S.Simone di Gallipoli 24/07/1978 – ore: 10,40
Il Signore ha sempre preferito le cose piccole. ..
Tra le altre affermazioni ha detto: “noli timere pusillus grex” Siamo qui un piccolo gruppo .Anzi che temere dobbiamo essere rassicurati perché il Padre, in questi giorni, si rivelerà, con più chiarezza, al nostro Spirito e questo sarà tutto.
“In quel tempo, Gesù disse, da Matteo capitolo 11, “ti benedico Padre, Signore del cielo e della terra perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Si, o Padre, perché così é piaciuto a te. Tutto mi é stato dato dal Padre mio. Nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò” “prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite ed umile di cuore e troverete ristoro per le vostre anime Il mio giogo infatti é dolce ,il mio carico leggero”.
La parola del Signore, sapete miei cari, come sia un evento attuale che si realizza, appunto, nell’oggi della nostra esistenza, e quello che la parola dice, non é flatus volghi, é realtà. Indubbiamente noi siamo , in questo momento, l’oggetto del pensiero di Gesù che ci rivolge l’invito: “venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò” Lo sappiamo in quale modo. Più o meno lo sappiamo. Ma é certo che ci sentiamo stanchi. E’ certo che ci sentiamo oppressi e abbiamo bisogno di ristoro, di essere rifatti, ricomposti. Questo lo vuole compiere Gesù in questo incontro benedetto.
Allora, ci invita a prendere il suo peso sopra di noi: un peso dolce e soave perché lui é mite ed umile di cuore, e ci rassicura che il ristoro di cui abbiamo bisogno ,noi lo troveremo.
Ci suggerisce anche, Gesù, l’atteggiamento di fondo che dobbiamo prendere in questi giorni: “ti benedico Padre Signore del cielo e della terra perché hai tenute nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”.
Rinunciare alla nostra sapienza e anche alla fiducia nelle doti della nostra intelligenza, di farci veramente piccoli, poveri davanti a Gesù., perché questi giorni saranno benedetti non nella misura dei nostri sforzi, dello sforzo della umana sapienza, ma saranno benedetti nella misura in cui ci abbandoneremo a quello che il Signore vuole compire in mezzo a noi, a quello che il Padre vuole compiere in mezzo a noi, per mezzo di Gesù, nello Spirito.
Le cose stanno così “si o Padre perché così é piaciuto a te” “tutto mi é stato dato dal Padre mio “ .Vedete come é piccolo Gesù, come é povero Gesù. Non ha niente di suo. Tutto gli é stato dato dal Padre. Anche noi dobbiamo stare attenti. La nostra preparazione teologica, la nostra cultura e tante cose nostre, cerchiamo di lasciarle da parte perché é garantito che nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.
Noi, in questi giorni, vogliamo fare l’esperienza della conoscenza del Signore, del nostro Dio, ma non sarà una esperienza che nasce da noi. E’ una esperienza che nasce da lui. Nessuno conosce il mistero di Dio se non e Dio stesso. E, Dio stesso ha preso questa sconvolgente decisione di aprirci il suo cuore, di ammetterci nella comunione di vita con se, attraverso la partecipazione della sua stessa natura, attraverso, quindi, la partecipazione dei suoi stessi pensieri
“ti benedico Padre, Signore del cielo e della terra perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli “si o Padre perché così é piaciuto a te. Allora, il nostro impegno di questi giorni sarà un impegno , se volete, passivo, non nel senso di pigro pietismo, ma nel senso di apertura, di accoglienza, di disponibilità, di docilità a quello che il Signore, certamente, vuole fare in noi, attraverso tre momenti che si intrecciano intimamente tra di loro: il momento della celebrazione della sua parola, il momento della celebrazione della sua grazia e il momento della celebrazione della sua carità.
Avrà una prevalenza il momento della celebrazione della parola, tanto nell’azione liturgica, come in questi incontri in cui non saremo preoccupati di dire cose nostre, di rifarci a cose nostre , ma di rifarci alla parola di Dio: quella parola di Dio che in Gesù Cristo é viva come é vivo lui. E’ Gesù che parla. E ’ Gesù che parla alla sua diletta, alla sua chiesa, alla su sposa che siamo noi. E, Gesù ci parla con una parola di vita, quindi, con una parola esistenziale, con una parola -come si usa dire oggi- esperienziale. Lui, realisticamente ci parla. Lui, realisticamente prende contatto con ciascheduno di noi, lui realisticamente, per mezzo del suo Spirito, ci conduce nella intelligenza della realtà di vita e di comunione di vita, a cui Dio ci ha destinati.
Noi dobbiamo prendere l’atteggiamento di chi ascolta, di chi ha fame, di chi ha sete, di chi é stanco, di chi ha bisogno di riposo, di chi é povero, di chi é bisognoso di salvezza e lasciare che Gesù, nel mistero della nostra persona, dica quella parola che riecheggia misteriosamente con un significato particolare per ciascuno di noi, quella esteriore che noi ascoltiamo con le orecchie.E’ il primo momento di questo incontro con nostro Signore Gesù Cristo che avviene qui, in questo luogo appartato, che Gesù ha scelto misericordiosamente per parlare alle anime nostre.
