In quel tempo Gesù esultò nello Spirito Santo; e disse io ti rendo lode o Padre Signore del cielo e della terra che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Si, Padre, perché così é piaciuto a te Ogni cosa mi é stata affidata dal Padre mio e nessuno sa chi é il figlio se non il Padre né chi é il Padre se non il figlio e colui al quale il figlio lo voglia rivelare.E rivolgendosi ai discepoli in disparte disse: “beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e udire ciò che voi udite, ma non lo udirono” .
Celebriamo sacerdoti e amici carissimi, noi tutti, il martedì della prima settimana dell’Avvento e la memoria ricordo del nostro vescovo Carlo qui in cattedrale dove é conservata la memoria: la sua memoria anche con la sua sepoltura, e questo ci impegna ad interpretare i sentimenti migliori dell’intero nostro presbiterio e di tutta la comunità mantovana
Noi questa sera meditiamo due immagini dalle quali la chiesa tutta nel mondo é attratta mentre celebra l’eucaristia di questo primo martedì di Avvento verso il Natale. Una é l’immagine che ha nella visione profetica Isaia, sui tempi messianici e sul Messia che verrà, e noi comprendiamo che è la visione anche sui nostri tempi perché sono tempi messianici compiuti, e sui tempi che stanno avvenendo. E la seconda immagine é quella che ci é offerta dall’inno di lode che Gesù eleva al Padre esplodendo di gioia nello Spirito Santo.
Noi possiamo mettere insieme i due testi. Noi seguendo il Signore nel tempo di Isaia, compiuto per noi nel tempo messianico, contempliamo, andiamo contemplando, Cristo Signore glorioso quale germoglio e virgulto, spuntato, germogliato dalle radici del popolo ebraico in terra arida , quella di ieri, in terra arida come sempre per tanti aspetti anche la nostra terra, eppure contempliamo Cristo Signore glorioso quasi come virgulto e germoglio pregnante di vita e di vitalità in questo nostro mondo che apertamente -come ci insegna Isaia- é impregnato di vitalità e cioè di sapienza, di intelletto di consiglio di fortezza e di conoscenza e di timore di Dio.
Prende risalto nella visione di questa vitalità di Cristo Signore, il timore di Dio. Così ha scritto Isaia, – e fa bene molto anche a noi sia perché é parola ispirata, sia perché nel nostro tempo abbiamo bisogno di questa ispirazione più che in altri tempi, – per i nostri tempi, c’é scritto : il germoglio si compiacerà del timore del Signore, troverà compiacimento nel timore del Signore, e sarà questo compiacimento amorevole, rispettoso di Dio, che sprigionerà giudizi e discernimenti non secondo apparenze o sentito dire – come é scritto in Isaia- ma giudizi e discernimenti liberatori – ecco i giusti !- a favore particolarmente dei poveri e degli oppressi.
E’ un compiacimento amoroso e rispettoso di Dio che consentirà di prendere la parola ad un tempo energica,- la verga contro i prepotenti – e tenera – in parola come soffio- per quanti hanno bisogno di respirare .
E’ un compiacimento amorevole e orientato ad edificare popolo, convivenza, famigliarità e qui le immagini di Isaia sono insuperabili: convivialità e cordialità tra lupo e agnello , tra pantera e capretto, tra vitello e leoncello, tra mucca e orsa, tra leone e bue; e la visione in mezzo a questa situazione del lattante che si trastullerà serenamente nella buca dei serpenti, ll bambino vi metterà la mano senza preoccupazione. Il tutto, anzi, dominato, quasi, dalla semplicità del fanciullo che va verso queste condizioni di convivialità, di cordialità, di fraternità.
Abbiamo poi la la seconda immagine del Vangelo secondo Matteo che, realmente, nel suo linguaggio, é assai diverso da quello di Isaia , eppure a pensarci o a fare attenzione, é una immagine di preghiera e di lode che in certi aspetti é simile, in certo modo, anzi, compie quella visione profetica di Isaia.
C’é scritto nel brano evangelico di stasera e, andrà letto così,” In quella stessa ora, Gesù esplose in preghiera di lode”.
In quella stessa ora. Era l’ora, lo ricorderete forse con facilità, quando ritornano i 72 discepoli mandati verso la messe abbondante nel nome del padrone della messe, sospinti appunto dalla grazia di Dio; era l’ora del loro ritorno dalla missione a cui erano stati mandati – ecco dove Gesù richiama Isaia – come agnelli in mezzo ai lupi, in povertà e sveltezza per salutare e portare pace, a quei tempi messianici, in una gratuità che si rivela non perché cadono i demoni o perché si raggiunge chissà quale risultato, ma perché i nomi – che significa alla lettera- : il servizio, la perdita della propria vita in servizio, sono scritti nei cieli.
