4 Novembre 1968, ore 9 – Assemblea di Azione Cattolica
Davanti a questa possibilità che mi si offre di stabilire un colloquio con i rappresentanti più qualificati del nostro laicato io mi pongo in un atteggiamento che non saprei definire bene, ma che all’incirca è questo: non voglio tenere un discorso, mi manca l’eloquenza del vostro presidente – che è un’eloquenza antica nel fervore, se volete, ma moderna tra l’altro nel linguaggio – e poi, soprattutto, sono alieno dai così detti discorsi programmatici. Tuttavia so bene, capisco che bisogna avviare un’intesa tra noi, tra il Vescovo e voi, tra voi e il Vescovo, dal momento che non ci possiamo togliere di dosso quella responsabilità comune che abbiamo di portare avanti insieme la missione salvifica della Chiesa.
So che in mezzo a voi, molto legittimamente, si attende che il Vescovo si pronunci sull’Azione Cattolica. Qualcuno di voi vuole sapere: il Vescovo vuole o non vuole l’Azione Cattolica?; Quale Azione Cattolica vuole il Vescovo? Non mi preoccupo di rispondere a questi vostri interrogativi perché qualunque risposta – questa mattina – anche con le parole più adatte e più chiare potrebbe sempre essere intesa in un determinato modo.
I nostri buoni scolastici ci hanno insegnato -nonostante si dica così male della scolastica – è vero che: “quidquid recipitur per modum recipientis recipitur” Rivolgetevi a tutti gli insegnanti di lettere delle scuole medie e vi tradurranno questo semplice latino. E, cioè, io sono convinto che per intenderci, per capirci bene, per capirci più profondamente, per conoscerci ci vuole anche del tempo.
Questa mattina il Vangelo parla del buon pastore che conosce le proprie pecorelle, e reciprocamente, le pecorelle devono conoscere il loro pastore. Mettiamo sempre a posto le cose: il buon pastore è nostro Signore Gesù Cristo, noi ci siamo in rapporto di una certa analogia,< e dobbiamo sforzarci di accostarci più che sia possibile a Lui. E’ un fatto che ci deve essere un impegno di vicendevole conoscenza che non è la conoscenza dei pensieri, delle idee, delle vedute o altre cose, ma la conoscenza personale che penetra, raggiunge, per quanto è possibile, tutto il nostro essere, tutto il nostro vivere, perché sia una conoscenza autentica di figli di Dio, di membra dell’unico Corpo di nostro Signore Gesù Cristo, di membri del popolo di Dio, animati dallo Spirito Santo.
Quindi, non attendete dal Vescovo che questa mattina vi dica delle cose tanto chiare da poter andare fuori di qui e sapere che il Vescovo la pensa proprio così. I miei sono pensieri semplici da esprimere in parole semplici e, soprattutto quando i pensieri sono molto semplici, diventa ancora più difficile esprimerli. Allora permettete che vi dica così -non è per scansarmi-:
“diamo tempo al tempo”; Operiamo e camminiamo nella pazienza perché così arriveremo a comprenderci bene. Se alla distanza di otto o nove mesi diciamo che ci siamo già capiti, diciamo una cosa infondata perciò, se il Signore ci dà il tempo, diamo tempo al tempo. Così ci comprenderemo bene.
Che cosa pensa il vescovo dell’Azione Cattolica. Fine immediato dell’Azione Cattolica è il fine apostolico della Chiesa” Penso prima di tutto che l’Azione Cattolica, cioè quella forma di apostolato laicale che corrisponde alle caratteristiche, e alle esigenze dell’Azione Cattolica è, come ha detto Paolo VI, qualche cosa di essenziale nella Chiesa.
L’Azione Cattolica, ha detto Paolo VI, entra nella costituzione stessa della Chiesa. Non è necessario, qui, ricordare che c’è stato un tempo in cui si diceva che l’Azione Cattolica è necessaria perché ci sono pochi preti. Se anche ci fossero tantissimi preti che potessero fare tutto quello che concerne l’impegno apostolico della Chiesa, sarebbe un gran male se i laici, per questo, si sentissero dispensati dai loro impegni apostolici.
