un incontro sul tema della preghiera
Continuiamo a parlare del tema della preghiera. Tocchiamo un punto che a me pare decisivo per intendere questa attività del nostro spirito, questo aspetto della vita cristiana.
Della preghiera, abbiamo imparato molte definizioni: elevazione della mente a Dio, domanda a Dio delle cose convenienti, …. La preghiera, come si definisce nelle espressioni che abbiamo ricordato, può essere la preghiera di chiunque crede nella divinità. C’é un aspetto che qualifica la preghiera cristiana. Dio, il Dio di nostro Signore Gesù Cristo, il Dio della nostra salvezza ha voluto stabilire con noi dei rapporti per cui tutte le cose vengono rovesciate,
Ricordate l’ammonimento del Signore: “Le mie vie non sono le vostre vie”! Allora qual é il senso di quella attività dello spirito che noi chiamiamo preghiera? Direi che, se facciamo caso alla storia della nostra salvezza, dovrebbe essere anche facile intendere come si qualifica la preghiera. Nella storia della salvezza non é l’uomo che va a Dio, ma é Dio che viene in cerca dell’uomo. Questo é il caposaldo, questa é la novità della religione cristiana.
Dio è in cerca dell’uomo nella creazione, non soltanto quando Adamo si nasconde. Sempre nel suo amore infinito, nella sua sapienza e nella sua potenza infinita é in cerca di una creatura che possa essere espressione della sua immagine, della sua somiglianza. Cerca un pensiero che lo esprima. Essendo stato il disegno della creazione rotto dal peccato, l’uomo si é allontanato da Dio, ha rifiutato Dio, si é ripiegato su se stesso e ha cercato nelle creature quello che pensava potesse soddisfare le sue esigenze.
Dio non si pente di aver creato l’uomo. Anche se ci sono momenti in cui la Sacra Scrittura ci presenta la drammaticità, la gravità della situazione dell’uomo dominato dalla iniquità, anche se in qualche pagina descrive il proposito di Dio di distruggere l’uomo, Dio non lo distrugge. Dio salva un “resto”, con questo “resto” ricostruisce l’umanità e fa il proposito, – notate Dio fa il proposito – di non distruggere più l’uomo. Non ci darà più il diluvio sulla terra, anzi si metterà in opera proprio per raccogliere i dispersi figli. Questa è proprio una lunga storia da Abramo fino ai nostri giorni.
Abramo non pensava a Dio. Non si sa neppure se era un uomo religioso. Abramo si sente chiamare da Dio. Dio gli rivolge un invito, gli fa una promessa variamente estesa, che si riassume nel costituirlo padre di una moltitudine di discendenti che si estenderanno su tutta la terra, nelle condizioni nelle quali tutto questo non poteva avvenire. Non fermiamoci ai particolari, ma a Dio che va alla ricerca di Abramo. E’ Dio che ha stabilito un rapporto con Abramo. E’ Dio che gli ha fatto una promessa e gli ha dato le prove di mantenerla.
Da Abramo nascerà il popolo di Israele. In quale situazione? In una situazione disperata, di perdizione,nello lo stato di schiavitù in Egitto. Chi si muove verso questo popolo oppresso? E’ Dio per mezzo di Mosè e di Aronne. E’ Dio che sottrae questo popolo oppresso dalla schiavitù, dalla prepotenza incalcolabile e insuperabile del faraone, e lo porta nel deserto. Nel deserto Dio si prende cura del suo popolo. Con il suo popolo stabilisce un patto. Quello che é più importante é che Dio ha stabilito un patto con il suo popolo.
Non é che il popolo di Israele, vedendo i prodigi che Dio aveva fatto ìper liberarlo dalla schiavitù, chiede qualcosa a Dio. Semmai mormora. La mormorazione é una cosa molto antica e legata intrinsecamente alla storia della salvezza. E’ Dio che pensa al suo popolo: popolo dalla dura cervice, popolo che dimentica, popolo ingrato, popolo disposto ad abbandonare il suo Dio e a farsi degli idoli. Ebbene, con questo suo popolo, Iddio, di sua iniziativa stabilisce un patto: “Io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo, in mezzo a tutti i popoli della terra”.
