Festa del Sacro Cuore 5 giugno 1970 Pia casa San Giuseppe
Mons. Carlo Ferrari
Anche noi siamo di quelli che, in particolare oggi, volgono lo sguardo a Colui che è stato trafitto; volgono lo sguardo alla persona di Gesù : – come é stato così bene espresso dal profeta Osea-, che porta in terra l’amore di Dio, che si esprime in un modo umano, con linguaggio umano e con segni umani , che da tutti i tempi si volge a noi, che ci accompagna momento per momento, che ci porta in braccio con la tenerezza con cui una madre porta il proprio bambino.
Questo linguaggio, quest’espressione, questo segno, lo troviamo nel cuore trafitto di nostro Signor Gesù Cristo. Noi diciamo che è trafitto dai nostri peccati. E’ trafitto dal suo amore che supera i nostri peccati, dal suo amore che non é fermato, né impedito dai nostri peccati.
Il nostro sguardo questa sera deve essere rivolto all’amore di Dio: alla espressione dell’amore di Dio, che ha il suo culmine nel momento in cui il cuore del Figlio fatto uomo, é stato squarciato. Il nostro sguardo la nostra attenzione devono essere impegnati nella fede e nella corrispondenza a questo amore.
La vita cristiana molte volte non é intesa secondo il pensiero di Dio. Qualche volta è concepita soltanto come un cumulo di doveri. Quando si parla dell’amore di Dio si pensa piuttosto al nostro amore per lui che al suo amore per noi. E’ sbagliato. Non é nell’ordine delle cose.
Intanto ci può essere qualche segno di amore per lui in quanto lui ci ha amato e ci ama. S. Giovanni esprime questa verità con le parole : vogliamo bene al Signore perché é stato lui, in persona e per primo, a volerci bene: ” diligamus deum quoniam ipse prior dilelexit nos”. Ciò che conta é l’amore di Dio per noi.
Se non esistesse l’amore di Dio per noi, noi non esisteremmo e in noi non ci sarebbe alcuna capacità di amare Dio. Quindi noi dobbiamo credere a questo amore, dobbiamo essere sicuri di questo amore, dobbiamo alimentare la nostra fede e la nostra sicurezza che il Signore ci vuole bene.
Tante persone pie si sentono soddisfatte, di se stesse, quando hanno la coscienza d’essere buone e poi si disperano nel momento in cui sono meno fedeli verso il Signore, come se l’amore di Dio fosse determinato dalla nostra bontà e non fosse, invece, un amore gratuito che sta al di sopra della nostra malizia, al di sopra di tutte le nostre miserie e di tutti i nostri peccati.
Nei tempi recenti della storia della chiesa, è diventato più significativo l’atteggiamento di santa Teresa del bambino Gesù che affermava: Se avessi la disgrazia di diventare la più grande peccatrice del mondo non dubiterei minimamente che il mio Dio non mi ami come mi ama.
Credere all’amore di Dio deve essere la nostra certezza più grande, la nostra sicurezza più forte e più vitale, altrimenti non è possibile nessuna vita spirituale. Quindi dobbiamo chiedere che “Dio vuole bene a me”, dobbiamo credere che l’amore di Dio é un amore personale, cioè, un amore che non si rivolge genericamente a tutte le creature. Dobbiamo sapere che come ognuno di noi si distingue dagli altri per quello che é, per la sua personalità, così l’amore di Dio per noi raggiunge la nostra persona. San Paolo lo ha espresso con le parole: “Ha voluto bene a me ed é morto per me”.
Quindi dobbiamo alimentare questa sicurezza e non dubitare mai dell’amore di Dio.In mezzo a tutte le vicende, a tutte le difficoltà, a tutte le tentazioni, a tutti i momenti di scoraggiamento della nostra esistenza, dobbiamo sempre ripetere a noi stessi: ma il Signore mi vuole bene; ma io ho il Signore che mi vuole bene. Se questo lo può credere ogni creatura tanto più lo dobbiamo credere
noi che abbiamo scelto il Signore come nostra eredità.
