incontro con le religiose della diocesi
Mons. Carlo Ferrari
Non so proprio, da che parte cominciare, anche se so quello che devo dirvi nella continuità dell’ultimo discorso che risale a tre anni fa. Non ho memoria in quanto al tempo, ma in quanto ai discorsi, sì. Credo, che il nostro incontro di questa mattina, sia davvero da porsi sulla continuità di quel discorso.
Io vi ho incontrate, conosciute, mi sono intrattenuto con voi, credo di avervi ascoltate tutte, se non tutte materialmente, certamente tutte quelle che hanno desiderato di parlarmi. Qualcuna invece, quando è venuta per parlarmi in Episcopio, compresa la Reverenda Madre, ha dovuto riprendere le scale perché: o non c’ero, o non avevo tempo, o non ne avevo voglia. Che responsabilità! Si può anche essere svogliati.
Io ho avuto l’impressione che le cose le aveste capite. Cioè mi pare di aver messo all’incirca tre punti su cui doveva concentrarsi il vostro impegno:
1° L’aggiornamento teologico spirituale
2° L’aggiornamento dottrinale catechistico
3° L’aggiornamento professionale o pastorale perché ogni vostra professione è sempre nell’ambito della Chiesa e ha sempre, quindi, un valore pastorale.
Mi pare, di avere illustrati questi punti e di avervi dato anche le indicazioni per la vostra formazione spirituale, religiosa, fondata non tanto su tradizioni, ma sulla Parola del Signore. Credo di avervi inculcato, insistentemente, il valore della Parola del Signore, la necessità della partecipazione alla celebrazione sacramentale liturgica, la Parola di Dio, la penitenza e l’Eucaristia come sorgenti di vita spirituale fondata e di una autentica vita comunitaria. Forse, non so quanto ho insistito su questo punto, ma siccome è un “pallino”, penso di aver insistito sufficientemente indicandovi tra l’altro, un mio disco sulla “Vita Comune”
Poi abbiamo parlato dell’aggiornamento dottrinale. Noi dobbiamo riconoscere che tutti, oggi nella Chiesa dopo il Concilio, abbiamo la necessità di approfondire la Rivelazione di Dio, la Parola di Dio, il senso per noi della Parola di Dio. Quindi, mi pare, di avervi dato delle indicazioni circa la lettura della Bibbia. Oggi si tengono anche dei Corsi esterni per tutte le suore. Voi avete tenuto qualche Corso interno e questo mi pare che sia indicativo e insostituibile.
Poi abbiamo parlato della partecipazione alla celebrazione della Penitenza e della Eucaristia.
La celebrazione della Penitenza, nei modi con cui oggi si pratica nella Chiesa, vale a dire: la confessione frequente che nasce proprio dalla convinzione di aver bisogno di essere liberati da nostro Signore Gesù Cristo: liberati nel profondo della radice di noi stessi, liberati dal nostro egoismo,liberati dal nostro egocentrismo e da tutte le conseguenze delle mancanze commesse o non commesse. Perché dico: non commesse? Perché noi non ci accostiamo al Sacramento della Penitenza soltanto per ricevere la grazia del Signore che ci libera dal peccato ma anche per avere la possibilità di non ripetere il peccato. Il sacramento della Penitenza non ci rende impeccabili ma è un grande mezzo, è un grande aiuto.
Per la celebrazione Eucaristica, credo che non ci sia niente da rilevare.
Il terzo punto, su cui insistevo, e l’ho già richiamato, é la vita comune. Non c’è vita religiosa se non c’è vita comune, perché non c’è neppure vita di Chiesa, non c’è neppure vita cristiana. Il grande precetto del Signore, il precetto personale del Signore, quello specifico per il cristiano é:«amatevi gli uni gli altri». E qui credo che siamo di fronte alla difficoltà più seria della nostra esistenza di creature umane che portano in sè le conseguenze del peccato.
