La piccola Cadice
Se acuta tu, figlio di Cadice, sentissi la nostalgia della tua bianca città per metà incenerita, oggi che le opere dell’uomo finiscono vittime dello stesso progresso, portati qui da noi, in Puglia.
A quaranta chilometri dalla metropoli pugliese, proseguendo verso il tallone d’ Italia, ti parrà ritrovare la tua città in miniatura in una fuga di casette più candide dello stesso candore, messe lì, al sole, come panni freschi di bucato.
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Fra le scogliose e ridenti coste dell’antica Peucezia, unico degno di tal nome, tra Barion e Brundisium, si apriva un porto, il quale formava l’emporium di tutta la pianura interna che, leggermente elevandosi, raggiunge la catena di dolci colline che la corteggiano.
Il punto centrale d’imbarco era formato dal « Portus pediculorum » — il porto della Peucezia, chiamata terra dei pedicoli, a ricordo dei nove giovani venuti dall’llliria, che in breve tempo così si moltiplicarono da formare tredici popolazioni distinte. (Così dalla tavola Peuteugeriana).
Su quel porto sorge ora Monopoli. La città è senza dubbio di origine greca e si crede sia stata appunto, al principio dell’era volgare, il Portus pediculorum, il quale nelle sue numerose cripte conteneva il villaggio delle tane, un casale abitato in gran parte dai pescatori.
La tradizione vuole che in una di quelle grotte si sia fermato San Pietro a predicare la fede di Cristo.
E a riguardo va aggiunto che l’antica denominazione Minopoli, città di Minos, re di Creta, cedette in un secondo tempo alla successiva Monopoli, quando papa Stefano I volle riconoscerle il merito di essere stata la sola (“monos”, in greco, equivale a “sola” e “polis” a “città”), la sola città della Peucezia ad accogliere il culto di Cristo.
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La cittadina ti si apre in vie squadrate ed ariose; ne manca il verde che occhieggia verso il mare in una piccola oasi deliziosa. Eh già! La Cadice in miniatura si offre anch’essa al bacio del mare. Riceverai la delizia della sua carezza, in un mattino d’estate a Cala Pantano, convegno di bimbi che s’inoltrano sicuri in quelie acque limpide, gradita dimora di ondine, che sciamano, rugiadose e sorridenti, nella gioia di vivere.
Ma se vuoi t’insegno un posto delizioso, vieni con me sulla fascia snodata che, ricingendo a mo’ di molo il mare, lo chiude in un lago tranquillo.
Recherai offesa a Monopoli, se non avrai visitato il suo Duomo, a cui è legata una delle più belle tradizioni religiose di questo lembo d’Italia fervido di tanti riti.
Dedicato alla Vergine della Madia, quello ti offrirà tesori di marmi pregiati.
Sosterai all’altare della Cappella, un gioiello d’arte nelle sue quattro colonne corinzie di verde antico con capitelli e basi di giallo di Siena, ove, ricinta da un pannello di marmo finemente lavorato, in un fondo di un bel verde antico, troverai fissa in nicchia con mostra d’argento la sacra Icone.
Nelle varie cappelle sottostanti non trascurerai di ammirare i pregevoli dipinti di Palma il Giovine, di Francesco de Mura e del Palma.
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Lì, sulla scogliera, a mo’ di vedetta sul mare, si allunga il castello di S. Stefano, un tempo monastero privilegiato, che per quasi sette secoli estese la sua giurisdizione ecclesiastica e feudale in parecchi casali dei dintorni.
Quello serba ancora traccia dei due maggiori periodi della storia: il primo del Rinascimento, I’altro iniziatosi con la venuta dei Cavalieri di Malta. Del primo tempo restano due scritti in versi leonini e l’arco della porta d’ingresso alla Chiesa, del secondo tempo sì vede il lungo ambulacro che servì , da scuderia ai gerosolimitani.
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La cittadhia, solerte e operosa, si desta al ritmo delle sue industrie, che la fanno una delle principali località industriali e commerciali di tutta la regione pugliese.
Fra le industrie, noterai quelle dell’olio di oliva, delle raffinerie olearie, della costruzione di navi di piccolo tonnellaggio, del cemento, del ghiaccio, del sapone, delle tendine per usci, delle fonderie per metalli, alcune vetrerie ed il noto stabilimento per deposito di petrolio italo americano.
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La poesia, fuoco di Dio, divampò nell’animo dei primi abìtanti della piccola Cadice: ne presta fede Mario Petraroli, fondatore di un’Accademia detta dei Venturieri .
Degna figlia di questa terra sarà molti secoli dopo la gentile poetessa Carolina Bregante, il cui nome ebbe larga rinomanza.
A dar vita ai fasti della Curia Vescovile un’eletta schiera di Pastori profuse tesori d’intelletto e d’anima, solerti nel singolo apporto, che testimonia di un’opera sapiente e preziosa. E i fasti parlano di una serie ininterrotta di alti dignitari, da Leone a Romilaldo, da Giuseppe Cacace a Gustavo Bianchi.
Oggi la piccola città vive la sua ora densa di storia raccolta intorno all’Eccellenza di Monsignor Ferrari cui s’inchina col suo omaggio ed il suo augurio.
Maria Rossani
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