Pasqua 1966 – Cattedrale di Monopoli
Abbiamo udito il fatto: le Marie escono all’alba e giungono al sepolcro che è già spuntato il sole.
Mentre vanno con i profumi per imbalsamare il corpo di Gesù morto in croce, hanno questa preoccupazione: come faremo noi donne a smuovere il sasso pesante che impedisce di entrare nella tomba? Ma quando giungono, entrate nella prima parte del sepolcro, con grande stupore vedono che la pietra era già stata rotolata; con più grande stupore ancora vedono un giovane vestito di bianco.
Come mai? A quell’ora? Sono prese da spavento e il giovane dice: “Non abbiate paura!” “Cercate il Cristo che è morto? ” “Non è più qui. E’ risorto come aveva detto.” “Andate, ditelo agli apostoli e dite a Pietro, che va davanti a loro e li precede in Galilea”. Questo è il fatto, miei cari.
La Chiesa ha incominciato questa notte e continuerà fino alla domenica in Albis a raccontare in tutte le Messe lo stesso fatto della risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, nei diversi episodi che ci sono raccontati dagli evangelisti, negli Atti degli Apostoli, nelle lettere degli Apostoli, per dare a noi la grande sicurezza di ciò che avevano detto i Profeti del Verbo di Dio: che sarebbe stato caricato dei peccati di tutti gli uomini, che non avrebbe più avuto le sembianze di un uomo tanto sarebbe stato umiliato e calpestato, che sarebbe stato flagellato e messo a morte, che sarebbe ritornato alla vita, che avrebbe portato la vita per noi.
La Chiesa continuerà a ricordare ciò che Gesù aveva ripetutamente detto ai suoi discepoli perché non si turbassero, perché non si perdessero di coraggio, perché non perdessero la fede in lui: il Figlio dell’uomo andrà a Gerusalemme, i principi dei sacerdoti lo cattureranno, lo faranno giudicare, otterranno la condanna a morte, lo flagelleranno, lo sputacchieranno, lo metteranno in croce, ma il terzo giorno risusciterà. Miei cari, ecco il fatto storico incontestabile, il fatto più sicuro, di una sicurezza più grande di qualsiasi avvenimento della storia degli uomini: la risurrezione di nostro Signore Gesù cristo.
Gesù Cristo, il Figlio di Dio nato a Betlemme, vissuto tra gli uomini, dimostratosi profeta, dimostratosi capace di fare ciò che gli uomini non sanno fare fino a restituire la vita ai morti, certamente muore. Non c’è dubbio: è flagellato, è coronato di spine, è inchiodato alla croce, ha agonizzato per tre ore, gli hanno squarciato il petto, lo hanno chiuso nel sepolcro. E’ morto, quindi.
Ma Gesù Cristo non era semplicemente quell’uomo che si vedeva, che si poteva toccare con le mani, era il Figlio di Dio, era Iddio venuto fra gli uomini per salvare gli uomini, e allora quella sua missione su questa terra non doveva finire nel sepolcro. Ecco il mistero. Ecco la verità profonda che dobbiamo cogliere. Se fosse venuto tra gli uomini e la sua missione fosse terminata con la morte, sarebbe stato un fallimento. Egli aveva detto di essere venuto per portare la vita e se l’era lasciata togliere. Se la vita terrena di nostro Signore Gesù Cristo fosse terminata con la morte, non avrebbe dimostrato di essere capace di dare la vita che era venuto a portare per il mondo.
Era tanta la convinzione degli Apostoli e dei discepoli che Gesù Cristo non sarebbe morto, era tanta la sicurezza degli israeliti che il Messia non sarebbe morto che quando si trovano dinnanzi ad un fatto compiuto, sono spaventati, disorientati, perdono ogni fiducia, si sbandano e concludono: ormai per noi è finito tutto. Ma è da questo fondamento di sfiducia, da questo fondamento di fallimento completo secondo le misure e i giudizi e le valutazioni umane, da questo fondamento fatto di nulla, di inconsistenza, che Iddio incomincia ad edificare, come aveva promesso.