Il punto più difficoltoso della vita cristiana è quello di volersi bene. Noi sappiamo che nel mondo non c’è, questo volersi bene. Tutti aspiriamo ad un mondo migliore ma le aspirazioni, molte volte, sono di un mondo migliore da un punto di vista economico e pare che una volta risolto questo aspetto della vita sociale, sia risolto tutto. Voi, con la vostra esperienza mi insegnate che a mano a mano che una popolazione acquista un migliore benessere materiale, perde l’impegno spirituale cristiano. Non é detto che il benessere materiale sia contrario al benessere spirituale. E’ detto che il benessere materiale ci immerge sempre più nel nostro egoismo, nel nostro egocentrismo e perciò ci fa dimenticare il benessere spirituale
Quando nel mondo intero ci fosse una uguaglianza sociale che desse a tutti la possibilità di vivere dignitosamente, il mondo non sarebbe migliore perché non é vero che la gente si vorrebbe più bene, non é vero che, conseguentemente, le persone tra di loro si vorrebbero più bene, perché ci sarà sempre una aspirazione ad avere sempre di più. Fintanto che non si aveva niente si era contenti. Quando si é incominciato ad avere qualcosa non si é più stati contenti, perché sono sempre di più le cose che mancano. Questo ve lo dico per farvi riflettere: come il comandamento del Signore sia un comandamento difficile, sia un comandamento che diventa tanto più difficile quanto più la nostra vita sociale e anche culturale diventa più elevata, perché l’affermazione del nostro io, non dico l’affermazione della nostra persona ma del nostro io, diventa sempre più importante, sempre più forte, sempre più incontenibile e quindi ci vuole uno sforzo maggiore.
Vi dico un punto che forse prima non abbiamo evidenziato sufficientemente: dove troviamo noi la possibilità di realizzare una vita religiosa, una vita comune, una vita imperniata sull’amore vicendevole? Guardate che i problemi della povertà, castità, obbedienza hanno la loro soluzione nel grado di amore che si porta a Dio e conseguentemente al prossimo.
Il problema dell’ubbidienza, della castità, della povertà cristianamente parlando, sono falsi problemi. Abbiamo, a volte, una visione angusta e limitata della vita e della vita religiosa in particolare, che ci porta nei vicoli ciechi dove si mette in dubbio il valore della castità,dell’ubbidienza e della povertà. C’è una povertà sbandierata, ma esigita dagli altri. Si dice che la Chiesa deve essere povera ma poi si costruiscono le villette sul Garda, oltre il bell’appartamento ben arredato in città, prendono la 2000 come quella del Vescovo e tante altre cose. Cioè, vogliono la povertà degli altri, la povertà di una Chiesa in astratto. Ci sono anche anime generose, ci sono giovani che sanno rinunciare al pacchetto di sigarette, però nell’atmosfera in cui viviamo si gira intorno ai falsi problemi. Ripeto, il problema é questo: se noi amiamo, tutto si risolve, tutto diventa chiaro. Non dico che tutto diventa facile.
La castità avrà sempre quell’aspetto di rinunzia. Nostro Signore Gesù Cristo dice che per seguirlo dobbiamo rinunciare, ma rinunciare al fine di seguirlo. Se rinunciamo soltanto, e poi non lo seguiamo, non é Vangelo.
La povertà avrà sempre con sé le sue difficoltà. Una vita comoda é più comoda che una vita scomoda. Non dobbiamo illuderci, dobbiamo essere leali con noi stesse e dire: – mi piace questa comodità-. Fino a che punto questa comodità va contro lo spirito di povertà? C’è da giudicare… non devo dire:- io pratico la povertà- se… Non bisogna accontentarsi dicendo: -dopo tutto, qualche cosa al Signore io gliel’ho data… e anche questo é un po’ troppo!…
L’ubbidienza rimane sempre una virtù difficile. Nostro Signore Gesù Cristo ha fatto dell’ubbidienza il programma di tutta la sua esistenza. Entrando nel mondo dice: “Ecco Padre vengo per fare la tua volontà” e in tutte le circostanze della vita fa la volontà del Padre. Fa la volontà del Padre a mano a mano che si presentano le situazioni nelle quali Egli é chiamato a fare la volontà del Padre. Gli Evangelisti alle volte notano: perché si adempisse la Scrittura, in quella occasione, Lui ha fatto questo… La Scrittura contiene la volontà del Padre.
Ripeto ancora e insisto, perché mi preme insistere. La pratica dei tre voti religiosi, considerata in se stessa, porta a falsi problemi che non sono problemi di vita cristiana, che sono problemi che non hanno senso perché non hanno soluzione. La soluzione è nel precetto dell’amore: amare il Signore con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze, con tutto se stesso… con la consacrazione… con il dono totale fatto per amore. E amare il prossimo per amore di Dio con lo stesso amore di Gesù Cristo. “Amatevi come Io vi ho amato”.
