Castiglione delle Stiviere 21 Giugno 1968- centenario di san Luigi Gonzaga
Cari sacerdoti, cari fedeli che circondate di stima e che guardate con attenzione i vostri sacerdoti che stanno intorno al vescovo nell’atto di compiere la celebrazione liturgica, nella ricorrenza della festa di san Luigi Gonzaga, qui a Castiglione delle Stiviere, nel santuario che custodisce con onore l’insigne reliquia del santo.
Noi che siamo presenti, vogliamo essere impegnati e attivi per partecipare a questa celebrazione, vogliamo aprirci all’intelligenza del contenuto della celebrazione stessa e vogliamo disporre tutto il nostro essere a concordare con ciò che celebriamo. E’ nostra intenzione che questa celebrazione non sia soltanto una devota manifestazione religiosa, ma sia una azione cosciente e impegnata che entra nel vivo della nostra persona, quindi nel vivo della nostra vita, nel vivo della nostra esistenza d’oggi.
Celebriamo la festa nella ricorrenza del quarto centenario della nascita di san Luigi, oggi che si é ridestato un interesse religioso nuovo, una riscoperta della sua santità. Stamattina il massimo strumento di comunicazione della nostra Italia ha affermato che san Luigi é un santo giovane, é un santo dei giovani d’oggi. La presenza dei giovani così avvertita, é un forte richiamo della nostra responsabilità di persone adulte, di cristiani coscienti del dono della fede.
Abbiamo celebrato la Parola di Dio e continuiamo con l’omelia. La Parola di Dio deve rivelarci il segreto della santità di san Luigi e ci deve portare a proiettare questa santità nella nostra vita, nella vita del mondo d’oggi. Abbiamo udito la solenne affermazione di nostro Signore Gesù Cristo: “Io sono il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe”, dunque, é il Dio dei vivi e non è il Dio dei morti. Questo é il Dio con cui si é incontrato molto presto, in modo cosciente e vivo il piccolo Luigi ed è diventato per lui la persona più importante, più grande, più decisiva: la persona che ha raccolto tutti i suoi interessi, che ha dato consistenza a tutte le sue aspirazioni e a tutti i suoi sogni, ed é diventata il motivo della sua esistenza.
Ha incontrato il Dio dei viventi in un mondo che aveva l’apparenza della vita nella ricchezza, nello sfarzo, nella potenza: tutti elementi minati nel loro fondamento perché non poggiano sulla consistenza del Dio vivo. Luigi comprende la situazione, compie la sua scelta di non immergersi nell’amore delle cose e delle persone che lo circondano, ma nell’amore di Dio e nel grande comandamento di Gesù, “amatevi” perché, egli ha scoperto che la vita ha senso e valore quando é espressione di amore, ma di amore per cose serie, di amore per persone meritevoli, allora, pone Iddio al primo posto Dio da amare con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze, con tutto se stesso e il prossimo che sono i figli di Dio da amare.
Noi sappiamo che san Luigi: si é impegnato in questo amore mantenendo, davanti al suo spirito, tutte le espressioni e le manifestazioni dell’amore di Dio per lui. Perché si ama? Noi creature, amiamo quando abbiamo la coscienza e la certezza di essere amati. Luigi comprendeva come il suo Dio vivente lo amava attraverso il Figlio morto in croce per lui. Il crocifisso non era l’oggetto della sua devozione, ma il motivo della sua vita, delle sue scelte, della sua dedizione, della donazione di tutto se stesso. Il crocifisso, per san Luigi, non era un’immagine ma la viva realtà dell’amore di Dio per lui come nel sacramento della eucaristia cui si preparava con tanto impegno e continuava durante il giorno con un ricordo di attualità continuata. L’amore di Dio per lui, lo scorgeva anche nella Madonna, una donna più grande che sua madre, più grande di tutte le donne con cui aveva a che fare, ed alimentò la sua devozione che si trasformò in amore per i propri fratelli. Egli aspirava a dedicare tutta la sua esistenza per innalzare i propri fratelli nei paesi di missione sorreggendoli, portando loro una luce nuova, la grazia di Dio, la salvezza, ma il Signore disponeva che questo sogno apostolico si racchiudesse nel breve gesto della cura degli appestati ai quali ha dedicato se stesso fino alla sua fine.