L’Azione Cattolica entra nella costituzione stessa della chiesa perché, ha la responsabilità comune di tutti i membri del popolo di Dio. I sacri pastori sanno bene che non possono da soli, e non debbono da soli, assolvere tutta la missione salvifica del popolo di Dio. Sanno che la devono assolvere nel popolo di Dio, con il popolo di Dio, in un certo qual senso per mezzo del popolo di Dio, perciò l’Azione Cattolica è intesa come una collaborazione, come una cooperazione con l’azione stessa dei sacri ministri; ed è per questo motivo è indispensabile ed insostituibile.
L’Azione Cattolica, come azione che affianca immediatamente, direttamente – nel significato dell’espansione, del portare intorno,- l’azione stessa della gerarchia, è qualche cosa che entra proprio nella natura della Chiesa come l’ ha concepita Iddio, come l’ha concepita il Padre da tutta l’eternità, come l’ha preparata nella storia dell’Antico Testamento, come l’ha voluta nostro Signore Gesù Cristo, come la attua lo Spirito Santo.
Quindi non ci possono essere dubbi riguardo l’Azione Cattolica come è stata definita dal Pontefice, come è definita oggi dai documenti del Concilio Vaticano II, soprattutto nel documento che riguarda l’apostolato dei laici. Sapete, conoscete molto bene questo documento. Non è necessario richiamare tante cose, però, bisogna tenere presente ciò che si prefigge nostro Signore Gesù Cristo nella sua opera di salvezza. Bisogna tenere presente l’azione della Chiesa per intendere il ruolo dell’Azione Cattolica nella chiesa.
“L’opera della redenzione di Cristo, mentre per sua natura ha come fine la salvezza degli uomini, abbraccia pure la restaurazione di tutto l’ordine temporale. Per cui la missione della chiesa non è soltanto portare il messaggio di Cristo e la sua grazia agli uomini, ma anche permeare animare e perfezionare l’ordine temporale con lo spirito evangelico” (AA II 5).
L’Azione Cattolica trova il suo posto, la sua funzione, il suo scopo, proprio nella prima parte: curare direttamente la salvezza degli uomini, portare il messaggio di Cristo e la sua grazia agli uomini. Ci sono altri compiti. C’è il compito per i laici vastissimo, proprio, specifico: l’animazione dell’ordine temporale, ma a questo sono chiamati tutti e per questo ci sono delle particolari organizzazioni, delle particolari associazioni.
L’Azione Cattolica, ripeto, si affianca a quello che deve fare specificamente la gerarchia, la chiesa intesa nel senso più tradizionale. Perché è chiesa anche qualsiasi laico unito nella fede e nella carità con tutti i credenti in nostro Signore Gesù Cristo, che adempie il proprio dovere nel posto in cui si trova. Ma è chiesa voluta da nostro Signore Gesù Cristo che svolge il compito, la missione principale, quella che porta il messaggio di nostro Signore Gesù Cristo, quella che diffonde la sua grazia, quella che diffonde la vita soprannaturale in mezzo agli uomini. quella definita in quelle famose note dettate dal numero 4 del decreto sull’apostolato dei laici si legge:” fine immediato dell’Azione Cattolica è il fine apostolico della Chiesa” cioè l’evangelizzazione e la santificazione degli uomini e la formazione cristiana delle coscienze, in modo che riescano poi impregnare dello spirito evangelico le varie comunità e i vari ambienti. ( AA IV°20)
Qui si pone l’Azione Cattolica – non vorrei esprimermi male – tra tutti i membri del popolo di Dio: tra tutti i laici e la gerarchia per l’assolvimento del compito principale che è quello dell’evangelizzazione e della santificazione.
La tentazione di fare altre cose: di assolvere ad altri compiti potrebbe essere una facile e allettante tentazione; svolgere altri compiti potrebbe sembrare più utile, alle volte più urgente e più concludente. Ma se manca la radice? se manca la luce del Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo? se manca la grazia di nostro Signore Gesù Cristo? se manca la coscienza illuminata dal vangelo di nostro Signore Gesù Cristo?
