Oasi san Giovanni Battista -Fasano di Puglia
Temi cristiani ritrovati
Lo Spirito Santo anima della vita cristiana
24 febbraio – 10 marzo 1989
Sono tante le cose che voglio dire. Non so se riuscirò a dirle in ordine e secondo la loro importanza. Comunque, siamo qui insieme!
1. Un nuovo impianto della nostra teologia
Inizio con una affermazione che può turbare qualcuno: c’è un estremo bisogno di rivedere tutto il nostro impianto culturale, specialmente nell’ambito della teologia. Siamo qui di età diverse; abbiamo fatto gli studi in epoche diverse, ma da “occidentali”. Voglio dire che la derivazione della nostra cultura, anche quella ecclesiastica, è di tipo “ellenistico”. Le origini e la storia del cristianesimo che abbiamo imparato a scuola e sui libri personali, e che per tanto tempo abbiamo insegnato e credo in parte insegniamo ancora, deriva più dalle categorie di Aristotele che dai documenti della divina Rivelazione. Osserviamo il fenomeno della conoscenza del mondo e dell’attività dell’uomo da un punto di vista culturale: è tutto di tipo intellettualistico, di derivazione aristotelica, tanto per citare un nome.
Faccio una affermazione azzardata: Aristotele, battezzato da S. Tommaso e da tutta la Scolastica, e come tale “canonizzato” dalla Chiesa, sembra essere ancora il maestro del pensiero occidentale, anche ecclesiastico. Ricordo sempre l’intervento di un Vescovo giapponese durante il Concilio, il quale tra l’altro affermava: «Come pretendere che noi evangelizziamo secondo le vostre (sic) categorie?; non sono difficili da capire: ma nel nostro ambiente sono impensabili».
Per molti secoli la Chiesa ha evangelizzato i popoli pagani, “romanizzandoli” oltre che”latinizzandoli”.Pensiamo ancora alla scuola, la più grande e importante istituzione per la educazione delle giovani generazioni. E’ tutta rivolta al sapere e alla intelligenza. Dobbiamo, allora, chiederci: nella educazione delle nuove generazioni tutta tesa ,oggi, nei metodi e nei contenuti a sviluppare l’intelligenza e la memoria, che posto prende la formazione del cuore? La capacità di amare, quando la educhiamo? Tutto il mondo affettivo del ragazzo, quando lo portiamo a maturazione?
Parlo come se parlassi a me stesso. Ricordo (i vecchi vivono di ricordi!) che ai miei tempi l’educazione affettiva era lontana dagli orizzonti educativi della scuola e talvolta anche della famiglia. In seminario, i Superiori e il Padre spirituale ci mettevano in guardia dal pericolo delle amicizie “particolari”. C’era poco spazio per la formazione alla vera amicizia. Parlare di amicizia, sembrava offesa al pudore. Don Bosco stesso, che ormai è dichiarato santo – certamente è un santo ed un grande educatore – nel suo sistema educativo preventivo parlava, a mo’ di esempio, della mela marcia che guasta le altre.
Quando mi incontro con i sacerdoti affermo spesso: «State volentieri insieme, sembrate degli amiconi, vi invitate spesso a cena, vi raccontate le storie del vostro passato, sapete fare dell’umorismo simpatico, ma “amici” non siete, non vi volete veramente bene, non siete capaci di rapporti affettivi autentici. È una contraddizione!».
L’amore di Dio nello Spirito
Eppure da sempre, soprattutto ai nostri giorni, noi continuiamo a dire: Dio è amore. Secondo il contenuto di tutta la divina Rivelazione noi siamo in grado di amare perché siamo amati:«Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è Lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati» (1 Gv 4,10); «Questa vita nella carne io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2,20). Dunque, noi siamo delle persone amate: amate da Dio! È da Lui che ci deriva la capacità di amare secondo il nuovo Comandamento (cfr. Gv 15, 12.14-17), perché il suo amore (quello del Padre per il Figlio, quello del Figlio per il Padre, nell’ unico Spirito) è stato diffuso nei nostri cuori dallo Spirito che ci è stato dato cfr.(Rm 5,5). La sicurezza di essere delle persone amate, che ci viene dallo Spirito e non dalla carne, è il fondamento del nostro equilibrio, della stabilità del nostro umore, della serenità cordiale dei nostri rapporti affettivi.
Questa sicurezza ci fa persone riuscite, persone che amano e sono amabili. Dobbiamo quindi lasciarci investire dallo Spirito, il quale non soltanto rende testimonianza ai nostri cuori che siamo figli di Dio (cfr. Rm 8,16), ma ci introduce nella conoscenza di tutta la realtà di Dio e delle sue meraviglie, ce ne dà il gusto, ci apre allo stupore e ci riempie di gioia: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso; quando però verrà lo Spirito di verità, Egli vi guiderà alla verità tutta intera» (Gv 16, 12-13);«Il Consolatore, lo Spirito che il Padre manderà nel mio nome, Egli vi insegnerà ogni cosa e vi suggerirà tutto ciò che vi ho detto» (Gv 15,28).
Per avere la certezza e la sicurezza, l’esperienza e quindi la gioia di essere figli di Dio e di comprendere tutta la portata del mistero cristiano, è indispensabile mettersi in un atteggiamento ricettivo.
Tutto è dono. Non siamo noi a cercare Dio, ma è Dio che cerca noi con la potenza incoercibile del suo amore, della sua misericordia, del suo perdono, della sua dolce tenerezza e compie per noi opere stupende nel mondo della creazione e in quello della grazia.
