E’ Lui che assume noi e la nostra preghiera
Ieri abbiamo capito, ma lo capiremo sempre meglio se ci dedicheremo alla preghiera secondo le esigenze della nostra fede:
–quale posto tiene nella vita cristiana la preghiera
–quale é la natura della preghiera
–Dio che ci viene incontro e ci apre il suo cuore perché noi entriamo nel suo cuore di Padre.
–In tutto il nostro essere, in tutta la nostra esistenza, noi siamo il frutto dell’amore infinito e fecondo di Dio.
–Dio é Padre,
–Dio é il Padre di nostro Signore Gesù Cristo,
–Dio é nostro Padre.
L’atto più grande -per esprimerci come a noi è possibile- che compie Dio è quello della generazione eterna del Verbo, è quello della creazione di tutto ciò che esiste, ed è quello più meraviglioso con cui ricrea, in modo più bello, più alto, più pieno, più partecipe di se stesso tutto ciò che esiste a cominciare dall’uomo.
L’uomo è nel cuore di Dio al primo posto, è suo figlio. Questo fatto, che è il fatto di tutta la esistenza di Dio, è quello che gli dà la soddisfazione che accompagna ogni azione compiuta, e che gli dà gioia: la gioia di avere un Figlio che è l’immagine della sua sostanza e lo splendore della sua gloria, la gioia di avere dei figli a lode della sua gloria. Non entriamo -per questa mattina- a precisare il termine “gloria”. Anche questo cambierebbe certi modi di pensare che sono in noi, che non sono conformi all’ordine delle cose.
Abbiamo detto che la nostra preghiera deve avere il frutto particolare della gioia. Ma qual’è la nostra preghiera?
Il Figlio Gesù Cristo é la nostra preghiera.
Un fatto nuovo, inaudito, sconvolgente: nel creato é presente corporalmente il Figlio di Dio ” in lui si trova presente tutta la pienezza della divinità” (Col 2,9), il quale opera per ricreare in modo più meraviglioso, tutto. Il Figlio viene dal Padre “exivit a Patre et venit in mundum”, discende nel mondo alla ricerca di chi era perduto per condurlo, insieme a sé, al Padre, nella potenza dello Spirito Santo.
Ieri abbiamo visto che il Padre è il primo principio da cui deriva tutto. Con Gesù Cristo noi siamo in grado di ritornare al Padre, fine e termine di tutto ciò che esiste: “Padre, quelli che mi hai dato, voglio che siano anch’essi con me dove sono io perché contemplino la mia gloria che mi hai dato; perché mi hai amato prima della costituzione del mondo”(Gv 17,24).
Ecco che cosa si propone Gesù, anzi, ciò che vuole il Padre dal Figlio suo fatto uomo. Per questo noi coglieremo sovente sulle labbra di Gesù che egli è venuto a compiere l’opera del Padre e fare la volontà del Padre.
Unica è l’opera di Dio. Essa ha origine dal Padre, è operata dal Figlio, è portata a compimento dallo Spirito Santo, e ritorna al Padre
La corrente più continua, il filone più intimo del movimento discendente e ascendente di Gesù, Figlio di Dio fatto uomo, che viene dal Padre nel mondo per ricondurre gli uomini e il mondo al Padre, si identifica con la sua preghiera. Quanto più intensamente è unito al Padre, tanto più intensamente è unito a tutto il creato e in particolare agli uomini.
Al suo ritorno nel seno del Padre, Gesù è “fissato”, è “costituito” preghiera vivente: “Semper vivens ad interpellandum pro nobis” (Eb 7,25). Questo è avvenuto durante la vita terrena di nostro Signor Gesù Cristo, questo è vero ed attuale in cielo dove Gesù siede alla destra del Padre, questo continua ad essere vero, qui, sulla terra, nei luoghi, nei segni della sua presenza nel mondo.
