Monopoli, Cattedrale, 4 Novembre 1967
Miei cari, quindici anni or sono, varcando i primi paesi della Puglia, a chi camminava accanto a me su una Augusta targata Alessandria, era tale il mio sconforto per la lontananza in cui mi spingevo e per la desolazione dei paesi che attraversavo che avevo detto a lui: si tenga pronto a parlare al mio posto perché io non ce la faccio.
Poi il paesaggio, che si intravedeva scendendo da Conversano, mi allargò il cuore, i vostri volti mi incoraggiarono e quella sera incominciai a parlare. Ma questa sera avrei bisogno di un altro che dicesse quello che provo ed é letteralmente vero che soffro di più per la partenza di quanto soffrivo quella sera, per un primo distacco.
Può sembrare non da uomo, non da sacerdote, non da Vescovo turbarsi fino al punto di non saper parlare, ma la colpa non é mia, siete voi. Perché, voi uomini, (siete sempre gli stessi, nevvero?) avete le lacrime agli occhi? E allora siete come me, e io sono contento di essere come voi. Scusate quindi se questa sera faccio un discorso più sconclusionato di quelli che ho fatto in quindici anni.
Sentirmi al centro della vostra vita, dei vostri pensieri, dei vostri sentimenti! Oh ci vuol altro che il Signore mi abbia dato un po’ di intelligenza, ci vuol altro che il Signore mi abbia dato un po’ di preveggenza, ci vuol altro che mi abbia fornito di un temperamento che viene – si dice- dalla durezza del Piemonte. “Fecit mihi magna qui potens est quia respexit humilitatem”. Non che io sia umile, ma sono stato un povero strumento e poi, tanto fatto più povero, la potenza di Dio si é manifestata.
Vi ho parlato tante volte dello Spirito Santo che é l’anima della Chiesa che porta a compimento l’opera di nostro Signore Gesù Cristo ed io, perché sono stato insignito della pienezza dei suoi doni, – che é un disegno misericordioso dell’infinito amore di Dio, – ho fatto anche qualche cosa in mezzo a voi di quello che é stato qui riportato. E tutto questo l’ho fatto perché accanto a me ho avuto i miei sacerdoti. Quella sera ho detto, ho promesso che sarei stato il Vescovo dei miei sacerdoti. Il giorno dopo, nella intimità di un incontro, non ho fatto a meno di avvertirli: guardate che ho la pienezza del sacerdozio e allora voi sapete che il sacerdote é il sacrificatore.
Cari sacerdoti, qui davanti ai vostri fedeli e davanti al Signore, io riconosco di avervi chiesto tanti gravi, veri sacrifici. Se voi mi chiedeste se questa sera, almeno, me ne pento io vi rispondo: non me ne pento. Vi dico soltanto che avrei potuto farlo meglio, con più dolcezza, con più pazienza. Ma, capite anche voi che, se invece di 42 anni ne avessi avuto 58, forse avrei fatto meglio.Tenetelo presente e, ancora, capitemi.
Lo sappia tutto il popolo, lo sappiano tutti i vostri fedeli tutti i sacrifici che vi ho chiesto perché voi diventaste dei pastori sull’esempio di nostro Signore Gesù Cristo. Per la vostra collaborazione, per la vostra apertura, per la vostra generosità, per la vostra docilità, tutto questo si é verificato e, tutto questo, questa sera lo riconosciamo insieme, l’abbiamo fatto perché siamo stati confortati dalla fiducia, dalla comprensione, dalla bontà dei nostri fedeli.
Cari sacerdoti, voi avete visto. Io ormai ho deposto il pastorale sull’altare. Chiunque venga dopo di me, e verrà qualcuno state tranquilli, lo assumerà. Ma voi rimanete sempre gli stessi, voi sarete sempre con le vostre popolazioni, voi sarete sempre con i vostri figli. Ebbene, prendetevi tutta la mia paternità maturata in questi lunghi anni e fatela vostra, e andate avanti, e continuate a sacrificarvi di vostra iniziativa perché avete imparatoa lavorare generosamente, disinteressatamente. Non vi dico: come ha fatto il vostro Vescovo ma, come ha cercato di fare il vostro Vescovo.
E allora, se tutto sta nelle vostre mani generose e disinteressate che cercano soltanto la volontà di Dio, che é la salvezza degli uomini, vedrete che nulla muterà, che nulla verrà meno. Mi fido di voi. A voi affido il mio tesoro che sono questi miei figli, che non lo saranno più giuridicamente, ma che lo saranno tanto affettivamente.
Qui il discorso é fatto e come tante volte ho ripetuto: é un mistero che entra nell’ordine della storia della salvezza. Qui il mistero é la parola di Gesù Cristo il quale ha detto agli apostoli “andate”. E, andare vuol dire anche distaccare. Nella economia della provvidenza, nella storia della salvezza, ogni paternità, secondo la promessa fatta da Dio ad Abramo, si dilata, si approfondisce, diventa numero grande come le stelle proprio perché “ci si distacca”, proprio perché si parte. Così é avvenuto per i Patriarchi, così é avvenuto per i Profeti, così é avvenuto per gli Apostoli, così avviene per i Vescovi, così avviene per me.
Non ha importanza la diocesi più grande, non ha importanza un maggiore prestigio, non ha importanza quella che si chiama “una promozione”. No. Affatto. Ha importanza dire di sì al Signore, il dire sì al Vicario di nostro Signore Gesù Cristo che, come già avete ascoltato, é nel cuore di tutti, anche perchè in questi sta soffrendo per la sua salute.
