Martina Franca, 1967 – Incontro con i sacerdoti – 12
Presbyterorum Ordinis n. 13 c
” Nella loro qualità di ministri delle cose sacre, e soprattutto nel Sacrifico della Messa, i Presbiteri agiscono in modo speciale in nome di Cristo il quale si é offerto come vittima per santificare gli uomini; sono perciò invitati ad imitare ciò che trattano, nel senso che, celebrando il mistero della morte del Signore, devono cercare di mortificare le proprie membra dai vizi e dalle concupiscenze”
La sorgente della nostra santificazione é nell’esercizio della triplice funzione sacerdotale.
Ieri sera lo abbiamo visto per il ministero della parola.
Questa sera facciamo qualche richiamo per il ministero sacramentale liturgico.
Intanto ricordiamo per farcene un abito della mente:
Quando noi compiamo una azione sacramentale, la compiamo in persona Christi.
E’Cristo che, per l’azione dello Spirito Santo, porta a compimento le azioni incominciate durante la sua vita mortale, per la salvezza degli uomini.
Esiste una condizione di unione con Cristo:
vitale, dinamica, strumentale,
che ci fa organi congiunti alla sua umanità santissima,
per la realizzazione della salvezza dei nostri fratelli.
E’ una condizione di unione con Cristo: singolare, privilegiata, carica di grazia, di virtù soprannaturali, di vita divina che passa – in certo qual modo- attraverso la nostra persona.
A Questo punto dobbiamo tenere presente l’ammonimento di san Bernardo: ” conca non canale” dobbiamo essere.
La conca prima si riempie e poi riversa il di più.
Il canale serve unicamente da veicolo di passaggio per quello che vi scorre dentro.
Vedete perciò, come il mezzo più autentico di santificazione, non é solo la nostra disposizione.
Noi siamo immersi, quasi necessariamente, nell’esercizio del nostro ministero.
Tutti i giorni celebriamo la santa messa, amministriamo il Sacramento della Penitenza. Tante volte ci capita di amministrare gli altri sacramenti.
Quale contatto di natura sacramentale con nostro Signore Gesù Cristo in persona, se noi facciamo tutto questo con intenzione di fede!
Non solo con l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa ma coscienti di ciò che facciamo!
Noi siamo in stato di unione con Cristo, di dipendenza, di sottomissione, di servizio e disponibilità a lui e possiamo pensare che Egli operi in noi gli stessi frutti dei sacramenti che amministriamo.
San Paolo dice di suscitare la grazia che ci é stata data per l’imposizione delle mani.
L’imposizione delle mani é avvenuta quando ci é stato dato il battesimo.
Quando noi amministriamo il battesimo,
é il momento più opportuno per il ricordo del battesimo,
ma è anche il momento in cui siamo coinvolti nell’azione battesimale di cui siamo ministri.
Capite che c’é qualche cosa di più di un ricordo della grazia,
qualche cosa di più di una grazia che si suscita per un ricordo.
Capite che, c’é una presenza di Cristo nel cui nome siamo stati battezzati perché:
quando Pietro battezza é Cristo che battezza.
Il contatto di fede con questa azione di Cristo che si ripete per il nostro ministero, é un contatto singolare carico di grazia.
Così si dica del Sacramento della Penitenza, dell’Eucaristia e degli altri sacramenti.
Per tutto il ministero sacerdotale tenete presente questa situazione particolare in cui veniamo a trovarci, come ministri di Cristo, che agiscono nella sua persona.
Poi siamo anche oggetto particolare del Sacramento della Penitenza. C’é la nostra confessione sacramentale.
In questa confusione conciliare dobbiamo stare attenti perché, quando le cose si muovono creano anche della confusione, ma le cose di Cristo mantengono sempre lo stesso valore, quindi la pratica della confessione frequente é legittima nella Chiesa.
C’é uno studio di Rahaner proprio sulla confessione frequente.
Non dobbiamo fare l’esempio di sant’Agostino che forse non si é confessato in vita sua eppure é diventato santo.
C’è un progresso nella Chiesa non soltanto dottrinale ma anche nella scoperta del valore e della funzione dei sacramenti.
Questa pratica della confessione frequente é legittima.
Non é legittimo confondere la confessione con i vari colloqui o pettegolezzi ecclesiastici.