Oggi si parla tanto dell’autonomia della coscienza, della libertà della coscienza. Sono traguardi cui certo mira la salvezza portata da nostro Signore Gesù Cristo. Ma non possiamo pensare di arrivarci quando c’é coscienza psicologica molto avvertita, che non fosse illuminata dal Vangelo. L’Azione Cattolica si pone in questa opera di illuminazione della coscienza e non basta. C’è una cosa, che mi pare dimentichiamo troppo facilmente,ed è questa: noi siamo terribilmente tentati di dimenticare in che cosa consiste la salvezza che ci porta nostro Signore Gesù Cristo.
Gesù Cristo di fatto ci porta una vita nuova, Ci porta una sorgente nuova di capacità nuove per essere dei figli di Dio, Per essere di Cristo. E allora la salvezza viene dal Vangelo in quanto è forza per tutti quelli che credono Questa forza mentre incomincia ad esprimersi come forza attraverso il ministero della parola, è pienamente vita in quanto è grazia che vivifica e dà una vita nuova, che porta energie nuove, possibilità nuove . Anche una coscienza bene illuminata dalla luce del Vangelo che non avesse la grazia di nostro Signore Gesù Cristo – per esprimersi in termini catechistici – sarebbe una coscienza continuamente angosciata, tormentata, perché “vede e non può”. Questa possibilità subentra soltanto al momento in cui diventa operante la vita nuova che ci porta nostro Signore Gesù Cristo: diventa operante la grazia di nostro Signore Gesù Cristo. Comprendete allora come questo compito sia veramente primario nella chiesa.
i teologi presenti potrebbero precisare il mio linguaggio, io mi esprimo come posso e come sono capace in questo momento- Questo compito di illuminazione che viene dalla proclamazione del Vangelo, questo compito di portare alla grazia che è vita nuova, capacità nuova, possibilità nuova, è specifico, è caratteristico della gerarchia ma non è esclusivo. La gerarchia ha bisogno di essere affiancata non perché siamo pochi ma perché così ha disposto nostro Signore Gesù Cristo, ma perché questo richiede la natura della Chiesa. E allora ci devono essere nella Chiesa quelli che si affiancano, che prendono a loro carico la responsabilità specifica, i compiti specifici, per quanto è possibile, della gerarchia.
Ecco perché l’Azione Cattolica può esserci, ecco perché è indispensabile, ecco perché l’Azione Cattolica si definisce da una scelta, dal suo compito che è un compito caratteristico. Io dico che altre associazioni possono entrare nell’assolvimento di questi compiti. Altre associazioni più entrano, nei modi direi dovuti, all’assolvimento di questi compiti, anche se portano delle altre determinazioni finiscono di essere Azione Cattolica.
L’altro elemento caratteristico dell’Azione Cattolica è la dipendenza dalla gerarchia. Si capisce, questa è una parola antipatica! Ma che razza di dipendenza è questa? Se posso esprimermi così: è una dipendenza organica. Poco per volta capiremo sempre meglio le cose del Signore. Non si capisce tutto in una volta. Poco per volta lo Spirito Santo ci introdurrà nella conoscenza piena delle cose del Regno di Dio.
Iddio,ha preparato nostro Signore Gesù Cristo,ha fondato lo Spirito Santo porta avantiun orgsanismo, In questo organismo evidentemente ci deve essere un centro di unità, ci deve essere un centro coordinatore ci deve essere il punto di contatto più immediato, più diretto, più profondo, con il Capo vero, reale, autentico di questo organismo che è nostro Signore Gesù Cristo.
Abbiamo paura che nostro Signore Gesù Cristo sia il nostro capo?
Ci umilia il fatto, che nostro Signore Gesù Cristo sia il nostro capo?
Ci mette in soggezione il fatto che nostro Signore Gesù Cristo sia il nostro Capo?
Ci sentiamo umiliati davanti a nostro Signore Gesù Cristo perché è il nostro Capo?