Il mistero cristiano, nella sua totalità è anzitutto dono gratuito e non conquista del nostro cervello. Il tentativo di definire il mistero attraverso le categorie umane ha come conseguenza di ridurlo e di impoverirlo. Il mistero adorato in piena disponibilità è il progetto di Dio, nascosto per secoli e poi svelato, di salvare il mondo (cfr. Ef 1).
E Paolo «piega le ginocchia davanti al Padre dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome, perché… siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio» (Ef 3,14-19).
Ma questa pienezza dell’amore di Dio non è tanto un suo attributo: è un avvenimento che accade in Lui, ed è tanto potente ed incontenibile che lo spande su tutte le creature. Dico: su tutte le creature.
Il nostro Dio, appunto perché è amore, ha creato, ha chiamato al’ esistenza tutto ciò che costituisce l’universo, il cosmo, «il cielo, la terra, il mare e tutto quanto essi contengono» (cfr. i Salmi). Se Dio li ha creati è perché li ha voluti, e se li ha voluti è perché li ha amati. I momenti e gli spazi della creazione sono scanditi da quel ritornello carico di stupore:
E Dio vide che ciò era buono! (Gen 1-4).
Stupenda accondiscendenza di Dio verso tutte le sue creature.
La persona al primo posto
Tra queste, al primo posto, sta la persona: l’uomo e la donna.
E il primo dono che Dio fa all’uomo e alla donna, creati a sua immagine e somiglianza, è la libertà.Che è, certo, la capacità misteriosa di dire di sì a Dio, ma è anche la capacità misteriosa di dirgli di no, per fare tutto ciò che vogliamo noi. E questo è il peccato.
E del peccato noi abbiamo un concetto del tutto negativo, e incompleto. Dio è più grande del nostro peccato,e rimane Dio fedele nonostante l’abuso della nostra libertà che è il peccato. Dio, infinitamente sovrano, si ferma davanti al rifiuto della sua creatura.
Nonostante il rifiuto, Dio non priva l’uomo della libertà, ma continua a dargliela, anzi a rispettarla, in un modo più grande e stupendo: ci ha donato il suo Spirito, e dove c’è solo lo Spirito c’è la libertà (cfr. 2 Cor 3,17). Ha aggiunto, al dono dell’esistenza, una vita più profonda, più grande e più bella: la sua vita divina, il suo dono di salvezza, frutto della sua misericordia, secondo il suo progetto concepito da sempre, e non solamente al momento della caduta. La Redenzione è “precedente” al peccato.
Come si deduce da tutta la storia biblica, la libertà è un valore così alto che Dio stesso misteriosamente rispetta; ne deriva una conseguenza molto grave e non facile da intendere: nessuno al mondo può impedire all’ uomo di rifiutare Dio, cioè di commettere il peccato. Così nel piano di Dio la libertà diventa un valore assoluto, che praticamente va rispettato come si rispetta Dio.
Sul piano esistenziale si pongono dei problemi molto seri che la nostra educazione come la nostra mentalità non sono sempre disposte a rispettare debitamente. Noi ci lasciamo guidare più facilmente dalla nostra logica e razionalità, che non dalla logica e dalla volontà di Dio.
La logica di Dio non è la nostra logica. «I miei pensieri – dice il Signore – non sono i vostri pensieri, le mie vie non sono le vostre vie. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri» (Is 55, 8-9).
Non dovremmo dunque appoggiarci e appoggiare la nostra fede e la nostra vita religiosa sul nostro modo di pensare, ma fidarci di più della volontà divina secondo la quale viene realizzata in noi, per opera del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, la salvezza, che corrisponde all’essere partecipi della natura di Dio.
Ma che cos’è questa “natura”? Le categorie filosofiche ce la definiscono in un certo modo; ma la divina Rivelazione ci dice che Dio ci chiama ad essere quello che Lui è. E Lui è buono, santo, perfetto non tanto come modello a cui riferirsi o conformarsi, ma perché è l’artefice potente di un progetto secondo il quale noi da creature quali siamo diventiamo capaci di essere come Egli è.
Il Concilio, tra tante altre, ha una affermazione concisa e sorprendente: «Il supremo modello e principio di questo mistero è l’unità nella Trinità delle Persone di un solo Dio Padre e Figlio nello Spirito Santo» (UR, 2). Noi ci riferiamo sempre ai modelli. Esigiamo, nel nostro cammino di rinnovamento, la presenza dei modelli. Sarà don Bosco, il curato d’Ars, S. Teresa ecc., ma il supremo modello e – notatelo bene! – il principio, la sorgente della vita cristiana è l’unità nella Trinità delle divine Persone. Dio è la sorgente del nostro essere come Lui è.
«Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di Lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce; voi che un tempo eravate non-popolo, ora invece siete il popolo di Dio; voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia» (1 Pt 2, 9-10).
In conseguenza del peccato l’uomo ha bisogno di essere redento. Cristo instaura per tutti quelli che aderiscono a Lui nella fede e nella carità una condizione di grazia perfetta e definitiva. Paolo nella lettera ai Romani descrive quanto fosse dura la tirannia che il peccato esercitava sul mondo, ma lo fa per poi mettere in evidenza la sovrabbondanza della grazia:«ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia di un solo uomo, Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini… infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo» (Rm 5,15-17). e (la libertà), la remissione dei peccati»«Dio ci ha sottratti al potere delle tenebre (schiavitù del peccato) e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto, per il quale abbiamo la redenzione (Col 1,13).