La santità di Luigi é attuale come é attuale il vangelo di Gesù Cristo almeno sotto l’aspetto sostanziale perché le manifestazioni particolari esterne possono appartenere soltanto a quel tempo. La celebrazione della Parola ci ha portato e ci porta ad un’altra considerazione, che non si può dimenticare davanti a san Luigi. E’ stato annunziato: beato l’uomo trovato senza macchia, perché non é andato dietro all’oro e non ha sperperato nel denaro le sue energie.
Questa è la condizione di vita di san Luigi: non é andato dietro al danaro fu provato come l’oro nel crogiuolo e rimase incorrotto, poteva peccare e non peccò, fare del male e non lo fece, e per questo é santo.
Poteva peccare e non peccò, poteva fare del male e non lo fece, anzi ha colto motivo dalle occasioni in cui si trovava e che gli rendevano il peccato e il male più facili, per rifiutare il male e il peccato ed affermare i diritti di Dio sopra i presunti diritti degli uomini, per dichiarare la libertà dei figli di Dio sopra il dominio degli uomini, per manifestare la grazia di nostro Signore Gesù Cristo nei confronti d’ogni grazia che il mondo gli poteva presentare.
Miei cari, questo giovane che poteva peccare e non ha peccato, rapportato ai nostri giovani che vivono nel mondo d’oggi, che manifestano le loro impazienze, le loro inquietudini ma anche le loro aspirazioni, le loro esigenze in un modo sconcertante o imbarazzante, è di un’attualità vivissima.
Come possiamo fare riferimento alla santità di san Luigi, oggi definito il ribelle di Dio, e la così detta contestazione dei giovani?
Diciamo con umiltà e con realismo e senza timori anche le parole che difficilmente dicono con esattezza ciò che si vuole esprimere.
Era facile essere buoni, era facile praticare un certo cristianesimo quando si mangiava polenta tre volte il giorno, quando le ragazze erano tenute “sotto custodia” da papà e mamme molto austeri e saggiamente cristiani. Allora, tutto sembrava pacifico e normale e può venire la pericolosa tentazione di sostenere che quello era il tipo buono del cristiano.
Oggi i giovani hanno le tasche piene di danaro; hanno a disposizione un’auto o in ogni modo un mezzo di trasporto; hanno rivendicato, di fatto, una libertà che noi possiamo anche ritenere esagerata che può essere dannosa, eppure sono inquieti. Nella nostra saggezza ci poniamo l’interrogativo: hanno tutto, cosa vogliono ancora? Può sembrare legittimo farsi questo tipo di domanda, ma é legittimo?
Nelle espressioni di contestazione dei nostri giovani ci sono anche delle indicazioni corrette. Non sono soddisfatti del denaro che hanno in tasca, non sono felici benché possano andare con libertà dove vogliono e con chi vogliono per fare quello che vogliono, perché ad un certo punto sentono che l’auto, la libertà e i soldi non sono il tutto. Questi stessi giovani si ribellano contro un ordine costituito, contro la civiltà del benessere, contro mostruose affermazioni di potere che soffocano la dignità, la libertà e la vita di una notevole parte dell’umanità.
In queste manifestazioni usano tante espressioni che si possono disapprovare, condannare, rifiutare. Ricordiamo che sono giovani, diamo loro il beneficio dell’età, dell’inesperienza, dell’impazienza, dell’incapacità di vedere chiaro, ma prestiamo attenzione a quello che i giovani affermano, contro un certo nostro individualismo, perché avvertono un senso comunitario che non é mai esistito in mezzo a noi, prestiamo attenzione a quello che i giovani manifestano nel senso della corresponsabilità con tutto il mondo, con gli uomini di tutto il mondo e di tutte le razze e di tutte le religioni, prestiamo attenzione a quello che i giovani affermano perché vogliono sentirsi qualcuno e non avere semplicemente delle cose e rifiutano di essere “qualche cosa”, ma vogliono essere se stessi quasi come per rispondere all’appello di nostro Signore Gesù Cristo che li chiama per nome.
