Con le considerazioni che faremo, uscirà la risposta agli interrogativi di ieri sera. Dopo la preghiera nel cosmo, nell’universo, nella storia, parliamo della preghiera nell’esistenza quotidiana. Poiché si tratta di preghiera cristiana dobbiamo sempre rifarci a Gesù Cristo, nostra preghiera, in particolare al suo comportamento. Sta di fatto che Gesù, pur godendo di una unione con il Padre nascosta nel mistero di cui sappiamo ben poco, si comporta come vero uomo ed ha un comportamento da vero uomo anche nei riguardi della preghiera.
Sappiamo, dalle poche registrazioni degli evangelisti, dai fatti che riguardano la vita di Gesù, che Gesù ha avuto dei tempi particolari dedicati totalmente alla preghiera. Sappiamo che pregava con i suoi discepoli, che insegnava a pregare ai suoi discepoli, che ha insegnato la necessità e la importanza della preghiera ai suoi discepoli, ma lui stesso si riservava dei momenti in cui non faceva altro che pregare, che stare con il Padre.
Abbiamo già detto che Gesù stava con il Padre a pregare in ordine alla sua missione, ma dobbiamo dire qualche cosa di più. Gesù stava con il Padre per stare con il Padre. Gesù reputava importante stare con il Padre come figlio, indipendentemente da tutto. Possiamo dire anche: indipendentemente della sua missione. Prima della sua missione di salvatore del mondo c’é il suo rapporto di figlio vero anche in quanto uomo. Quindi prega per pregare.
Quella di Gesù é anche una preghiera “separata”. Per dirlo in un modo più forte: che non tiene conto del resto ma solo di Dio, che é più importante, che é al di sopra, che é prima di tutto ciò che esiste e di tutto ciò che può preoccupare. Gesù tiene conto del Padre prima della preoccupazione del Padre che é la salvezza del mondo. Questo é importante per capire il valore della preghiera: dei momenti di preghiera. Questi momenti, nella vita terrena di Gesù, ci sono stati: si allontana dalle folle, si ritira in luoghi separati e sta, da solo con il Padre.
Poi c’é una preghiera che é ordinata alla sua missione, alle sue responsabilità. Prega nelle situazioni caratteristiche della sua azione apostolica. Si ritira per quaranta giorni prima di iniziare la sua missione apostolica; prega per scegliere gli apostoli; prega prima di chiedere il loro impegno in ordine all’apostolato; prega per Pietro; prega per il successo della missione degli apostoli. Prega quando la gente ha fame e moltiplica i pani; prega prima della risurrezione di Lazzaro. Sono le preghiere che riguardano i bisogni quotidiani della vita terrena.
Evidentemente il comportamento del cristiano non deve essere diverso da quello di nostro Signore Gesù Cristo.
“Non possiamo esprimere Dio, possiamo soltanto parlare di lui o verso di lui. Non possiamo comprendere Dio, possiamo soltanto cercarlo” (concilium n 9 pag 61 Fons D’Hoogh: pregare in un mondo secolarizzato)
Possiamo pensare a Dio, non pensare Dio, perché andrebbe essere Dio come lui.
“Siamo convinti che termini come “persona”, “tu”, “amore” restino i meno inadatti, perché esprimono l’esperienza umana più intensa e più profonda. Ammoniti dall’esempio di Gesù ed ammaestrati dalla sua predicazione, osiamo continuare a parlare di ed a Dio come Padre, come “tu”. ( id)
Con ciò non vogliamo dare una definizione della preghiera, però al posto centrale si trova l’attenzione esplicitamente diretta verso Dio, come attività umana a parte – a se stante- che ha una ragione di essere di per sé. Qui tocchiamo un punto particolarmente sensibile del cristiano secolarizzato del cristiano di oggi. Della preghiera e della liturgia come attività ‘separate’ egli diffida per il suo desiderio di fedeltà all’esistenza sollecita quotidiana.
