… essere autenticamente
incontro con i sacerdoti giovedì 27 febbraio 1969
Credo che ormai siate rassegnati all’esercizio della pazienza. Siccome mi avete già dato saggio di sopportazione in più di una circostanza, prendo sempre maggiore coraggio fino al punto in cui mi direte che abuso!
Vorrei avere la possibilità e la libertà, in queste circostanze che si presentano, di stare un po’ insieme, di dirvi quelle cose che ritengo importanti.
Sapete già che le cose che ritengo importanti, vorrei che lo credeste sinceramente, intendo di metterle dinanzi al vostro giudizio, per raccogliere anche i vostri punti di vista e poi fare una sintesi che sia una armonizzazione di tutti i punti di vista, che valga per la nostra vita spirituale, prima di tutto, e poi per il nostro ministero.
L’altra volta abbiamo cercato di incentrare la nostra attenzione sulla finalità, sia della nostra vita spirituale come del nostro ministero che corrisponde alla realtà della Chiesa: noi dobbiamo essere Chiesa, noi dobbiamo essere gli edificatori della Chiesa perché questo è il piano di Dio, perché questa è la vita di Dio in cui egli ci vuole introdurre: l’unità nella Trinità delle Persone e il rapporto che esiste tra il mistero della Chiesa e il mistero della Santissima Trinità.
Nei ritiri seguenti al vostro, ho messo in evidenza un altro punto: il rapporto tra il mistero trinitario e il mistero ecclesiale incomincia ad avere il suo punto di concretezza e di efficienza nel mistero eucaristico.
Accenno appena a questo punto per avere l’aggancio per andare avanti nel discorso.
Il mistero eucaristico non va visto unicamente come presenza o sacrificio di nostro Signore Gesù Cristo, sotto le specie del pane e del vino, ma come momento fondamentale della edificazione della chiesa, come momento privilegiato nel quale il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo costituiscono, dal di dentro, con la forza del sacramento, l’unità della Chiesa.
Quindi il mistero eucaristico porta a contatto la Trinità con la Chiesa, perché nel mistero eucaristico dobbiamo vedere la presenza attuale di tutto ciò che fa il Padre per costituirsi un popolo per mezzo di nostro Signore Gesù Cristo.
Dobbiamo vedere l’espressione attuale dell’amore del Padre che ci dona il suo unico Figlio ‘hinc et nunc’, con una certezza manifestata dai segni sacramentali.
Dobbiamo vedere l’impegno del Padre ad edificare l’unità del suo popolo intorno al Figliolo suo unigenito, che costituisce Capo di quel Corpo che è la Chiesa. Non separare il mistero eucaristico dalla presenza attiva, viva, vitale dell’azione del Padre. Non concepire nostro Signore Gesù Cristo soltanto come il sommo ed eterno sacerdote che svolge il ruolo di pontefice manifestando con il suo annientamento la sovranità assoluta di Dio, ma come colui che compie il piano del Padre edificando l’unità in mezzo ai figli del Padre riconciliandoli nel proprio sangue e unificandoli tra loro, perché egli diventa la nostra pace, perché egli fa cadere il muro di separazione e fa di tutti noi una cosa sola.
Questo è espresso dalla forza del significato sacramentale del sacrificio cristiano, che non è sacrificio nel senso corrente della parola, ma è un sacrificio conviviale, cioè, è una partecipazione alla stessa mensa sacrificale, è una celebrazione che avviene nell’ambito dell’amicizia, dell’amore, dell’unità nell’amore. Tutto questo è espresso nel mistero eucaristico attraverso l’azione di nostro Signore Gesù Cristo, per mezzo dello Spirito.
Nel mistero eucaristico si compie la missione dello Spirito Santo.
