Mons. Carlo Ferrari a Betlemme con i sacerdoti mantovani
Abbiamo pregato insieme. Avviene così in tutte le celebrazioni della santa Messa. Dopo aver riconosciuto i nostri peccati davanti a Dio, tutti insieme, “un cuor solo e un’anima sola”, rivolgiamo la nostra preghiera caratterizzata dal significato che ogni celebrazione porta con sé.
La preghiera che abbiamo innalzato insieme, poco fa, è la più caratteristica tra quelle che si recitano nelle tre Messe del santo Natale. E’ una delle preghiere più dense, che riassume la storia della nostra salvezza e suona così: “O Dio, che in modo meraviglioso hai creato la dignità della natura umana e più meravigliosamente ancora l’ hai restaurata, concedi a noi di partecipare alla divinità di colui che si è degnato di farsi partecipe della nostra umanità”. Qui è condensato tutto il mistero che celebriamo. Cerchiamo di capirlo, guidati dalla parola di Dio di cui il vescovo è servitore e dall’ascolto della nostra fede, comunque sia, e con un minimo di disponibilità per entrare in queste realtà stupende, nelle quali ci troviamo avvolti, quando veniamo in chiesa anche se non abbiamo pienamente coscienza.
Gesù bambino è veramente un bambino, ma è veramente il Figlio di Dio. Come abbiamo udito da san Giovanni, – è il Figlio del Padre per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte e nulla esiste che non sia stato fatto da Lui. Miei cari, gli uomini fanno delle scoperte meravigliose, ma gli uomini non creano. C’ è un solo creatore, Iddio che per mezzo della sua parola – è un’espressione biblica – per mezzo della sua potenza, della sua sapienza, del suo amore, con tutto se stesso ha creato tutto ciò che esiste e al vertice di questa sua creazione ha posto l’uomo.
“O Signore che in modo meraviglioso hai creato la dignità della natura umana!”. Questo ha fatto il nostro Dio meravigliosamente. Ci ha posto sopra di tutto il creato, come una meraviglia sopra di tutte le meraviglie. Questo nostro Dio ha rispettato la nostra dignità stupenda col dono della libertà, cioè, con la capacità di decidere per Lui o contro di Lui, che vuole dire, in ultima analisi: per noi stessi o contro di noi stessi. Ed è la storia del peccato che sperimentiamo.
Dio fa cose meravigliose in noi. Dio compie le sue meraviglie nel mondo e l’uomo insensatamente, non sappiamo poi alla fine il perché, distrugge tutto, sconvolge tutto. Ecco il peccato: deturpa la bellezza, distorce la potenza, tradisce la bontà e questo lo fa individualmente, nei modi più inauditi, più inconcepibili e in tutti i tempi. Noi ci meravigliamo, ma non c’è nessuno di noi, che non sia nelle possibilità, o non abbia la capacità di fare qualunque male, si chiami anche strage, perché il peccato è dentro di noi.
Quando questo peccato da individuale diventa collettivo, noi sappiamo, noi ce ne accorgiamo ai tempi nostri – e forse incominciamo a rientrare in noi stessi ed a riflettere- avviene che gli egoismi ingigantiscono, diventano spaventosi non per pochi ma per due terzi dell’umanità, per tutta l’umanità che non è più sicura del proprio destino perché è in balia del peccato. Non diciamo che non ci sono peccati! Non diciamo mai: che male ho fatto io! Perché dimentichiamo una cosa importante: siamo solidali gli uni gli altri.
Teniamo presente Dio che compie tutto in modo meraviglioso e buono, e noi distorciamo il suo piano, quasi, afferriamo la mano della sua divina sapienza e del suo amore per un’opera di distruzione. Ma Dio non si arrende dinnanzi al nostro peccato. E’ il mistero di Dio. E’ il mistero dell’amore di Dio! Qualcuno va a cercare se Dio c’è o non c’è.