Ecco che allora si chiariscono i problemi, perché: la mia castità é un atto di amore verso Dio e verso il prossimo, la mia ubbidienza é un atto di amore verso Dio e verso il prossimo, la consacrazione é una dedizione perché la mia ubbidienza, ancora più radicalmente,un atto di amore di Dio e del prossimo. Se mi dono totalmente a Dio, perché Dio faccia di me secondo la Sua Parola, io mi rimetto a Lui. S. Paolo dice:”Non sono più io che vivo, ma é Cristo che vive in me”. Quindi: non c’è più il mio io, ma é il mio Dio, che é in me e che mi porta naturalmente verso l’amore dei fratelli o delle sorelle: l’amore sincero, l’amore che non fa distinzioni, l’amore che ha tutte le prerogative della carità, descritte da S. Paolo nella seconda lettera ai Corinzi.
C’é un’altra cosa da mettere in rilievo, ed é ancora più importante di questa. Nella Chiesa ci si pensa o si comincia a pensarci. Dopo esserci dibattuti con la teologia in quelle questioni che sono falsi problemi ai quali mai nessuno ha dato la soluzione, leggendo meglio la Scrittura – la Parola di Dio – oggi è più evidente e si mette in risalto un’ altra cosa che sapevamo già, che abbiamo ripetuto tante volte e che dobbiamo rivalutare.
Quand’è che io sono capace di amare Dio? Quand’ é che io divento capace di amare il mio prossimo? Quando Dio, nella sovranità della libera indipendenza del Suo amore, mi chiama a seguire il Suo Figlio. Cosa vuol dire: mi chiama? Mi chiama non perché io vada a Lui, ma perché Lui possa venire a me. Tutto il senso del cristianesimo ha questo movimento: Dio che viene incontro agli uomini e non degli uomini che vanno incontro a Dio.
Questo è estremamente importante, perché è proprio un cambiare le carte in tavola, è proprio un cambiare il significato delle cose. Altro è che – il cristianesimo, la religione, la vita religiosa – sia una iniziativa di Dio che mi viene incontro, altro é che sia una mia decisione con la quale io vado incontro a Lui. Se è Lui che viene incontro a me, io devo accoglierLo e fare ciò che mi mette in grado di fare. Se invece sono io con le mie decisioni o con le mie scelte che vado incontro a Lui, allora tutto dipende da me. Allora Dio c’entra soltanto come oggetto delle mie aspirazioni e delle mie scelte!
Per dirvi che l’iniziativa parte tutta da Dio leggiamo la lettera agli Efesini: “Benedetto sia Iddio Padre del Signore Nostro Gesù Cristo il quale” quindi è Lui non noi- “ci ha benedetti nelle sedi celesti con ogni benedizione spirituale in Cristo” -Dio in Cristo: troviamo tutto quello che Dio fa per noi in Cristo “Come Lui ci aveva eletti” -concetto di elezione, di scelta. Vedete che la scelta la fa Lui non noi. Guardate che in questi ultimi tempi si è insinuato moltissimo questo concetto della scelta: io voglio essere libero di scegliere in tutti i momenti della mia vita, di compiere liberamente la mia scelta. Invece no. Chi sceglie è Lui
“Come in Lui ci aveva eletti prima ancora della fondazione del mondo affinché fossimo santi e immacolati dinnanzi a Lui nell’amore, prestabilendoci alla Sua figliolanza per mezzo di Gesù Cristo, secondo il beneplacito del Suo volere” Non c’ è un’altra motivazione. E’ il volere della Sua bontà. “a lode della Sua grazia”– perché trionfi la Sua grazia, il Suo amore “di cui ci ha gratificati nel Suo Diletto– ci chiama gratuitamente
“nel quale abbiamo la Redenzione per mezzo del Suo sangue, la remissione delle cadute secondo la ricchezza della Sua grazia” – quindi la nostra elezione, la voce che ci raggiunge per chiamarci, per eleggerci, passa attraverso il sangue di nostro Signore Gesù Cristo, attraverso la croce “che sovrabbondante riversò su di noi con ogni sapienza e prudenza”,-questa sovrabbondanza di grazia che riversa su di noi, viene da Lui, non è una nostra scelta ” facendoci noto il mistero della propria volontà secondo il suo beneplacito,– secondo la Sua disposizione “che Egli aveva prestabilito in se stesso, da dispensarsi nella pienezza dei tempi, cioè: ricapitolare tutte le cose nel Cristo”,– e questo non lo ha fatto perché noi eravamo buoni, cari, o altro.
Leggo letteralmente la parola di S. Paolo agli Efesini 2, 1 – 7
“Anche voi eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati, nei quali un tempo viveste alla maniera di questo mondo, seguendo il principe delle potenze dell’aria, quello spirito che ora opera negli uomini ribelli.