Il pregare -con- le- mani é spesso considerato l’unica forma giustificata di preghiera, e il culto della carità verso il prossimo come l’unico culto giustificato. Non possiamo essere d’accodo con ciò, e non solo perché questo modo di pensare é troppo spesso una razionalizzazione della incapacità di pregare o della mancanza di preghiera.Con troppo disinvoltura si suppone che tutta la vita sia una preghiera.
Siamo convinti che tutta la vita umana possiede anche un valore e un significato religioso proprio come collaborazione con il creatore sempre operante e con il Primogenito sempre rinnovatore di tutta la creazione. In questa collaborazione con Dio e con cristo glorificato assunto presso il Padre, e quindi nel cuore di tutta la realtà, avviene realmente l’incontro con Dio. Quando c’é la fede, naturalmente! Tale collaborazione e incontro vissuti nella fede giustamente sono considerati come preghiera: come culto di Dio.
Tuttavia sarebbe un linguaggio inappropriato, atto solo a confondere le idee, se si volesse chiamare preghiera tale religiosità generica e implicita. La preghiera come attività separata non deve necessariamente degenerare in evasione dalla vita reale verso una divinità lontana ed aliena dagli interessi del mondo. E può capitare anche questo: che qualcuno si libera dai propri impegni e dalle proprie responsabilità con la preghiera perché la preghiera é più importante e gli altri si arrangino! Come quello che vede il povero e dice ….
Il rivolgersi esplicitamente a Dio come al “tu” sempre presente e distinto da ogni alta realtà non é necessariamente una evasione. Abbiamo visto invece quanto sia difficoltoso. Conosciamo infatti altre attività umane separate ma che pure noi ammettiamo, che non entrano nell’impegno sociale o culturale o di lavoro, eppure le accettiamo pacificamente. L’unica vita umana é una corrente continua di attività separate, distinte tra di loro. ( )
Dice: tempus dormiendi, tempus vigilandi, tempus ambulandi eccetera. Siamo nel tempo perciò le nostre attività possono essere separate le une dalle altre. Non che queste, non siano comunicanti tra di loro. Tutta la vita umana é permeata dall’alternarsi ritmico di ciò che si fa spontaneamente e di ciò che si fa perché si deve fare. Questi due momenti sono dialetticamente necessari per una vita a livello umano: lo spontaneo e il diverso. Posso essere costantemente circondato da colori e suoni eppure intraprendere molto ragionevolmente un’attività distinta e separata: di guardare i colori, di ascoltare una melodia senza che ciò comporti una evasione dalla vita.
Come assistente sociale o come sacerdote posso dedicare la mia attenzione separatamente a questo uomo particolare senza che per questo debba pensare o rimproverarmi di non pensare o di abbandonare, o di sfuggire l’incontro con gli altri uomini di cui sono parimenti responsabile
Durante un normale lavoro domestico una madre può essere contemporaneamente impegnata nella conversazione con i figli e attendere alle faccende domestiche, ma quando scrive una lettera o un articolo per una rivista probabilmente “manderà a spasso” i figli per concentrarsi, separatamente, su quell’unica attività principale. Strettamente parlando questi paragoni non provano niente. Hanno un significato soltanto per coloro che possono credere che Dio esiste, d esiste in quanto lui si definisce ” io sono colui che é presente”.
L’uomo che prega sarà spesso tentato dalla impressione di trovarsi davanti al vuoto. La preghiera rimane una realtà di fede, continuamente minacciata dall’impossibilità di vedere il nostro Dio. La preghiera, allora, diventa: aspettare Dio, sperare nella sua venuta, perseverare nel dirigersi verso di lui. Quindi la preghiera -come abbiamo già detto per nostro Signore Gesù Cristo- é certamente più che uno strumento per fecondare cristianamente il nostro impegno nel mondo;
Indubbiamente ha anche questa funzione:
io voglio che il mio lavoro, il mio impegno di migliorare la vita degli altri
abbia un senso cristiano e un valore cristiano,
devo attingere alle sorgenti della fede
perché tutta la mia attività si svolga nella luce della fede
La preghiera ha anche un senso “in sé” quale attenzione esplicita per Dio che in base al nostro impegno e in base all’esperienza – sondaggio- di Israele e di Gesù abbiamo conosciuto come Padre.