Esiste la preghiera di Gesù nel mondo. Nel mondo c’è il Figlio di Dio corporalmente, nel mondo c’è la preghiera di Gesù Cristo, Figlio di Dio. Queste sono le due certezze che dobbiamo tenere presenti. Nel piano, secondo il quale Dio compie la nostra salvezza, tutto e tutti siamo ricapitolati in Cristo. I testi della Scrittura dicono: ” tutto e tutti”, non soltanto gli uomini ma tutto il creato (Ef l, 9)
Gesù Cristo -nel piano di Dio- è
” il primogenito di tutte la creature”(Col l, 15) ed è
” il primogenito in mezzo alla moltitudine dei fratelli”(Rm 3,26);
” è nostro capo”(Ef 4,15)”
” capo del suo corpo che è la chiesa (cf.vol, 1,13.Ef.1,22-23);
” egli è la vite e noi siamo i tralci (Gv 1,1-8).
Perciò noi, rispetto a Gesù, secondo la volontà del Padre, siamo semplicemente uniti in un modo spirituale, simbolico, figurato, morale e di solidarietà che proviene dall’avere la stessa natura, ma siamo inseriti, siamo innestati, siamo incorporati in un modo vitale e organico, ciascuno al suo posto, in tutto l’essere, in tutta la vita, in tutta l’attività di Cristo, perché c’é un flusso di vita tra il Capo e le membra, perché c’é un flusso di linfa tra la Vite che é Cristo e i tralci che siamo noi. Viviamo di lui e operiamo in lui e per mezzo suo: “come il corpo pur essendo uno ha molte membra e tutte le membra pur essendo molte sono un corpo solo, così anche di Cristo” (Cor 12,12) E’ chiaro che le molte membra di questo corpo unite tra di loro e unite al capo, siamo noi.
In particolare siamo uniti alla preghiera di Cristo. Dobbiamo fare una affermazione che deve stare ben chiara dinanzi al nostro spirito. Nel mondo non é possibile un’altra preghiera se non la preghiera di Cristo perché non c’é altra via al di fuori di lui per arrivare al Padre. Dice Gesù: ” io sono la via, la verità, la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo mio” (Gv 14,6); non esiste altro intermediario tra noi e il Padre: “Egli é il mediatore della nuova alleanza” (Eb 9,15). Tutti gli uomini incorporati nel Cristo e noi siamo figli di Dio in quanto incorporati a Cristo, e noi partecipiamo alla comunione di vita con Dio in quanto siamo incorporati a Cristo possiamo pregare soltanto nella sua preghiera.
La chiesa lo ha sempre sentito, lo ha sempre espresso. La sua preghiera liturgica é rivolta al Padre: ” per Dominum nostrum Jesum Crhistum”. Lo evidenzia bene la più grande preghiera – la preghiera eucaristica- che termina così: ” con Cristo, per Cristo e in Cristo a te Dio Padre onnipotente nella unità dello Spirito Santo ogni onore e gloria”. La preghiera cristiana é a livello di salvezza, non é preghiera di ordine naturale, come siamo soliti esprimerci. E’ una preghiera che appartiene all’ordine soprannaturale: della paternità di Dio, dell’incarnazione, della grazia. Per questo non può essere, se non una preghiera Cristocentrica.
La preghiera del Signore é latente nel cuore degli uomini. Gesù sta alla porta, bussa, chiama, chiama per nome, chiama coi nomi più dolci. Se uno lo lascia entrare egli entra e si ferma con lui. Così é la preghiera. La preghiera di Cristo diventa un evento esistenziale in ciascuno di noi, diventa la nostra preghiera, quando si attua nell’accoglimento libero, nella sintonia cosciente del nostro cuore.
Un altro rilievo. Non é la nostra preghiera che si aggiunge a quella di Cristo, é la sua preghiera che si attualizza nella nostra: é Lui che assume noi e la nostra preghiera. Non siamo noi che preghiamo in Cristo, é Cristo che prega in noi. Quello che dice san Paolo in modo generale: ” vivo io ma non io, vive in me Cristo”, é vero per tutto, ma é vero in particolare nella preghiera.
Come é la preghiera di Gesù.
La preghiera di Gesù aderisce perfettamente al piano del Padre; la preghiera di Gesù é fatta nel senso della sua missione, attraverso la quale porta ad esecuzione il piano del Padre. Perciò Gesù chiede che il Padre sia glorificato non in un modo qualsiasi, ma nella perfezione dell’amore dei suoi figli, nell’amore dei figli tra di loro perché il mondo creda. Gesù chiede che gli uomini siano salvi perché diventino lode della gloria della grazia di Dio, cioè risposta all’amore paterno di Dio.
