo oggetto della pastorale. Tutti siamo soggetto della pastorale. Non semplicemente per la ragione di assicurarci dei collaboratori, ma per la ragione di rispettare il piano di Dio, di rispettare la Signoria di nostro Signore Gesù Cristo, che opera in tutte le sue membra, che rende attive e vitale tutte le sue membra.
Per questo motivo, la prima comunità in una chiesa locale, è costituita dal presbiterio in quanto è espressione della unità nella carità dei presbiteri tra di loro e con il vescovo. Il presbiterio è il segno. Il presbiterio è lo strumento di carattere sacramentale dell’unità organica e della efficacia del “ministero dei santi”. Noi siamo profeti, apostoli, per rendere “atti” i santi a compiere il ministero della edificazione della chiesa. Quindi noi, con il nostro ministero, dobbiamo rendere “atti” i santi, cioè i battezzati, a edificare la chiesa. In questo punto san Paolo, concepisce come edificatori della chiesa i battezzati. Non è detto che il sacro ministro non edifichi la chiesa, però l’azione immediata, diretta, avviene attraverso il ministero dei santi.
Ma dobbiamo stare attenti.
Qualcuno ieri mattina mi domandava: le nostre parrocchie sono comunità cristiane? Io rispondo: le nostre, sono comunità di popolo, ma non realizzano il popolo di Dio, non coincidono con il popolo di Dio, per lo meno coincidono molto imperfettamente nella maggior parte dei loro membri. Noi siamo preoccupati perché diminuisce la frequenza ai sacramenti. Andiamo al cuore del soggetto dell’azione pastorale, nella parte decisiva. L’economia della salvezza esige che si rispetti la legge del “resto” (biblico) di cui Dio si serve per santificare e salvare tutti i membri della comunità.
In seno alle nostre comunità ad un livello di cristianesimo, che cosa dobbiamo immettere? Il nostro zelo, la nostra santità certamente, ma dobbiamo porre un pugno di lievito. Se non poniamo questo pugno di lievito nella massa, la massa non fermenterà. Allora, sì o no Azione Cattolica? Sì o no all’apostolato della preghiera? Ciò che è importante è che nella comunità ci siano delle persone strettamente unite a nostro Signore Gesù Cristo, – nell’assiduità e nella profondità della preghiera,
– nella conformità alla sua croce e alla sua sofferenza,
– nella disponibilità ad un’autentica evangelizzazione,
– nella capacità di un’autentica animazione dell’azione liturgica, e di diventare segno di unità per la carità che li unisce vicendevolmente.
La nostra Azione Cattolica aveva dei difetti e non bisogna nasconderlo. Può darsi che l’unione dei membri dell’AC fosse la tessera! C’è prima di tutto, l’azione dello Spirito Santo. Non buttiamo via l’AC perché c’era la tessera. Vediamo piuttosto di metterci lo Spirito Santo nell’azione cattolica che diffonda la carità nei cuori e faccia di tanti una unità. Fintanto che non abbiamo questo strumento…so che è difficile….
Penso alla mia parrocchia… (Fresonara) Vanno tutti in chiesa, tutti fanno la comunione. Si possono contare sulle dita di una mano quelli che non ci vanno. Poi tutti al ballo! Tutti a Novi a vedere le prime! Tutti allo stesso modo. Se il mio parroco dicesse: alla messa ci vengono tutti, una volta all’anno tutti vengono alla comunione e perciò io ho fatto la mia pastorale, io rispondo: hai fatto un bel niente. Fin che non ci sono persone che amano la preghiera, unite a nostro Signore Gesù Cristo e disponibili per la salvezza dei loro fratelli, noi non possiamo partire per un’ azione pastorale .
Gli strumenti dell’azione pastorale
Pensate agli strumenti dell’azione pastorale. Io ci metto lo Spirito Santo. Non che lo Spirito Santo sia strumento, infatti fino adesso abbiamo parlato di soggetto; ma perché tutti gli strumenti di cui si serve la pastorale: il ministero della parola, il ministero della grazia, della guida spirituale, sono animati dal loro protagonista che è lo Spirito Santo, perché, nella storia della salvezza, siamo nel tempo dello Spirito.
Lo Spirito ormai è dato e noi siamo sicuri di essere servi proprio perché lo Spirito è dato, siamo sicuri di essere figli del Padre perché lo Spirito ce ne rende testimonianza, siamo sicuri che è possibile la carità vicendevole perché lo Spirito Santo la diffonde nei cuori.
La presenza nella chiesa dello Spirito Santo. Gli orientali ci hanno rimproverato che nonostante tutti i nostri sforzi di mettere un po’ di Spirito Santo nei documenti del concilio, siamo ancora lontani dal loro modo di concepire. Credo che abbiano molta ragione. Vedete: nella riforma liturgica, specialmente nelle nuove preci eucaristiche,i nostri teologi avrebbero avuto difficoltà a dire che l’epiclesi consacratoria è importante come l’atto della consacrazione e così l’epiclesi post consacratoria: “comunicando al corpo e al sangue di Cristo lo Spirito Santo faccia di noi un solo corpo”. Ecco la presenza dello Spirito Santo, che ci unisce a Cristo e tra di noi nella comunione eucaristica .