Colui che per venire a salvarci deve portare la vita. Colui che è venuto per portare la vita, deve possedere la pienezza della vita se vuole comunicarla agli altri. Colui che vuole comunicare agli altri la vita, deve dimostrare di essere il Signore, il padrone della vita. E allora avviene la scossa, noi oggi diciamo uno choc, negli Apostoli, nei discepoli e nei primi cristiani, che erano stati i testimoni, che avevano visto, che avevano potuto costatare il fatto di Gesù Cristo messo a morte e chiuso nel sepolcro.
E’ risorto. Dunque, veramente, è il padrone della vita. Da quel momento gli Apostoli e i discepoli, Gesù, non lo chiameranno più il Maestro, ma il Signore. Lo chiameranno Signore perché ha dato veramente la prova di essere Signore, di essere padrone, di avere a sua disposizione tutto, di avere a sua disposizione se stesso, di avere nelle proprie mani la vita, di aver dato la vita del suo corpo alla morte come espiazione del peccato e soprattutto come segno di amore per i suoi che veniva a salvare, e ha dato prova che la vita che dovrà comunicare agli altri la possiede Lui in persona. Ed è per questo che la Pasqua è una festa di risurrezione.
La Pasqua, almeno nei nostri paesi, corrisponde alla primavera. La Pasqua è una festa di vita nuova. La Pasqua, avete ascoltato il Vangelo, incomincia dall’alba e il sole sorgente inonda un sepolcro che non è la dimora della morte, ma che è la testimonianza della vita. La Pasqua é testimoniata da un giovane, un angelo vestito di bianco, segno di freschezza, di candore, di vita e, questo angelo dà subito una assicurazione, ha delle parole tranquillizzanti. “Non abbiate paura. Cercate il Cristo? Non è più nel sepolcro, è risorto”.
Il fatto di questa testimonianza, come abbiamo detto, ha talmente colpito gli apostoli e i discepoli del Cristo e le prime generazioni dei cristiani che sulle loro labbra, nella loro predicazione, nei loro sacrifici, nelle loro liturgie, nei loro riti, nelle stesse prime raffigurazioni, non fanno niente altro che parlare continuamente della risurrezione del Signore, non fanno che celebrare la risurrezione del Signore, insistono a celebrare il giorno del Signore non più al sabato ma il giorno dopo, quando Gesù Cristo è risorto. Legano l’amministrazione di tutti i segni della grazia, a cominciare dal battesimo, al fatto della risurrezione di nostro Signore Gesù cristo. Il battesimo è la partecipazione dei frutti della risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo.
E’ la risurrezione di nostro Signore Gesù cristo che arriva alle nostre persone, che ci raggiunge individualmente per darci la possibilità di essere liberati dal peccato e di vivere la vita nuova che ci ha portato nostro Signore Gesù Cristo. Per questo la Pasqua è la festa centrale di tutto l’anno liturgico. E’ la festa più grande e deve avere, per conseguenza, le sue ripercussioni proporzionate nella nostra vita, nella nostra persona, nella nostra esistenza di cristiani. La Pasqua non deve essere una festa come un’altra festa. Noi ne dobbiamo comprendere tutto il significato, tutto il mistero, tutto il contenuto, tutta la grazia e tutta la forza.
Comprendere la grazia del mistero della risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo , miei cari, non è andare da S. Antonio a chiedere il ritrovamento di un oggetto smarrito, non è come andare da Santa Rita a chiedere l’impossibile, non è neppure come andare dalla Madonna a chiedere una grazia particolare. La grazia del mistero della Pasqua è la grazia di Dio, è la grazia della risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo che si deve compiere nella nostra persona, è la vita che ha portato Gesù Cristo su questa terra e che deve essere comunicata a noi, è quella rinascita che si è compiuta il giorno del battesimo, perché siamo stati inseriti nella morte e nella vita di nostro Signore Gesù Cristo. La vita nuova che ci è comunicata è vita cristiana.