La parola di Gesù é vita, é comunicazione di vita. Sarà l’altro momento di queste giornate, il momento, esteriormente, si concretizzerà nella nostra preghiera liturgica e particolarmente nella celebrazione eucaristica, nella celebrazione del sacramento della riconciliazione.E’ un momento nel quale Gesù , vite vera,vuole comunicare la vita che é venuto a portare nel mondo e vuole sovrabbondante in ciascuno di noi, come tracci turgidi, come quelli che si vedono nelle vostre vigne e che sono rimasti nel ceppo. Gli altri tralci sono stati tagliati e buttati via. Non si conservano neppure più.Una volta servivano a qualche cosa, oggi non servono proprio più niente. Noi siamo in questa condizione particolare.
Lo siamo in tutti i giorni ma, in questi giorni, il desiderio del cuore di Gesù é quello di comunicare con noi il frutto del mistero della sua pasqua, il frutto del mistero del suo passaggio dalla morte alla vita.Quello che ha espresso nel cenacolo: “desiderio desideravi hoc pascha manducare vobis”, é un desiderio vivo che é nel cuore di nostro Signore Gesù Cristo. Noi lo dobbiamo credere, lo dobbiamo ritenere per certo, noi lo dobbiamo ritenere rivolto a ciascheduno di noi, perché abbiamo l’opportunità di essere ricapitalizzati, di essere immersi nella sorgente, di essere innestati alla vite, da cui sprigiona con turgore, con urgenza, la vita divina, la partecipazione alla vita divina che ci fa figli di dio, che ci fa amici di Cristo.
Poi il momento della carità.Può sembrare paradossale, ma é decisivo per la vita cristiana e quindi per la nostra vita spirituale, che noi diamo al nostro Padre la possibilità di amarci. Lui ci ama.Tutte le espressioni della amabilità,della tenerezza dell ’a more di Dio, dell’amor infinito misericordioso, che noi troviamo nella parola di Dio! Una madre potrebbe anche dimenticare il frutto delle sue viscere ma lui non ci dimenticherà mai. Lui ci tiene in braccio, sulle sue ginocchia con il volto vicino al suo, come un Padre che, così ama il il suo Popolo, il suo Figlio , ciascheduno di noi.,che ci ama tanto da darci il suo Figlio per amore nostro, che ci ama al punto di giungere all’estremo di darsi per ciascuno di noi, nel Figlio suo, nella morte del suo Figlio. Questo amore di Dio, noi lo dobbiamo celebrare, in questi giorni, lo dobbiamo accogliere con gioia, lo dobbiamo come riscoprire, perché é la grande realtà, é la grande sostanza, é la grande ragione della nostra esistenza, del nostro ministero, del nostro apostolato: di tutto, di tutti i sentimenti del nostro cuore. Perciò la nostra attenzione dovrà essere rivolta alla carità, all’amore di Dio che é proteso su di noi con uno slancio che, secondo il linguaggio biblico, é come quello dello sposo che esce dal talamo.
E poi c’é la celebrazione della carità tra di noi. Voi mi conoscete, ma non importa la nostra conoscenza personale, esteriore. Importa la coscienza che ciascheduno di noi ha di essere Figlio del Padre e di essere, perciò, fratello l’uno all’altro. Paolo VI , felicemente, ha detto: ogni uomo i é fratello.
Celebreremo la nostra fratellanza , in questi giorni, stando insieme nel raccoglimento, nella preghiera, nell’ascolto della parola di dio, nella celebrazione liturgica e nello spazio che ci raccoglie, -ho detto- silenziosamente. Sono cose grandi, sono cose enormi dalle quali siamo distratti continuamente, dalle situazioni in cui si svolge la nostra esistenza, e nella quale situazione noi dobbiamo immergerci, per poter riemergere ristorati, rifatti , perché questa é la nostra vita. Allora un grande atteggiamento di una carità vicendevole.Ciascheduno di noi, in questi giorni, deve pensare a tutti.
Siamo pochi? E’ più facile.Ciascheduno di noi deve pregare per l’altro, per tutti. Tutti dobbiamo pregare per ciascheduno.Tutti dobbiamo edificarci, con il nostro contegno, con il nostro spirito di fede, cercando di creare un ambiente di fede, perché niente ha senso al di fuori di una vera autentica realtà di fede, quindi, di una vera autentica espressione di fede.
Ecco, miei cari, come Dio é impegnato ad accoglierci in questi momenti di grazia, in questi giorni. Pensate al desiderio ardentissimo che noi entriamo in una conoscenza sempre più profonda, esperienziale, dell’amore di Dio che c’é nel cuore della Vergine santissima, che c’é nel cuore dei nostri Santi protettori, dei Santi, di tutti i santi, nostri fratelli che ci hanno preceduto nel segno della fede. Noi siamo in comunione con loro.Il loro desiderio della nostra salvezza, della nostra santificazione partecipa al desiderio con cui Gesù é morto in croce, estrema espressione dell’amore di Dio per ciascheduno di noi.