Questi giovani che, per nostro Signore Gesù Cristo non sono dei numeri o degli individui da pianificare ma persone che devono esprimere tutto se stesso nella ricchezza irrepetibile contenuta in ogni persona, vogliono creare nuove condizioni di vita e non possono crearle da soli.
Noi siamo i chiamati a realizzare le condizioni necessarie perché i nostri giovani possano essere se stessi. Tutte queste aspirazioni nascono dal vangelo di nostro Signore Gesù Cristo Hanno la loro origine in un impulso che viene dallo Spirito di nostro Signore Gesù Cristo. Ci sono molte scorie, molte apparenze, delle utopie e dei vaniloqui, ma hanno anche un fondo di verità.
Beatus vir qui potui trasgredi et non est trangressus.
Rapportiamo quest’affermazione dello Spirito nei confronti dei nostri giovani.
E noi sacerdoti e voi tutti fratelli fedeli che ascoltate queste parole, noi che celebriamo la festa liturgica nel centenario della nascita di san Luigi, un santo giovane, un santo dei giovani, sappiamo che san Luigi ha contestato un certo ordine costituito, ritenuto pacifico, solido, valido da tante persone di mondo e da tante persone di chiesa. Noi sappiamo che intorno a san Luigi c’erano persone che hanno fatto tutti i tentativi per convincerlo che era bene rimanere al suo posto, che avrebbe potuto fare tanto bene ai suoi sudditi, che non era necessario lasciare il mondo e abbracciare lo stato religioso, ma lo Spirito lo ha portato “avanti” a trascurare tutte quelle che potevano sembrare le ragioni valide per rimanere al suo posto.
E i giovani d’oggi? Non ne facciamo subito altrettanti san Luigi, ma lo possono diventare per un’affinità nuova con le esigenze e gli impulsi del vangelo, lo possono diventare per la nostra azione educativa, per la nostra azione pastorale concorde, unanime e impegnata, ma soprattutto per la nostra coerenza personale alle esigenze del Vangelo e con l’attenzione alle manifestazioni dello Spirito Santo che non devono essere spente e ostacolate, ma giudicate e poi rispettate e favorite.
E’ indispensabile da parte nostra un impegno apostolico che va alle radici, alla fonte, alla sostanza della fede cristiana, alla realtà dei doni che Dio ci porta per mezzo del suo Figlio attraverso l’azione dello Spirito Santo, quindi, un vangelo più chiaro, un vangelo più autentico e i mezzi della salvezza che in nessun modo devono emulare i mezzi di qualsiasi potenza economica, o politica, o d’esperienza che c’è nel mondo, ma i mezzi portati da nostro Signore Gesù Cristo, la sua croce redentrice, sorgente della vita nuova che Gesù ci comunica nell’azione sacramentale
E’ indispensabile che, un’azione pastorale nei confronti dei nostri giovani sia espressione di senso comunitario realizzato in mezzo a noi nel vincolo della comunione fraterna e della carità di nostro Signore Gesù Cristo.
E’ necessario che sia una pastorale organica perché nessuno dei pastori deve ignorare ciò che fanno gli altri pastori e tutti i pastori non devono ignorare tutto ciò che ognuno compie nel nome di nostro Signore Gesù Cristo.
Come é bella miei cari sacerdoti, la vostra presenza oggi!
Come è illuminante la lezione che ci viene da san Luigi!
Quanta luce ci porta il vangelo di nostro Signore Gesù Cristo incarnato nella sua esistenza trasferito nelle situazioni d’oggi, specialmente nella situazione dei giovani!
Quanta forza di salvezza può sprigionarsi dalla nostra vita, dal ministero proprio perché sollecitato dai segni dei tempi, nei quali viviamo!
OM 128 Luigi 68