« Bisogna affacciarsi alla finestra»
Un cammino attraverso il confronto- dialogo-accoglimento dello spirito umano aperto allo Spirito di Cristo, conosciuto-creduto nella rivelazione del Padre
A fine luglio l’Osservatore Romano dedicava un’intera pagina alla figura di Mons.Carlo ferrari. Tra l’altro pubblicava parte della “postfazione che il vescovo emerito di Pavia, mons. Giovanni Volta, aveva stilato per il volume curato da Stefano Siliberti: “Mons. C. Ferrari, padre del Concilio”. Significativo il titolo: “Bisogna affacciarsi alla finestra”.
Tornava alla memoria una foto – poco nota a dire il vero – nella quale il vescovo Carlo appare affacciato alla finestra dell’episcopio di Monopoli. Intonato al sorriso, il suo volto rivela la compiacenza con la quale osserva la ‘sua’ gente vagante nella piazza del mercato.
Ma molto più amabilmente egli si affacciava a scrutare il cuore di quella gente, che gradualmente si trasforma in ‘popolo’ da amare e servire.
Grazie al titolo dell’Osservatore, abbiamo raccolto con animo grato gli spunti di riflessione che mons. Giovanni Volta ha suggerito.
Vorremmo però puntare la nostra attenzione sui titoletti redazionali, coi quali è scandito l’articolo:
“compito primario di un vescovo è annunciare il vangelo il Concilio sottolinea questo ruolo contro la tendenza a frammentarlo in mille occupazioni diverse”;
non le pratiche di pietà o i discorsi degli uomini sono il costante riferimento del Pastore ma il rapporto con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo” ..
Titoletti desunti peraltro da affermazioni proposte dal Vescovo Carlo ai Vescovi lombardi. Non è da ritenere secondaria tale. scelta dell’Osservatore, nel corroborare il testo di mons. Volta.
Sostiamo anzitutto sul secondo aspetto: quello della ‘contemplazione del Mistero trinitario’ per fondare il sacramento dell’episcopato. Tema che mons. Ferrari dichiara apertamente di aver maturato, quasi in spirito di conversione, proprio negli anni del Concilio.
Distinguiamo due elementari tipi di atteggiamento contemplativo: – in primo luogo quello dello spirito umano: un andare al di là del visibile alla ricerca dell’invisibile. – In secondo luogo quello dello spirito umano cristiano: un andare a Cristo incarnato- morto per contemplarlo Risorto nell’amore del Padre.
In che modo lo spirito può realizzare questa sua esigenza di elevazione? Attraverso l’intelligenza, come capacità-energia impegnata nello sforzo di cogliere ciò che è dentro le cose apparenti: il loro senso più profondo, più vero ed unificante. Una grandiosa attività illuminatrice, tesa ad offrire materiale utile alla ragione: sarà suo compito riportare il tutto alla causa ultima, ordinatrice e fondante; – attraverso il confronto-dialogo – accettazione dello spirito umano aperto allo spirito di Cristo conosciuto – ascoltato creduto nella rivelazione dello Spirito del Padre.
L’ESPERIENZA DEL CONCILIO
Monsignor Ferrari accetta di aprire il suo spirito personale a quello di Cristo. L’esperienza quasi ‘unica’ gli viene offerta dal Concilio, che egli vive come incontro fraterno con tanti vescovi: tutti diversi nella loro personalità e nella loro funzione ministeriale all’interno della Chiesa; ma … tutti protesi alla comprensione della Buona Novella cioè: un ritrovarsi per rivivere insieme l’esperienza del Cristo Risorto, personalizzarlo nella riscoperta dello Spirito santo, per renderla Comunione in virtù del mandaio”: andate,… annunziate, … battezzate,…nel nome …
Il tutto nella gioia di una grande fede nell’essere con Cristo, Figlio di Dio Padre, partecipi della vita divina. Esperienza personale, ma nello stesso tempo comunitaria e rivelativa del mondo divino. In Cristo viene rivelato il Padre di tutti. Non più ragione astratta della ricerca intellettiva, ma ragione illuminata e illuminante nel dono di Dio. Quindi creazione di spirito nuovo per ogni persona protesa nello sforzo di ascendere dalla vita terrena alla vita dell’aldilà divino.
Monsignor Ferrari ‘si converte ‘ e dà un senso spirituale alla sua conversione: accogliere Cristo, credere nel suo spirito di Figlio per vivere nello Spirito santo l’amore del Padre rivelato nella risurrezione.
LA SCOMMESSA SULLA FIDUCIA
In questa ottica, la ragione accetta la funzione di “Ancilla fidei ‘;offre il suo utile servizio per illuminare intellettivamente il mistero della Trinità.