Sapete come Gesù Cristo è il nostro Capo in quanto si e posto in ginocchio davanti ai suoi discepoli e ha lavato loro i piedi, non è venuto per essere servito ma per servire e dare la vita per noi. Allora dipendere da questo capo: inserirci con sicurezza, con autenticità, nella dipendenza da questo nostro Capo attraverso le espressioni sacramentali quindi sensibilie sperimentabili istituite da nostro Signore Gesù Cristo, non dovrebbe costituire nessun senso di diminuzione, nessun complesso di inferiorità e cose del genere. E’ nella natura della Chiesa.
Ecco come ho tentato di esprimere come va intesa, come intendo questa dipendenza nello svolgimento di un determinato compito e dei compiti dell’Azione Cattolica. “I laici collaborando con la gerarchia secondo il modo loro proprio, portano la loro esperienza”. Ecco, qui mi pare che si possa chiarire sempre più come sia indispensabile la presenza dei laici proprio nello svolgimento del compito specifico della gerarchia: portano la loro esperienza.
Abbiamo accennato questa mattina a nostro Signore Gesù Cristo che, attraverso la sua umanità ha fatto l’esperienza umana e ha assunto tutte le esperienze per potersi assimilare ai propri fratelli. Non e semplicemente assomigliare ai propri fratelli, è qualche cosa di molto più vivo, di molto più vitale. Allora perché l’azione di nostro Signore Gesù Cristo sia davvero la sua azione di Verbo incarnato, è necessaria questa assimilazione con tutti gli elementi della esperienza umana, della vita umana. Allora ecco il vostro contributo della vostra esperienza di laici nell’adempimento di questo compito salvifico che diventa comune, ma voi portate qualche cosa di vostro. “E assumano la loro responsabilità nel dirigere tali organizzazioni” E’ un punto non semplicemente molto importante, ma che caratterizza, che definisce l’Azione Cattolica. Dovete prenderla questa azione di collaborazione di cooperazione, in quella determinata dipendenza che abbiamo detto. Ci siamo a questo punto?
Facciamo un discorso molto confidenziale molto semplice, molto concreto. Non facciamo processi. Non facciamo mai processi al passato, perché io sono convinto che – la mia convinzione non è che valga ma è per dirvi come la penso – nella maggior parte dei casi, ciascheduno in quel determinato momento, ha pensato di fare il meglio che si potesse fare in quel momento. In un altro determinato memento ci si accorge, si prende coscienza che si può fare in un altro modo. Si scopre persino che le cose stanno in un altro modo. Ciò che importa è avere il coraggio di adeguarci a condizioni nuove, al nuovo modo di sentire, e di comportarsi, come è esigito dalla coscienza nuova che si prende delle cose. Che cosa voglio dire? Voglio dire questo: qualcuno a questo momento potrebbe parlare di clericalismo o di altri fenomeni. Io non nego che questi fenomeni siano esistiti e possano anche esistere.
Qui è un problema di età adatta e quindi capace di responsabilità propria del cristiano che assume una responsabilità apostolica. C’è questa maturità nei laici di Azione Cattolica? C’è questa maturità nei dirigenti di Azione Cattolica per cui sono in grado di assumere la loro responsabilità nel dirigere tali organizzazioni?
C’è stato un tempo -non so fino a quale tempo- in cui nell’associazione Cattolica, nell’associazione parrocchiale, nell’organizzazione a livello diocesano, il presidente era il parroco, il cassiere era il parroco, il vice presidente era il parroco, il delegato aspiranti era il parroco. Adesso, io ve lo dico male, esagerando un po’ per creare il contrasto, per mettere in evidenza ma, voi sapete che l’Azione Cattolica nasceva, i dirigenti non c’erano ancora, eccetera, e poteva benissimo andare così.
Oggi a che punto siamo? Non scavalchiamo mai la situazione concreta in cui ci troviamo, ma i laici devono dirigere, devono diventare responsabili della Azione Cattolica. E’ un principio sacrosanto. Non è Azione Cattolica quando i laici non assumono la responsabilità di dirigere l’Azione Cattolica. Ma c’è di fatto questa capacità? Ci sono di fatto questi dirigenti? Notate che io pongo appena un punto interrogativo e non dico né sì né no.
