Referendum
La situazione che si è creata in questa campagna in preparazione al referendum abrogativo della legge di divorzio Baslini -Fortuna ha dato luogo a tali motivi di confusione che mi si impone il dovere di una parola chiarificatrice, atta a illuminare le coscienze di coloro che attribuiscono un valore alla grazia del ministero del Vescovo.
La mia parola era già presente nel Comunicato del Comitato Permanente della C.E.I. e più personalmente nella Notificazione della Conferenza Episcopale della Lombardia; ma il non farsi sentire immediatamente nelle proprie comunità, oggi rischia di essere interpretato nei modi più arbitrari.
Perciò ritengo opportuno sottolineare alcuni aspetti di maggiore rilievo e in particolare che:
1) ogni vero matrimonio è per sua esigenza interna indissolubile;
2) il divorzio è una piaga sociale (cfr. « Gaudium et Spes », 47);
3) il matrimonio ha un valore sociale-comunitario, la cui salvaguardia non può essere lasciata totalmente alle libere scelte dei singoli;
4) l’appellarsi come fanno alcuni alla libertà di coscienza è, in questo caso, ambiguo e pericoloso in quanto si riferisce a una concezione individualistica della libertà che, portata alle ultime conseguenze, negherebbe il fondamento stesso del vivere sociale. Si potrebbe arrivare per questa strada a permettere l’eutanasia, I’aborto, la droga, ecc.
5) il cristiano, alla pari di ogni cittadino, ha il diritto e il dovere di proporre e di difendere una legislazione che tuteli l’indissolubilità del matrimonio e l’unità della famiglia (cfr. « Apostolicam actuositatem », 14) e di conseguenza di difendersi da una legge che questi valori e con essi il bene comune metta in serio pericolo;
6) di fatto, la legge sulla quale i cittadini sono chiamati a pronunciarsi, oltre a introdurre il divorzio nella legislazione italiana, non tutela sufficientemente il coniuge innocente e non salvaguarda i diritti dei figli.
Perciò chi vuol avere idee chiare sul da farsi deve riflettere che la indissolubilità e la stabilità di un vero matrimonio nascono dalla sua stessa natura: il sacramento non fa che assumerne gli elementi costitutivi e li eleva a una dignità e possibilità che sono dell’ordine della salvezza, ma non ne muta la natura. Quindi il matrimonio indissolubile e la famiglia stabile sono il frutto di un autentico progresso civile: il divorzio non è indice di civiltà ma la triste registrazione di una decadenza di costume.
Il divorzio in particolare è quanto mai pericoloso per le nuove generazioni. La gioventù cresciuta in un ambiente consumistico, dove tutto viene facilitato, è sempre meno portata ad assumere responsabilità permanenti, e la prospettiva di un possibile scioglimento del vincolo matrimoniale la indurrà a valutare sempre meno responsabilmente gli impegni di una perenne fedeltà vicendevole e di una costante e totale dedizione ai figli.
Se è vero che i mali che insidiano e disgregano la famiglia non si sanano con una legge antidivorzista, una legge divorzista non può fare a meno di favorirli.
Quali sono questi mali o le cause del fallimento di tanti matrimoni e famiglie ?
Dal punto di vista della vita civile, indubbiamente esistono vistose cause di ordine sociale e politico; ma non va sottaciuto il materialismo di qualsiasi estrazione che pone l’economico al di sopra di ogni valore, con prospettive che non sono di vera promozione umana ma di borghese edonismo; come non va sottaciuta una gestione politica del costume all’insegna della permissività: in nome della libertà si contrabbandano con imponenti mezzi di comunicazione pubblica pansessualismo, pornografia, erotismo; la criminalità è un frutto della stessa radice.
Dal punto di vista della vita cristiana bisogna riconoscere una fede troppe volte superficiale degli stessi praticanti, la mancata denuncia del peccato originale e attuale, la mancata proposta della croce e del cammino della croce.
Esistono dei rimedi?
Si avverte sempre di più l’esigenza che il cittadino non si limiti a gestire la vita civile per delega indefinita e incondizionata (il referendum è lo strumento previsto dalla Costituzione perché egli possa riprendere direttamente le cose nelle proprie mani) ma raccorci le distanze con i suoi delegati. Il cittadino non è servo né dello stato, né del partito, né della classe: è il valore e il soggetto supremo a cui tutti devono rendere ragione. La vita civile va gestita secondo una gerarchia di valori umani e perciò con una legislazione e una azione che tuteli e renda effettive la dignità e la libertà della persona; il luogo privilegiato di questa dignità e libertà è la famiglia: di qui l’urgenza di un diritto di famiglia, che esalti, tuteli e renda effettivi per la situazione attuale i valori autentici e più inconfondibili della famiglia italiana.
In campo pastorale io ricordo a tutti che la nostra « scelta pastorale » che portiamo avanti da anni si rivela quanto mai attuale e che, intesa non in senso settoriale e problematico ma globale e positivo, è quanto di più costruttivo siamo chiamati a fare in favore della famiglia.
Una parola sui « casi difficili ». Non bisogna curarli creandone dei più difficili e pietosi; la condizione umana non sfuggirà mai totalmente alle conseguenze dei suoi limiti. La società civile deve prendersi carico di questi casi liberandosi da preconcetti e avversioni ingiustificati e con iniziative adeguate. La comunità cristiana deve rispecchiare la misericordia di Dio ed esprimere la maternità della chiesa con la comprensione e la carità sincera dei suoi membri: è un registro nuovo su cui deve accordarsi la sensibilità pastorale.
Queste poche e schematiche riflessioni mi rendono fiducioso:
a) di aver confortato le convinzioni di coloro che sono già orientati;
b) di aver convinto i dubbiosi che una positiva partecipazione al referendum è una scelta rispettosa della libertà di tutti e la più utile al bene comune;
c) di aver indotto coloro che sono diversamente orientati a una riflessione più serena e più approfondita;
d) di aver fatto intravedere a tutti la serietà del dovere di partecipare a questo atto così eccezionale della vita civica.
E’ anche importante che non assumiamo atteggiamenti di crociata, che non ci lasciamo turbare dalle intemperanze e dalle capziosità dei divorzisti, che attendiamo l’esito di questo confronto non per segnare sconfitte o vittorie ma per dare inizio con più serietà ai nostri impegni civici e religiosi.
Alla Madre di Dio affido le sorti della nostra Italia.
Benedico le vostre fatiche.
CARLO FERRARI, vescovo
Mantova, 22 Aprile 1974.
ST 324 Referendum 74
stampa: Rivista diocesana: Gennaio- Giugno 74