Non é legittimo confondere la direzione spirituale con la confessione per cui l’una diventa anche l’altra.
Non so come si debba fare con la gente che chiede la direzione spirituale tutte le settimane!
Pare che la direzione spirituale sia l’arte di insegnare a farne a meno.
Dicono: più invecchiano e più ne hanno bisogno.
Significa che non é stata fatta una direzione spirituale buona.
omunque,la direzione spirituale si può fare periodicamente ma non ad ogni confessione .
La confessione frequente é legittima.
Questo Sacramento é istituito da nostro Signore Gesù Cristo per la remissione dei peccati e noi abbiamo bisogno di essere liberati dal peccato.
Questo non significa soltanto essere lavati dalle macchie che eventualmente abbiamo contratto, ma significa godere l’azione salvifica con cui Dio ci vuole salvare dal peccato che continuamente c’insidia.
Di quest’azione di Dio noi ne abbiamo sempre bisogno.
Ma ci dobbiamo accostare frequentemente a questo Sacramento:
con lo spirito di gente consapevole di ricevere i tesori della salvezza,
che vengono dal sacrificio di nostro Signore Gesù Cristo,
che ci conformano ai sentimenti di nostro Signore Gesù Cristo che rimane in croce per il peccato.
Il desiderio della salvezza ci deve accompagnare a ricevere frequentemente questo Sacramento.
Stiamo attenti a non lasciare insinuare il pensiero che c’è la grazia di Dio per la preservazione del peccato e per la salvezza di cui abbiamo bisogno.
Approfittiamo di mezzi della grazia di Dio.
Il Sacramento dell’Eucaristia, è la celebrazione eucaristica, è il significato della cena, è la celebrazione della pasqua. Ma l’Eucaristia é un Sacramento permanente.
Non può essere Sacramento unicamente durante la celebrazione.
Se nell’Eucaristia Cristo rimane in mezzo a noi,
se Cristo è con noi nel modo più pieno sostanziale,
perché non dobbiamo tenere conto della presenza di Cristo?
Perché non dobbiamo adorare Gesù Cristo?
Perché non dobbiamo stare con Cristo che sta con noi in un modo così mirabile, e pieno di condiscendenza?
Mi permetterei, al massimo, di discutere su certe funzioni paraliturgiche eucaristiche, ma assolutamente non voglio mettere in dubbio o in minore valore l’adorazione eucaristica da parte del sacerdote.
L’intimità con nostro Signore Gesù Cristo deve soddisfare ad una necessità naturale di vita interiore e ad un’esigenza naturale di amicizia singolare con nostro Signore Gesù Cristo.
“Vos amici mei estis quia quaequnque audivi patre meo nota feci vobis”.
Come la mensa della parola ci illumina, così la mensa del pane ci nutre.
E’ sempre lo stesso Cristo in persona che ci illumina e ci nutre, quindi la devozione eucaristica non deve mancare nella vita del sacerdote.
Conseguentemente nella pratica della vita sacramentale, nella ricezione dei sacramenti, ci devono essere in noi le disposizioni di celebrare la morte del Signore: di mortificare le nostre membra dal vizio e dalla concupiscenza.
La mortificazione nella vita del sacerdote.
Carissimi confratelli, viviamo nel mondo che conosciamo.
Ci sono più comodità e disponibilità di mezzi materiali, non sono un male però, possono diventare occasione per distoglierci dallo spirito di nostro Signore Gesù cristo.
Possono distoglierci da quei sentimenti che ci conformano a nostro Signore Gesù Cristo “exinanivit semetipsum usque ad mortem mortem autem crucis”.
I tempi moderni esigono un supplemento di mortificazione.
Tra l’altro presentano moltissime occasioni di mortificazione, perché ci richiedono:
un’attività più logorante,
una possibilità di riposo più difficile,
dei rapporti più frequenti e più impegnativi.
Per le mortificazioni volontarie ognuno esamini se stesso e veda i propri punti deboli della sua vita morale, quali sono le inclinazioni più insistenti all’attaccamento alle cose di questo mondo, il pericolo che qualche cosa o qualcuno, piano piano, si ponga nella nostra vita al posto di Gesù Cristo.