La preghiera di Gesù ha un anelito missionario.
Come potremmo dire secondo il linguaggio corrente dei nostri ambienti, Gesù é preoccupato della salvezza di tutti e questo lo esprime nella sua preghiera.
La preghiera di Gesù ha una dimensione escatologica: quella di portare tutti alla salvezza finale. Cercate di cogliere questi aspetti nella preghiera di Gesù riportata da Giovanni: 17, 18-24. “come tu hai mandato me nel mondo” – notate il movimento discendente- ” anch’io ho mandato loro nel mondo” – noi diventiamo partecipi della missione di Gesù
e per loro io consacro me stesso perché siano anch’essi consacrati nella verità.
non per questi soltanto io prego, ma prego anche per quelli che crederanno in me grazie alla loro parola perché tutti siano una cosa sola, come tu sei in me, o Padre, ed io in te affinché anche loro siano una sola cosa in noi affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu mi desti, io l’ ho data a loro, affinché siano una sola cosa, come noi siamo una cosa sola.
Si direbbe che Gesù stesso si trova nella impossibilità di esprimere tutto ciò che sa, tutto ciò che vede, tutto ciò che ha preparato per noi.
Allora dice al Padre; Tu in me. Io in te. Essi in noi. E poi riprende: affinché siano perfetti nell’unità, e il mondo conosca che tu mi hai mandato, e li hai amati, come hai amato me”.
Il Padre ci ama dello stesso amore con cui ama il Figlio: siamo sulla linea della generazione eterna del Verbo e, come il Verbo, come il Figlio, é il frutto della fecondità del suo amore infinito, così é di noi. Padre, quelli che tu mi hai dato, io voglio che dove sono io, ci siano con me anche loro, affinché vedano la gloria mia, quella che tu mi hai dato,perché tu mi hai amato prima ancora della creazione del mondo”. – E’ anche un pensiero che esprime san Paolo. Perciò la nostra preghiera deve consistere principalmente in due fatti: entrare nel movimento della preghiera di Gesù, entrare nelle disposizioni con cui Gesù prega.
Entrare nel movimento della preghiera di Gesù equivale a fare nostro l’oggetto della sua preghiera, cioè: la gloria del Padre, che il Padre sia conosciuto come Padre. Questo é uno dei significati della gloria.
Oggetto della preghiera di Gesù é la liberazione dal peccato nostro e dei nostri fratelli: “liberaci dal male”, e la santificazione di tutti per ritornare alla casa del Padre.
Entrare nelle disposizioni della preghiera di Gesù equivale a pregare con il senso della figliolanza divina: esprimere i sentimenti dei figli per il Padre, il “Padre nostro“. Mi pare che gli esegeti facciano notare che Gesù per chiamare il Padre abbia usato il termine Abbà che corrisponde al nostro papà. Quando si dice papà, si esprime più affetto, più confidenza che a dire Padre.
Con il senso della confidenza: “non vi chiamo più servi, ma amici, ma figli.”
Con il senso della fiducia. Il Padre nostro non ci può negare niente. Se noi, almeno per liberarci da un inopportuno, siamo capaci di dare un pezzo di pane a chi ce lo chiede, quanto più il Padre nostro che sta nei cieli darà le cose buone ai suoi figli.
Con il senso della solidarietà con tutti i figli del Padre. “Padre nostro”, diciamo e non Padre mio. E’ infinitamente Padre mio, ma lo é allo stesso titolo per tutti gli uomini, per tutti quelli che, per l’amore della paternità di Dio, sono figli di Dio come me. Allora io non devo mai essere solo davanti al Padre, non devo mai concepirmi solo davanti a Dio.