Tutto questo avviene per ciascheduno di noi dal momento che Cristo ci invia il suo Spirito a compiere ogni santificazione. C’è oggi una specie di riscoperta, nella nostra Chiesa occidentale, dello Spirito Santo. Se è mistero quello che lo Spirito Santo è veramente in se stesso, non è a noi sconosciuto quello che fa. Fa tutto.
– Agisce nella, creazione
– è l’operatore della Redenzione
– e nei Sacramenti agisce come unica forza di salvezza.
In essi lo Spirito diventa – la nostra forza, – la nostra capacità di senso e di scelte, – il nostro coraggio per essere come il Padre e il Figlio ci vogliono.
Non sempre, nella nostra vita cristiana teniamo abbastanza conto della presenza e dell’azione dello Spirito Santo che è poi una Persona divina e quindi la sorgente della nostra salvezza.
La sorgente
Nella nostra predicazione indichiamo spesso precetti morali, obblighi, doveri, ma chi ha la forza per osservarli?
Ricordate quello che Gesù diceva ai suoi discepoli a riguardo di una questione che ancora oggi ha la sua gravità: «Se questa è la condizione di un uomo rispetto alla donna non conviene sposarsi». Gesù risponde: «Non tutti possono capirlo (e noi pretendiamo che la gente lo capisca!), ma solo coloro ai quali è stato concesso» (Mt 19,11). Dunque l’intelligenza delle cose che lo Spirito suscita in noi è puro dono. Gesù conclude con una frase misteriosa: «Chi può capire capisca» (Mt 19,12).
Problemi come quelli che gli Apostoli pongono a Gesù ne esistono tanti, anche ai nostri giorni; forse noi imponiamo delle soluzioni; ma sappiamo indicare che la chiarezza delle soluzioni e la forza per attuarle viene sempre dall’alto ed è dono dello Spirito, sempre difficile da capire?
Non vi scandalizzate. Oggi nella Chiesa si ha piú paura del piccolo scisma, come può essere quello di Lefevre, e non si guarda al pericolo del grande scisma, che si va consumando all’interno della coscienza di tanti cristiani anche praticanti, che fanno fatica a comprendere e ad accettare l’insegnamento della Chiesa riguardo alla cosiddetta morale sessuale o alla continenza fuori e dentro al matrimonio.
Il dono dello Spirito
Gesù ad un certo punto del suo insegnamento dice:«Ho ancora molte cose da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera» (Giov 16,12-13). Di fronte ai molti credenti e praticanti che rischiano, per questi ed altri problemi, di separarsi dalla chiesa, chi, anche di noi, osa annunciare: Se volete essere così… se volete vivere secondo il Vangelo, guardate che da soli non ce la farete, ma presso Dio tutto è possibile? Quando diciamo alla nostra gente che il nostro Dio è il Dio dell’impossibile?; Quando la invitiamo a rivolgersi lassù per chiedere questo dono? Gesù dice: «Chi tra di voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra? O se gli chiede un pesce, darà una serpe? Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto piú il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliene domandano!» (Mt 7,9-11). Chiedere questo dono, chiedere questa capacità di capire e di vivere è già grazia di Dio. Nel Vangelo leggiamo che “nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,27).
Perché?
Sin dal tempo dei Profeti, Dio assicura: «Vi darò il mio Spirito». Questa è la potenza e la capacità che egli dona. «Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne» (Ez 36,25-26). Questa era la promessa. Ma il Padre, per mezzo del Figlio, ha compiuto questa promessa: «Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza» (Gv 15,26-27).
La storia è storia. Certamente i discepoli, e gli apostoli in particolare, che sono stati alla scuola di Gesù, hanno udito tutte le sue belle parole, sono stati testimoni dei suoi miracoli, sono stati quasi forzati ad essere testimoni della sua risurrezione. Ma hanno capito poco o niente. Di fatto quando Gesù sta per ritornare al Padre, qualcuno gli dice:«Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno d’Israele?» (At 1,6); «Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele…» (Lc 24,21). Non capiscono che il regno di Dio, o il regno dei cieli, che Gesù è venuto a portare in terra, non è un regno di questo mondo.
Sappiamo tutti: viene lo Spirito e diventano “altri”. Da paurosi diventano coraggiosi; da incerti, insicuri, dubbiosi, sbandati li vediamo liberi e sicuri su tutte le piazze e i crocicchi ed entusiasti annunciano che quel Nazareno, messo a morte pochi giorni prima è risuscitato. E dicono: «Ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi» (1 Gv 1,13). E da quel momento incomincia la sua corsa e si diffonde in tutto il mondo la buona novella che Dio è nostro Padre, che Gesù è il Figlio del Padre, che lo Spirito promesso è dentro di noi.
Dei Verbum
una serie di eventi dimostrano che Dio ha parlato agli uomini
Comprendiamo allora – con buona pace di Aristotele! – che veramente le vie di Dio, i pensieri di Dio sono diversi e sono narrati qui, nella Bibbia.
Il Concilio, l’ultima manifestazione straordinaria dello Spirito ai nostri giorni, ha narrato tutto questo in un documento che possiamo ritenere il piú importante e il piú decisivo tra i documenti conciliari. Mi riferisco alla Dei Verbum, che certamente ha portato la Chiesa e l’umanità ad una svolta. E qui che è espressamente detto che il cristianesimo è una storia, una serie di parole che sono eventi che dimostrano che Dio ha parlato agli uomini, una serie di eventi che sono parole che dichiarano le opere e chiariscono il mistero in esse contenute (cfr. DV n. 2). La Parola piena e definitiva è Cristo. E Cristo non è senza il Padre. Noi eravamo senza il Padre.
Paolo dice: «Ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza di Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio in questo mondo» (Ef 2,12).