Quel corpo che è dato per noi, quel sangue che è versato per noi, è l’umanità santissima di nostro Signore Gesù Cristo, concepita per opera dello Spirito Santo. Cristo che diventa cibo dei figli di Dio, Cristo che con il suo sangue e la sua carne ci costituisce figli di Dio per la vita che ci comunica, è il Cristo glorioso risuscitato dal Padre per mezzo dello Spirito, quindi ,come dice il concilio nel Presbiterorum Ordinis, questo Corpo è vivificato dallo Spirito ed è reso vivificante nel mistero eucaristico per l’azione dello Spirito Santo, che ci unifica al Corpo reale di nostro Signore Gesù Cristo, e ci unifica in Corpo ecclesiale di nostro Signore Gesù Cristo.
Qui, c’è il punto di incontro del mistero trinitario e del mistero ecclesiale, qui c’é il punto di partenza più forte per la edificazione della chiesa. Qui si verifica ciò che la tradizione ha espresso con gli slogan “la chiesa che fa l’Eucaristia, l’Eucaristia che fa la Chiesa”, perché nella chiesa c’è la presenza delle Divine Persone e nell’Eucaristia questa presenza diventa sacramentale.
Adesso portare avanti il discorso non è semplice. In parole povere so cosa voglio dire, ma poi dirlo bene e metterlo in relazione come continuità di un discorso già iniziato e che dovrà continuare, non è semplice. Mi affido alla vostra collaborazione.
Nel rapporto così evidente che esiste tra questi grandi misteri, qual è la nostra posizione, la posizione del sacerdote?
Come definire, alla luce di questi misteri, oggi alla luce dei segni dei tempi, la nostra posizione di sacerdoti, il nostro compito di sacerdoti, il nostro essere sacerdotale e il nostro agire sacerdotale?
Che cosa c’è di specifico nella nostra consacrazione sacramentale e nella nostra missione nella Chiesa?
Queste domande per me sono dei tentativi di chiarimento.
Noi dobbiamo trovare la nostra collocazione: sia nei confronti del mistero trinitario, sia nei confronti del mistero ecclesiale, sia nei confronti del mistero eucaristico.
Penso che il punto di partenza concreto sia la nostra collocazione nel mistero eucaristico, non solo perché siamo ministri della celebrazione eucaristica, in quanto la nostra parte è determinante nell’assicurare la presenza del mistero trinitario.
Quando dico così, voi capite che non dico niente contro le definizioni dogmatiche o l’insegnamento del catechismo.
Abbiamo accennato questa mattina che nel mistero eucaristico c’é la presenza dell’azione del Padre. Sappiamo che il Padre vuole costituirsi un popolo. “In ogni tempo e in ogni nazione è accetto a Dio chiunque lo teme e opera la giustizia, tuttavia Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza nessuna legame tra di loro, ma volle costituire di loro un popolo che lo riconoscesse nella verità e fedelmente lo servisse”. Qui il Padre vuole costituire la Chiesa e la costituisce come suo popolo.
Mi permetto di aprire una parentesi.
Quando parliamo della Chiesa o di tutto ciò che riguarda la chiesa, e quindi anche del nostro inserimento nella chiesa, dobbiamo tenere presente che la chiesa è una realtà misteriosa che non si può definire adeguatamente, che la chiesa l’ ha definita Iddio – per dire così- attraverso i documenti della rivelazione, per mezzo delle figure bibliche e nessuna delle figure bibliche esaurisce tutta la realtà della Chiesa.
Quindi, volere definire la chiesa unicamente come popolo di Dio è un errore, perché non è compresa, nella figura di popolo tutta la realtà, però in questa figura vi è compresa l’espressione più larga del significato della Chiesa.
Quando noi cerchiamo il nostro posto nella chiesa stiamo attenti a non cercarlo solo nella figura di popolo di Dio.
Nel popolo di Dio, noi siamo allo stesso livello di tutti i cristiani. “Questo popolo messianico ha per capo -non il papa, non i vescovi – Gesù Cristo dato a morte per i nostri peccati, risuscitato per la nostra giustificazione ed ora, dopo essersi acquistato un nome che è al di sopra d’ogni altro nome, regna glorioso in cielo”. ” Ha per condizione la dignità e la libertà dei figli di Dio.”:
tutti hanno una uguale dignità, una uguale libertà, quella libertà con cui ci ha liberato Cristo, per cui non siamo più soggetti alla dominazione del peccato e possiamo superare il peccato.