E, vi devo dire una cosa, miei cari. Non ho cercato in nessun modo di andarmene da Monopoli. E vi devo dire un’altra cosa che é una confidenza: quando sono stato interpellato per quella che si chiama una promozione, ho detto: se mi lasciate nel Meridione sono più contento. Allora, tutto questo che avviene, non avviene per la mia volontà ma per la volontà di Dio. Allora, la docilità veramente strumentale alla volontà di Dio fa sì che a questi figliuoli che siete voi se ne aggiungano molti altri, ma non verrà meno l’affetto per ognuno di voi, non verrà meno l’amore per ognuno di voi perché Dio – lo sanno i papà e le mamme- moltiplicando i figli dilata il cuore, e col cuore dilatato si amano di più i figli che si moltiplicano. Perciò state sicuri che sarò fedele a volervi bene. State sicuri che la chiave simbolica del vostro cuore la accolgo con delicatezza, con rispetto, con trepidazione e la metterò nella parte più sicura dove poterla custodire e vedere perché il mio affetto per voi sia vivo in ogni istante.
E anche voi, in questo momento datemi il vostro perdono e la vostra benedizione, come chiedo perdono a Dio e la sua benedizione per essere nella sua grazia, perché potevo dare di più, perché potevo fare meglio, perché potevo essere più buono, perché potevo essere più attivo. Perdonatemi tutte le volte che non lo sono stato e beneditemi come si benedice un figlio.
Così ha detto il Senatore: La Madre é la Chiesa di Monopoli. Benedite questo che é un figlio della Chiesa, della Chiesa universale, ma in particolare di quella che si raccoglie qui.
Beneditemi davanti alla Madonna.
Io ogni volta che la vedrò e la porrò davanti ai miei occhi nel posto più visibile dove la mia permanenza sarà più attiva, penserò a voi. E voi, ogni volta che la vedrete, pregate per me.
Ma la provvidenza del Signore é grande. Nel Duomo di Mantova, tra i tanti altari ce n’é uno dedicato alla Madonna d’Itria. I Gonzaga erano imparentati con i Borromeo, padroni di Oria e della valle d’Itria, e forse essi stessi hanno portato questa devozione pugliese in Mantova. Incontriamoci dunque davanti alla Madonna e ricordiamoci per benedirci vicendevolmente.
Non incomincio a salutare uno ad uno o le diverse categorie di persone perché anche il rischio delle dimenticanze in questo momento é grave. Saluto rispettosamente e doverosamente coloro che vi rappresentano.
Saluto il Senatore, il mio Senatore e qui davanti all’altare del Signore e al cospetto ella Madonna, vi esprimo il desiderio che sia sempre il vostro Senatore. Capitemi!
Saluto i Sindaci dei nostri quattro comuni e con essi tutti gli amministratori.
Mi permetto di dirvi ciò che in altra misura e sotto altra responsabilità ho detto ai miei sacerdoti: le popolazioni che hanno riposto fiducia in voi sono meritevoli che voi dedichiate tutto voi stessi per il loro bene.
Amministratori e politici, prima delle ideologie, prima del partito, prima della corrente politica ci sono queste popolazioni, c’é questa gente, c’é un bene comune a cui dedicarvi con la vostra intelligenza, con le vostre capacità, col vostro spirito di iniziativa col vostro disinteresse.
Ma, lasciatevi dire – qui parlo molto chiaro – lo dico da Vescovo ai comunisti come ai democristiani ( lo permetterete questo discorso, questa sera?) ciò che importa non é far trionfare una ideologia. Da amministratori, ciò che importa é il bene comune.
Allora, ciò che importa é la vostra concordia, è la vostra unione, é il superamento di qualsiasi divisione o divergenza;
ciò che importa é essere veramente un cuor solo e un’anima sola, perché decine di migliaia di creature umane attendono da voi
che sia riconosciuta la loro dignità, che sia reso possibile il loro progresso che possano inserirsi dove meritano larghissimamente per la loro intelligenza e per il loro grande cuore e per le loro inestimabili capacità: Per inserirsi non in quella tale isola protetta di cui ha parlato il nostro Presidente, ma per inserirsi in una Italia nuova che, se é incominciata dal Piemonte, deve realizzarsi dal Meridione.
Scusate.
Non mi smentisco mai. Ma, capitemi intelligentemente! Voi che scegliete i vostri rappresentanti, i vostri amministratori, sceglieteli con intelligenza come mi pare abbiate sempre fatto. Non guardate al vostro piccolo “interessino”, guardate a chi sa provvedere al bene di tutti. Noi non stiamo bene quando gli altri stanno male. Noi non stiamo bene personalmente se i nostri fratelli stanno male. Stiamo bene quando tutti stanno bene.
Adesso, come si si dice in una espressione che si vede anche sugli schemi, “andiamo a Messa” e celebriamo insieme questa Messa. Lo vedete come celebriamo insieme questa Messa? Con tutti i miei sacerdoti, (almeno una larga rappresentanza) porto sull’altare tutti i nostri affetti: la sofferenza del Papa e i nostri sacrifici. Anche voi portateli sull’altare del Signore. Offriteli con le vostre mani, col vostro sacerdozio battesimale insieme a noi sacerdoti. Il Vescovo e con lui i sacerdoti offrono il vostro sacrificio.
Il vostro cielo, il vostro sole, il vostro mare, i vostri trulli, il vostro panorama per me saranno un sogno, ma li sognerò molte volte. E quando voi vedrete tutte queste meraviglie, godetele come un grande dono di Dio e ricordatevi di chi non le vedrà più. Poniamo tutto sull’altare del Signore perché la Chiesa di Monopoli disposandosi con la Chiesa di Mantova, diventi veramente la chiesa di nostro Signore Gesù Cristo che ha per Madre Maria Santissima.
Dalla bobina IV all’inizio.
OM 78 Saluto 1967