Tutto il tema del Cristo nello Spirito, del Cristo che agisce nello Spirito.
L’espressione ha tanti significati comunque teniamo presente: Cristo è stato assunto in cielo e siede alla destra del Padre e il Padre e il Figlio hanno mandato lo Spirito Santo. Allora la sua presenza e la sua azione garantisce e giustifica come qualmente il ministero della Parola abbia una efficacia di per se stesso: ha una efficacia di tipo sacramentale che produce ex opere operato. Il concilio riportando il testo del vangelo dice: “il seme che per virtù propria produce i suoi effetti”. Il ministero della parola ha la sua efficacia intrinseca e con la sua azione complementare con tutti gli altri ministeri, ha lo scopo di edificare la comunità. Non di edificarla con bei racconti.
Il ministero della parola è compito di tutti. E’ compito dei genitori, è compito dei maestri, degli adulti rispetto ai piccoli, di ognuno rispetto agli altri. Il ministero della parola non si svolge soltanto attraverso le parole. Anche la testimonianza è parola espressiva, è una espressione autentica carica della Parola. Si fa strada una convinzione che nelle tappe della vita sacramentale dei piccoli : battesimo, cresima comunione, dobbiamo essere più preoccupati di fare una vera e propria catechesi ai genitori prima che ai figli. E’ difficile. Ma incominciamo col dire, in un bel modo, che non battezzate il loro bambino fin tanto che non sono in grado di capire il significato di quel gesto per la loro creatura e per se stessi. Non è una esagerazione. E’ un traguardo a cui dobbiamo arrivare. Altrimenti quando si svolge la catechesi degli adulti? A vespro? (risata). Allora cerchiamo di prendere in considerazione queste altre proposte .
Così è per la prima comunione.
Non facciamo soltanto una adunanze per le mamme per dire come devono vestire e l’ora in cui devono venire. I papà e le mamme, -facciano o non facciano la comunione senza azione di pressione- si trovano in un momento in cui sono totalmente disponibili, proprio per amore delle loro creature. E di questo non si deve servire lo Spirito Santo per illuminarli su ciò che avviene per la vita dei loro figli? Se la prima comunione è una cerimonia che diventa sempre più cerimonia anche questo è un atto di scristianizzazione. E’ impressionate che il bambino faccia la comunione e il papà, e la mamma siano assenti. Il bambino poco dopo lascerà la pratica dei sacramenti. Noi diamo la colpa a questo o a quello. Le responsabilità sono soprattutto qui.
Così la cresima.
Se vogliamo avere famiglie capaci di educare cristianamente i loro figli e quindi di essere fermento per la comunità, noi dobbiamo tenere d’occhio le nuove famiglie che si costituiscono. Dobbiamo fare un catecumenato in favore della preparazione del matrimonio, non la lezione dell’ostetrica e del sociologo. Questa è l’occasione di una presentazione globale, ma completa adeguata, del contenuto del cristianesimo, a delle persone che si preparano ad assumere una responsabilità nella loro esistenza. Dobbiamo diventare capaci di presentare il tema dell’alleanza, il tema delle nozze di Cristo con la chiesa e intorno a questo far convergere la verità della morale, dell’azione sacramentale, in modo che ci sia una vera catechesi per adulti.
Durerà uno o due mesi!?.. Faccio ridere se dico le cose in un modo semplicista, ma dobbiamo arrivarci. Non è vero che i fidanzati non siano disponibili. Si interessano! Sono cose che li toccano. E poi, scoprire la sintonia che esiste tra il messaggio cristiano e il loro stato d’animo di innamorati, se lo sono, è una cosa meravigliosa. Non so se dico una bestialità biblica… sostengo che il tema delle nozze è il tema più sviluppato che sta al fondo di tutti i temi della rivelazione.
Penso che l’azione di ogni sacramento, di ogni celebrazione liturgica può edificare i membri di una comunità. Allora per ogni celebrazione liturgica noi dobbiamo pensare all’assemblea liturgica, che è l’attore principale dell’azione liturgica. Noi siamo coloro che presiedono questa assemblea, svolgiamo la nostra parte, ma non tutte le parti dell’azione liturgica spettano a noi. Spettano a noi l’azione della Parola, e dell’Eucaristia. Meglio le omelie preparate insieme, nel gruppo di sacerdoti di uno stesso vicariato, o cittadino, preparate insieme ai laici, alle religiose, ai religiosi. Allora suscitare l’assemblea organizzandola e amandola.
Il ministero della guida spirituale.
Il compito di guida dei propri fratelli, sia dei vescovi, sia dei sacerdoti, sia dei genitori è sempre garantito dalla grazia sacramentale. La potestà di ordine è una potestà di grazia. E’ la potestà di dare un aiuto ai propri fratelli nell’ambito dell’azione della grazia di Dio. La meta di ogni compito di guida è l’unità nella carità. Non è far vivere individualmente integri e puri i singoli, ma è di farli vivere fervorosamente nella carità che unisce tutti i membri del popolo di Dio.
Quindi corresponsabilità di tutti i membri del popolo di Dio nell’unico servizio di edificare la chiesa di nostro Signore Gesù Cristo.
OM 422 Tortona 71 – 28 Settembre 1971