E’ sempre necessario un progresso in questa capacità di diventare responsabili. Ad un certo punto proprio nella nostra maturazione personale, spunta -per dire così- il senso di responsabilità ma altro è il senso di responsabilità che si può avvertire a diciotto anni, altro è il senso di responsabilità che uno matura a trentacinque anni o quarantacinque anni. Qualcuno potrebbe dire: ma i nostri dirigenti? L’importante è che si aprano a questo senso di responsabilità, l’importante è che abbiano la coscienza di dovere progredire in questo senso di responsabilità. Qualche altro mi sta insinuando: ma perché questo avvenga bisogna che i preti ci lascino lavorare, che i più anziani ci lascino il posto. Va bene senz’altro, ma sono indispensabili le due cose.
Vedete che io ho la tendenza di parlare in famiglia? Allora parliamoci in famiglia. Quando parliamo in famiglia, non parliamo mai male di nessuno perché il parlare in famiglia è parlare per il bene della famiglia. Parlando di chiunque, in qualunque ambiente, non intendiamo mai parlare male di nessuno. Allora miei cari, che cosa volete da noi che abbiamo già 58 anni e una determinata mentalità che ci viene da una determinata formazione?
A questo punto mi viene da dire una cosa che ripeto sovente: se gli inconvenienti che voi dite, sono la causa di un certo ritardo nel laicato a maturare, dovete sapere che, a principio, erano veramente necessari e che rimangono indispensabili.
Poi, se c’è stato un Concilio, vuol dire dire che c’era qualche cosa da cambiare. Ma alcuni tendono a trattenere? Adesso, a pochi anni dalla conclusione del concilio, non dovete pretendere che ci sia già tutto cambiato. Non sarebbe normale.
Il pericolo è che si faccia poco, che non si prenda atto di quello che il concilio ci propone, che non si prenda sul serio ciò che il concilio ci propone, che non ci si impegni fino in fondo per quanto dipende da noi. E quando noi ci saremo impegnati fino in fondo per quanto dipende da noi, il Signore da noi non vuole di più, ma non è detto che quando ci sarà tutto il nostro impegno le cose saranno a posto.
Ho già detto più di una volta: diamo tempo al tempo. Le cose umane maturano, hanno bisogno di questo elemento indispensabile della esistenza che è il tempo. La fretta? Sì, ad un grande desiderio, ad una viva e forte sollecitudine e a tutti gli sforzi possibili, ma se degenerassero in impazienza si guasterebbe tutto. La maturità si acquista nelle circostanze: in cui si deve esercitare l’azione pastorale della chiesa, in cui si diventa sempre più sensibili ai principi della chiesa, in cui si diventa più capaci di rispondere adeguatamente alle sue necessità, in cui si diventa sempre più sicuri nel ponderare le circostanze in cui si deve esercitare l’azione pastorale. A questo punto si può dire: in proporzione di quella maturità di cui abbiamo detto, e in proporzione di quella libertà che si concede ai figli di Dio da parte di quelli che sono insigniti dell’ordine sacro.
“Entrano nell’elaborazione ed esecuzione del piano d’attività” (AA IV 20) A questo punto verrebbe in mente un grosso problema ed è quello della costituzione del consiglio di pastorale. E’ una cosa indispensabile, è un organismo che ci vuole, che deve nascere, che dobbiamo costruire, ma come è difficile! Io non lo dico per creare delle difficoltà religiose, ma per l’esperienza quotidiana di tutti quegli organismi di pastorale che sono già stati costituiti da anni. Ci vorrà anche questo proprio perché l’Azione Cattolica sia autenticamente: Azione Cattolica. Fino a questo punto mi pare di aver detto che voglio l’Azione Cattolica e come la intendo l’Azione Cattolica, come mi attendo che sia. Avendo già detto questo mi pare di avere già detto sufficientemente, per la nostra diocesi, perché qui sono gravato particolarmente di responsabilità indispensabile e insostituibile.
Che ci possano essere altre associazioni degli altri gruppi, non deve né impressionare,né turbare,né allarmare. No, c’è posto per tutti. Ciò che importa è che ognuno stia al proprio posto e sia nella chiesa. Questo è importante: che ognuno sia aperto a tutti. E’ facile da capire altrimenti invece di fare la chiesa si fanno le chiesiole. Che ognuno sia in sintonia con tutti gli altri, corresponsabile con tutti gli altri. Questo è senso di responsabilità.