Era la situazione dei 72 e divenne anche rivelazione sulla situazione permanente della chiesa. Un’altra situazione é quella dei 72. E’ situazione di gente mandata dal padrone della messe verso un mondo nel quale fiorisce una messe abbordante e non solo zizzania.
Pertanto Gesù risorto che é qui presente attraverso il Vangelo e l’Eucarestia. Per quanto mediocre, Gesù possa vedere la nostra situazione, anche in mezzo a noi, è qui in quella stessa ora, in questa stessa ora, e, in questa ora eucaristica eleva il suo inno di lode esplodendo di gioia nello Spirito Santo: Padre, Signore del cielo e della terra, ti rendo lode perché hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelati a questi piccoli attorno all’altare. Si, Padre, perché così é piaciuto a te
La prima riflessione per noi, per augurarci il Natale, Natale 1998, tra l’atro indicato dal Papa, per esultare nello Spirito Santo davanti a Dio e nostro Padre e a comprendere l’esultanza del Signore Gesù, che in mezzo a noi rende lode al Padre, Signore del cielo e della terra, perché le cose continuino ad essere rivelate ai piccoli. E per essere attratti da questo inno di lode l’evangelista adopera anche la connotazione: “Gesù profondamente commosso” esplose in questa preghiera : ti lodo, Padre, perché le cose vengono rivelate ai piccoli e i piccoli possono comprendere.
Ecco dunque non solo l’invito a comprendere la sorprendente commozione di Cristo in mezzo a noi, ma anche un invito a permanente purificazione nostra, al risveglio circa la nostra missione verso il mondo, che matura continuamente la sua messe e che abbisogna di operai che vadano in gratuità, vadano con sveltezza, vadano non a vedere i demoni che cadono – se il Signore vuole accadrà anche questo – ma vadano nella convinzione che i loro nomi sono scritti e saranno letti pienamente soltanto nei cieli.
E’ la situazione dei 72, è la nostra situazione di pochi discepoli del Signore qui riuniti, rappresentanti della nostra chiesa mantovana, che é insieme la situazione della chiesa, é la situazione della nostra chiesa mantovana, e che, per quanto vi riguarda, lo conoscete questo inno commovente di Cristo in mezzo alla sua storia. Gesù continua a sentirla e a vederla così.
Ovviamente ci invita a purificare il nostro atteggiamento. Ci sorprende che Gesù in quella stessa ora, in questa stessa ora, possa compiere tra di noi, perpetuare il suo inno di lode al Padre nella esultanza del suo Spirito tanto quanto ci vede soprattutto piccoli, capaci di comprenderlo.
E’ questo momento dunque, verso il Natale e verso un anno da dedicare al Padre, della generosità di chi serve il Vangelo nel mondo purificandoci, risvegliando la nostra esperienza e guardando al mondo – scusate- alla nostra chiesa mantovana con una visione più limpida, più serena, più giusta, più evangelica, più misericordiosa, guardando poi, più ampiamente, la nostra gente mantovana e al mondo intero con lo steso affetto con cui Gesù confidò di guardare a tutti i piccoli della terra.
E’ in questo contesto che oggi per noi, in forza della comunione dei santi, noi dobbiamo (vogliamo) avere un ricordo per i nostri vescovi e anche per i preti da loro ordinati, e anche per la chiesa segnata dalla loro predicazione, guidata dalla loro presenza apostolica, santificata nel segno soprattutto del crisma attraverso la cresima , l’ordinazione dei nostri sacerdoti.
Sono vescovi a cui sono legati, appunto, ancora, i sacerdoti del nostro presbiterio, e tanti laici segnati soprattutto dal segno della cresima : padre Carlo, Domenico, Antonio e Carlo. E’ così che io li vedo, pensando, anch’ io raccolto insieme con voi, sono vescovi dei quali i nomi sono scritti nei cieli: è stata svelata a loro in pienezza la loro identità. Anch’essi cercarono, forse, che cadessero i demoni, ma anche loro certissimamente hanno conosciuto l’inno di lode del Signore: anima la sua chiesa, la sua povertà evangelica e la povertà evangelica dei vescovi (?)
