Abbiamo acquistato per la misericordia di Dio, una capacità nuova di vedere le cose e non le vediamo più secondo la carne
Il mio ministero in questo momento é impegnato, sotto l’azione dello Spirito Santo che opera in me e nelle vostre persone, a farvi intendere il significato di ciò che accade in mezzo a noi.
Tre nostri fratelli, tra poco, per la imposizione delle mani, diventeranno presbiteri , diventeranno “maturi”, diventeranno “capaci” e saranno in grado di presiedere la comunità cristiana.
Questo , indubbiamente, per la loro preparazione e per la esperienza che incominceranno a fare fin da questa sera, fin da domani ma, soprattutto e fondamentalmente per una azione che Dio compie in loro e li trasforma in uomini nuovi. Non semplicemente come suoi figli ma come suoi “mandati”, come suoi “incaricati”, come si esprime san Paolo, “come suoi ambasciatori”.
C’é nella Chiesa oggi, un certo senso – non so come definirlo, uso una parola qualsiasi, molto in voga – di inferiorità, un certo rispetto umano, quasi, di dire le cose come sono, come Dio le ha fatte, non come gli uomini le hanno fatte.
Ambasciatori di Dio, il Vescovo, i Sacerdoti lo sono perché costituiti così da nostro Signore Gesù Cristo, dalla potenza della forza della sua grazia e per una operazione che si compie in loro e li trasforma radicalmente anche s questa trasformazione, molte volte, é celata, é oscurata dalla opacità della nostra natura, della nostra povertà, della nostra miseria, perché, pur diventando quello che Dio ci fa, Dio non ci toglie dalla condizione di uomini, non ci toglie dalla condizione che é comune a tutti i nostri fratelli.
Questo avvenimento accade, oggi, mentre celebriamo la Messa anticipata della quarta domenica di Quaresima che é comunemente conosciuta come domenica laetare perché incomincia con le parole “rallegrati”. Noi ci dobbiamo rallegrare. E’ tempo di Quaresima , é tempo di penitenza, di austerità, di digiuno, di raccoglimento ma noi, tutto questo lo dobbiamo fare nella santa allegrezza dei figli di Dio che vanno incontro al loro Dio e lo conoscono sempre meglio. Lo conoscono sempre meglio, proprio in questo itinerario della Quaresima , attraverso i testi delle letture sacre che la Chiesa, certamente guidata dallo Spirito Santo, dispone per la nostra meditazione e per la nostra edificazione
Perché ci dobbiamo rallegrare? perché Gesù Cristo ha raccontato una parabola, cioè ha espresso in una parabola, nella più bella parabola, l’avventura più gioiosa che ci possa essere per gli uomini: la parabola del figliolo prodigo che ha due poli , uno sul quale siamo soliti fermarci ed é il figliolo prodigo che dissipa tutte le sue sostanze vivendo lussuriosamente, vivendo secondo il vangelo del mondo, secondo le indicazioni della felicità che provengono dal mondo ma che hanno una fine molto accelerata e molto deludente e triste.
L’altro polo, quello più decisivo, é il Padre. Il Padre che rispetta questo figlio nella sua ribellione, il padre che non dimentica questo figlio nella sua ingratitudine, il padre che attende, pieno di speranza, di poter riabbracciare questo suo figliolo che era perduto e pensa di ritrovarlo, che era morto -, per lui non esisteva più, – e che pensa di poterlo ancora stringere vivo al suo petto.
Ecco i due estremi che definiscono la più gioiosa notizia. Il Vangelo é gioia, é notizia di evento gioioso. Iddio ci attende per perdonarci. Iddio ci aspetta con una pazienza infinita per perdonarci. E, perdonarci, per Dio nostro Padre, significa riammetterci nell’intimità della sua casa, nella comunione della sua vita, nella partecipazione di tutti i suoi beni. Allora sentiamo l’Apostolo Paolo che fa la forte, insistente raccomandazione: “vi supplichiamo nel nome di Cristo, lasciatevi riconciliare con Dio”
“Vi supplichiamo nel nome di Cristo, lasciatevi riconciliare con Dio”. Io con voi, faccio una constatazione, questa sera, miei cari, che i sentimenti di Dio, l’atteggiamento di Dio nei nostri confronti sono come rafforzati dal momento che ci dà la grazia di avere altri tre nostri fratelli i quali fungeranno da ambasciatori da parte di Cristo, come se Dio esortasse per mezzo di loro e dicesse: “vi supplichiamo, in nome di Cristo, lasciatevi riconciliare”.
Vedeteli questi nostri fratelli, che cosa c’é in loro, che cosa ci sarà in loro, perché sono arrivati a questo punto?
Ecco io vorrei soffermarmi un istante per dirvi il motivo per cui sono arrivati a questo punto di accettare che Dio faccia di loro i suoi ambasciatori e di andare in mezzo ai fratelli per scongiurarli che si lascino riconciliare -non che si riconcilino – ma che si lascino riconciliare con Dio, con il potere che essi hanno, nell’esercizio del loro ministero, di sprigionare la potenza della misericordia di Dio che viene incontro a tutti, che é per tutti gli uomini, perché Dio ha fatto del suo Cristo come il peccato in persona – egli che non aveva peccato – perché noi diventiamo giusti davanti a Dio.
Perché sono arrivati a questo punto?
