Parrà strano, con l’aria che spira e l’ansia di modernità che ha invaso un po’ tutti e perfino la Chiesa che, si parli ancora di stemmi e blasoni di medievale memoria
E’ certo che tali ornamenti hanno perduto gran parte del loro originario, significato. Discendenti dai vessilli militari e passati a distinguere le varie formazioni dei Crociati e quindi i singoli combattenti che ne ornavano l’armatura proprio per l’ordinamento feudale dell’esercito vennero assunti dal feudatario che esercitava la giurisdizione su un territorio. Col territori passò agli eredi anche l’insegna; e se altri territori venivano acquistati lo stemma diveniva composto incorporando le nuove insegne.
L’uso dello stemma passò anche a famiglie signorili e di comuni medioevali. Il carattere prevalentemente territoriale del vessillo di cui si fregiavano le schiere del Signore feudale, fece si che, dove ad esso si sostituì il Vescovo Conte e poi, nel secolo Xl, dal governo del Vescovo si svilupparono gli ordinamenti comunali, con una propria milizia, anche il Comune ebbe un proprio vessillo.
Per i Vescovi che non appartenevano alla più alta nobiltà, gli stemmi si ebbero dalla giurisdizione feudale che esercitavano. Apparirono dalla fine del secolo XIII e, con mutata significazione, durano tuttora.
Oggi sono un simbolo programmatico. L’impresa non sta a dimostrare vanterie passate, ma auspicate vittorie future; vittorie da riportare anzitutto su di se, attraverso un,solenne impegno pubblico e quindi sugli altri non sopraffacendo ma servendo « per charitatem Spiritus » (Gal. 5, 13).
In questa luce vanno visti gli stemmi che ornano i palazzi dei Vescovi e quelli che segnano i loro atti e le loro opere stabilendo per la storia di cui anche i Vescovi sono facitori, un utilissimo riferimento. Non sono quindi, oggi, come furono in passato, ostentazione di privilegi più o meno legittimi e meritati, né affermazione di potere che gli uomini di Chiesa conservano fortunatamente soltanto « in spiritualibus ” e anche in quel settore secondo il concetto di servizio regale più volte ribadito dal recente Concilio “sapientibus et insipientibus debitor sum” (Rom. 1, 14) ma presentazione dell’aspetto pastorale preferito nel ministero di salvezza.
Talvolta vi si trovano inseriti elementi facilmente riferibili al patronimico, ma in ogni caso ricondotti a significazione nuova, specificata dal motto quasi sempre di origine biblica.
Il motto scelto dal nostro Vescovo è tolto dalla lettera di S. Giacomo (I, 4): ” Patientia Opus perfectum “. Il santo apostolo esorta i cristiani a stimare vero gaudio le diverse prove cui si troveranno esposti per la loro fede: il patire rende perfetto l’operare. Sarà questo concetto a farci comprendere il significato dei segni araldici.
Lo scudo è sannitico nella forma, cimato dalla croce d’argento e sormontato dal cappello verde con tre ordini di nappe. In campo d’oro alla croce di Sant’Andrea di rosso. Questa croce, o decussata, è formata da una banda e da una sbarra che si incrociano e dividono lo scudo in quattro porzioni dette quarti. Nel quarto superiore Aquila spiegata di nero e i tre chiodi della passione pure di nero, in quello inferiore, stella a sei raggi di rosso.
Poiché nello stemma tutto è simbolico, il rosso ci dirà l’amore di Dio e del prossimo fino allo spargimento di sangue, mentre l’oro che allude al massimo pianeta può significare il campo di Dio « in quo vivimus, movemur et sumus (Act. 17, 28). Il sacrificio è espresso dalla Croce di Sant’Andrea e dai chiodi della passione nei quali si può scorgere un richiamo al cognome. Il chiodo, già simbolo di fermezza, dà nome alla più celebre corona del mondo – quella di Monza- detta appunto «Corona del Ferro ». Tre ferri di cavallo ornano, insieme all’aquila, lo stemma dei Ferrari di Livorno. La presenza della stella, che fu guida sicura al nato Redentore ed è sicura indicazione nella notte al pilota della nave, avverte che il Vescovo vuol esserci guida sicura verso il porto spirituale e riafferma il desiderio delle cose superiori e delle azioni sublimi a cui pure allude l’aquila che sovra gli altri…vola » vittoriosa dominatrice delle altezze.
A nessuno sfugge come tutta la simbologia incarni un concetto di donazione sacrificata alla causa di Dio e delle anime che sgorga da un cuore riboccante di amore. Di questo i Mantovani devono essere grati e sorreggerne l’attuazione con preghiera costante e collaborazione sincera e generosa.
Il nuovo Vescovo viene nella terra che ospita la più grande Reliquia – il Sangue preziosissimo di Cristo – recando i segni della passione e della vittoria. La nostra Città, che porta nel proprio stemma la Croce rossa in campo bianco e l’immagine del pio Virgilio gli si fa incontro con il ricordo dei suoi martiri e la più sincera e cortese volontà di collaborazione: per una sola battaglia, contro il male, si uniranno “le armi” e non solo quelle dipinte….” hinc densi rursus inundant Troes Agillinique et pictis Arcades armis: sic omnis amor unus habet decernere ferro..” (« . . . accorrono, in armi fregiate e folti, Troiani, Agillinl ed Arcadi: a battersi col ferro fino all’ultimo, invade tutti un solo amore . . . » (Virg Aen. 1. XII, v. 280).
Mons. Luigi Bosio
Stampa:”La cittadella 10 Dicembre 1967