…”nel cuore dei quali dimora lo Spirito Santo come nel suo tempio…”
Quindi siamo ad uguale titolo, tempio che si edifica nello spirito;
…” Ha per legge il nuovo precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha amati”
Tutti siamo soggetti a questa legge: il nuovo precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha amati;
” ha per fine il regno di Dio incominciato in terra dallo stesso Dio”:
la Chiesa, il popolo di Dio, ha questa finalità e ne è lo strumento;
” che deve essere ulteriormente dilatato, finché alla fine dei secoli sia da Lui portato a compimento, quando comparirà Cristo, vita nostra e anche le stesse creature saranno liberate dalla schiavitù della corruzione, per partecipare alla gloriosa libertà dei figli di Dio”:
nel popolo di Dio dobbiamo inserire anche il cosmo;
” Perciò il popolo messianico, pur non contenendo di fatto tutti gli uomini, e apparendo talora come un piccolo gregge, costituisce per tutta l’umanità un germe validissimo di unità, di speranza, di salvezza. Costituito da Cristo per una comunione di vita, di carità e di verità, è pure da Lui assunto ad essere strumento della redenzione di tutti e, quale luce del mondo e sale della terra è inviato a tutto il mondo”. ( )
Il popolo di Dio è costituito per essere strumento della redenzione di tutti, quindi non soltanto noi preti, ed è inviato quale luce del mondo e sale della terra non sono soltanto i discepoli la luce e del mondo e il sale della terra ma tutto il popolo di Dio, ed è inviato – il carattere missionario – per la salvezza di tutto il mondo. Espressioni come queste, si trovano in vari punti dei documenti del Concilio.
Qui allora, siamo tutti alla pari! Ma perché?
Perché il Padre ci chiama, tutti, per essere i suoi figlioli, per renderci, tutti, partecipi della sua vita.
Il Padre è il principio, l’origine originante di tutto ciò che esiste, e in seno alla Santissima Trinità e nel mondo della creazione, al di fuori quindi della vita di Dio. Il Padre, quindi, è il termine a cui tutto tende. Abbiamo visto l’altra volta che il Figlio è tutto rivolto al Padre e porta tutti al Padre.
Quindi davanti a Dio:
siamo – tutti – uguali;
abbiamo, -tutti -, la stessa dignità;
abbiamo – tutti – le stesse responsabilità e gli stessi compiti.
C’è un’altra figura biblica che definisce la chiesa ed è il Corpo di nostro Signore Gesù Cristo.
Nostro Signore Gesù Cristo, in seno alla vita trinitaria, ha di per se – per esprimersi come è possibile con la povertà del nostro linguaggio – una funzione sacerdotale, cioè: esprimere ciò che è il Padre, esprimere l’immagine della sua sostanza, esprimere la figura della sua grandezza ed è, pienamente, la lode della gloria del Padre.
Quando nostro Signore Gesù Cristo compie la sua missione nel mondo, che cosa fa, che cosa chiede da Lui il Padre?
Il Padre gli chiede di portare a compimento il suo piano che è quello di costituirsi un popolo.
In che modo il Figlio di Dio fatto uomo costituisce il popolo di Dio?
Come suo Corpo.
Sappiamo che il Padre dà la chiesa al Figlio come suo Corpo; sappiamo che è il Padre che ricapitola, che dà, come capo a tutti e a tutto, il Figlio, il Cristo. Ed è in funzione di questo che il Cristo esercita il suo sacerdozio supremo: dando al popolo di Dio la possibilità di diventare il popolo sacerdotale, perché, non dobbiamo dimenticare che la caratteristica del popolo di Dio è quella di essere un popolo sacerdotale.
Quando si dice questa espressione:”popolo sacerdotale” si intende anche: popolo profetico e popolo regale, perché queste funzioni interferenti si assommano tutte nel compito sacerdotale, quello di essere: lode della gloria di Dio.