Questo é un punto che fa difficoltà nella vita spirituale perché noi non abbiamo il senso del mistero, perché noi non ci lasciamo sufficientemente condurre dallo Spirito Santo nella verità delle cose di Dio. Pensare che Dio sia mio Padre in un modo infinito e pensare che lo sia allo stesso modo per tutti, pare che ci sia qualche cosa che limita la paternità di Dio nei miei confronti, che ci sia qualche ambito dal quale io sono escluso rispetto agli altri. Invece No. E’ qualche cosa che, forse, può intuire un padre o una madre che vuole infinitamente bene al primo figlio e poi si accorge che vuole ancora più bene a quello che arriva dopo e che non toglie nulla al primo. Si moltiplicano i figli e si moltiplica la capacità di essere padre o madre. In Dio questo é un mistero, ma questo mistero deve chiarirsi in noi e portarci alla sicurezza che Dio é mio Padre e nello stesso tempo alla realtà che Dio é Padre di tutti. Io, accanto a me, ho dei fratelli che non posso ignorare e che non posso ignorare particolarmente nella preghiera.
…Con il senso del peccato. Chi siamo noi e chi sono i nostri fratelli di fronte a Dio? Siamo dei peccatori. Gesù non aveva l’esperienza del peccato, ma aveva chiaro il senso del peccato e si é offerto, facendosi solidale con il peccato di tutti gli uomini, per espiare il peccato, e noi sappiamo quale ripercussione di sofferenza e di morte ha avuto il peccato nella persona di nostro Signore Gesù Cristo. Ma, noi siamo realmente peccatori. In noi il peccato é un fatto attuale. Allora dinnanzi a Dio, nella preghiera, dobbiamo presentarci con il senso del peccato: “Io non sono più degno di essere chiamato figlio” E il Padre ci tappa la bocca, ci getta le braccia al collo, ci copre di baci. Siamo i suoi figli, nonostante che siamo peccatori perché lui ci ha fatto suoi figli, ci ha eletti, ci ha predestinati e ci ha dato l’adozione a figli quando ancora eravamo peccatori.
Non ha aspettato che diventiamo buoni per farci suoi figli, ci ha fatti suoi figli nel momento in cui eravamo peccatori. Ecco il suo amore paterno che diventa “ricreatore” di tutto il nostro essere manifestando nel grado più alto la sua onnipotenza: ” Deus qui parcendo maxime et miserando manifestas”
Con il senso della nostra povertà davanti a Dio.
Che cosa hai tu che non abbia ricevuto, che cosa sei tu, che non sia stato fatto da Dio? Che cosa c’é di cui tu non abbia bisogno? Ecco i poveri di Dio. Non ci deve disgustare l’espressione che si coglie da tutti i testi della rivelazione: noi siamo dei mendicanti di Dio, noi siamo quelli che non hanno niente e dipendono in tutto dalla bontà e dalla liberalità degli altri. Questi “altri” é il Padre nostro.
Noi tutti nei confronti di nostro padre e di nostra madre, nei primi tempi della nostra esistenza, siamo stati così. Se il loro amore ci avesse abbandonato noi non avremmo continuato a vivere. Quanto é più vero, totalmente vero, nei confronti di Dio, sempre, anche quando diventiamo adulti. Specialmente quando diventiamo adulti! Nella chiesa ci devono essere, sì ! anche le espressioni esteriori di povertà, ma nella chiesa – che é poi il cuore dei credenti e non é un’altra cosa! – ci deve essere prima di tutto questa povertà. L’altra é vera se c’é questa, L’altra é falsa se non c’é questa. Se c’é questa e manca l’altra non é che sia un bene, però c’é qualche cosa di vero e di autentico.
Con il senso della gratitudine verso Dio. Quasi con tristezza Gesù constata che, avendo guarito dieci lebbrosi soltanto uno ha sentito il bisogno di tornare indietro per dire: “grazie”. Vedete come nella preghiera ispirata – i salmi – questo senso della gratitudine é sempre presente.Ringraziare Dio di tutto.
La nostra preghiera per essere preghiera cristiana conforme ai sentimenti di nostro Signore Gesù Cristo, per essere Gesù Cristo che prega in noi, deve essere una preghiera di lode. La chiesa ci apre le giornate con la preghiera di “Lodi”. Lodare Dio! Perché non sentire il bisogno di dire che Dio é nostro Padre, che Dio ha fatto tutte queste cose meravigliose, come i bambini che nella loro ingenuità si vantano del loro padre? E’ un bisogno naturale il dire quello che é e che fa il proprio padre. Dovrebbe essere! E’ un bisogno naturale dire le cose stupende compiute da Dio!
OM 331 Montecastello 70
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