Venerdì 29 agosto 1969 ore 17,30, in sant’ Andrea
Concelebrazione dei sacerdoti della diocesi in chiusura della prima settimana pastorale.
Carissimi, veramente la nostra settimana non si conclude.
Non per usare frasi fatte ma per una realtà dobbiamo pensare che ha inizio ed ha inizio perché noi, con un atto di fede più cosciente e più impegnato, ci siamo portati qui per esprimere ciò che siamo e per attingere ciò che dobbiamo essere.
Abbiamo ascoltato la parola di Dio. Abbiamo udito parole che riecheggiano tanto di quei pensieri, di quei concetti, di quei propositi, di quei desideri che sono emersi durante i momenti di studio e di preghiera che abbiamo trascorso insieme.
Con questo nostro atto vogliamo pienamente e in un modo incondizionato immergerci in quella realtà più grande, più profonda, più ricca che sta alla base del nostro essere di sacerdoti, di ministri di nostro Signore Gesù Cristo al servizio del Popolo di Dio per la salvezza di tutto il mondo.
Sapete che certe cose le faccio intenzionalmente non per una insistenza ostinata ma per una convinzione profonda: soffermarci pochi momenti nella contemplazione più che nella meditazione di quel mistero che é il modello supremo e la sorgente di ogni forma di unità della chiesa, é trovare le ragioni profonde di questa unità, é trovare le soluzioni vere alle difficoltà che si oppongono a questa unità, é trovare quindi, il conforto e la gioia di vivere questa comunione nella carità che viene dal Padre attraverso il Figlio nello Spirito.
Noi affacciandoci con umiltà dinanzi a questo mistero scopriamo una cosa singolare: il Padre, principio e fine e termine di tutto ciò che esiste nella profondità di questo mistero, il Padre che é il principio, il Padre che genera il Figlio, il Padre che con il Figlio dà essere ed esistenza allo Spirito Santo non é più grande, eppure c’è un principio. Questo si verifica nella chiesa santa di Dio.
Ci sono delle persone che esprimono il principio e il termine da cui deriva ogni cosa, a cui deve tendere ogni cosa ma queste persone non sono più grandi, non sono “prime”, non hanno più privilegi, non hanno maggiore grazia. Qui dobbiamo piuttosto tacere che parlare.
Un altro elemento:
il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo che sono uguali non si confondono.
Il Padre é infinitamente il Padre.
Il Figlio é infinitamente il Figlio.
Lo Spirito Santo é infinitamente lo Spirito Santo.
Il Padre é infinitamente se stesso.
Il Figlio é infinitamente se stesso.
Lo Spirito Santo é infinitamente se stesso.
Non c’è distinzione. Ognuno é se stesso.
Riferito al mistero della chiesa, riferito al mistero dei rapporti delle persone degli uomini nella chiesa, a qualsiasi livello, per qualsiasi funzione ognuno deve essere se stesso,
ognuno ha la vocazione ad essere se stesso,
ognuno ha il dovere di essere se stesso,
ognuno ha il diritto di essere rispettato per se stesso,
ognuno ha il diritto di non essere confuso con nessun altro.
Quanta ricchezza nel mistero della esistenza e nei rapporti delle Divine Persone!
Quale ricchezza per la nostra esistenza dal momento che siamo posti in condizione di attingere a questa sorgente!
Un terzo punto.
Il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo
vivono una sola vita,
vivono un solo amore,
vivono comunicando ad una stessa natura
– così si esprime la scuola, il magistero –
vivono comunicando ad uno stesso amore,
vivono in un rapporto di amore,
vivono in una infinita comunione di amore.
Ecco il supremo modello e la sorgente di quella comunione che abbiamo tanto considerato in questi giorni,
la comunione nella chiesa,
la comunione della chiesa,
la comunione in forza del battesimo,
la comunione in forza della partecipazione al sacerdozio di nostro Signore Gesù Cristo:
la comunione che è l’amore vicendevole.
Lo so. Me lo avete detto. Ve lo siete detto tra voi che c’è tanta gioia nei vostri cuori, che c’è tanta soddisfazione perché sono cadute tante barriere, sono caduti tanti preconcetti, si é stabilito un clima di fiducia, si è aperta una possibilità più grande di volerci bene.
Già ne abbiamo fatto una esperienza, già sappiamo che questo é il nostro impegno d’ora in avanti. Questa esperienza deve essere sempre più positiva, sempre più concreta. Già sappiamo che il nostro ministero si radica in questa comunione di carità fra di noi, già sappiamo che l’efficacia del nostro ministero é condizionato alla espressione, alla manifestazione, alla testimonianza che daremo dinanzi ai nostri fratelli della nostra comunione di amore, della nostra unità nella carità di nostro Signore Gesù Cristo.
Ma tutto questo noi lo vediamo nella pienezza della rivelazione del mistero nel quale sappiamo che c’è un particolare molto importante. Il tramite attraverso il quale le Divine Persone hanno voluto introdurci in una comunione analoga alla loro comunione, é il mistero della Incarnazione, Passione e Morte di nostro Signore Gesù Cristo.
La comunione nella chiesa ha il suo apice nella celebrazione liturgica e nella partecipazione più profonda alla celebrazione liturgica che é quella di assiderci alla mensa dove si mangia il pane che é il corpo di nostro Signore Gesù Cristo, dove si beve il vino che è il sangue di nostro Signore Gesù Cristo: un convito sacrificale, una partecipazione al corpo e al sangue che é versato per noi, una partecipazione al mistero della croce di nostro Signore Gesù Cristo che é proposta ad ognuno di noi perché siamo dei sacerdoti, perché siamo dei santificatori.
Il sacerdozio nuovo instaurato da nostro Signore Gesù Cristo non ci propone di sacrificare delle cose ma ci propone di sacrificare noi stessi. ù E’ attraverso questo sacrificio, il sacrificio di noi stessi, ù che noi giungiamo alla pienezza dell’amore, ù alla pienezza della vita in Dio per mezzo di Gesù Cristo, nel suo Spirito.
In questa sera nella quale noi rinnoviamo il mistero di Cristo, che in mezzo ai suoi discepoli per dare un esempio di amore e di servizio ha lavato i piedi a ciascuno di loro, preghiamo Dio umilmente perché la nostra carità fraterna cresca di giorno in giorno in ogni momento della nostra esistenza.
OM 243 Sacerdoti 69 – Venerdì 29 agosto 1969 ore 17,30, S. Andrea.
Concelebrazione dei sacerdoti della diocesi in occasione in chiusura della prima settimana pastorale.