La nostra vocazione è un dono di grazia, é una espressione di amore. Quell’amore personale che ci raggiunge individualmente è il dono della vocazione religiosa, il dono della consacrazione a lui ed é l’unico motivo che può sostenere, giustificare, rendere ragionevole il nostro stato, la nostra scelta, la nostra vita. Se non c’é questo fondamento dell’amore del Signore, se non c’é la certezza, la sicurezza che il Signore ci ama e ci ama personalmente, come si possono sostenere le rinunce che impongono lo stato sacerdotale o lo stato religioso,lo stato di coloro che scelgono Dio per propria parte e per propria eredità per vivere per lui e unicamente per lui?
Perciò, questo tema dell’amore del Signore che é così decisamente e specificatamente richiamato nella festa liturgica in onore del sacro cuore di Gesù deve essere il tema abituale della nostra preghiera e della nostra meditazione. Credere all’amore di Dio, avere fiducia nell’amore di Dio, alimentare, prendere sempre più coscienza del fatto inaudito che Dio ci ama personalmente
deve essere l’alimento abituale della nostra vita spirituale. Altri temi di vita religiosa senza questo tema, diventano aridi e insignificanti, ci distolgono dalla vita religiosa autentica, dalla vera vita spirituale cristiana.
E dobbiamo corrispondere all’amore di Dio. Cosa significa corrispondere all’amore di Dio? Che cos’è l’amore di Dio?
L’amore di Dio é il desiderio di Dio di volerci bene; l’amore di Dio é il desiderio di Dio che noi gli diamo il modo di volerci bene; l’amore di Dio è che noi gli diamo il tempo di volerci bene.
Noi, con tutte le nostre occupazioni, che possono anche essere la preghiera, la messa, la meditazione o il servizio verso il prossimo, finiamo con l’essere presi dal dovere e non da Colui che ci vuole prendere, finiamo col non essere a disposizione di Colui che ci vuole raggiungere per alimentare in noi, nel mistero, il suo amore. Qui entriamo nel profondo della intimità dei rapporti di Dio con la nostra persona, dove egli per mezzo del suo Spirito diffonde il suo amore nei nostri cuori.
Allora corrispondere all’amore di Dio vuole dire dargli la possibilità di raggiungerci, vuole dire “stare fermi” davanti a Lui perché ci possa amare, vuole dire renderci disponibili perché possa diventare fecondo il suo amore nella nostra persona e nella nostra vita. Tutto questo assume un tono, una espressione che non é più un atto di impegno della nostra ragione, della nostra intelligenza, della nostra volontà, ma è un dono della contemplazione. Il termine contemplazione deve essere inteso correttamente.
Contemplazione é metterci alla presenza del Signore, è lasciarci lavorare dalla sua grazia, è lasciarci attirare dal suo amore, è metterci pienamente a disposizione del suo amore perché faccia di noi tutto ciò che Lui vuole. Il Signore non vuole le nostre opere. Capitemi bene! Il Signore vuole la nostra persona, vuole tutto il nostro essere e poi anche le nostre opere. Come possono essere le nostre opere, se noi personalmente non siamo suoi? Ecco, mie care consorelle cosa vi dice il vescovo mentre vi accingete a rinnovare gli impegni della vostra vita religiosa:
-credere all’amore di Dio;
-avere fiducia nell’amore di Dio;
-alimentare questa fede nell’amore di Dio;
-corrispondere all’amore di Dio nel senso dell’abbandono, perché possa fare di noi quello che vuole;
-allora la vita cristiana é autentica,
-allora la vita religiosa é autentica;
-allora le nostre opere in mezzo ai fratelli sono veramente l’opera di Dio;
-allora le nostre opere sono veramente l’espressione dell’amore di Dio perché noi siamo posseduti dall’amore di Dio e ne diventiamo strumenti: anche quando non lo sappiamo, anche quando non lo diciamo, e specialmente quando non lo diciamo!
Continuiamo la celebrazione che é la celebrazione dell’amore di Dio che si manifesta al punto di non essere rappresentato soltanto come il padre che accosta il bimbo sulla guancia, ma di essere il nostro cibo per renderci partecipi della sua vita, del suo amore. Ci rende partecipi del suo amore, della sua vita, di se stesso soprattutto nell’azione eucaristica quando continua in mezzo a noi il grande dono di se stesso sulla croce, e diventa il dono personale per ciascheduno di noi al momento della santa comunione.
OM 300 Suore 70 – Festa del Sacro Cuore, 5-6-70 – Pia casa San Giuseppe,