Il libro di cui intendo parlare questa volta ha il pregio di non essere voluminoso. Un centinaio di pagine. Caratteri ben leggibili. Sa andare all’essenziale. Il genere viene segnalato senza equivoci dal sottotitolo: «Testimonianze di un vescovo emerito». Si tratta di monsignor Carlo Ferrari, fino a un anno fa vescovo di Mantova. Il titolo del libro: il Dio cristiano.
Si potrebbe anche parlare di un testamento spirituale nel quale si racconta l’essenziale del messaggio cristiano, coinvolgendo la propria persona e soprattutto il cammino compiuto. Carlo Ferrari racconta, infatti, con gratitudine come l’esperienza conciliare lo abbia segnato profondamente. Permette di cogliere con mano la svolta sconvolgente e liberante del concilio. Si intravede come abbia avuto luogo un capovolgimento di prospettiva, che ha permesso che nascesse una nuova spiritualità.
E’ indubbio che il cristianesimo era andato a cacciarsi nelle maglie di una forma di pensiero preoccupata soprattutto di porre in luce un sistema di verità parecchio astratto. Di questo certamente non si vive, oppure si vive male e sovente con il terrore di inciampare per ogni dove. C’è voluto un ritorno all’immediatezza delle fonti bibliche per scoprire che a monte del sistema ci sta una storia, la storia del Dio trinitario venuto a incontrare l’uomo. E oggi ancora lo chiama a vivere in comunione con lui.
Da qui nasce tutta un’insistenza sull’iniziativa di Dio che precede l’agire dell’uomo e lo chiama, nel rispetto più assoluto della sua libertà, ad accogliere il dono di questa Presenza e a corrispondervi gioiosamente.
Ci viene presentato uno squarcio sul cuore della storia della salvezza a partire da una convinzione di fondo semplice e quasi disarmante. Difatti l’autore nella premessa afferma di voler testimoniare la verità centrale della sua vita: «Io sono una persona amata». Amato da quel Dio che è in se stesso comunità d’amore e che nella storia della salvezza perdona all’uomo il suo peccato perché viva in un rapporto di amicizia con lui.
Perché questo messaggio vitale possa farsi strada e risuonare nuovamente quale buona notizia, come evangelo, è necessario stigmatizzare un certo tipo di teologia e tutta quella impostazione legalista di un cristianesimo, che fu all’origine di non pochi traumi. Questo fa dire all’autore a pagina 54: «La mia lunga esposizione ha lo scopo di mettere in evidenza, ancora una volta, che la vita cristiana non consiste nella osservanza della legge, ma nel rapporto personale con il Padre e con il Figlio e con lo Spirito Santo: Dio, dal monte Oreb al Cenacolo, è Dio con ognuna delle nostre persone, e ha promesso che verrà a stabilire la sua dimora in noi (cf Gv 14,23)».
In tempi in cui al concilio Vaticano II si fanno dire molte cose, sovente contraddittorie, questo scritto lineare, impegnato e per di più da parte di un vescovo protagonista dei nostri tempi, ha il sapore di un balsamo benefico. Aiuta certamente a ritrovare l’orientamento, per cogliere le linee maestre di quella primavera conciliare di cui si arrischia di perdere la memoria vivificante.
Mauro Johri
Stampa: “Messaggero” Rivista del Santuario della Madonna del Sasso- Orselina – CH 6644.