Una sottile ironia animava a volte lo spirito critico di coloro che non riuscivano a comprendere l’indirizzo trinitario di tanti discorsi di monsignor Carlo. Oggi, alla luce di quella sua fede essenziale, si coglie in modo pieno il senso delle sue affermazioni.
Inoltre, viene colto e illuminato l’altro aspetto non compreso del vescovo: la sua sensibilità spiccata per il Mistero e la libertà che volentieri consegnava a chi intelligentemente poteva e doveva dedicarsi all’aspetto organizzativo pratico.
Primato del Mistero: Cristo risorto rivela l’amore del Padre per il Figlio suo, Uomo-Dio. Quindi in Cristo, il Padre riapre il dialogo con l’uomo, manifesta fiducia e stabilisce la nuova alleanza. La storia della salvezza è opera di Dio, Padre, Figlio, Spirito Santo.
Monsignor Carlo si converte – dicevamo – a Cristo e con lui rivela e vive la fede nella Trinità. La chiamata da parte di Dio viene vissuta come fiducia incommensurabile e quindi come attesa di una risposta adeguata. In tale prospettiva possiamo cogliere l’atteggiamento di fiducia che monsignor Carlo aveva verso ogni persona, in particolare verso i suoi confratelli sacerdoti.
Godendo la fiducia di Dio, allargava il suo animo alla fiducia piena verso tutti, per servire Cristo in ogni persona, specie nei sacerdoti.
In che modo? Non organizzando appariscenti apparati umani, ma, come Cristo buon pastore, facendo sentire la propria voce per formare, educare, sviluppare la vita interiore, in attesa di riconoscersi nella comunione della eucaristia. Come Cristo nel cenacolo, monsignor Carlo amava ritrovare i suoi per dire: “non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quel che fa il suo padrone, vi chiamo amici perché quel che il Padre ha detto a me, io lo dico a voi … “.
L’azione educativa di Cristo resa presente nel ministero di monsignor Carlo permette di raggiungere un livello elevatissimo di spiritualità e quindi di vivere “in Comunione”: rigenerati in Cristo si diventa nuove creature, veri figli di Dio.
L’UMANO, TROPPO UMANO DELLE PROGRAMMAZIONI
Forse ci siamo adeguati troppo allo spirito programmatico delle attività umane. Fissare un programma ed impegnarsi ad essere fedeli nel realizzarlo,corrisponde al criterio del potere umano. Tante volte assistiamo impotenti al variare dei programmi politici,economici,culturali o alla mancata realizzazione degli stessi. Le giustificazioni adottate sono molteplici. Nel mondo dello spirito,al contrario, è riconosciuto già in partenza il limite profondo dell’uomo in relazione al perfetto; nella religione cristiana è evidente il limite dello spirito umano in relazione allo Spirito umanodivino di Cristo.
Pertanto, prima di ogni azione è fondamentale per il credente prendere coscienza del proprio “status” spirituale-creativo, cercare forma e contenuto adeguato attraverso un dialogo diretto con Cristo, mettersi in comunicazione-comunione con l’altro per realizzare in sintonia spirituale attività concrete di vita.
Come si vede, diventa essenziale stabilire relazioni sul riconoscimento di reciproca stima e di comune intesa spirituale prima di procedere alla esecuzione di qualsiasi attività. Nello svolgimento concreto giornaliero, ognuno agirà secondo la propria personalità, ma sempre nell’impegno di rafforzare ancora di più quella fiducia sviluppata nella comunione creata inizialmente. Questo, per essere coerenti con il principio “agere sequitur esse”: un soggetto agisce in virtù del suo essere.
IL VESCOVO, LO SPIRITO, LA PAROLA
Concludendo, possiamo affermare che monsignor Carlo intendeva svolgere il suo mandato esclusivamente come azione formativa, non organizzativa – manageriale. Quindi si preoccupava di preparare adeguatamente operai “della vigna”, i suoi sacerdoti. A questi affidava gli impegni di apostolato con un lieve sorriso di fiducia ed un saluto fraterno. Non imponeva il suo programma o la sua presenza fisica di controllo, ma la sua leale fiducia e corresponsabilità al mandato di Cristo.
Alla luce di quanto esposto possiamo comprendere la definizione di vescovo che lo stesso monsignor Carlo aveva formulato. Una tradizione che si perde nel tempo definisce il vescovo come «il perfezionatore» della vita cristiana e di quella religiosa». Il vescovo, lo Spirito, la Parola sono una trilogia inscindibile.
Presunzione? Assolutamente no. Chiamato a vivere la comunione con lo Spirito del Cristo risorto, il vescovo si presenta ancora una volta come testimone vivente dell’amore di Dio, in quanto annuncia la Parola, la dispiega, la testimonia grazie al saper stare dinanzi al Mistero.
Nicola Siliberti, da Monopoli
Stampa sul settimanale dei cattolici mantovani “La Cittadella” il 22 ottobre 2010