Nel numero di quei ribelli, del resto, siamo vissuti anche tutti noi, un tempo, con i desideri della nostra carne, seguendo le voglie della carne e i desideri cattivi; ed eravamo per natura meritevoli d’ira, come gli altri.
Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati.
Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù”. – E’ tutto per la decisione del Suo amore che manda il Suo Figlio in croce e il Figlio muore in Croce per acquistarci questa sovrabbondanza di grazia perché noi potessimo, da figli dell’ira, diventare figli di Dio “Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; ecco,che non siamo noi che scegliamo! Quante fesserie si sentono nei nostri ambienti, specialmente al giorni nostri: faccio la mia scelta, voglio essere libera di fare la mia scelta in qualunque momento della mia vita…Non sei tu che ti scegli!… Tu sei stata scelta… “né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene”.- non che Dio sia geloso, no, Dio è misericordioso “Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo”.- cioè, per essere in condizioni di compiere le opere buone, che Dio ha predisposte, affinché noi le praticassimo. Ma, se non c’è tutto questo da parte di Dio, prima, non c’è nessuna possibilità, dopo, che noi possiamo compiere le nostre buone opere. Capite l’importanza di questo ultimo punto che vi ho esposto?
Questo, è riforma religiosa: e’ riforma del cervello!
Tra il pensare che sono stata io a scegliere Dio, e il pensare che è stato Dio a scegliere me, c’è un capovolgimento. Non sono io che posseggo Dio, è Dio che possiede me. E’ Dio ci mette in condizione di compiere le opere buone che ha predisposte, affinché noi le praticassimo.
La prima opera buona, che ha predisposto porché noi la praticassimo, è il Suo Amore. Difatti noi, non possiamo fare nulla senza di Lui. Ecco un’altro punto chiaro dell’insegnamento di nostro Signore Gesù Cristo e dell’insegnamento degli Apostoli. Gesù, dice categoricamente: “Senza di me non potete fare nulla”. Paolo dice:” Senza lo Spirito non potete neppure pronunciare il nome di Gesù”; ” Dio mediante Gesù Cristo ci ha dato lo Spirito perché diffondesse nei nostri cuori l’amore”. Non è l’amore che nasce da noi e che va a Dio, ma è l’amore di Dio che viene a noi, che ritorna a Lui e si riversa sui fratelli.
Questi sono i punti chiave, decisivi, che ci danno la possibilità di impostare, “si”, o “no”, una vita cristiana, una vita religiosa.?
Quando avviene che Dio ci fa sentire la sua voce, ci chiama perché ci ha eletti, ci ricolma della sovrabbondante grazia, ci rimette le colpe mediante il sangue del Suo Diletto, ci predispone alla figliolanza divina, ci pone in condizione di poterLo amare e di poter amare gli altri, con lo stesso amore con cui ci ama Dio? Avviene per l’azione dello Spirito Santo che ci inserisce nell’amore di Dio, diffondendolo nei nostri cuori.
Quando avviene questo?
Questo avviene in qualunque istante della nostra vita, quando ci mettiamo a contatto con la sorgente dell’amore, ed è il momento della preghiera. Ricordiamo che anche il momento della preghiera, non è il momento dell’uomo che sale verso Dio, ma è il momento di Dio che scende verso l’uomo in un modo intenso, vivo, penetrante, ricreante, per trasformante la persona di ciascheduno di noi. Non c’é vita cristiana senza preghiera. Nella preghiera sta la vita cristiana che porta, come conseguenza, dei rapporti nuovi con i fratelli: dei rapporti di salvezza con tutti i nostri fratelli.
Se la vita religiosa non é un rapporto personale con il Dio in persona: col Padre, per mezzo di Gesù Cristo, nello Spirito Santo, dov’è la vita cristiana? Dobbiamo incontrare il nostro Dio. Dobbiamo intrattenerci con Lui! Le leggi dell’amore di Dio, non sono diverse dalle leggi dell’amore delle creature. Un padre e una madre, che non stanno mai insieme, che non si dicono mai il loro amore, finiscono di trasformare la famiglia in una convivenza più o meno pacifica ma non in una comunità di amore.
Cara la mia gente, per noi che non possiamo volerci bene per i vincoli di sangue, e dobbiamo volerci bene per i vincoli dello Spirito, é necessario questo intrattenersi nella preghiera, perché Dio abbia la possibilità di dirci: che cosa Lui vuole essere per noi, che cosa Lui vuole fare per noi, che cosa Lui vuole da noi, che cosa Lui vuole che noi siamo per Lui.