Non é che io ho fatto a loro un esame. L’esame é stato fatto da tutto il tempo della loro permanenza in mezzo a noi, nelle diverse comunità parrocchiali e particolarmente in seminario e tutti siamo convinti – e se non ne fossimo convinti noi cesseremmo immediatamente questa celebrazione perché non varrebbe la pena di andare avanti.
Paolo prima di queste parole che vi ho ricordato dice:” fratelli , l’amore del Cristo ci spinge al pensiero che uno é morto per tutti e quindi tutti siamo morti. Capite. Questi vostri fratelli, come tutti i miei sacerdoti, e come il vostro Vescovo, ad un certo punto della nostra esistenza, abbiamo capito che l’amore di Cristo diventa una esigenza al pensiero che egli é morto per tutti e quindi noi dobbiamo essere disposti a morire con Lui per la salvezza dei nostri fratelli, perché tutti i nostri fratelli diventino giusti della giustizia di Dio.
“Egli é morto per tutti perché quelli che vivono non vivano più per se stessi ma per colui che é morto ed é risuscitato per loro”. Gesù Cristo é morto per questo: perché noi da figli prodighi avessimo la possibilità di ritornare tra le braccia del padre, così che noi abbiamo acquistato, per la misericordia di Dio, per la sua grazia, una capacità nuova di vedere le cose e non le vediamo più secondo la carne. Ecco, il Sacerdote che ha una visione di fede del mondo, della storia, degli uomini, dei suoi fratelli; il Sacerdote che in questa missione nuova che gli é data da Dio, in forza di quella vocazione per cui Dio lo costituisce suo ambasciatore, egli non giudica i suoi fratelli, li guarda, li vede, li valuta come li giudica, li vede, li guarda il Padre che é in attesa di potersi comunicare, di poter vivificare , di poter riabbracciare questi figli perduti. E il motivo -ripete Paolo- é sempre lo stesso. Questo fatto che noi abbiamo conosciuto Cristo non secondo la carne ma secondo lo Spirito perché abbiamo avuto la grazia, abbiamo la grazia, abbiamo tutti i giorni la grazia, di conoscere così Gesù Cristo e di conoscere così i nostri fratelli.
Capite, miei cari, in quel posizione noi ci troviamo. Non é una posizione di prestigio, di potere, non é una posizione che ci pone sopra gli altri. E’ un dono bruciante che é posto da Dio nelle nostre mani e che equivale alla ricchezza dell’amore di Dio che é a disposizione di ciascuno di voi a condizione che accogliate il nostro ministero.
Lo potete accogliere o non accogliere perché Dio non forza nessuno. Il Sacerdote non forza nessuno. La Chiesa non forza nessuno. C’é la potenza della soavità dell’amore di Dio, da una parte, e c’é il vuoto desolante di quelli che sono lontani da Dio e che non lo conoscono a sufficienza, che determinano questo movimento nel quale si pone l’esercizio del nostro ministero per congiungere quei due poli che abbiamo detto: il figlio che si é allontanato, il padre che lo attende, l’abbraccio finale :“era perduto ed é stato ritrovato”. Che gioia miei cari. Noi, sacerdoti, questa gioia già l’abbiamo esperimentata ma sperimenterete anche voi, forse fin da domani. Uno dei tre mi diceva “dopo la funzione non se ne vada via subito perché dobbiamo chiederle la facoltà di confessare.
Confessare! Domani, entrerò in confessionale. Ecco, certamente sarà l’emozione più grande che proverete. Più grande di quello della celebrazione della Messa . Vedere lì davanti, inginocchiato, un vostro fratello che dice “benedicimi o padre perché ho peccato” E voi, dal momento che egli si lascia riconciliare, lo riconcilierete con Dio, realizzerete la parabola del figliolo prodigo. Lasciatevi riconciliare. Diventate ministri della riconciliazione non solo quando siete in confessionale ma sempre, in ogni atto del vostro ministero voi siete in questa funzione, in questo ufficio, in questo impegno di riconciliare gli uomini con Dio.
Direte: e gli uomini fra di loro non li dobbiamo riconciliare? Senza dubbio perché sono tutti figli del Padre ma vedete quali difficoltà ci sono per riconciliare i fratelli fra di loro.
Lasciate che vi dica, forse terminando queste mie non mai brevi parole, con un rilievo che quasi rattrista, anzi senz’altro rattrista. Rattrista l’atteggiamento del figliolo maggiore che é l’unico che non gode della festa per il ritorno del figliolo che si era perduto e si era allontanato. Lui é giusto, lui ha sempre fatto il suo dovere, lui, lui. Guardate, miei cari, diciamo le cose con molto realismo anche con un certo coraggio e non disgustiamoci.
Guardate che é facile, proprio per noi che veniamo in Chiesa, che siamo, magari, parenti dei sacerdoti, che siamo vicino al Sacerdote, di prendere l’atteggiamento del figlio maggiore che non gode della festa della riconciliazione dei propri fratelli, che non gode del ritorno degli altri ma che vuole vantarsi di una sua giustizia e non invece riconoscere che tutto é frutto della misericordia di Dio.
Basta.
Adesso continuiamo la nostra celebrazione. Pensiamo a quello che accade per la misericordia di Dio verso la nostra Chiesa mantovana, in questi momenti di grazia.
Nella cassetta copia n.13A alla fine e 13B all’inizio