s. Andrea , 12.3.83
Carissimi
é viva nella chiesa, radunata in s .Andrea, la parola di Dio che assume una significazione eccelsa, altissima: il più alto accento che l’apostolo Paolo pone sul ministero della riconciliazione, il più alto accento che Gesù propone per rivelare qualche cosa della insondabile misericordia dell’amore del Padre.
Tra l’uomo e Dio c’é un abisso infinito, incolmabile, ma Dio, nella sua onnipotenza, getta il ponte: l’umanità santissima del suo figliolo diletto che congiunge, nella unità della persona del Figlio, l’umanità e la divinità. Ma questa umanità di peccato, Lui che non ha fatto peccato! Ma Dio lo ha costituito peccato per noi. E’ la divinità nella sua espressione nuova, singolare, unica della rivelazione di Dio.
Tutta la speculazione dell’umanità, al massimo, ha raggiunto un essere assoluto. La rivelazione cristiana, culminante nella parabola del padre misericordioso, raccontata da Gesù agli scribi e ai farisei che lo accusavano di farsela coi peccatori, definisce in modo chiaro ed esplicito l’identità del nostro Dio.
Il Padre che si rivela nel Figlio e dona il Figlio come espressione del suo amore; e il Figlio dona se stesso come manifestazione dell’amore del Padre tanto che Paolo potrà dire “dilexit me et tradidit semetipsum pro me”;
Ha amato me il padre, ha amato me il figlio, ha amato me lo spirito santo. E il padre, il figlio e lo spirito santo si sono dati nell’unica umanità di nostro signore Gesù Cristo crocifissa sul Calvario.
Ecco, miei cari l’estrema miseria dell’umanità che ha dissipato tutto, vive in un paese di carestia, brama di potersi saziare alle carrube che vengono date ai porci e la paternità di Dio che scruta da lontano e appena lo vede si commuove e soffoca le parole di scusa, e dà ordine perentorio che sia portato il vestito nuovo, che sia messo al dito l’anello, ai piedi i calzari, che si uccida l’agnello grasso.
Un comportamento impensabile, incomprensibile, messo in risalto dal figliolo maggiore: “ecco, io sono sempre stato in casa, non ho trasgredito uno dei tuoi ordini, ti ho sempre servito e non mi hai mai dato un capretto per fare festa coi miei amici. L’incapacità di comprendere il valore dell’amore del padre che va al di là della fedeltà ai precetti, che va al di là del possesso dei beni comuni, che va al di là del trovarsi in casa al sicuro. Oh! l’insondabile ricchezza dell’amore di Dio nostro Padre!
Ho detto dell’umanità di Gesù gettata tra questi due abissi e che riconcilia il mondo con Dio, l’umanità con il Padre.
Questa sera, abbiamo in mezzo a noi un caro fratello di nome Paolo. Tra pochi istanti sarà investito di un potere tremendo: di riconciliare il mondo a Dio. Tutto quello che avverrà in Paolo, viene da Dio che ci ha riconciliato a sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. “E’ stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione”.
Miei cari, fratelli tutti, sacerdoti, battezzati, credenti, partecipanti a questa celebrazione, noi fungiamo da ambasciatori di Cristo come se Dio esortasse per mezzo nostro: “vi supplicare in nome di Cristo, lasciatevi riconciliare”.
E’ Quaresima, siamo alla vigilia della Pasqua, del passaggio, del momento della riconciliazione, della celebrazione del mistero della passione e morte di nostro Signore Gesù Cristo. Siamo alla vigilia dell’anno santo che sarà l’anno della redenzione, che conseguentemente sarà l’anno della riconciliazione.
E tu, Paolo, sei posto tra questi due estremi, la miseria dei tuoi fratelli e il loro bisogno di essere riconciliati, che tante volte non interpretano, che tante volte non lo ammettono e il Dio della misericordia.
Il Vescovo ti lascia un ricordo per la tua ordinazione sacerdotale, come lo ricorda a se stesso e a tutti i presbiteri da cui é circondato in questo momento: congiungiamo nella nostra persona, facciamo sintesi dei due estremi: la miseria del mondo e la misericordia del Padre.
Noi dobbiamo conoscere la miseria del mondo, dobbiamo stare vicino ai nostri fratelli specialmente a quelli che sono più miseri. Non entro in questioni particolari. Tutti, e tutti i giorni incontriamo povertà e miseria ma se siamo sacerdoti dobbiamo fare il ponte, riferire tutto alla misericordia dell’amore infinito del Padre che sta nei cieli mediante Gesù Cristo e la potenza del suo spirito. Dobbiamo ben essere immersi nella profondità del mistero della misericordia dell’amore di Dio infinito. Anzi, dico a me e a tutti voi cari sacerdoti, tutta la tradizione della Chiesa é concorde nell’affermare che il nostro ministero sarà autentico nella misura in cui comprenderemo i nostri fratelli alla luce della misericordia di Dio. In quella luce noi dobbiamo entrare, in quella luce noi dobbiamo sostare, di quella luce noi dobbiamo abbeverarci per essere illuminati a capire i nostri fratelli
Affidiamo tutto alla materna sollecitudine di Maria perché possiamo vivere con frutto questi particolari momenti della vita della diocesi, e perché la Madonna ci ottenga che tanti operai siano mandati nella messe del Signore.
Sia lodato Gesù Crisato.
Ricordo e credo che sia caro a tutti che tanti anni fa, in questo medesimo giorno, é stato ordinato Sacerdote don Arrigo Mazzali.
N.7B Gibelli 83