Non è uno scherzo questo che noi vogliamo fare. Non è come negli altri campi di azione. Qui siamo nell’ambito dell’azione della salvezza, che è una cosa formidabile e che non si può fare per dilettantismo. Si possono fare delle esperienze ma mai del dilettantismo. Non si può mai metterci gli uni contro gli altri, sopra gli altri. Guardate che il criterio preciso di una comunità, di un’organizzazione che si proponga di collaborare o di cooperare nella chiesa, è la capacità di fare comunione con tutti. La Chiesa è una comunione, chi non fa comunione, fa divisione e distrugge l’essere stesso della chiesa.
L’Azione Cattolica, è insostituibile, deve rinnovarsi, e mi pare di avere già detto parecchio in che senso deve rinnovarsi, Dobbiamo avere fiducia nell’Azione Cattolica. Se entra nell’azione stessa della Chiesa, come si fa a non avere fiducia? Se entra nel piano di Dio come non si può avere fiducia in ciò che vuole Dio stesso? Ci vuole un’Azione Cattolica che svolga i compiti propri dell’Azione Cattolica. Mi permetto di insistere specialmente con giovani perché i giovani avvertono più vivamente ciò che può essere sorpassato in quanto a natura, in quanto finalità dell’Azione Cattolica. Siccome vedono certe forme, certi atteggiamenti sorpassati, per queste forme o per questi atteggiamenti sorpassati sono tentati di negare la validità dell’Azione Cattolica. Questo è uno sbaglio. Stiamo attenti a non sbagliare.
L’Azione Cattolica, insisto a proposito dei giovani, ha un compito specifico. Da poco tempo sono in mezzo a voi ma avverto che si può essere tentati di correre dietro ai giovani. Non è soltanto un fatto locale. Avviene da noi ma in tutta Italia quasi e in molte parti del mondo, Capitemi bene! Non è detto che dobbiamo pretendere che gli altri vengano con noi. C’è molta differenza tra la natura del mandato che ci viene da nostro Signore Gesù Cristo: “Andate” e il “correre dietro”. Siccome quelli con i quali ho parlato prima di venire in sala, sono delle persone intelligenti, sono sicuro che capiscano. E’ un problema molto sentito non soltanto qui in città. So di parrocchie, di centri molto impegnati perché molto sensibili su questo problema. Il centro per la gioventù, la casa del giovane ed altre iniziative ci vogliono, non si devono escludere, però quando noi pensiamo all’Azione Cattolica, dobbiamo pensare ad un’altra cosa,
Dobbiamo pensare a quell’azione che si compie, per la forza intrinseca che è legata alla diffusione del messaggio di nostro Signore Gesù Cristo,
Dobbiamo pensare a quella forza interiore, che è propria della vita portata su questa terra da nostro Signore Gesù Cristoe, che si comunica attraverso il messaggio della Parola e della grazia
Dobbiamo pensare ad una pienezza personale di grazia acquisita attraverso le azioni stabilite nella chiesa da nostro Signore Gesù Cristo, che sono assolutamente centrali.
La forza salvifica della parola e della grazia di nostro Signore Gesù Cristo espressa nella carità autentica è assolutamente principale, rispetto a tutti i mezzi che in qualsiasi tempo la chiesa, i cristiani, i cattolici, possono inventare e preparare.
Non dico di “attendarci” in piazza ai giardini pubblici o in campagna a svolgere una nostra azione. Io sono pienamente d’accordo che sarebbe molto meglio se avessimo dei locali, degli edifici adatti al posto di tutte le chiese inutili che abbiamo,però anche i locali nuovi, anche le chiese inutili e gli edifici sacri, non sostituiscono: la forza salvifica della Parola di nostro Signore Gesù Cristo, la forza salvifica della grazia di nostro Signore Gesù Cristo, il potere calamitante, e unificatore della carità di nostro Signore Gesù Cristo.
