Volato certo il tempo, concluso già un quarto di secolo, ma non si cancella in noi che eravamo in rappresentanza della diocesi che gli era stata affidata, il ricordo della solenne consacrazione episcopale di mons. Carlo Ferrari. Toccante tra l’altro l’incontro del novello vescovo benedicente con i suoi genitori.
Da Tortona veniva egli tra noi, a Monopoli, al confine delle due province di Bari e di Brindisi. Cercata nella carta d’ltalia l’ignota città, con cuore di apostolo lasciò la sua terra, i suoi cari, le sue opere e ci venne incontro a cuore aperto. Fu un sollievo avere finalmente un vescovo; si era infatti trepidato per la sopravvivenza della stessa sede vescovile nello spirito di una ventilata riforma che mirava a ridurre le piccole diocesi. E, poi la nostra gente, sensibile e perspicace, fu felice di avere un vescovo giovane, di gentile aspetto, animoso, che accattivava simpatia per i modi, per l’eloquenza originale, succosa, attraente, edificante.
Il suo ingresso fu una festa, un trionfo; il popolo intuì in lui il Pastore che l’avrebbe guidato con mano ferma e con visione aderente allo spirito dei tempi. Monopoli visse un’ora di vera esultanza, gli si strinse intorno per manifestargli devozione e affetto. Il novello Pastore che aveva attraversato tanta parte del Mezzogiorno ed aveva avvertito i segni della depressione di quelle terre, si sentì rianimare quando mise piede nella sua circoscrizione; le terre coltivate con cura, i lindi casolari, le bianche masserie, le distese di mandorli e di secolari ulivi, la vasta marina: parlarono al suo cuore che ne fu consolato.
Nella nuova terra di apostolato non trascurò alcun settore del suo ministero. Ascoltava tutti e non lesinava consigli ed ammonizioni. Tante cose gli piacquero quaggiù; lo spirito di fede, le belle tradizioni religiose, il profondo culto mariano, il senso dell’amicizia, la saldezza della famiglia, i tanti bimbi che costituirono presto uno dei suoi più vivi interessi. Li volle bene istruiti e preparati ai Sacramenti, dette massimo impulso alle scuole catechistiche per cui creò un apposito ufficio e si mescolò alla gioia generale nelle indimenticabili sfilate di carri fiabeschi da lui voluti,in cui i piccoli, accaparrando tutta la simpatia dei grandi , con spettacoli di finezza e di grazia, toglievano al carnevale ogni residuo di dissipazione e disordine.
Nel suo animo avvertivi cortesia, delicatezza e forza; lo commuovevano i fiori e gli uccelli, amava arte e cultura. Volle chiese ordinate e ripulite e s’impegnò a volte in prima persona per scuotere con l’esempio autorevole qualche zona d’inerzia; promosse restauri e nuove costruzioni, operò per il rinnovamento liturgico, non nascose sensibilità per la musica; indimenticabili certi incontri d’arte ed i concerti di organo. Incoraggiava ciò che poteva affinare ed elevare gli animi convinto di prepararli così ad un più facile ascolto del messaggio evangelico, fu scritto infatti che la gentilezza è mezza santità.
Curò le vocazioni, amò i giovani; prima ancora della contestazione con cuore di Pastore intuì che quello era un campo in cui occorreva intensamente operare. Promosse quindi in Monopoli e nei centri della diocesi tanti convegni ed incontri affollati di migliaia di ragazzi di ogni ceto sociale, che ascoltavano con interesse la sua parola, le esortazioni ragionate e franche, presi dalla cordialità e dalla fiducia di cui si sentivano circondati. Manifestazioni indimenticabili che lo ripagavano ad usura delle non lievi fatiche e dell’impegno organizzativo. Richiamò gli uomini, le donne, gli educatori ad una più coerente intensità di vita cristiana, manifestando non solo a parole comprensione e solidarietà per i ceti più depressi, i tempi erano diversi, per gli operai e le lavoratrici più impegnate e meno retribuite.
Il ciarpame di alcune usanze meno valide, certe incrostazioni, alcuni abusi furono da lui disapprovati e con mano ferma non esitò ad innovare.Arò intensamente la sua vigna, incoraggiò i buoni, spronò i lenti, potò e trapiantò i suoi alberi, innestò virgulti, bruciò le spine, attese fiducioso, non certo per se, fiori e frutti santi.
Il suo episcopato lasciò tra noi un’orma profonda; dopo mons. Nicola Monterisi, già vescovo di Monopoli, finito arcivescovo di Salerno, che con gli scritti e l’esempio aprì nuove vie di vita pastorale, interprete lungimirante delle esigenze spirituali del Mezzogiorno, a mons. Carlo Ferrari, in gara con i suoi predecessori, spetta il merito di averne continuato l’esempio.
Presentì e preparò lo spirito del Concilio e con coraggio agì in tutta la diocesi che l’amò sempre e lo ricorda in questo venticinquesimo di Episcopato con vivi auguri, rinnovati sensi di riconoscenza, di devota simpatia e di fedeltà agli ideali cristiani.
Senatore Luigi Russo.
“La Cittadella”, 12 Giugno 1977