Primo Maggio 1967
festa di San Giuseppe e del lavoratore
Abbiamo ascoltato la parola del Signore che dice:”qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto fate in nome del Signore Gesù Cristo, rendendo grazie a Dio Padre per mezzo di Lui ” Qualunque lavoro facciate, lavorate di buon animo come chi opera per il Signore e non per gli uomini sapendo che dal Signore riceverete in ricompensa l’eredità”(Col ).
Possiamo chiederci perché la Chiesa ci fa ascoltare queste parole di san Paolo mentre si raccoglie intorno alla figura di san Giuseppe, lo sposo della Vergine Maria, il custode del Figlio di Dio fattosi uomo per la nostra salvezza. Queste parole definiscono tutta la santità di san Giuseppe.
E’ pensiero comune – l’abbiamo detto altre volte in queste occasioni – che per farsi santi bisogna pregare molto, fare molte penitenze, compiere cose straordinarie e magari anche dei miracoli. Questo non è un concetto esatto della santità. San Giuseppe è santo, è il più grande santo del cristianesimo, è addirittura il patrono universale della chiesa, eppure non corrisponde a quello schema di santità che noi facilmente pensiamo e cioè: un uomo che come un monaco si sia dedicato alla preghiera, che come un anacoreta si sia dedicato alla penitenza, che come un taumaturgo abbia compiuto dei miracoli o abbia avuto estasi o visioni. Niente di tutto questo. San Giuseppe è stato un padre di famiglia, per di più un artigiano, un lavoratore e, proprio attraverso il lavoro, la fatica, il compimento del suo mestiere si è fatto santo.
Perché – possiamo chiederci – San Giuseppe è santo e si è santificato attraverso la fatica quotidiana, il lavoro di tutti i giorni?
Perché il segreto della santità, il punto decisivo della santità consiste nel fare la volontà di Dio: siamo santi quando facciamo la volontà del Signore. “Se qualcuno mi ama osserva i miei comandamenti”.
“Questa è la volontà di Dio: che siate santi” E si può rendere l’espressione del Vangelo così: sarete santi quando farete la volontà di Dio. La volontà di Dio per alcuni sarà che si dedichino alla preghiera come per i religiosi, o al ministero come per i sacerdoti, ma per la maggior parte delle creature di Dio, i fedeli, i cristiani, i battezzati che pure sono tutti chiamati a una vita perfetta, la volontà di Dio è che stiano nella loro situazione naturale come padri e madri di famiglia, come figliuoli e figliuole per fare ciò che c’è da fare nel mondo: portare a compimento quello che Iddio ha incominciato per mezzo della creazione. Dio ha creato tutto: il cielo e la terra e tutto ciò che esiste in cielo e in terra, e poi ha affidato tutto agli uomini dicendo, “crescete e moltiplicatevi sottomettete la terra”. Queste espressioni che, riguardano gli impegni della famiglia “crescete e moltiplicatevi” e gli impegni del lavoro quotidiano a tutti i livelli “sottomettete la terra”, sono comando di Dio. Questa verità deve entrare sempre di più nel vostro animo.
Perché la Chiesa, nei tempi nostri ha stabilito la festa di san Giuseppe in coincidenza col primo maggio?
Il primo maggio era la festa del lavoro, ma una festa profana che non entrava nell’ambito delle celebrazioni cristiane.
La chiesa ha posto in questo giorno la celebrazione della santità di san Giuseppe in quanto è un uomo comune che come tutti gli altri si è dedicato al lavoro e dal lavoro ha avuto la sua santificazione. San Giuseppe è santo perché ha lavorato. Il lavoro è santificante perché è l’adempimento della volontà di Dio. Si fa santo un artigiano nella sua bottega come si fa santo un monaco nel convento, come si fa santo un sacerdote celebrando la santa Messa, perché tutti fanno la volontà di Dio, corrispondono alla propria vocazione, corrispondono alla volontà del Signore che vuole tutte queste cose per la vita degli uomini, per il bene degli uomini e come espressione di amore e della carità verso gli uomini.
Un padre che lavora esprime il suo amore e la sua carità verso la moglie e i figli. Una madre che lavora esprime il suo amore e la sua carità verso i propri figli e marito. I figli che lavorano, esprimono il proprio amore verso la propria esistenza e per i genitori. Il lavoro quindi è espressione di carità e di amore fraterno e, perciò motivo di santificazione nella fatica.
Nel lavoro come nella fatica c’è motivo di santificazione perché offriamo le nostre energie, il nostro impegno, la nostra stanchezza in riparazione dei nostri peccati,delle nostre colpe, dei nostri disordini e quindi purifichiamo sempre di più noi stessi e ci avviciniamo sempre di più alla santità del Signore, e quindi ci santifichiamo.
Il Concilio – lo sapete – ha dato molta importanza ai laici, a tutti voi quindi, non soltanto perché siete più numerosi ma perché voi siete la Chiesa, il popolo di Dio che deve glorificare il Signore non soltanto venendo in chiesa ma in ogni circostanza della vostra esistenza. Dovunque noi siamo dei cristiani, dovunque noi siamo battezzati, dovunque noi siamo membri del popolo e dovunque, dunque, noi dobbiamo glorificare il Padre nostro che è nei cieli.
In che modo? Ripeto, facendo la sua volontà, compiendo bene ciò che dobbiamo compiere. Chi fa il proprio lavoro per fare la volontà del Signore, sotto il suo sguardo e non sotto lo sguardo degli uomini, e lo fa in spirito di obbedienza alla volontà di Dio, e in spirito di penitenza dei propri peccati, questi santifica se stesso e glorifica Dio. Il Signore non lo si glorifica soltanto con una cerimonia religiosa o andando in processione con un determinato vestito. Iddio lo si glorifica con una buona condotta, con una buona coscienza, con un impegno serio nell’adempimento del proprio dovere.
La casa è dove si glorifica il Signore. I campi sono lo splendido tempio dove si rende gloria a Dio insieme a tutte e le creature. L’officina è il tempio dove si glorifica il Signore quando, le cose si fanno per amore del Signore, quando ciò che ci costa e quando ciò che si trasforma si fa per ordinarlo a Lui, e offrirlo come un sacrificio che sale verso il cielo profumato della santità: della nostra intenzione, della nostra buona volontà e del nostro impegno, serio, di fare la volontà di Dio.
Ecco miei cari, il primo maggio: festa del lavoro, San Giuseppe, un lavoratore, un laico che si è fatto santo facendo la volontà del Signore nella condizione in cui si trovava naturalmente, facendo tutto ciò che il Signore voleva,perché il Signore lo voleva, e come il Signore lo voleva.
Impariamo la grande lezione e continuando la celebrazione del sacrificio di nostro Signore Gesù Cristo, pensiamo che Gesù prima di offrire le sue mani e i suoi piedi per essere crocifisso per la nostra salvezza aveva impiegato quelle mani e quei piedi nella fatica e nel lavoro, per santificare il lavoro e perché noi potessimo santificarci nel lavoro, perché potessimo purificarci e salvarci.
OM 57 Primo Maggio 67