L’obbedienza é una cosa seria. Se ha un valore legittimistico la dignità della persona umana.
a nostra obbedienza, di oggi, deve essere più intelligente e quindi più valida.
Una sottomissione cosciente costa di più.
Quando si é ignoranti non si capisce niente e si obbedisce come il “ciucio”,
Quando, invece, si è coscienti e si capiscono le cose, ci si sottomesse per amore di Dio.
L’obbedienza é preziosa e ci vuole nei tempi di riforma.
A proposito della castità, mi dite che non avete letto e non mi avete mai sentito citare l’omelia del papa.
Io ho scritto quell’articolo prima della omelia del Papa, quando avevano già stampato la Rivista.
Poi ho riscritto su Orientamenti Pastorali.
Quindi non é detto che io non condivido quello che dice il papa.
Qualcuno ha insinuato questo dubbio.
La castità é più seria e più valida oggi.
Ieri le donne erano tenute in casa sotto stretta sorveglianza. Ora la situazione é cambiata.
La castità se c’é, c’é e deve esserci nel nostro sacerdozio
se veramente siamo quelli che ci dedichiamo ai nostri fratelli in spirito di servizio, per la loro salvezza
se vogliamo esprimere la conformità a nostro Signore Gesù Cristo
se vogliamo testimoniare la validità della redenzione compiuta da nostro Signore Gesù Cristo.
Un certo modo di dire, afferma che i religiosi professano la povertà e i preti la praticano. Un po’ è anche vero.
Credo che per il sacerdote ci sia un buon margine per praticare la povertà. Io vedo la povertà del sacerdote nell’assenza decisa ed assoluta di cupidigia dei soldi.
Non m’impressiona tanto il sacerdote che ha soldi, quanto il sacerdote avido di soldi.
La cupidigia può nascere quando non ci sono i soldi per averli e quando ci sono per tenerli.
Ci devono essere atti volontari di distacco,di dono, d’offerta al povero, di collaborazione per le necessità della chiesa.
Perché noi sacerdoti, per esempio, non aiutiamo il seminario?
Dovremmo essere i primi, tanto più che il seminario ha aiutato noi anche da un punto di vista economico.
Prendere seriamente queste occasioni che favoriscono il distacco e quindi la mortificazione!
Dice ancora il concilio ” quando amministrano i sacramenti si uniscono all’intenzione e alla carità di Cristo, il che realizzano in modo particolare nell’esercizio del Sacramento della Penitenza, se si mostrano sempre e pienamente disposti ad amministrarla ogniqualvolta i fedeli ne facciano ragionevole richiesta”
Pongo l’accento su la mortificazione, lo spirito di dedizione, la prontezza ogni qualvolta i fedeli ne facciano ragionevolmente richiesta.
Alle volte si fanno aspettare i fedeli per la distribuzione della comunione,
E sono persone che hanno solo quei dieci minuti per allontanarsi da casa, perché ci sono i bambini oppure devono andare al lavoro.
Il prete, invece, si fa supplicare mentre é seduto comodamente in sacrestia.
Poi c’è che l’altro motivo: tocca a me, non tocca a me, chi me lo fa fare?
Non ci siamo con lo spirito di nostro Signore Gesù Cristo.
Noi celebriamo tutti i giorni Colui che “dilexit me et tradidit semetipsum pro me”, “sic deus dilexit… ut filum suum daret”.
La sorgente e il modello della dedizione é Dio stesso, è Cristo in persona.
Noi che personifichiamo, noi che impersoniamo nostro Signore Gesù cristo:
– dobbiamo essere animati dai suoi stessi sentimenti,
– dobbiamo avere le stesse sue disposizioni di dedizione ai nostri fratelli.
Noi stessi, le nostre cose, il nostro tempo e la nostra salute non sono più nostre:
appartengono alla Chiesa,
appartengono ai figli di Dio, appartengono a quelli che noi generiamo a nostro Signore Gesù Cristo nella sofferenza della dedizione di tutto noi stessi.
Farsi tutto per tutti, per portare tutti a nostro Signore Gesù Cristo, non deve essere soltanto: – un modo di dire ma – un modo di concepire e quindi – un modo di agire.
Tutto questo ve lo conceda Iddio per i meriti di Gesù Cristo e l’intercessione di Maria santissima.
Così sia.
OM 99 Martina Franca_12 1967