Questo fatto dell’alleanza ,nelle Storia Sacra viene ritratto con le tinte più umane, più commoventi che dimostrano la misericordia del cuore di Dio che a contatto della miseria del suo popolo, non lo respinge ma lo ricerca ancora più coraggiosamente. Il suo proposito é di non più abbandonarlo: “Anche se una madre, arrivasse al punto di dimenticare il proprio figliolo, io non ti dimenticherò mai” io ti porterò tra le braccia come un padre porta tra le braccia il suo bambino, io sarò tuo Sposo e tu sarai la mia sposa, io mi sono fidanzato con te nella fedeltà. Il Cantico dei Cantici é il poema dell’innamorato che va in cerca della sua sposa e quando la intravede, le dice i nomi più dolci.
Osea descrive il trattamento che Dio fa al suo popolo infedele con l’immagine della prostituta alla quale ricorda tutto quello che Egli aveva fatto dal momento che l’aveva raccolta appena nata, l’aveva tolta dai suoi idoli, aveva trasformato i suoi idoli in amarezza, e poi l’aveva condotta in un luogo solitario, aveva parlato al suo cuore, l’aveva convinta. E l’ha convertita.”Tu che non avevi più un nome sarai chiamata santa, ed io sarò il tuo Dio”.
Dio alla ricerca dell’uomo dimostra la pienezza del suo amore e della sua potenza, della sua misericordia e della sua pazienza quando manda nel mondo il suo Figlio, mentre noi eravamo ancora peccatori. Non c’é più nessuno che cerca Dio, perché compare sulla terra Dio che cerca l’uomo. E viene per le novantanove “pecorelle” che sono nell’ovile al chiuso, ma soprattutto per la centesima “pecorella” che é perduta. E viene per il figlio dabbene che sta in casa e compie tutti i suoi doveri, ma soprattutto per il figliolo che si é allontanato da casa, che ha dissipato tutte le sue sostanze. Soprattutto Dio arriva al punto di darci il suo Figlio per averci, per raggiungerci, per tenerci, per farci suoi, per ammetterci ed introdurci nella sua terra promessa.
Che cos’è la terra promessa? E’ la sua natura, é la sua stessa vita, é la comunione alla sua vita. Vedete come appare chiaro il movimento della salvezza, che non va assolutamente dall’uomo a Dio, ma da Dio viene all’uomo. Allora ogni attività della vita cristiana, in particolare la preghiera, che é l’anima della vita cristiana, deve andare nello stesso senso. Indubbiamente la preghiera deve essere un incontro con Dio, ma deve essere un momento in cui Dio si incontra con noi.
Direte:-la preghiera non è il un momento in cui noi ci incontriamo con Lui? Non é la stessa cosa. Il mio sforzo di incontrarmi con Dio é uno sforzo umano che non approda a nulla. Gesù dice con chiarezza: “Senza di me non potete far niente.” Agostino commenta: né tanto né poco, niente ha importanza. Ha importanza la realtà che sia Dio ad incontrarsi con noi. Quando, perciò, io decido di dedicarmi alla preghiera devo ‘fermarmi’, perché Dio possa stare con me.
Molte volte, nella preghiera noi stiamo con noi stessi. Certi esami di coscienza! Certe certe considerazioni sui propri difetti! Che cosa importa, se c’è nostro Signore Gesù Cristo che é morto in Croce per te, per fare di te una nuova creatura? Pensi forse di rinnovarti con le tue mani? Non combinerai che un pasticcio più grosso! Lasciarci trovare da Lui! Stare fermi! E’ vero che quando noi vogliamo pregare ci fermiamo? Forse sì e no. Sì fisicamente perché magari ci sediamo o ci mettiamo in ginocchio. Ma, ci fermiamo al punto che un Altro possa sedere accanto a noi e possa parlare al nostro cuore?
Abbiamo la convinzione che tutto quello che avviene durante questo tempo di preghiera, é grazia, cioè é cosa gratuita? Come insiste San Paolo per mettere in chiaro questo aspetto della salvezza! “Per grazia voi siete santi”. Non é per le vostre opere buone, neppure per l’opera buona della preghiera che voi vi salverete. Vi salverete attraverso la preghiera quando concepirete la preghiera come il momento in cui Dio, nel suo amore gratuito, si siede accanto a voi e può “fare” il progetto che Egli ha chiaro per ciascheduno.
