Riprendo il mio discorso: il cristianesimo è una storia; i protagonisti di questa storia sono il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, uniti al punto da essere un Dio solo. Le Divine Persone nell’evento della Rivelazione sono tutte protese verso la persona umana. Questa si definisce proprio per il suo rapporto con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
Ma a me viene la tentazione di spingere oltre il discorso per vedere piú da vicino la persona umana. Nella Bibbia c’è una affermazione che pone problemi molto seri:« non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile » (Gen 2, 18). Sono due le affermazioni. La prima: non è bene che l’uomo sia solo; la seconda, assicura un aiuto che gli sia simile e cioè la donna.
Prima del compito della procreazione, che è proprio della coppia umana, esiste il fatto e il problema della solitudine che Dio risolve con la creazione distinta dell’uomo e della donna. La donna è creata per risolvere questo problema, non è bene che l’uomo sia solo. La solitudine è un vuoto contro natura, difatti la natura aborrisce il vuoto. Una certa spiritualità ha esaltato la solitudine: « oh beata solitudine, o sola beatitudine ». Non si capisce come questo possa rispondere al piano di Dio e al comandamento di Gesú di amarci come egli ci ha amato.
La donna, in seguito al peccato originale e alle situazioni storiche e sociali in cui è venuta a trovarsi, è stata vista piú come un pericolo che come l’aiuto costituito da Dio stesso per rimediare la solitudine. Oggi, finalmente, si fa strada la coscienza della pari dignità dell’uomo e della donna.
L’uomo e la donna non sono complementari ma reciproci: l’uomo ha bisogno della donna, la donna ha bisogno dell’uomo. Ma i problemi nascono quando si tratta di rapporti personali esistenziali. Come si fa ad affermare che un uomo può essere amico di una donna, e viceversa, senza suscitare reazioni a non finire?
Ritengo che una soluzione ci deve essere per rispondere al piano di Dio e realizzare il comandamento del Signore. Certamente Gesú quando ha detto: « in questo riconosceranno che siete miei discepoli se avrete amore vicendevole », non intendeva che gli uomini amassero gli uomini e le donne amassero le donne. Gli Atti degli Apostoli, nel descrivere la comunità di coloro che avevano ricevuto lo Spirito, e san Paolo nei saluti con i quali chiude le sue lettere, dimostrano il contrario.
Nel rapporto uomo – donna e nei rapporti vicendevoli, alla base sta l’amore. E’ un’affermazione da intendere bene. Non bisogna ridurre il comandamento del Signore al dovere di amare, ma intenderlo in tutta la sua completezza, la quale implica di essere delle persone amabili. Chi ha questa preoccupazione? Eppure, a ben pensarci, risponde a una chiara esigenza del Vangelo.
A questo proposito mi pare significativa l’esortazione di Pietro: « Dopo aver santificato le vostre anime con l’obbedienza alla verità, per amarvi sinceramente come fratelli, amatevi intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri, essendo stati rigenerati non da un seme corruttibile, ma immortale, cioè dalla parola di Dio viva ed eterna » (1 Pt 1, 22-23).
La mia soluzione è questa: vivere la vita nuova donata dal Padre, portata in sovrabbondanza dal Figlio, confermata dallo Spirito Santo. E’ assurdo pretendere una condotta conforme al piano di Dio e al nuovo comandamento, senza la grazia che sovrabbonda anche dove abbonda il peccato (cfr Rm 5, 20). In secondo luogo, è necessario liberarci da tutti i preconcetti e acquistare una visione serena, con l’occhio di Dio, dell’uomo e della donna: creature della sua potenza, della sua sapienza, del suo amore, della sua bellezza, che Egli ha posto al vertice del creato. Ma è anche necessario difendersi e liberarsi dalla visione che una certa civiltà pansessualistica, coi suoi strumenti della comunicazione sociale, impone in modo ossessivo. In conclusione, le norme ascetiche di una sana spiritualità sono sempre indispensabili.