E’ certo che: parlare di evangelizzazione, fare evangelizzazione, proporre la collaborazione al ministero della grazia è meno allettante che svolgere altre attività. E poi mi permetto di dire -capitemi bene- io non dico che per praticare altre attività ci voglia un impegno minore di vita spirituale, ma è certo che per l’Azione Cattolica, a tu per tu con l’impegno di evangelizzare, con l’impegno di santificare nella carità, con l’esigenza di una ricchezza di vita spirituale, s’impone di per se un impegno più serio. Si pone in discussione un impegno di perfezione cristiana, un impegno di santità, che è legato al nostro Battesimo e alla nostra professione cristiana.
Allora quei famosi mezzi, che non sono “tradizionali” ma sono mezzi dell’autentica tradizione, e quindi sono nel vero, per mezzo dei quali scorre la vita divina che deve essere comunicata agli uomini non devono essere abbandonati. L’ascolto della parola di Dio, la meditazione della Parola di Dio, non può essere cancellato. Io ammetto che la meditazione della Parola di Dio si possa fare anche con altri metodi, ma altro è il metodo con cui si assimila la parola di Dio, altro è il metodo con cui la si accoglie, la si custodisce e la si fa fruttificare; uno è il fatto dell’ascolto, altro è il fatto di ritenere, custodire, fare germogliare e fruttificare la Parola di Dio. Non ci si può mettere un altro metodo come surrogato.
L’attingere alla vita nuova di nostro Signore Gesù Cristo di cui debbono vivere tutti i nostri fratelli, esprimetelo come volete, ma ha sempre il senso di: frequenza dei santi sacramenti. Sìssignori!- Parlo della confessione, della comunione e anche della confessione come direzione spirituale. Sapete benissimo che altra è la direzione spirituale. Sappiamo tutti come un proverbio, che la direzione spirituale è l’arte di insegnare a farne a meno Quindi non deve diventare una direzione perpetua, ma non deve essere esclusa poiché è legata all’azione che compie nostro Signore Gesù Cristo nel ministero del sacerdote.
Che cosa si può mettete al posto di questa?
Senz’altro la confessione che deve assumere un’estensione che sia veramente ecclesiale: personale e comunitaria.
Non bisogna farne a meno. Quest’anno tratterete il tema del mistero eucaristico. Sarebbe “bello” se qualcuno, che sente un’attenzione apostolica più viva, che guarda all’Azione Cattolica ed entra nell’Azione Cattolica pensasse di partecipare attivamente alla celebrazione liturgica con il canto e la preghiera, con l’ascolto delle letture e poi facesse anche se la comunione!
La comunione non si fa tutti i giorni, è vero. Se non si fa almeno tutte le domeniche dov’è la partecipazione vera, sacramentale, istituzionale, voluta da nostro Signore Gesù Cristo? “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita”: ha quella vita che Egli è venuto a portare agli uomini, che noi vogliamo portare ai nostri fratelli. E, tutto questo deve, come una conseguenza naturale, fare di tutti noi veramente una cosa sola. Guardate che ogni azione che si compie nella chiesa deve essere azione di chiesa, deve portare quindi la caratteristica, la “marca”, il distintivo della Chiesa che è: essere “molti” capaci di fare una “cosa sola”, essere molti che mettono l’unità nella carità sopra di tutte le preoccupazioni.
Non importa che uno faccia più cose di un altro, ma guai se capita che uno sia meno unito agli altri. E’ solo un accenno e mi pare che le ragioni di quest’accenno siano già così chiare nella vostra mente da comprendere la portata dell’affermazione: Ogni azione nella chiesa deve essere azione di chiesa e perciò deve essere azione che avviene nella comunione con tutti, nell’unità della carità con tutti.
E, adesso, come il solito, per finire il mio discorso smetto di parlare.
Diciamo un “Padre nostro” e un'”Ave Maria” alla Madonna, poi vi ripeto la mia benedizione anche come espressione di gratitudine per la vostra presenza e per gli auguri che mi avete presentato. Sono molto sensibile a questo, lo apprezzo e vi ripeto: vi sono riconoscente.
OM 164 Azione Cattolica 68
Mantova – S. Francesco 4 Novembre 1968, ore 9 – Assemblea di Azione Cattolica