Iddio che fin da principio, al tempo della vocazione di Abramo, vuole che da lui sorga una nazione che glorificherà Dio in mezzo a tutte le nazioni, vuole un popolo che sia il suo popolo e che sia un popolo di sacerdoti. E sappiamo che questo si è attuato con Pentecoste, e che Pietro non fa altro che ripetere le espressioni antiche dicendo che ormai si sono verificate. Il popolo di Dio è un popolo sacerdotale che glorifica Dio in mezzo a tutte le nazioni e in mezzo a tutto il creato.
Come si costituisce questo popolo sacerdotale?
Si costituisce per mezzo dell’azione sacerdotale di nostro Signore Gesù Cristo, che comprende anche l’azione profetica e l’azione regale di nostro Signore Gesù Cristo.
Sappiamo che Gesù Cristo è il sommo ed eterno sacerdote, ma lo è in modo radicalmente nuovo. Il sacerdozio antico che offriva vittime per i peccati ormai è stato abolito perché c’è un altro sacerdote che offre non la vita di un altro essere. ma il proprio sangue. Con il suo sacrificio Gesù Cristo procura una riconciliazione infinita.
Questo popolo sacerdotale come è riconciliato con il Padre e come può essere riconciliato nei suoi membri?
E’ riconciliato dalla redenzione che compie nostro Signore Gesù Cristo. Se non ci fosse questo atto radicale del sacerdozio di nostro Signore Gesù Cristo, questo popolo non potrebbe essere un popolo sacerdotale.
Con l’esercizio del suo sacerdozio Gesù Cristo assicura la redenzione al genere umano una volta per tutte: una sola oblazione. Per il sacrificio di nostro Signore Gesù Cristo, la potenza del peccato è stata superata una volta per sempre, anche se poi, questa potenza del peccato deve essere superata in ogni membro del popolo di Dio.
L’esercizio del sacerdozio di nostro Signore Gesù Cristo è il sacrificio del Figlio unico per mezzo del quale Dio ha fatto tutte le cose.
Il sacrificio di nostro Signore Gesù Cristo penetra in tutta la creazione perché per mezzo di lui tutto è stato fatto.
Cristo ha compiuto nella sua carne l’opera intera della salvezza.
Solo Gesù Figlio di Dio poteva aprire, come ha fatto, le porte della riconciliazione.
Quindi, essere sacerdote non significa semplicemente fare qualche gesto rituale, significa, è, portare a compimento il sacrificio che ci distacca dalla vita e dalla terra e ci fa passare al Padre; sacrificio che, nella sua dinamica, spinge il peccatore alla conversione, alla salvezza; la vittima è il sacerdote in persona, in questo caso è il Figlio di Dio in persona che dà la possibilità al popolo di Dio di essere un popolo sacerdotale.
In questo modo, attraverso il suo sacrificio, Gesù Cristo diventa il capo della chiesa e lo diventa nel duplice senso di sorgente e di vita del suo popolo. Il suo popolo non è vivo che per la vita che riceve attraverso la morte e la resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. In questo senso primario Gesù Cristo è capo della chiesa, ma nello stesso tempo è capo della chiesa in quanto è al di sopra della chiesa, è la testa di questo Corpo, è la sommità assoluta e trascendente di questo Corpo, ha delle funzioni insostituibili per l’esistenza e la vita, e la vitalità e l’azione di questo Corpo, di questo popolo.
Non si può quindi separare il popolo di Dio da Gesù Cristo Capo.
Gesù Cristo, essendo sacerdote, non è soltanto colui che ha compiuto la oblazione della sua umanità sul Calvario. E’ allo stesso tempo, il Signore costituito capo della sua chiesa, è il salvatore unico del suo Corpo – senza di lui non c’è salvezza- il quale trascende la chiesa e il mondo come Colui che è l’indispensabile e unico mediatore.
In questa figura biblica che definisce la chiesa c’è posto per il nostro inserimento specifico?
Pare che proprio in questo punto venga fuori il nostro posto nella chiesa, ma che non ci toglie dalla condizione di membri del popolo di Dio, di membra del Corpo di nostro Signore Gesù Cristo, dove ci troviamo assunti dalla volontà esplicita di nostro Signore Gesù Cristo a continuare quella azione di sommo ed eterno sacerdote e quella azione di capo che sono indispensabili per il popolo di Dio.