Ricordate la meditazione sulla preghiera e il Padre.
Una vera preghiera avrà bensì un effetto fertilizzante- fecondante- per il nostro impegno sincero ed esperto, ma rimarrà sempre qualche cosa di più di una riflessione su tale impegno o un momento di pianificazione del nostro impegno. Possiamo strumentalizzare la preghiera facendone un mezzo pratico -etico per stimolare il nostro impegno per il prossimo e per rendere abitabile questa terra. “Una simile strumentalizzazione e moralizzazione della fede toglie al culto, il senso della gioia, e – in senso inverso – alla fede stessa la forza ispiratrice
che non può essere altro che Dio e non l’impegno verso le creature perché tutto ci viene da Dio, perché siamo creature di Dio, perché il mondo migliora solo per la redenzione operata dal Figlio di Dio. Credere che il mondo possa essere migliorato dal progresso in qualsiasi settore, a qualsiasi livello, senza che l’uomo sia redento, cioè liberato dall’egoismo, dal peccato , é una illusione.
La fede in Dio e in colui che egli ha mandato ha il proprio valore e significato in se stessa, quale spazio interiore nel quale Dio vuole essere il nostro Dio e la nostra salvezza e nel quale noi, con tutto il bene e con tutto il male, possiamo considerarci il suo popolo.
In questo significato fondamentale la fede é professata e vissuta in prima istanza nella liturgia e nella preghiera. L’esperienza insegna che la fede, in questo senso fondamentale, viene vuotata della sua forza se mobilitata unilateralmente a favore di una moralizzazione qualsiasi come se fosse soltanto un mezzo per realizzare una società migliore.
L’affermazione che la fede in Dio e quindi anche la sua espressione nella preghiera, ha senso in sé, é essenzialmente collegata con il riconoscimento di Dio come persona trascendente, con l’affermazione di Dio come “non identico” con la profondità del nostro impegno terreno.
La fede, la preghiera, però, ci scoprono che il più impegnato a salvare gli uomini nel mondo e a dare loro la possibilità per salvarsi in questo mondo, é soltanto Dio che é il creatore e il Padre di tutti. Ma, per essere veramente religiosi bisogna trascendere bisogna arrivare a Dio come Dio. E’ duro. E’ difficile. Dobbiamo stare attenti: quanto più ci lasciamo prendere la mano e della preghiera ne facciamo uno strumento per diventare migliori, per creare migliori condizioni di vita per i nostri fratelli, tanto più c’é il pericolo che ci stacchiamo dalla sorgente e rimaniamo aridi,impotenti, impoveriti.
Ripeto ancora, per togliere una certa impressione: Dio é Padre. Dio ci ama al punto di dare il suo Figlio. Dio non é indifferente al mondo, alla povertà, alla ignoranza ,alla malattia e lo ha manifestato nostro Signore Gesù Cristo nella sua esistenza terrena. Però rimane Dio. E noi dobbiamo stare attenti perché anche per un motivo che stimiamo etico, morale, persino religioso, possiamo allontanarci da lui e dimenticare “Chi Egli é”.
Faccio un esempio che mi pare pertinente.
Se due coniugi si liberano per il dialogo e per l’intimità coniugale soltanto per poter compiere in seguito il loro dovere familiare e professionale con maggiore tranquillità, essi svuotano il senso intrinseco della loro unione amorosa”. Mi pare che non sia necessario aggiungere altro. La preghiera resta, in virtù della sua interiorità più centrale, una attenzione rivolta al Dio vivente, intrinsecamente piena di senso.
Questo non nega che non ci sia una preghiera nella vita, per la vita, per le necessità della vita.
