Mons. Carlo Ferrari racconta 34 anni di ministero episcopale da Monopoli a Mantova, a cavallo del Vaticano II°.
Un vescovo giunto alla terza età racconta la sua scoperta di Dio. Non il Dio astratto o intellettuale dei manuali di teologia ma il «Dio cristiano» quello presente nella storia concreta che ti fa sentire di essere «una persona amata»… Non è scontato che tutto ciò avvenga, neanche per un vescovo. Ed è perciò interessante leggere la testimonianza resa da Mons. Carlo Ferrari in un volume intitolato «Il Dio cristiano» con il sottotitolo «Testimonianza di un vescovo emerito» (Schena Editore pp. 100)
Egli stila un vero bilancio delle cose credute e sperate in 77 anni di vita (é nato il 1910 a Fresonara in diocesi di Tortona) 52 anni di sacerdozio 34 di ministero episcopale prima a Monopoli (1952-67 e poi a Mantova (fino al giugno 86).
Lo spartiacque è stato il Concilio Vaticano II° alle cui sessioni egli partecipò: “La mia personalità è maturata in modo imprevedibile e si è arricchita mirabilmente: una forza nuova e incontenibile mi ha spinto ad essere un evangelizzatore del Messaggio del Concilio».
L ‘esperienza conciliare è stata una spinta decisiva che lo ha portato ad avvicinarsi con una sensibilità nuova alla Parola di Dio e ad impostare in maniera diversa – più contemplativa – la propria azione episcopale. Anche se in una diocesi come Mantova con i preti che «esigevano le cose pratiche» questo vescovo poco pratico non rispose alle attese. «Padre Carlo della Trinità vescovo del disimpegno» fu il motto col quale egli fu presto definito con una ironia che non dispiacque del tutto all’interessato.
Dopo l’abbondanza di citazioni scritturistiche e conciliari messe senza commento come un rosario dell’anima colpisce nella testimonianza di Mons. Ferrari il rilievo dato al mistero della SS. Trinità, al dialogo adorante con le Persone. C’è un qualcosa di disarmante quasi di ingenuità spirituale in queste pagine. E’ la riprova che la testimonianza è sincera. Non è l’esercitazione teologica di un vescovo emerito che non vuole farsi dimenticare.
Un terzo aspetto che emerge dalla lettura è l ‘insistenza sulla dimensione affettiva. Dal sentirsi amati da Dio – esperienza che lega tutta la sua testimonianza – al “non è bene che l’uomo sia solo” alla necessità «di liberarsi da tutti i preconcetti per acquistare una visione serena con l’occhio di Dio dell’uomo e della donna» fino all’insistenza che «la dimensione affettiva è la componente più importante della conoscenza biblica».
Queste riflessioni meritano di trovare un posto nella formazione seminaristica (Mons Ferrari é stato un apprezzato direttore spirituale) e nel modo stesso di affrontare le problematiche della sessualità. Chi ha conosciuto I’Autore 🙁 ” io sono stato definito una colonna di granito liscio che non offre nessun appiglio sentimentale”) viene stimolato da una riflessione maggiore. Quanti lo hanno apprezzato ricevono da questa testimonianza un’ulteriore conferma: la sua freddezza era timidezza.
Il volume viene impreziosito da una lettera del Cardinale Martini e dalla presentazione del teologo Bruno Forte, il quale ha scritto di queste pagine: “esse evocano una vita di frontiera; spesa tutta nella duplice fedeltà al tempo e all’eterno, nella faticosa eppur gioiosa ininterrotta coniugazione della terra e del cielo, del mondo presente e del mondo che deve venire. Sta qui la loro bellezza: l’oggettività pura della fede ecclesiale si unisce alla passione dell’esperienza vissuta, in modo che la prima non resti astratta o arida affermazione e la seconda non si impoverisca in un’avventura intimistica”.
Vaticanista monopolitano Orazio Petrosillo
Il Dio cristiano. «testimonianza di un vescovo emerito»
Stampa: “Il nostro Tempo” 19 Luglio 1987