E’ certo che Gesù trasmette la sua missione agli apostoli: missione di capo: “Come il Padre ha inviato me così io invio voi”.
Per mezzo di questi “inviati” la parola di Cristo è assicurata. Noi sappiamo che è per mezzo della parola che il popolo è convocato a stare davanti a Dio per essere il popolo di Dio. La parola di Cristo è assicurata, nella sua presenza, alla chiesa e al mondo per mezzo di questi inviati.
Per mezzo di questi “inviati” l’azione redentrice del Signore – il mistero eucaristico, tutta l’azione sacramentale che culmina nel mistero eucaristico- è resa attuale e operante per rendere attuale ed operante in modo garantito e sicuro ed efficace l’azione redentrice di nostro Signore Gesù Cristo in mezzo al popolo di Dio, nel Corpo di nostro Signore Gesù Cristo.
Per mezzo di questi inviati l’autorità di nostro Signore Gesù Cristo presiederà la vita della chiesa. La parola autorità incontra difficoltà ai nostri tempi. Gli inviati di Cristo sono costituiti da Cristo strumento del Cristo che continua a insegnare, a santificare, a governare la sua chiesa fino alla fine dei secoli.
Così Cristo ha assicurato di essere con la chiesa: Cristo capo col suo Corpo chiesa. La chiesa non può fare a meno del capo.
Qui è il “puntum” e Cristo è questo “puntum”, in quanto è sacrificato per noi.
Il mistero dell’annientamento è: il mistero della supremazia della Signoria di nostro Signore Gesù Cristo nella sua chiesa e sulla sua chiesa! Cosa difficilissima da intendere, da ammettere pacificamente. Da un punto di vista umano!
I vescovi – guardate che siete coinvolti anche voi – sono la continuità di questa presenza di Cristo Capo e assolvono la sua missione di maestro, di pastore e di pontefice: agiscono in “persona Christi”.
La consacrazione episcopale – ecco un punto esplicitato dal magistero del Concilio – è il sacramento che significa e perpetua la successione apostolica e conferisce insieme all’ufficio di santificare – ciò che é sempre stato specifico – quello di insegnare e governare così che, l’attività di evangelizzare è una attività che deriva da un sacramento, – non è un semplice conferimento di una giurisdizione estrinseca – è assicurata dall’azione di un sacramento in cui è operante lo Spirito Santo.
Così pure quella di governare è una attività -come abbiamo già accennato altre volte- di natura sacramentale prima che di natura giuridica. Ed essendo di natura sacramentale non può essere disgiunta dalla presenza della grazia di nostro Signore Gesù Cristo, dalla presenza della azione santificatrice, quindi animatrice, soprannaturale dello Spirito Santo.
Il carattere specifico del sacerdote nella chiesa – tanto quello episcopale come quello presbiterale – il carattere specifico del compito dottrinale dei vescovi consiste nel dire con l’autorità del Signore – questo certamente in pienezza per i vescovi e in proporzione per voi -< qual è la verità di fede, e di dirlo autenticamente e di convocare nel nome di Cristo i fedeli a ricevere il loro insegnamento.
Che il carattere profetico sia un carattere di tutto il popolo di Dio è indubitato ma perché il popolo di Dio sia il popolo di Dio è indispensabile l’azione di nostro Signore Gesù Cristo, é indispensabile la sua continuità che è assicurata nella chiesa attraverso il sacerdozio ministeriale. E’ un ministero.E’ un servizio. Poiché Cristo è capo della chiesa, Cristo è il maestro, e il magistero di nostro Signore Gesù Cristo è assicurato alla chiesa autenticamente ai tempi nostri attraverso il compito dottrinale dei vescovi e proporzionatamente dei sacerdoti.
I vescovi sono abilitati, attraverso la consacrazione episcopale, a costituire gli uomini in popolo di Dio, ad unirli a Cristo sacerdote. Questo è un punto. Il nostro sacerdozio non ha senso, se non è unito a quello di nostro Signore Gesù Cristo. Ci vuole una azione unificante, e quest’azione unificatrice è l’azione che si compie per la forza della consacrazione sacramentale, per renderli conformi a nostro Signore Gesù Cristo con l’azione di tutti i sacramenti.