Forse, senza dilungarci, possiamo così, appena appena istintivamente, ricordare il modo con cui hanno fatto giudizio sulla chiesa e sui Mantovani, il modo con cui hanno fatto discernimenti fazienti o anteponenti, in tempi andati, forse più che ora, attraverso il segno della parola che è la verga contro le prepotenze del male, ma quanto ‘soffio’ devono aver potuto anche loro, so, riversare ad animazione della nostra chiesa . Quanta parola riversata su di noi che fa storia della nostra vita spirituale, che é linfa vitale, per l’ oggi e per il domani della nostra chiesa mantovana. Quante giornate anche per loro passate in una visione di messe che matura, di operai che mancano o di operai da sostenere: edificazione di chiesa, edificazione di convivialità, animazione di convivenza mantovana orientata così, sia per il loro ministero e per la loro vocazione, sia perché questa era ed é la missione del vescovo come di ogni cristiano e dei sacerdoti.
E’ in questo contesto di compiacimento del timore del Signore, di rispetto amoroso di Lui, che noi li ricordiamo e ricordiamo, più vicino a noi, il vescovo Carlo del quale appunto posso dire queste due cose complementari a sostegno della nostra preghiera, di convincimento che anche per la nostra preghiera, il suo nome é pienamente scritto nei cieli . E’ la dove viene svelato in pienezza il suo ministero e la sua presenza tra di noi.
Di lui però credo che possiamo anche capire l’anima e l’apostolato e la ministerialità se leggiamo la sua vita alla luce della espressione di Isaia: ecco un altro dei vescovi , ecco il vescovo Carlo che si é compiaciuto del timore del Signore: dell’amore rispettoso del Signore, dell’amore non impaurito ma confidente del Signore, nel rispetto di Lui.
E ciascuno di noi, a seconda della sua memoria, può così ricordarlo con grande affetto in questa celebrazione, riconsegnandolo a Dio nostro Padre, dove noi con certezza e speranza, in forza anche della preghiera, già lo contempliamo.
Se appena lo consentite, anch’io ad alta voce posso ricordare qualche cosa . E rivado indietro e lo ritrovo esattamente al Concilio vicino anche al vescovo Antonio Poma e con gli altri vescovi italiani , che attraverso il Concilio si radunarono, cominciarono a familiarizzare assai più che un tempo, fino a diventare poi conferenza episcopale. E li vedo tutti i nostri vescovi, e ricordo sullo sfondo dei vescovi italiani, i vescovi Antonio e Carlo con l’atteggiamento iniziale giusto, che poi andò crescendo, del rispetto di un Dio che voleva parlare in un Concilio alla chiesa per il mondo, disponibili come discepoli a seguire il soffio dello Spirito.
Consentitemi appena di dare un’altra immagine del vescovo Carlo. E allora, ancora una volta, c’era il vescovo Antonio che presiedeva la Conferenza Episcopale mentre il vescovo Carlo era assiduo frequentatore di quella Commissione che andava elaborando i nuovi catechismi . E mi piace dire anche a testimonianza, quanto fosse silenzioso, quanto fosse geniale, soprattutto quanto fosse discreto ma puntuale nel sottolineare, appunto, l’aspetto evangelico della catechesi, la confidenza in Cristo e attraverso Cristo nel Padre, la confidenza nella nuova energia dello Spirito che passava anche attraverso nuovi servizi alla catechesi.
Posso darvi una terza immagine, in modo confidenziale, così. In una sera in cui non ero ancora entrato a fare il vescovo a Mantova, ma nel santuario delle Grazie, il mio primo atterraggio con lui in terra mantovana, da soli, dove mi edificò nel suo silenzio e nella sua preghiera. Fu tra noi soltanto il volto della Vergine, Madonna delle Grazie.
E ancora poi il ricordo di lui, si alla casa del sole, in tante conversazioni semplicissime, al di fuori di ogni altra preoccupazione che non fosse l’amicizia serena, espressa con immediatezza nello Spirito del Signore. E, infine, a dire il vero, quell’ultimo suo viaggio di ritorno da lontano, qui tra noi. Un po’ impaurito, davvero, lo trovai. Ancora impaurito da un viaggio faticoso ma anche a motivo della sua salute, che si distendeva lì alla casa del sole, fino ad accettare poi la distensione ultima di venire a celebrare con noi in seminario. Poi il Signore lo chiamò prima in grande silenzio poi attraverso la morte. In quei momenti e nel momento ultimo del suo ministero tra noi in seminario la sua immagine che più volte anch’io ho voluto rievocare: preti, vogliatevi bene; preti, Mantovani, chiesa mantovana tenete in mano la Sacra Scrittura. Così poi, egli si consegnò prima al silenzio della agonia e poi al silenzio solenne e festoso della comunione dei santi.
Ecco fratelli un andare verso Natale anche con questa memoria che ci é cara, rallegrata e sostenuta dal pensiero della comunione dei santi, su cui il Signore si compiace se noi meritiamo di far parte della schiera dei suoi piccoli.
Duomo, 1-12-98
Dal registratore
Isaia (11,1-10) Luca.( 10,21-24)