Pasqua 1973 in sant’Andrea
Mons. Carlo Ferrari
L’annuncio pasquale oggi proclamato nelle nostre chiese non avrebbe senso né credibilità se Dio stesso non avesse costituito dei testimoni che per tutti i tempi lo garantissero. E’ per questa iniziativa di Dio e per la potenza del suo Spirito che questo annuncio risuona oggi anche nelle mie parole. Io, vostro Vescovo, vi attesto: Cristo è morto per vincere il male, per debellare il Maligno, ed è risorto per portare agli uomini la realtà e i frutti del suo amore per loro, espressione perfetta dell’amore del Padre.
L’annuncio pasquale non è soltanto notizia di un fatto straordinario accaduto una volta nella storia, è proclamazione di un mistero che continua a realizzarsi nel tempo: Cristo presente tra gli uomini con la potenza del suo Spirito per operare la nostra personale risurrezione. Poiché Cristo è risorto per noi, la sua risurrezione ci appartiene.
Con le parole dell’apostolo Paolo, la liturgia insiste: « Se siete risorti con Cristo, cercate e bramate le cose delI’alto, non quelle sopra la terra ».
Il battesimo, che in questa notte pasquale abbiamo solennemente celebrato, segna in realtà il momento della nostra prima risurrezione con Cristo, poiché ci ha trasmesso la nuova realtà di figli di Dio ed energie nuove, attinte alla forza della risurrezione di Cristo: per vivere, sì, su questa terra ma come « stranieri e pellegrini », con lo sguardo rivolto aldilà di tutte le realtà terrene alla Realtà più vera che di tutto è fondamento e ragione.
In questo senso, tutta la vita cristiana è un risorgere con Cristo, cioè trovarsi nella possibilità di andare oltre, aldilà delle cose tra cui viviamo: che poi è il nostro vero posto nel mondo, quello che Dio ci ha fissato.
Perché il più piccolo tra noi è il più importante di tutte le cose del mondo.
Non le cose devono contare più di noi: non il successo o la posizione sociale più della dignità della persona, sia pure la più umile.
Al credente è chiesto il coraggio di mettersi al di sopra di tutto, di non farsi condizionare dalle cose, di vivere nella libertà della propria grandezza di figlio di Dio.
Se la cronaca e la storia ci ricordano che l’uomo è sempre schiavo – del suo ambiente, del suo tempo, della sua cultura, di altri uomini – la risurrezione di Cristo ci assicura che l’uomo è stato liberato da tutte le schiavitù, che può emergere fino a quel vertice della creazione che è il Cristo risorto, che può uscire dal sepolcro di questo mondo come potenza schiavizzante e stabilirsi di fronte a Dio e godere della certezza del suo amore.
Possiamo dire, noi cristiani, che ci preoccupiamo realmente di non lasciarci sommergere dalle cose per vivere secondo l’aspirazione più profonda che Dio ha impresso al nostro essere ?
La grandezza che spesso poniamo nel confronto con gli altri, o nell’emergere sugli altri, dovremmo invece cercarla nel diventare capaci di emergere dalle cose, contando anzitutto sulla forza della risurrezione di Cristo.
Questo è fare che i nostri pensieri siano rivolti alle « cose dell’alto »: non nel senso di distoglierci dagli impegni del mondo, ma nel senso di non lasciarci distogliere dal nostro ultimo traguardo, dalla meta che siamo chiamati a perseguire vivendo da figli di Dio. In questo senso Cristo è la nostra Pasqua, la vita nuova della nostra risurrezione.
Il mio augurio per voi, a cui devo tutto il mio amore, tutta la mia vita, è che la risurrezione di Cristo si verifichi, cioè diventi qualcosa di vero, per l’emergenza della vostra dignità, per la gioia e la liberazione del vostro spirito, per la pace della vostra coscienza.
ST 383 Pasqua 73
stampa:“Da Dio a Dio un cammino di popolo e di persone” Mantova 1985 pagg. 285-286