Con sconcertante analogia, si può dire lo stesso ai nostri tempi. Quanta gente senza speranza!, il che equivale a dire: Quanta gente senza Dio, quanta gente senza méta e senza ideali! E basta, talvolta, il piccolo inciampo di quattro soldi che ci si dimentica di Dio. E quando c’è un idolo per cui si progetta, per cui ci si valuta e ci si stima, allora il disordine è completo e il fallimento è alle porte. Il marito che non sta piú con la moglie, perché il tempo per lavorare e guadagnare non basta mai; la moglie che deve lavorare anch’essa perché un solo stipendio non basta in famiglia; i bambini che non ci sono o sono sempre piú pochi per motivi… economici e perché i soldi non bastano. E questa preoccupazione porta all’isolamento e alla solitudine e il marito e la moglie e i figli. Soprattutto i bambini soffrono per questa solitudine. È cronaca di tutti i giorni che i bambini soffrano di solitudine perché non possono comunicare né con i genitori, né con gli insegnanti e neppure tra di loro. Ed hanno dei problemi. Per noi sono problemi da ridere, ma sono i loro problemi. E se non c’è nessuno che li aiuta perché non si ha tempo per ascoltarli, allora essi cresceranno solo fisicamente.
E per concludere. Faccio un rilievo e riporto una testimonianza. Il rilievo è questo: il cristiano non è pregiudizialmente contro i beni materiali e il giusto uso di essi. Le cose sono nativamente buone (cfr Gen 1). Il cristiano è contro la soggezione e l’asservimento dell’uomo alle cose fino all’idolatria. La testimonianza è destinata a far riflettere i genitori: a parità di reddito, la famiglia con un solo figlio è una famiglia insoddisfatta e vive stentatamente; una famiglia con piú figli è felice e non manca di nulla. Io credo a una certa Provvidenza e alla promessa di Gesù di restituire il centuplo. In questa situazione si tratta di una donna e di un uomo che, ad ogni figlio, crescono nell’amore, si sentono ricolmi della gioia che da esso deriva. Sono delle persone umanamente e interiormente ricche. È impagabile constatare di volersi ogni giorno piú bene e di dare ai figli il dono di cui sentono il maggior bisogno, cioè l’amore. È triste e desolante, oltre che disumano, constatare che al posto di un figlio si compra la macchina nuova, si acquista il salotto piú moderno, addirittura si cambia il televisore.
Le Settimane sociali
Le Settimane sociali non sono, a mio parere, ciò che è piú urgente per la chiesa che è in Italia. Rifacciamoci infatti alle origini della vita cristiana: Dio salva l’uomo e soltanto l’uomo salvato è in grado di imprimere un senso evangelico alla vita e alle istituzioni sia sociali che politiche. E un’illusione pericolosa confidare che le istituzioni sociopolitiche siano dei sostegni indispensabili per la chiesa, a prescindere dalla salvezza della persona in senso cristiano.
L’impegno piú urgente deve essere invece rivolto alla evangelizzazione, che ha la sua sorgente nell’ascolto, nello studio e nella venerazione della Sacra Scrittura. A proposito è significativo l’esempio di parecchi episcopati del mondo impegnati a promuovere iniziative pastorali, che hanno come centro di interesse la Bibbia. Ricordo, tra gli altri, Colombia, Filippine, Kenia, Polonia, Stati Uniti, Germania Federale, Nigeria, India, Brasile, Canadà, Francia.
Noi sacerdoti, in particolare, dobbiamo mettere al primo posto una evangelizzazione biblica, che porti noi e la nostra gente alla scoperta gioiosa della Sacra Scrittura e poi il mistero della riconciliazione al fine di dare a chi ci cerca lo spazio per dire le loro cose e noi avere la preoccupazione non tanto di risolvere casi morali, ma di illuminarli con la ricchezza e la luce veramente salvifica della Parola di Dio. Al primo posto nella vita dei cristiani ci deve stare la ricchezza gioiosa del mistero di Dio e delle opere stupende della sua grazia. Noi siamo nella chiesa come ministri della salvezza e le problematiche umane riceveranno da noi l’apporto che è legittimo attendersi quando avremo suscitato la carità autentica nei laici ai quali compete cercare e trovare le soluzioni tecniche dei problemi sociali e politici. Tutti siamo a servizio di Dio con tutto l’impegno della nostra vita cristiana ed è Dio che ci salva e una volta redenti possiamo trasformare il mondo sull’esempio di Gesù Cristo.
La Parola
Anche durante questo incontro vado un po’ per la mia strada. Poi, se ci saranno punti da precisare o da chiarire, siamo qui, e la distanza è molto corta; quindi possiamo colloquiare vicendevolmente.
Incomincio con un tema che può sorprendere ma che ritengo fondamentale:la teologia della Parola.
Noi abbiamo studiato, per lungo e per largo, la teologia dei sacramenti, ma non si diceva alcunché della teologia della Parola. Ricordo, anche per sollevare lo spirito, che si studiava grammatica, sintassi, retorica, logica, sacra eloquenza per saper esercitare il ministero della catechesi e della predicazione. Ma quale contenuto dare all’annuncio cristiano?
Invece, se ci facciamo caso, il piú grande evento della storia è il fatto, l’avvenimento che Dio, il nostro Dio, rivolga la sua parola all’uomo. Si può dire, con una espressione piú aggiornata, che Dio entra in dialogo con la persona umana, l’unica creatura capace di rispondergli, con la quale vuole stabilire un rapporto di amicizia, di vita, di vita vera, della sua stessa vita.
