Messa cresimale in S. Andrea – 1977- Giovedì santo – ore 9,30
Carissimi, in noi, questa mattina, si chiarisce la coscienza del mistero che esprimiamo, perché rendiamo visibile il mistero della chiesa che è il riflesso del mistero di Dio: un popolo radunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Due misteri di pienezza di amore, la pienezza dell’amore nell’intimo delle divine Persone, il frutto di questa pienezza nell’amore che ci unisce in questa concelebrazione. Fa da ponte fra i due misteri, fra le due realtà, Gesù Cristo, il quale dice,riprendendo la promessa, la visione del Profeta, – ” Lo Spirito Santo è sopra di me” – Il Cristo, l’Unto, il Messia!
Lasciamo entrare dentro di noi questo pensiero: cos’è l’umanità di Cristo, pervasa dall’unzione dello Spirito, dall’amore di Dio, proiettato verso la creazione, verso gli uomini? Veramente la ricchezza del frutto dell’amore che è nel cuore di Gesù Cristo, è un mistero insondabile: è gioia, la gioia di venirci incontro per liberarci, per consolarci, per comunicarci la sua gioia, “Perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena ” (Giov. 15,11). Egli viene perché ha questo lieto messaggio da annunziare, da realizzare nella propria persona, da comunicare, ripeto, a tutto l’universo, a tutto il mondo, a ciascheduno di noi.
L’unzione, secondo il linguaggio biblico, porta con se letizia, esultanza: “Olio di letizia, olio di esultanza” e conseguentemente spinge con urgenza a comunicare questa letizia, questa gioia, questa allegrezza, questa esultanza a tutta l’umanità e, attraverso l’umanità, all’universo intero. Il tema della gioia non è ai margini del messaggio cristiano: il messaggio cristiano è frutto dell’amore di Dio che pervade l’umanità santissima di Cristo e che è offerta a noi, a ciascuno di noi.
Abbiamo ripetuto: – Canterò per sempre l’amore del Signore – ma veramente, miei cari, la nostra vita è un canto, un canto di gioia perché il Signore ci viene incontro con il suo amore? Con il suo amore che è offerto ai poveri, a quelli che riconoscono di aver bisogno di essere amati, che fascia le piaghe dei nostri peccati, con cui proclama la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, l’annuncio della misericordia del Signore?
Questa parola che Gesù legge nella sinagoga di Nazareth adempiuta, ha il suo sigillo, ha la sua garanzia, ha la sua certezza per tutti noi, per ciascuno di noi. E questa certezza e questa garanzia per ciascuno di noi, è resa più sincera, se si può dire così, dalla partecipazione all’unzione del Signore, di cui noi tutti siamo stati segnati. L’unzione del battesimo, quella della cresima l’unzione dell’ordine sacro fanno di noi un tutt’uno con il Cristo, con l’Unto, con il Messia, con colui che è stato atteso ed è venuto come liberatore del mondo, per la nostra liberazione, per la nostra gioia.
Miei cari, permettete che vi ponga questa domanda che anche in altre circostanze vi ho posto: – veramente, noi abbiamo la coscienza di essere liberati? Veramente abbiamo la coscienza di essere confortati dall’azione del Cristo in persona? Veramente abbiamo la coscienza di partecipare a quell’unzione di letizia, di gioia, di esultanza di cui è stato unto il Cristo e con cui siamo unti noi, dall’azione dello Spirito?
Permettete ancora: una insidia che guasta la nostra vita di cristiani, la nostra vita di ministri del Signore, di consacrati a Dio, è l’insidia della tristezza; indubbiamente essa ha anche delle cause immediate nell’ambiente, nelle persone, nella stessa chiesa in quanto composta di uomini, di donne; ma ci difendiamo in modo cristiano con l’unico mezzo adeguato a nostra disposizione dalla insidia della tristezza, della noia, dello scoraggiamento, immergendoci ininterrottamente nella realtà del nostro battesimo, della nostra cresima, della nostra consacrazione religiosa o sacramentale che ci inseriscono nel cuore della gioia di Gesù, fino al punto di sentirci come proiettati verso il mondo da salvare dalla sua grande tristezza? In quella parola misteriosa che è risuonata nei Cieli “Ecce ego, mitte me”, c’è un grido di gioia, c’è il grido di gioia dell’amore, che può finalmente manifestarsi, espandersi, portare i suoi frutti nel mondo intero.
Tutte queste realtà sono per noi, tutte queste cose sono in noi, ma non lo sono come un appannaggio in esclusiva, sono una responsabilità dinnanzi ai nostri fratelli, perché noi dobbiamo essere questa espressione del lieto annuncio per il mondo che cerca una gioia, che cerca una letizia diversa da quella proposta dal Signore, che cerca di esultare pazzamente nell’alienazione di tutta la propria persona, nel pansessualismo, nella droga e in tante espressioni che sconvolgono, umiliano i nostri fratelli. La delusione di non trovare quello che cercano li rende insensati. Ma noi che sappiamo dove è la gioia siamo annunciatori di gioia, siamo portatori di gioia? Non basta annunziarla la gioia, bisogna portarla innanzitutto in una coscienza sicura, in una coscienza limpida di ciò che è Dio per noi, di ciò che Cristo ha fatto per noi, della sua Pasqua da fare ininterrottamente con i suoi discepoli: e Pasqua è risurrezione, è vita, conseguentemente è gioia.
Mi chiederete: ma e la schiavitù e la tristezza, e il dolore che ci sono nel mondo che cosa attendono? Attendono una risposta e la risposta è nell’amore di Nostro Signore Gesù Cristo, che è costituito Cristo, che realizza la pienezza della sua missione il momento in cui sale sulla croce, il momento in cui è esaltato sulla croce. Da noi, invece, il mondo vuole vedere che siamo carichi di gioia che sovrabbondiamo di gioia nelle nostre tribolazioni. Non è combattendo direttamente le tribolazioni che noi porteremo gioia; è nell’immergerci nella gioia che noi supereremo tutte le tribolazioni e andremo incontro ai nostri fratelli per annunziare le realtà che stanno a fondamento della nostra gioia, che sono vive e tanto presenti nella celebrazione della parola di quest’oggi.
La gioia è il frutto dello Spirito che diffonde la carità nei cuori dei credenti. Questa carità ci deve rendere creativi, intraprendenti a tutti i livelli sociale, politico, culturale, assistenziale per porgere e dare la nostra mano ai fratelli che attendono la liberazione.
Adesso, tutti insieme, consacreremo gli Oli Santi: sono un simbolo, sono un segno. Anche l’olio degli infermi è per il sollievo, è per la pacificazione, è per la gioia. Questi oli che saranno portati a tutte le comunità, non dovranno essere circondati da segni di tristezza, qualche volta di trascuratezza, ma devono essere messi in evidenza come segni e strumenti di gioia che accompagnano, miei cari sacerdoti, l’esercizio del nostro ministero per noi e per tutti i nostri fratelli.
Direte che è un pensiero strano: per noi è riservata appena un’unica unzione e ci dobbiamo preparare a quell’unica unzione che ancora ci manca. Del resto, anche per i nostri fratelli e le nostre sorelle già cresimate rimane un’unica unzione, che sarà un’unzione per il sollievo, un’unzione che potrà segnare la vigilia dell’ingresso nel regno della grazia, cioè nel regno della gioia.
Messa crismale in S. Andrea , Giovedì santo, ore 9,30
ST 347 Pasqua 77
stampa “La Cittadella” Aprile 1977