Gesù, abbiamo visto, ha pregato per il pane, per la malattia, per le sofferenze, per la vita, per la risurrezione di Lazzaro.
Ogni cristiano medio sa in teoria che non ha da andare in chiesa per incontrare Dio. Quando Robinson sottolinea tanto fortemente che Dio si trova “insieme a”,dentro e sotto ogni realtà quotidiana “egli esprime con ciò la sua preoccupazione per la continuità tra l’incontro con Dio nella vita ordinaria e l’incontro con Dio nei momenti della preghiera specifica.
Egli ha la preoccupazione di definire la preghiera in termini di “penetrazione attraverso il mondo per arrivare a Dio più che in termini di ritiro dal mondo per incontrare Dio”.( Robinson “Dio non é così” Vallecchi Firenze) La preoccupazione é giusta. Dio al quale ci rivolgiamo espressamente nella preghiera come attività umana separata deve essere lo stesso che incontriamo e serviamo continuamente, sebbene non esplicitamente nelle molteplici nostre attività socio culturali.
Le preoccupazioni e gioie quotidiane che esprimiamo all’indirizzo di Dio: – ringraziandolo, lamentandoci, chiedendo, confessando possono giustamente chiamarsi preghiera nella misura in cui ci disponiamo a prendere sul serio la nostra vita quotidiana. Una vera, sincera dedizione al nostro compito, la prontezza a perdonare, l’umiltà di ricominciare, la creatività e la sensibilità atte a notare e ad affrontare nuove difficoltà, la sollecitudine di creare uno spazio ed un’avvenire degni di essere vissuti per il maggior numero possibile di uomini sono allo stesso tempo manifestazione e garanzia di un autentico indirizzo verso Dio
che si ripercuoterà a sua volta proprio nella preghiera esplicita. Un uomo veramente impegnato in tutti i settori della sua esistenza é l’uomo più disposto a pregare.
Abbiamo già detto che é difficile pregare perché non siamo disposti a fare la volontà di Dio. Uno che fa già la volontà di Dio perché compie con impegno tutti i suoi doveri é preparato alla preghiera.
Una preghiera autentica e verace arriva in ritardo se si vuole iniziare soltanto dal momento in cui si comincia a pregare. Ci deve essere tutta l’altra preparazione, perché la preghiera presuppone anche un certo numero di accordi con se stessi quindi di un certo ritmo, di spazi, di allenamento, di perseveranza.
Non si sottolinea troppo unilateralmente la spontaneità e la creatività?
C’é ancora uno sforzo per acquistare un rinnovata cultura – nel senso di coltivare- la preghiera?
In base alla nostra esperienza con seminaristi, confratelli e una piccola comunità eterogenea in una casa di ritiro ci siamo nuovamente convinti, dopo un periodo di spontaneità quasi totale, del valore positivo di un ritmo di preghiera flessibile, ma tuttavia regolare, in cui non si conta soltanto sulla capacità personale di ciascuno.
Quando insieme ci mettiamo a pregare non c’é bisogno di essere originali o sensazionali; possiamo affidarci alle espressioni di fede e quindi di preghiera tradizionale alle espressioni di preghiera degli altri fino a farci trascinare dalla loro preghiera.
Abbiamo anche sperimentato che alla preghiera personale e comune giovano nuove traduzioni dei salmi, libri di poesia e di canti immessi in uno schema fondamentale flessibile. Abbiamo riscoperto l’importanza di un luogo separato per la preghiera, prevalentemente riservato alla preghiera comune, anche se tale luogo occasionalmente può essere utilizzato per attività, e si prega insieme anche in sale di soggiorno.
Questa esperienza personale non ha evidentemente valore coercitivo, non vuole imporsi a nessuno Vogliamo soltanto sottolineare la necessità di continuare a coltivare la preghiera e di non abbandonarsi all’amorfo di una spontaneità esagerata. Troppe volte questa finisce, dopo poco tempo, con il tralasciare ogni tentativo di preghiera.
OM 336 Montecastello 70