La Costituzione per me piú decisiva e importante del Concilio è la Dei Verbum, cioè, la Costituzione della divina Rivelazione, la quale ci fa compiere un passo impensabile. Noi abbiamo sempre studiato che la dottrina cristiana o la teologia è un complesso di verità, di norme e di riti. Mai si è pensato di affermare o di riflettere che nel cristianesimo, il nostro Dio è storico, cioè entra oggettivamente nella vicenda storica degli uomini. Questo ingresso lo compie per mezzo della Parola. Il Dio cristiano è un Dio personale. E’ un Dio unico ma in tre Persone. A proposito della persona, S. Agostino afferma che si dicono tante parole ma non arriviamo al nocciolo. – Comunque Dio è persona,
– noi siamo persone,
– Lui parla,
– noi abbiamo la facoltà di ascoltarlo e
-la libertà di accogliere o non accogliere la sua Parola.
La Costituzione Dei Verbum fa queste semplicissime affermazioni di una importanza incomparabile: nel suo immenso anmpre Dio parla agli uomininon è un fatto qualsiasi – come ad amici – e non è che abbia fretta – e si intrattiene con essi per invitarli e ammetterli alla comunione con sé – quindi la comune unione tra persone» (DV, 2).
Tutto questo lo ha narrato. Tenete conto che non dico: ha spiegato, ha esposto delle verità, ma ha narrato appunto, di se stesso e delle sue opere, con le persone alle quali si è rivolto. Egli intende raggiungere tutti, ma nella sua divina libertà sceglie alcuni, non per se stessi ma perché essi trasmettano a tutti, al mondo intero la parola di Dio. Gesù dirà: «andate e ammaestrate tutte le genti» (cfr. Mt 28,19).
«E si intrattiene». Ricordiamo il racconto del Genesi. Dio si intrattiene con Adamo ed Eva, parla con loro e dice cose molto chiare e precise. Ciò nonostante sappiamo come sono andate le cose. Ma Lui, che vuole salvare tutti gli uomini e le donne, fa subito una promessa che manterrà.
Il suo intrattenimento con Noè,e tutto quello che gli dice, e gli indica di fare, è per la salvezza sua e dei suoi familiari.
Sappiamo come si è intrattenuto conAbramo:quali promesse gli ha fatto e con quale amicizia lo ha trattato e di conseguenza quale confidenza ha da lui conseguito.
Ricordiamo quel singolare ragionamento che Abramo fa con il suo Dio a riguardo della distruzione di Sodoma e di Gomorra. Ma se tra tutti questi che meritano il tuo castigo ci fossero cinquanta giusti distruggeresti ugualmente tutta la città? Oso dire: se invece di cinquanta, fossero quarantacinque? (cfr. Gen 18)
Dio ad un certo punto incontra e si intrattiene con Mosèe gli dice chi è Lui: «Io sono colui che sono» (Es 3,14). Una definizione enigmatica, ma è il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, il “Dio dei padri vostri”.
Poi c’è la storia dell’Egitto per liberare il popolo oppresso di cui Dio sente il lamento; e la traversata del deserto!
Anche qui si verificano incomprensioni e contese.
Sono solito ripetere che tutto è mistero: questi ebrei che hanno attraversato il mar Rosso a piedi asciutti, non si fidano di questo Dio e mormorano contro di Lui!
Veramente è un mistero, ma con il nostro linguaggio possiamo dire che Dio ‘ci passa sopra’, anche se fa sentire la sua presenza e la sua capacità di fare ciò che vuole.
E poi c’è tutto un discorso per questo popolo di “dura cervice” sul Monte Sinai. Non vado oltre perché i testi e i fatti li conoscete (Esodo).
Dio si intrattiene con i Profetie dà a loro – timorosi, incerti, incapaci – la forza e la capacità di presentarsi al popolo per dire il suo pensiero, per annunciare quello che avrebbe fatto di bene e anche di male.
Con linguaggio scritturistico possiamo dire che con Gesù Cristoviene la fine dei tempi o la pienezza definitiva del tempo, ossia la manifestazione piú evidente e piú tangibile di Dio che parla per mezzo del Figlio suo.Si è cosí realizzata, come dice il Concilio, la condiscendenza divina o il suo adattamento a noi, espresso nel Figlio (D.V. 13).
Il Figlio che da tutta l’eternità è Dio come il Padre, viene in mezzo a noi nel tempo, nella nostra storia, sta con noi e si intrattiene con gli uomini come con amici. Ricordiamo il breve dialogo di Gesù con Maria e Giuseppe, i quali manifestano un certo disappunto perché il loro figlio si era “perduto”: «Non sapevate che io devo attendere alle cose del Padre mio?» (Lc 2, 49). Non intendiamo entrare in analisi particolari, ma vale la pena ricordare qui anche il dialogo di Gesù con Maria alle nozze di Cana.
Inoltre Dio parla nel suo Figlio o per mezzo di lui alle folle. Molti lo capiscono, altri non lo comprendono; come anche noi non siamo sempre capiti quando parliamo e sorgono malintesi. Ci sono sempre quelli che intendono male, o per ignoranza o perché hanno dei preconcetti. Ricordate gli scribi e i farisei; come se la prendono! Il vangelo dice chiaramente che essi cercavano di coglierlo in fallo nelle sue parole per poterlo togliere di mezzo (cfr Lc 20,20).
Dopo una notte trascorsa in preghiera Gesù chiama a sé i dodici e li costituisce apostoli. Parla con loro ma essi gli pongono l’obiezione: perché agli altri parli in parabole e alle volte non ti fai capire? «Non a tutti – anche questo è un mistero – è dato di capire le cose del regno di Dio, ma a voi sí, non adesso però. Verrà il suo tempo. Deve infatti venire un Altro: Egli vi suggerirà tutto quello che io vi ho detto» (cfr. Gv 14,26).