Abbiamo letto, in uno dei tre salmi, questa mattina: “Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni parte della terra e vi condurrò sul vostro suolo, vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati. ” E noi?… Macerazioni, cilici, digiuni, cenere… Direte che sono cose che appartengono alla storia. Comunque, c’é sempre la tendenza di fare “da noi”, come se da noi dipendesse la salvezza. No. “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno Spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra, vi darò un cuore di carne, porrò il mio Spirito dentro di voi e vi darò la capacità di vivere secondo i miei precetti, vi metterò nella condizione di osservare le mie leggi, abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri e voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio.”
Permettiamo a Dio, accanto a noi, che possa dire al nostro intimo: “Io sono il tuo Dio, Io sono colui che ti ama, Io sono Colui che per te ha dato il suo Figlio unigenito, tu sei la mia amata, fammi stare con te, lasciami entrare ed io abiterò nel tuo cuore. Il tuo cuore sarà la mia tenda, il mio tabernacolo, il luogo del mio riposo, il luogo delle mie delizie.
Quante considerazioni si potrebbero fare con questa visione della preghiera in contrapposizione con certe forme di preghiera, con certe forme di narcisismo che sono degli atti di compiacimento. E poi si esce dalla preghiera rattristati, scoraggiati, perché non si é fatto posto a Dio: a quello che Egli é per noi, a quello che Egli vuole fare per noi. Ma allora la preghiera cristiana, come deve essere, principalmente? Deve essere lo sguardo rivolto al Dio della nostra salvezza, per considerare le meraviglie che Egli compie per noi.
Questa storia della salvezza é un ‘avvenimento che ci riguarda, nel quale siamo coinvolti oggi, compie oggi, ha compiuto in tutti i giorni della storia! E’ lo stesso Dio con la stessa potenza, con la stessa misericordia, con lo stesso amore! Perciò la preghiera cristiana deve essere prima di tutto una contemplazione dell’opera di Dio. La preghiera non è: fare noi, dire noi, ma guardare e guardare, fino al punto che ciò che guardiamo si imprime in noi,si riproduce in noi. Paolo dice: “Non sono più io che vivo, ma é Cristo che vive”
Allora il primo sentimento della preghiera deve essere lo stupore. Noi non ci meravigliamo più di niente. Dio ha creato il mondo? Dio ha creato l’uomo? Dio ha salvato l’uomo? Dio ha mandato il suo Figlio a morire in croce? Dio l’ha risuscitato per garantirci la certezza di una vita nuova? E’ pacifico… lo doveva fare…a me cosa importa? … E’ una condizione proprio brutta, meschina, povera, della vita religiosa, carica di conseguenze a volte anche disastrose! Come questa: se non me ne importa che Dio mi ami e mi ami in questo modo, io non sono amata.
E se io sono una creatura non amata infinitamente e di un amore gratuito e misericordioso, sentirò il bisogno di essere amata da qualche altro. Andrò a cercare i surrogati,le confessioni fervorose vicino a un prete che sta al di là di quelle assicelle. Cercherò la direzione spirituale prolungata per la soavità che nasce da certi colloqui e col senso della maternità spirituale per dare conforto e aiutare “questi”, che vivono nella solitudine e che non hanno nessuno che li comprende – specialmente il Vescovo non li capisce – con la grande illusione di sviluppare in sé un senso materno. Ma come vuoi essere madre se non sei sposa? Chi ti ha sposato é il tuo Dio, e la dote che ti ha portata é il suo amore infinito che si esprime nella morte in croce!
Stupore, , lode, gratitudine! Nei salmi sono espressi molti sentimenti, particolarmente quelli che ci fanno capire la grandezza di Dio. E’ Dio che sta al di sopra dei cieli, che é più grande di tutte le grandezze, più forte di tutte le potenze, più bello di tutte le bellezze, più amabile di qualsiasi amabilità. Allora noi troviamo la lode, la meraviglia, il ringraziamento, perché ha fatto tutte le meraviglie che compongono la storia della salvezza. Di questo devo essere grato.
Naturalmente a questo Dio così benevolo e riverso su di noi, possiamo anche chiedere, possiamo dire che abbiamo bisogno di tutto con la certezza che Egli va al di là di ogni nostro desiderio, di ogni nostra esigenza, per ricolmarci di tutti i tesori della sua sapienza e della sua bontà.
OM 530 Preghiera 77