Non posso passare sotto silenzio la dimensione sessuale della persona umana. E’ difficile definire la sessualità; tanto per intenderci, io la considero quell’impulso che coinvolge tutto l’essere umano dallo spirito, ai sensi, alla sensibilità, fino agli elementi somatici che sono ben distinti tra l’uomo e la donna.
Senza questa dimensione vengono a mancare tanto nell’uomo come nella donna lo slancio, lo stupore, la meraviglia, l’intimità dei sentimenti e una visione totale e completa della realtà.
Nella condizione attuale di peccato, quanto piú sono sviluppati gli elementi affettivi, tanto piú sono controllabili ed equilibrati gli elementi genetici. Bisogna tenere presente che la dimensione sessuale è legata allo sviluppo dell’età: il momento critico è la pubertà che ha bisogno di evolversi senza traumi, in un ambiente di serenità, di interessi che impegnano, e di molto amore.
Il momento piú esaltante è quello del fidanzamento, in cui deve fortemente prevalere l’aspetto della bellezza, dell’affettività, in modo da vivere da padroni le inclinazioni e gli impulsi strettamente somatici: tutto deve essere vissuto in un clima di presenza di Dio, di preghiera e di vita sacramentale e ascetica.
Il culmine della comunione tra l’uomo e la donna è quello sponsale. « Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne » (Gen 2, 24). L’aspetto estetico, quello economico e quello sociale sono i piú precari e caduchi: è un grave errore decidere un matrimonio in base a questi soli elementi. Poi, è da tenere presente che la vita coniugale, di per sé ordinata alla procreazione, svolge l’attività umana piú alta e degna del piú grande rispetto. Concepire e dare alla luce una vita umana è un capolavoro che ha come collaboratore soltanto il Dio della creazione.
A questo proposito faccio un rilievo e riporto una testimonianza destinata a far riflettere i coniugi: a parità di reddito, la famiglia con un solo figlio è una famiglia insoddisfatta e vive stentatamente; una famiglia con piú figli è felice e non manca di nulla. Io credo a una certa Provvidenza e alla promessa di Gesú di restituire il centuplo. In questa situazione si tratta di una donna e di un uomo che, ad ogni figlio, crescono nell’amore, si sentono ricolmi della gioia che da esso deriva. Sono delle persone umanamente e interiormente ricche. E’ impagabile constatare di volersi ogni giorno piú bene e di dare ai figli il dono di cui sentono il maggior bisogno, cioè l’amore. E’ triste e desolante, oltre che disumano, constatare che al posto di un figlio si compra la macchina nuova, si acquista il salotto piú moderno, addirittura si cambia il televisore.
Aggiungo un’altra affermazione: se nella storia la donna fosse stata considerata per quella che è, e avesse potuto realizzare se stessa, il mondo avrebbe un altro volto.
Continuo il discorso con un rilievo solitamente passato sotto silenzio. C’è una esperienza nella vita spirituale ed è questa: le persone che maturano nella coscienza di essere amate da Dio, maturano anche l’esigenza di amare e di sentirsi amate, rispondendo così al piano creativo di Dio che l’uomo non sia solo e alcomandamento del Signore di amarci come lui ci ha amato.
C’è una pagina della vita spirituale della chiesa che è di una eloquenza unica e sconvolgente: l’esperienza dei grandi mistici. Essi hanno la certezza di essere amati singolarmente da Dio, sono sicuri che la loro grandezza non consiste nei fenomeni straordinari che accompagnano la loro esistenza, e sono tutti d’accordo che ogni battezzato è chiamato alla intimità con Dio, ma quello che ci colpisce in questa loro esperienza sono i loro rapporti uomo-donna. Basta ricordare san Francesco e santa Chiara, san Benedetto e santa Scolastica, san Giovanni della Croce e santa Teresa, san Francesco di Sales e la Chantal. Il grado di intimità umana di queste persone, che si esprime nelle lettere di alcuni di loro, è nei termini della piú profonda affettuosità. E non c’è dubbio che la loro unione con Dio non fosse la piú intensa.
Meraviglia che questo aspetto della vita dei santi sia solitamente sottaciuto e non sia evidenziato il frutto piú bello della grazia della redenzione, che in certo qual senso, riporta la creatura umana allo stato di innocenza originale.