Questa parola di Dio non è, per così dire, una “parola” in senso stretto. Come dice la Costituzione Dei Verbum, Dio parla agli uomini con parole ed eventi. – Gli eventi infatti, cioè le cose che capitano avendo Dio come protagonista, sono segni, manifestazioni, parole o mezzi attraverso cui intendere e capire; – le parole a loro volta, quando ci sono, e sono tante, servono per rendere piú chiaro l’avvenimento cosí che – gli eventi diventano parole, – e le parole sono eventi – che hanno il loro compimento in Gesù Cristo, – il Figlio mandato dal Padre, – che sta con il Padre ed è uno con il Padre, – viene dal Padre il quale, in Suo Nome, manda lo Spirito.
Ho detto che la Parola di Dio compie, fa ciò che dice: «Egli parla e tutto è fatto», «dalla Parola del Signore furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro schiera» (Salmo 33, 9.6). La Parola è espressione della sua potenza. Quindi, detto in linguaggio scolastico, la Parola è efficace. «Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, cosí sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata» (Is 55,10-11).
Si potrebbero citare parecchi altri testi a conferma della efficacia della Parola di Dio.
Dunque come conseguenza dobbiamo prendere in mano il libro della Parola di Dio scritta perché qui è narrata la storia della salvezza. Ricordiamo che dopo aver letto il vangelo, durante la messa, si bacia il libro sacro dicendo: «Per le parole del Vangelo siano cancellati i nostri peccati». È cosí affermata la forza della Parola di Dio che toglie i peccati e quindi ci salva.
Ripeto ancora: dobbiamo impegnarci ad acquisire il gusto, oserei dire ad apprezzare il sapore della Parola, ma è lo Spirito Santo che ci dà il dono della sapienza per gustare il sapore della Parola di Dio.
La Costituzione conciliare sulla divina Liturgia afferma: «Massima è l’importanza della sacra Scrittura… perciò allo scopo di favorire la riforma, il progresso, l’andamento della sacra Liturgia, che è la fonte e il culmine della salvezza, è necessario che venga promossa quella soave e viva conoscenza della sacra Scrittura che è attestata dalla venerabile tradizione dei riti sia orientali che occidentali» (n. 24). Ma sappiamo purtroppo che la Tradizione si è parzialmente perduta e si è arrivati al punto che la sacra Scrittura serviva per dimostrare le “tesi” dei manuali di teologia.
Il Concilio conclude la Costituzione Dei Verbum con questo auspicio: «In tal modo con la lettura e lo studio dei libri sacri la Parola di Dio compie la sua corsa… e il tesoro della rivelazione affidato alla chiesa riempie sempre piú il cuore degli uomini. Come dall’assidua frequenza del mistero eucaristico si accresce la vita della chiesa, cosí è lecito sperare nuovo impulso di vita spirituale dall’accresciuta venerazione della Parola di Dio che permane in eterno» (D.V. 26).
Ribadisco qui un’altra idea: è la totalità del mistero cristiano, o del mistero di Dio, che salva la totalità dell’uomo, l’uomo come uomo, la donna come donna. E non solo per la vita eterna. Dice il Vangelo: «Il figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8). Renderei con una espressione piú forte: troverà ancora uomini che siano uomini e donne che siano donne?
La questione è piú seria: constatato che l’umanità è immersa, per la maggior parte, in uno stato di peccato che non si riesce a definire (idolatria del denaro, pansessualismo esasperato, ignoranza religiosa, ateismo e laicismo imperanti), si può sperare che il mondo si salvi per la vita presente e per quella che non avrà fine? Sulla bilancia, per cosí dire, ci stanno due pesi: il peccato e la potenza della salvezza (cfr. Rom 5,18-21).
La risposta della fede, che poggia su tutta la rivelazione, è decisamente positiva: il Dio cristiano è infinitamente piú forte del peccato degli uomini.
Cerchiamo di proseguire. Il culmine della salvezza è il mistero della Incarnazione. Insisto ancora: il mistero della Incarnazione è un mistero trinitario. Dio è uno solo ma in tre Persone. Tutte tre sono Dio ma l’una non è l’altra. Nel mistero dell’incarnazione è il Padre che manda l’angelo Gabriele. I Padri commentando la Scrittura avevano un’omelia che incominciava con “missus”: mandato da chi? Dal Padre. Il Figlio viene, si fa carne, diventa uno di noi, il Dio con noi, ma è lo Spirito che rende feconda Maria. E qui mi permetto di dire: c’è una Madonna sola, grande certamente ma non santa in se stessa, bensí grande per i suoi rapporti unici, indescrivibili, misteriosi con le tre divine Persone. Questa è la Madonna.
Il Verbo si è fatto carne, una carne singola, unica. A questa carne singola e unica sono chiamati tutti gli uomini in una comunione vitale per essere uniti, come tralci alla vite, come membra al capo. Il Verbo che si è fatto carne,per dirla con una espressione cara ai Padri, è “seminato” in tutto. Noi siamo soliti dire che le altre religioni hanno qualche cosa che le avvicina al cristianesimo, e che se hanno qualcosa di buono, ciò deriva dal cristianesimo.Ma i Padri dicono una verità piú profonda: il Verbo è seminato in tutti
Non spiego né definisco il termine “seminare”. Prendiamolo in senso evangelico, come nella parabola del seme. Ci vogliono il terreno, l’acqua, la pioggia, il tempo buono, ma è nel seme che c’è la capacità di crescere e di produrre altri semi. Il Verbo è seminato in quelli che cercano Dio e anche in quelli che non lo cercano.