Non dite: il Vescovo dice sempre le stesse cose! La vita cristiana è vita, è qualche cosa che, da dentro ci fa muovere, è qualche cosa che, da dentro ci comunica vigore, è qualche cosa che, da dentro ci porta soddisfazione. In conseguenza di questa pienezza, è qualche cosa che ci rende capaci di fare qualche cosa. Ho detto: la Pasqua non è una festa come un’altra. La Pasqua ci porta questa grazia e la Pasqua, per conseguenza, ci porta un impegno. Per Pasqua, in conseguenza della Pasqua, le cose non possono restare come prima.
Miei cari, noi veniamo in chiesa, ma venendo in chiesa e poi uscendo dalla chiesa, è accaduto qualche cosa nella nostra persona? E’ avvenuto qualche cosa nell’intimo della nostra esistenza? E’ avvenuto qualche cosa nel profondo del nostro cuore? E’ avvenuto qualche cosa nelle decisioni della nostra volontà? O, vogliamo uscire dalla chiesa come siamo entrati e come se nulla fosse accaduto? Ma che cosa siamo venuti a fare, allora?
Qui accadono delle cose. La celebrazione che compiamo, insieme, dei misteri della vita, morte e risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, sono fatti che accadono per noi e ci riguardano. Non sono cose racchiuse tra la balaustra e l’altare separate da una siepe o da una barriera, per cui devono interessare solo i preti. Debbono interessare i sacerdoti perché noi le dobbiamo vivere come voi, perché noi siamo responsabili come voi, perché noi ne renderemo conto a Dio come voi e forse più di voi, ma noi facciamo tutte queste cose per voi, con voi, e se non ci foste voi sarebbe inutile tutto ciò che facciamo. Perderemmo tempo!
E, non lo facciamo in vece vostra! Voi dite: porto i soldi al prete così mi dice la messa, porto i soldi non so a chi, così dice il rosario…” No. Le cose della fede si fanno personalmente. Alla messa si partecipa molto di più con la fede, con la speranza e con l’impegno della carità cristiana, che portando mille lire al prete perché dica una Messa! Capite?
Allora la Pasqua sia la nostra Pasqua! Il Vescovo, è preoccupato che il suo augurio non sia semplicemente una espressione di parole, ma sia un avvenimento per voi, sia qualche cosa che accada dentro di voi, sia questo fatto: che uscendo dalla chiesa vi ricorderete: “io sono stato battezzato, io sono nato alla vita nuova che non deriva dalla carne e dal sangue ma dalla passione e morte e risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. Quella vita in me è una realtà come sono una realtà il mio corpo e il mio pensiero. La tengo d’acconto questa vita che forse ho riacquistato adesso, in occasione della Pasqua? Se ho questa vita deve esprimersi fuori: in casa, nel lavoro, con gli amici, nelle nostre relazioni con tutti. Io sono cristiano, cioè, se porto in me la vita di Gesù Cristo, devo portare i suoi sentimenti di bontà, i suoi pensieri di rispetto verso tutti, le sue azioni.
Quali sono le azioni di Gesù Cristo? Sono state le azioni di uno che ha compiuto il suo dovere tutti i giorni. Non si è fatto monaco, non è andato in clausura. E’ stato nella bottega di suo padre e poi ha fatto quello che gli ha comandato il Padre dei cieli; E’ andato a svolgere il suo compito, per fare la volontà del Padre. E noi per fare la volontà di Dio dobbiamo fare i doveri nel nostro stato, nelle nostre condizioni. Esprimiamo la vita che portiamo dentro, siamo preoccupati di dare gloria a Dio, di far fare bella figura al Padre nostro che sta nei cieli? Questa sarebbe una Pasqua, questo sarebbe fare la Pasqua, questa è la Pasqua che vi augura di tutto cuore il Vescovo.
OM 36 Pasqua 1966