Duomo di Mantova festa di tutti i santi 1969
Miei cari, come siamo entrati nell’edificio della chiesa
così cerchiamo di entrare nella realtà vivente della chiesa, nel mistero della chiesa, che è costituita da Dio in mezzo a noi ed opera la nostra salvezza. Apriamo il nostro cuore all’azione di questa chiesa misteriosa della quale facciamo parte, nella quale siano entrati e di cui la liturgia, oggi, ci presenta coloro che hanno già raggiunto la meta, coloro che sono arrivati al termine della peregrinazione stabilito per sempre.
Raccogliamo l’invito della liturgia: rallegriamoci tutti nel Signore in questo giorno della festa di tutti i santi. Perché dobbiamo rallegraci? Sono tanti i motivi.
—Dobbiamo rallegrarci perché molte persone che sono legate alla nostra vita,
che ci hanno preceduto nel segno della fede possiamo pensarle nella gloria e nella beatitudine di Dio.
—Dobbiamo rallegrarci, essere contenti, perché le persone care si trovano nella felicità.
—Dobbiamo rallegrarci perché tutti i santi che popolano il paradiso sono i figli di Dio
e sono i nostri fratelli e sono i nostri amici.
—Dobbiamo rallegrarci al pensiero che tutta questa moltitudine sterminata che sta dinanzi al trono di Dio,
è costituta da singole persone legate a noi dal vincolo dell’amore di Dio che ci vogliono bene e s’interessano di noi.
—Dobbiamo rallegrarci perché questa patria celeste,
questa casa del Padre nostro dove sono già raccolte le moltitudini dei nostri fratelli, è la nostra casa,
è la casa aperta nella quale ognuno di noi ha il suo posto preparato
con il sacrificio e con la resurrezione da Colui che in mezzo a noi è l’unico Santo: Gesù Cristo.
Dobbiamo rallegrarci perché, come ci dice la liturgia attraverso la parola di Dio, i santi non sono pochi. Coloro che stanno dinanzi al trono di Dio nella sua beatitudine eterna sono una turba immensa che nessuno può contare, allora possiamo pensare con una certa fondata fiducia che anche noi, un giorno potremo essere santi, potremo appartenere alla chiesa definitiva dei santi. Ma anche in noi c’è qualche cosa di questa santità, di questa vita misteriosa che rende le creature umane perfette, e sante, e degne di un premio eterno.
Che cos’è questa santità?
Miei cari, la liturgia, la chiesa, il vangelo ci mettono davanti ad una realtà incontestabile: solo Dio é santo e se noi creature umane possiamo diventare santi é solo per una partecipazione, é solo per una certa comunione alla santità stessa di Dio.
Possiamo chiederci, perché Dio é santo ma chi può scrutare il mistero della santità di Dio? Dio é santo perché é infinitamente “un’altra cosa” diversa da ciò che noi possiamo pensare nel limite della nostra pochezza. Dio è santo perché é senza limiti nella sapienza, é senza limiti nella potenza, é senza limiti nella grandezza e nella bellezza, ma é santo – secondo il senso della rivelazione cristiana – particolarmente perché é senza limiti nell’amore.
E l’amore di Dio raggiunge un vertice che é determinato dal fatto che Dio nella sua grandezza assoluta si mette a contatto con il nostro limite assoluto fatto di debolezza, di peccato, di invidia e non ci respinge e non ci rifiuta e non ci allontana, nonostante tutto. Il suo amore é così grande che a contatto della nostra miseria diventa misericordia. Si può dire che la liturgia di tutti i santi é scandita da questo motivo della misericordia di Dio.
I santi sono tali non perché ci sono delle creature perfette su questa terra ma perché c’è la misericordia di Dio che ci viene incontro, perché c’è la misericordia che viene incontro alla miseria degli uomini e la trasforma in capacità d’amare, in capacità di vivere una vita più intensa, più piena e che si manifesta soprattutto nella capacità di imitare il proprio Dio: il Padre.
Se da una parte possiamo dire: che la santità di Dio si manifesta nei nostri confronti soprattutto nella misericordia, dall’altra parte possiamo dire che la nostra santità consiste particolarmente nell’essere perfetti come il padre nostro che é nei cieli, così come si esprime l’evangelista in modo più esplicito ricordando le stesse parole di nostro Signore Gesù Cristo: -Essendo misericordiosi come il Padre nostro che é nei cieli.
Miei cari, di fronte al problema della santità, dinnanzi alle figure dei santi noi possiamo farci tante domande. I santi che pregavano molto? I santi facevano tanta penitenza fino a ricevere il dono di fare dei miracoli? I santi facevano una vita tutta particolare? E noi? Noi che abbiamo poco tempo per pregare, noi che magari non abbiamo voglia di pregare, noi che non siamo capaci di pregare, noi che sentiamo una certa ripugnanza alla penitenza e alla mortificazione, noi che viviamo una vita quotidiana così monotona e impegnata in tante cose, che non riguardano la vita dello spirito e che sono raramente ordinate all’altra vita. noi come possiamo pensare alla santità?
Eppure Gesù Cristo é esplicito nel pretendere dai suoi discepoli che siano santi. Quest’insegnamento di Gesù é stato ripreso dal Concilio.
Il Concilio, molte volte, non ha detto ciò che qualcuno gli fa dire, ma ha detto questo con tanta chiarezza: tutti i credenti, tutti i battezzati sono chiamati alla santità. Allora, come possiamo noi diventare santi ? Possiamo diventare santi imitando il Padre nostro che sta nei cieli, imitando nostro Signore Gesù Cristo il quale ha potuto dire: “Chi vede me vede il Padre”
Gesù Cristo come si é manifestato? Mite ed umile di cuore, buono e misericordioso.
Nostro Signore Gesù Cristo ha sempre perdonato e quando Pietro gli ha chiesto la misura del perdono ha risposto che bisogna perdonare 70 volte sette. Diventare misericordiosi! Ecco, miei cari un mezzo semplice che é la via regale, la via maestra da percorrere per raggiungere la santità. Tutti i giorni, io penso, recitiamo la preghiera di Gesù: “Padre nostro che sei nei cieli”. Ad un certo punto diciamo: “Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Veramente noi perdoniamo agli altri come abbiamo bisogno di essere perdonati da Dio?
Vedete cosa Gesù Cristo ci fa chiedere al Padre? Ci fa chiedere la grazia della santità, cioè la grazia d’essere misericordiosi verso gli altri così come desideriamo che sia misericordioso Dio nei nostri confronti. Quindi:
— non permettersi di giudicare gli altri,
— non pretendere che gli altri corrispondano ad un nostro schema di perfezione umana o cristiana,
— sopportare i difetti degli altri come Dio sopporta i nostri difetti,
— riconoscere le debolezze degli altri come Dio conosce molto bene le nostre debolezze,
— non erigerci mai sopra gli altri e neppure metterci al confronto degli altri.
— Metterci unicamente al confronto del bisogno che abbiamo della misericordia di Dio e poi lasciare che nel nostro cuore maturi ogni sentimento di bontà, ogni sentimento di comprensione umana, ogni impulso della carità che ci viene dalla grazia di nostro Signore Gesù Cristo per essere, così, santi nella misericordia.
OM 237 Santi 69 – Duomo di Mantova