Certamente stiamo parlando di un mistero che non si spiega col nostro modo di pensare. Ma Dio compie certamente questa misteriosa seminagione perché vuole salvare tutti e tutto.
Un’altra affermazione ci potrebbe sorprendere: il creato, l’universo intero è antecedente cronologicamente a Cristo. Ma, usando il linguaggio degli scolastici, possiamo dire che Cristo è primo nell’intenzione anche se ultimo nell’esecuzione. Leggiamo il passo famoso della Lettera ai Colossesi: «Egli (il Figlio) è immagine del Dio invisibile,
generato prima di ogni creatura;
poiché per mezzo di lui
sono state create tutte le cose,
quelle nei cieli e quelle sulla terra,
quelle visibili e quelle invisibili:
troni, dominazioni,
principati e potestà.
Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui e in vista di lui.
Egli è prima di tutte le cose
e tutte sussistono in lui.
Egli è anche il capo del corpo, cioè della chiesa;
il principio, il primogenito di coloro
che risuscitano dai morti,
per ottenere il primato su tutte le cose.
Perché piacque a Dio
di fare abitare in Lui ogni pienezza
e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose,
rappacificando con il sangue della sua croce,
cioè per mezzo di lui,
le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli» (1, 15-20)
Questo universo di misure sconfinate, di cui la scienza moderna sembra continui a dilatare le dimensioni, è pieno della presenza del Verbo. In questo universo c’è la sapienza, la potenza e l’amore di Dio. Non dobbiamo tentare di restringere i confini dell’amore di Dio, che superano infinitamente l’universo intero, pur nella sua grandezza. È vero che Dio ci ha posti al di sopra di tutto e tutto ha posto sotto i nostri piedi, ma Egli non ha per questo abbandonato il creato, né ha ritirato da esso la sua presenza. Tutto ciò che esiste è stato progettato, voluto e fatto da Lui come “buono”. È tale bontà-bellezza che viene cantata nei Salmi, il fiore di tutta la Scrittura, dai quali si apprende un vivo senso di Dio, dell’uomo e del creato.
La bellezza
All’inizio della sacra Scrittura, in Genesi 1, si trova ripetuta sette volte questa espressione:«E Dio vide quanto aveva fatto ed ecco era cosa buona». La traduzione greca dei Settanta ha reso il testo ebraico cosí: «E Dio vide quanto aveva fatto ed ecco era cosa bella».
Per continuare con il nostro linguaggio, diremo che la categoria del bello è molto sviluppata nella Bibbia, ma chi di noi pensa al bello o alla bellezza? Mi limito ad alcune citazioni bibliche.
Possiamo cominciare dal Cantico dei Cantici, dove della sposa si dice: «Chi è costei che sorge come l’aurora, bella come la luna, fulgida come il sole, terribile come schiere a vessilli spiegati?» (Cant 6,10). Che il sole e la luna siano belli è detto dappertutto ma qui si dice che l’aurora è bella. Noi invece, nel nostro mondo occidentale, siamo colpiti soprattutto dalla bellezza del tramonto. In oriente dove il clima, l’atmosfera e l’ambiente sono diversi, è l’aurora che spunta, si allarga, diventa sempre piú luminosa ad essere la piú bella.
Ho in proposito una mia piccola esperienza che non dimenticherò mai. Con una comitiva siamo saliti, alle due di notte, verso la vetta del monte Sinai e alle quattro del mattino abbiamo contemplato il sorgere dell’aurora. Fu uno spettacolo stupendo, indimenticabile. Un viaggio in Egitto, ricco di monumenti di grande valore artistico e storico, ma soprattutto la traversata del deserto fino al Sinai è davvero un’esperienza della bellezza del creato: anche quella è terra santa, dove è cominciata la storia della salvezza del popolo di Dio.
Un altro passo sulla bellezza si legge in un libro solitamente poco conosciuto e che ha un nome un po’ strano: il libro del Siracide. Così vi è scritto: «Orgoglio dei cieli è il limpido firmamento, spettacolo celeste in una visione di gloria! Il sole mentre appare nel suo sorgere proclama: Che meraviglia è l’opera dell’Altissimo!… Grande è il Signore che l’ha creato e con la parola ne affretta il rapido corso… Bellezza del cielo la gloria degli astri, ornamento splendente le altezze del Signore… Osserva l’arcobaleno e benedici colui che l’ha fatto, è bellissimo nel suo splendore. Avvolge il cielo con un cerchio di gloria, l’hanno teso le mani dell’Altissimo» (Sir 43,1-2. 5.9.11-12).
«Se, stupiti per la loro bellezza, li hanno presi per dei, pensino quanto è superiore il loro Signore, perché li ha creati lo stesso autore della bellezza. Se sono colpiti dalla loro potenza e attività pensino da ciò quanto è piú potente colui che li ha formati. Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l’autore» (Sap 13, 3-5).
Oltre a numerosi altri testi biblici, vorrei qui ricordare uno dei teologi piú grandi e originali del nostro tempo, Hans von Balthasar, il quale ha impostato tutta la sua opera teologica a partire dalla categoria della bellezza. Ma piú modestamente, veniamo a noi: le cose belle in cui avete la fortuna di essere immersi: i colori della terra, il cielo terso, le stelle luminose e splendenti, il mare, le fioriture dei mandorli e tutta la varietà dei fiori, di innumerevoli forme e colori… tutto invita a rendere attenti e vigili i nostri sensi per saper contemplare le manifestazioni della bellezza. Piú essi saranno fini, delicati e casti e piú crescerà una sensibilità aperta, limpida e comunicante con la bontà e la bellezza tra loro sempre correlative. In tal modo anche la spiritualità si libererà da ogni grettezza e si aprirà alle dimensioni estetiche dell’universo creato, del suo Autore e Redentore.