Se nel mondo è stata proclamata la misericordia, se nel mondo è stato proclamato il perdono, se nel mondo è venuto Gesù Cristo è perché Dio c’e, e c’è dal momento che perdona gli uomini. Di fatto, questa opera meravigliosa distrutta, deturpata, dissipata dal peccato viene restaurata da Dio stesso nella persona di nostro Signore Gesù Cristo: Gesù bambino di Betlemme, Gesù della croce, Gesù della risurrezione. E viene restaurata in un modo ancora più meraviglioso perché in noi non c’è più semplicemente l’immagine di Dio, ma addirittura una partecipazione della vita di Dio, dal momento che Dio ha voluto rendersi partecipe della nostra natura umana, diventando uno di noi. Cristo è vero Dio e vero uomo.
E allora, celebrare il santo Natale significa non tanto smetterla con il peccato perché da noi non siamo capaci di smetterla con il peccato. Significa: lasciarci prendere da nostro Signore Gesù Cristo, e, secondo l’espressione di san Paolo, lasciarci incorporare in nostro Signore Gesù Cristo, lasciarci inserire in Lui fonte e sorgente di una vita nuova, perché da distruttori come siamo, sostenuti dal suo amore, possiamo diventare edificatori di amore.
La nostra partecipazione più vera alla divinità di Gesù Cristo che si è fatto uno di noi, avviene quando ci accostiamo all’eucaristia. Il corpo di Gesù bambino è il corpo di Gesù risuscitato che ha vinto la morte, che ha vinto il peccato e vince il mondo nel bene, nella grazia, nell’amore. Fare la comunione non è soddisfare ad un atto di devozione, è incontrarci con Cristo risorto, con Cristo vivo perché diventi elemento di vita per ognuno di noi e ci vivifichi continuamente non soltanto nell’istante della celebrazione sacramentale e nel momento sacramentale, ma per tutti i nostri giorni.
Gesù Cristo in mezzo agli uomini, il Figlio di Dio fatto uomo, è l’amore di Dio in mezzo agli uomini, perché gli uomini diventino capaci di superare se stessi e di volersi bene attingendo all’amore di cui Gesù Cristo è esempio e sorgente:“Amatevi come io vi ho amato” e sappiamo che ha dato se stesso. Vedete miei cari dove è l’amore? Non è la ricerca di se stessi, non è la ricerca della soddisfazione, tanto meno è la ricerca del piacere o di qualsiasi altro interesse. L’amore è un dono Dio e Gesù Cristo ci mette nella condizione di essere capaci di donarci agli altri.
Miei cari, direte: -ma queste sono parole-. Potrebbero anche rimanere delle parole, ma questa è la realtà del Natale: Gesù Cristo è il nostro salvatore. Gesù Cristo è la salvezza di cui noi abbiamo bisogno e di cui ha bisogno il mondo intero. Questo è ciò Dio ha fatto per noi che siamo dei poveri peccatori.
E dobbiamo anche essere testimoni del dono che abbiamo ricevuto. Se veramente corrispondiamo ai doni di Dio della salvezza, del perdono, della grazia, dell’amore, noi diventiamo fermento in mezzo al mondo per trasformarlo. Ricordate la parabola del pugno di lievito che si pone nella massa? I cristiani devono essere questo pugno di lievito. Non importa se sono pochi. Non importa se il numero si restringe. Importa la qualità del lievito.
E noi diventiamo lievito buono nella misura in cui siamo incorporati a nostro Signore Gesù Cristo. E la la nostra partecipazione più vera alla divinità di Gesù Cristo che si è fatto uno di noi, avviene quando ci accostiamo all’eucaristia. Accostiamoci a Gesù Cristo sorgente di vita, che restaura la nostra natura in un modo stupendo e meraviglioso, e accogliamolo in noi.
OM 498 Natale 73 Natale 1973 in sant’Andrea