Certo, la preghiera, é una attività dello Spirito, difficile. E’ sempre stato difficile pregare sul serio. Lo é molto di più oggi nella società in cui viviamo. Oggi nel mondo prevale questo modo di pensare e di sentire: vale ciò che rende, ciò che conta, ciò che produce! Una attività vale nella misura in cui dà risultati. Nella preghiera non avviene niente di questo. Eppure Iddio aspetta:”Ecco che io sto alla porta e busso”, “se qualcuno mi apre, entro, mi fermo presso di lui e ceno con lui”. Nel linguaggio biblico, cenare vuole dire stare bene insieme. per noi è stare insieme con Dio! Dio sta insieme con noi… che valore grande!
C’é nei nostri ambienti il famoso proverbio:” Il lavoro é preghiera”. E’ un proverbio pericolosissimo. A quelli che vi dicono che il lavoro é preghiera, rispondete che non é vero. Certo, dobbiamo metterci in condizioni che il nostro lavoro diventi una preghiera, ma quando lo può diventare? Quando la nostra attività nasce dalla forza sorgiva che si é riversata in noi durante la preghiera propriamente detta. Altrimenti finiamo di avere l’intenzione retta di voler lavorare per amore di Dio, ma Dio è lontano. Dio assente! Il lavoro è preghiera nella misura in cui abbiamo pregato, secondo l’intensità con cui abbiamo pregato, e secondo il tempo che abbiamo dato alla preghiera. Bisogna trovare il tempo della preghiera e il tempo della preghiera non può essere un ritaglio di tempo.
Poi si sentono queste lodi: finalmente una suora che é come noi! Certo, noi dobbiamo essere come gli altri, nel senso di sentire i problemi degli altri, nel senso di partecipare alla vita degli altri, ma poi dobbiamo avere qualche cosa di nostro. Un medico può essere una persona come tutti gli altri, ma é medico. Un sacerdote, deve essere Sacerdote oltre ad essere come tutti gli altri. La suora deve essere religiosa, oltre ad essere come tutti gli altri. Se manca questo “Altro” non é più la religiosa, é soltanto come tutti gli altri, e non hanno più senso la vocazione e la consacrazione religiosa e affiorano problemi che non dovrebbero essere problemi.
Nella preghiera, quando ci incontriamo con Dio, che cosa ci dice Iddio? Ci dice tutte quelle cose che sono già scritte nel Vangelo: … Rinnega te stesso … Se ami il Padre e la madre più di me non sei degno di me … Io sono venuto non per fare la mia volontà, ma la volontà del Padre che mi ha mandato … Chi é sposato é preoccupato di piacere al marito, chi invece non é sposato é preoccupato di piacere al Signore … Non ci dice altre cose! Poi ci dice che siamo suoi figli non di nome ma di fatto e che anche tutti ” gli altri”sono suoi figli. Poi ci dice e ci ridice: – Amatevi scambievolmente – Amatevi come Io vi ho amato.
E il Vescovo vi dice di non pensare che la preghiera sia la soluzione di tutti i problemi, ma che nessun problema può avere la sua vera soluzione senza la preghiera.
Il mondo di oggi anche in certe sue espressioni e manifestazioni, va in cerca di preghiera. Vanno in Oriente per pregare. Vanno nei monasteri buddisti a pregare, perché là si conserva ancora il silenzio, là c’è una disciplina rigorosissima, là sono ancora capaci di concentrazione, di raccoglimento, mentre noi siamo estremamente esposti alla distrazione.
Io vedo i giovani che pregano, ma pregano senza interiorizzare.Non sono mai presenti totalmente a sé stessi e a quello che fanno. Anche i gesti più semplici non li facciamo con raccoglimento. E’ dai gesti semplici che nasce l’abitudine alla attenzione, al raccoglimento, alla presenza a se stessi, quindi alla presenza di Dio, alla presenza del nostro prossimo, e alla capacità di preghiera, senza della quale niente ha valore.
Una comunità che non sa pregare, é una comunità dove non può regnare la carità e dove non c’é la carità non c’é Dio.
Comprendete che nella preghiera tutti gli altri problemi possono essere risolti alla radice?
Comprendete che ha importanza essere delle povere creature elevate da Dio alla dignità di figli di Dio?
Comprendete che ha importanza ammettere che Iddio sceglie tra le sue creature gli strumenti più inadatti per fare le cose più meravigliose?
Ma ci vuole l’attenzione, il raccoglimento, la preghiera.
Vi ho detto alcune cose. Cedo la parola a voi.
OM 545 Suore 72