I vescovi, e proporzionatamente i presbiteri, partecipano all’autorità di Cristo Capo e servono al popolo di Dio affinché i suoi membri offrano validamente ed efficacemente il loro sacrificio personale ed esistenziale, in unione sacramentale con il sacrificio di nostro Signore Gesù Cristo.
Il sacrificio perfetto che sale da questa terra al Padre è il sacrificio di tutto il popolo di Dio in quanto ogni membro del popolo di Dio è una vittima spirituale, è un’ostia santa, -il nostro corpo santo!- offerta come oblazione al Padre. < Ma, questa oblazione vale, è gradita, è accetta perché c’è di mezzo il sacrificio di nostro Signore Gesù Cristo, perché il nostro corpo è unito al Corpo di nostro Signore Gesù Cristo, che è presente in mezzo a noi per una azione sacramentale. Non c’è altra via.
I vescovi sono abilitati ontologicamente a guidare il popolo di Dio nel nome di Cristo, in comunione con gli altri vescovi e con il papa. E sono costituiti radicalmente segno e strumento di Cristo pastore della chiesa. Però, prima di definire il vescovo come pastore della chiesa, bisogna evidentemente definire le prerogative, il comportamento di Cristo pastore il quale non è venuto per essere servito ma per servire e dare la propria vita in redenzione per molti.
Il buon pastore è colui che dà la propria vita per il proprio gregge. Quindi più servizio di quest’autorità, non si può concepire.
Al di là e al di fuori di questo contenuto sacramentale, di questa grazia sacramentale, per governare la chiesa da parte nostra dobbiamo stare attenti, perché usciamo dall’ambito costituzionale della chiesa. Ci possono essere i vari sbandamenti, vari eccessi del potere eccetera…
La missione propria dei successori degli apostoli è quella di rendere attuale la missione di Gesù Cristo in quanto Gesù Cristo è il capo della sua chiesa, cioè, principio della vita e capo del Corpo.
In che modo il popolo degli uomini diventa il popolo sacerdotale della nuova Alleanza?
Lo diventa lasciandosi unire, per mezzo di Gesù Cristo, a Cristo Capo del suo Corpo.
Il mistero di questa unione si compie per mezzo di coloro che Gesù Cristo ha costituito segno e sacramento: del suo potere di santificare – ha dato se stesso; del suo poptere di insegnare – egli è la verità; del suo poptere di guidare – segno e sacramento della sua azione e della sua presenza. Tutto questo per l’azione dell’unico Spirito.
Come abbiamo ricordato altre volte, non dimentichiamo che: lo Spirito Santo è lo Spirito di nostro Signore Gesù Cristo ciò che vuole compiere lo Spirito Santo è costituire il popolo di Dio, in quanto è Spirito di nostro Signore Gesù Cristo.
L’azione dello Spirito Santo è quella di configurarci a Cristo morto e risuscitato e, quello che definisce meglio la natura e l’essere dello Spirito Santo in Dio, e quindi la sua azione al di fuori di Dio, è quello di diffondere l’amore nei cuori: di dare la capacità di amare. Compito dello Spirito Santo – questo può anche non essere inteso – è quello di animare lo strumento istituito da nostro Signore Gesù Cristo, che è la garanzia della presenza di nostro Signore Gesù Cristo, che è la garanzia della sovranità di nostro Signore Gesù Cristo e dell’azione di nostro Signore Gesù Cristo.
Lo Spirito Santo abilita noi ad insegnare, a santificare ad unificare il popolo di Dio: – abilita la nostra azione specifica nel senso della edificazione: convocare il popolo di Dio per mezzo della parola; – abilita la nostra azione specifica nel senso della santificazione: santificarlo nell’unità di un solo pane, di un solo sacrificio; – abilita la nostra azione specifica nel senso della unificazione: unificandolo con la nostra azione pastorale.