Il sorriso di Dio
Un ultimo tema, al quale vorrei fare un breve cenno, è quello dell’umorismo cristiano. È argomento importante perché collegato con la salvezza operata da Gesù Cristo. Infatti, di fronte alle minacce e ai pericoli dell’esistenza, il cristiano riesce a sorridere perché sa di essere redento. Nessuna minaccia è per lui irrimediabile, nessuna angoscia è inevitabile. C’è sempre, per il cristiano, una possibilità di liberazione. La vita cristiana perciò non conosce la tragedia e il dramma!
Ci introduciamo a questa riflessione rileggendo alcuni significativi testi biblici ai quali faremo seguire un breve annotazione.
Salmo 2
Perché le nazioni congiurano
e i popoli tramano cose vane?
Perché si organizzano i re della terra
e i principi si riuniscono in segreto
contro Jahweh e contro il suo Consacrato?
Spezziamo i loro legami
gettiamo via il loro giogo.
Colui che è assiso nei cieli ne ride
Jahweh si fa beffe di loro.
Allora parla ad essi nella sua ira,
li sgomenta nel suo furore:
«io però ho insediato il mio re!
sul Sion, il mio santo monte».
Proclamerò il decreto di Jahweh
che a mio riguardo disse: tu sei mio figlio
oggi ti ho generato.
Chiedi a me e ti darò in eredità le nazioni
e in dominio le estremità della terra.
Li spezzerai con scettro di ferro,
li frantumerai come ceramica di vasaio!
E dunque, o re, riflettete con impegno,
lasciatevi correggere, o potenti della terra,
servite Jahweh con timore,
baciategli i piedi con tremore,
perché non si adiri e non smarriate la via!
La sua ira, infatti, s’infiamma rapidamente.
Beato chi in lui si rifugia!
Sal 37,12-13
l’empio trama contro il giusto,
contro di lui digrigna i denti.
Ma il Signore ride dell’empio,
perché vede arrivare il suo giorno.
Sal 37, 12-13altra traduzione
I malvagi tramano contro i giusti
mostrano i denti contro di loro.
Ma il Signore ride dei malvagi
perché sa che la loro ora è vicina.
Sal 59, 7-8-9
Ritornano a sera e ringhiano come cani,
si aggirano per la città.
Ecco, vomitano ingiurie, le loro labbra sono spade.
Dicono: «chi ci ascolta?»
Ma tu, Signore, tu ridi di loro,
ti burli di tutte le genti.
Sal 59, 7-8-9– altra traduzione-
Tornano ogni sera,
latrano come cani,
s’aggirano per la città.
Li vedi con la bava alla bocca,
le lingue affilate come spade,
e pensano che nessuno li ascolti.
Ma tu, Signore, ridi di loro;
ti fai beffe delle nazioni !
Nei Salmi citati, alle macchinazioni degli uomini e alle loro minacce viene contrapposto il sorriso disarmante di Dio, segno di superiorità e di potenza invincibile. Il sorriso di Dio è inseparabile dalla potenza liberatrice della sua parola; anzi il sorriso di Dio diventa una lieta novella di salvezza dal male. Chi si trova in accordo con la Parola di Dio e con il suo sorriso, non è piú schiavo della paura e dell’angoscia.
Così ha scritto G. Ebeling: «Se l’uomo potesse cogliere la realtà di questo linguaggio, se si lasciasse contagiare dal sorriso di Dio, allora dovrebbe proclamare la lieta novella contro l’angoscia anche come la lieta novella del sorriso di Dio. E soprattutto dovrebbe lasciarsi dire che Dio ride di lui… È un sorriso che disarma nel senso piú vero, che priva della sua forza l’apparente potentissimo predominio. È un sorriso misericordioso,un sorriso con le lacrime d’amore negli occhi, volto a chi rinuncia a credere nella potenza e si libera così dal fondamento dell’angoscia…».
La potenza della Parola ci libera dal peccato e dall’angoscia, ci dà la sicurezza di essere amati e ci fa contenti: ci fa sorridere di noi stessi, delle nostre preoccupazioni, dei nostri affanni; ci fa delle persone sorridenti.
Possiamo concludere citando una battuta dell’indimenticabile Papa Giovanni, che quando si accorgeva d’essere troppo coinvolto da qualche grave problema della chiesa, era solito dirsi: «Angelo, non prenderti troppo sul serio. La chiesa è di Dio!».
ST 394 Temi cristiani 89 – 10
24 febbraio – 10 marzo 1989
Dialogo con sacerdoti pugliesi all’Oasi S.Giovanni Battista, durante la convalescenza del vescovo.
Suor Luisa ha scritto dal registratore le risposte del vescovo in questo incontro settimanale, quasi un quaresimale tra amici, organizzato da don Salvatore Carbonara. Gli incontri sono stati chiusi con la cena “delle erbe amare”.
Don Salvatore è mancato improvvisamnte nel 1990 il mercoledì della settimana santa.
Suor Luisa ringrazia ancora don Salvatore per quella iniziativa che aveva rallegrato un vescovo convalescente. Un ricordo gioioso e indimenticabile. Se fosse ancora qui, scriverebbe con i suoi giovani la storia di quella convalescenza all’Oasi.