E’ per la presenza in noi, nella nostra azione, dello Spirito Santo, dell’unico Spirito che è presente in tutte le membra del Corpo di nostro Signore Gesù Cristo, che é presente in tutti i membri del popolo di Dio, che si aprono all’azione che compie nostro Signore Gesù Cristo.
Quindi la nostra azione è: – perché si aprano all’intelligenza della parola di Dio, – perché diventino capaci a loro volta di proclamarla nella loro vita, e di rendere ragione della parola di Dio quando è il caso; -perché si aprano all’azione santificante dei sacramenti con la loro assiduità, -perché si dispongano con docilità alla collaborazione, -collaborazione nel senso di recepire in se stessi l’azione santificatrice dei sacramenti -e prolungarla in mezzo agli altri membri della comunità cristiana in mezzo a tutto il popolo di Dio perché tutto il Popolo di Dio è assunto come mezzo di salvezza per tutto il mondo, per tutti gli uomini.
Lo Spirito Santo apre, aiuta, sostiene, la volontà dei singoli membri del popolo di Dio ad intendere il piano di Dio che è un piano unificante, ad entrare nel senso della unità del popolo di Dio rinunciando a se stessi conforme a nostro Signore Gesù Cristo: “chi vuole venire dietro di me rinneghi se stesso prenda la croce e mi segua”. Come è possibile tutto questo se non c’è l’azione di nostro Signore Gesù Cristo che si compie per mezzo del suo Spirito?
Allora, in questo modo: con la collaborazione di quelli che sono “segno” del sacerdozio unico e universale di nostro Signore Gesù Cristo, e di quelli che devono diventare, insieme ai primi, l’unico popolo sacerdotale docili a Lui, con la collaborazione di entrambi docili all’unico Spirito, si formerà l’unico popolo di Dio.
Evidentemente è un tema – qualcuno dirà di alta teologia – che ha bisogno di un approfondimento. Approfondimento che viene per l’azione dello Spirito Santo e non per l’azione del vescovo, se non come strumento, se è docile allo Spirito Santo. L’unico Spirito è stato assicurato specialmente a noi perché ci introduca in tutta la verità
Un ultimo pensiero.
Perché ho proposto questo tema?
Per due motivi.
1)Perché noi ci convinciamo che siamo da una parte, allo stesso titolo dei nostri fedeli membri dell’unico popolo di Dio, e allora dobbiamo metterci in una certa situazione d’animo, in una certa situazione esistenziale. Questo lo dico specialmente per noi anziani perché siamo stati molto abituati a fare un po’ “i padri”, 2)e poi perché non subiamo le conseguenze di certe sollecitazioni democraticistiche, che ci portino ad essere non solo membri del popolo di Dio, ma come membri del popolo di Dio a compiere il ruolo di sacerdoti.
No. Noi, il ruolo di sacerdoti, non lo compiamo come membri del popolo di Dio. Come sacerdoti, come ministri, come investiti del sacerdozio ministeriale, noi ci mettiamo in un’altra posizione che è di insostituibile servizio, perché tutti possano essere il popolo di Dio e possano essere un popolo sacerdotale.
Se manca l’azione di nostro Signore Gesù Cristo manca la possibilità di essere del popolo di Dio, se manca, quindi, la nostra azione specifica, manca una parte insostituibile perché si costituisca il popolo di Dio. Che poi, come membri del popolo di Dio, anche noi lo possiamo diventare quando noi abbiamo assolto tutti i compiti specifici. Possiamo fare anche qualche cosa d’altro, ma prima assolviamo i nostri impegni e non creiamo confusioni.
Questo è il momento della confusione, perché il mistero della chiesa non sarà mai esaurito nella sua conoscenza. E si può dire che, al tempo nostro, un capitolo nuovo si apre dinanzi ai nostri fedeli e anche dinanzi a noi. Allora è molto facile fare delle confusioni e passare dal popolo di Dio, al Corpo Mistico, al Tempio dello Spirito Santo e non cogliere bene qual è il posto di ciascuno di noi.
OM 202 Sacerdoti 69 – Giovedì, 27 Febbraio 1969.