incontri organizzati dall’Azione Cattolica diocesana per animatori di gruppi parrocchiali.
Relazione del Vescovo mons. Carlo Ferrari il 5 marzo 1978
Vi confesso di trovarmi dinnanzi ad un impegno molto serio a parlarvi del ministero della catechesi oggi nella Chiesa.
Credo che dobbiamo riflettere insieme sull’origine di questa attività della Chiesa, che è la catechesi. E l’origine mi pare di poterla individuare nel fatto singolarissimo e insospettabile che Dio parla agli uomini.
Dio si manifesta a noi con la creazione, al vertice della quale pone l’uomo; dopo il peccato che ci ha staccato da Dio e dai fratelli, si manifesta a noi con la sua volontà di salvezza e non solo parla a noi ma fa abitare in mezzo a noi il suo Verbo, la parola di Dio: in principio era il Verbo, e il Verbo abitò in mezzo a noi, divenne uno di noi.
Lo scopo per cui Dio si rivolge a noi con la sua parola è quello di darci una vita, di darci una vita più piena, che culminerà nella comunione di vita con sé (cfr. D.V. 2).
Quello che c’è da rilevare ed è caratteristico è il fatto che la parola del Signore non dice soltanto qualche cosa: fa, comunica, partecipa, non tanto dei pensieri o dei sentimenti o delle intenzioni, ma della realtà di vita: una vita nuova, la vita di Grazia, la vita di Gloria.
E’ tutta una comunicazione di vita. Perché questa comunicazione di vita sia possibile per gli uomini, Gesù Cristo viene nel mondo. Ma terminata la Sua missione nel mondo continua a comunicare la sua vita nello Spirito per mezzo della Chiesa. La Chiesa ha questo compito: di trasmettere agli uomini quella vita che Dio vuole loro proporre.
Il ministero nella chiesa
Come avviene questo? Avviene attraverso il ministero della Chiesa, per mezzo del quale continua la missione stessa di nostro Signore Gesù Cristo. Egli si è espresso con molta chiarezza: sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza, e ha precisato: io sono la Vita. L’apostolo Giovanni che aveva riflettuto su questo fatto dice che noi tutti, che accogliamo la vita che è in nostro Signore Gesù Cristo, prendiamo dalla sua pienezza perché Lui è pieno di Vita e di Verità. E’ pieno della Vita (cfr Gv. 10,10;1,16)
Gesù vuole la Chiesa: è evidente in tutto quello che dice e in tutto quello che fa. Alla Chiesa affida la sua missione: andate nel mondo intero e fate di tutti gli uomini dei miei discepoli, battezzateli e indicate loro quello che devono compiere (cfr. Mc. 16,15). E’ un’espressione dettagliata con diverse sfaccettature che indica la intenzione precisa di Nostro Signore Gesù Cristo. Annunciare il Vangelo non è annunciare una dottrina: è annunciare un avvenimento, è annunciare che Dio vuole stabilire un rapporto di vita con gli uomini: questo è il Vangelo, questa è la Buona Novella, questo è il fatto inaudito.
Per potere partecipare a questa vita è necessario essere battezzati, ricevere i Santi Sacramenti che sono segni, strumenti della comunicazione di questa vita. E quando noi siamo dotati di questa vita nuova che Iddio ci vuole comunicare, diventiamo capaci di comportarci a livello di questa vita nuova, cioè di osservare i Comandamenti.
Chi è capace di osservare i comandamenti? I comandamenti non sono soltanto espressione di una legge; i comandamenti sono l’indicazione di un rapporto, e di un rapporto nuovo: “agli antichi è stato detto…, ma io vi dico…” ripete sovente nostro Signore Gesù Cristo e ci fa intendere che la nostra giustizia, cioè la nostra condotta, la nostra vita deve essere molto superiore a quella dei farisei, a quella degli antichi, perché deve corrispondere appunto al livello di quella realtà nuova di cui noi siamo dotati.
I vecchi scolastici dicevano: “Operari sequitur esse”: l’azione è della stessa natura di chi la compie; se chi la compie è partecipe della vita di Dio, deve essere un’azione da figlio di Dio. E noi diventiamo capaci di compiere questa azione da figli di Dio: di comportarci da figli di Dio, di comportarci da fratelli tra noi, in conseguenza della vita che noi abbiamo ricevuto.
In questo modo mi pare che sia precisato il compito della Chiesa come conseguenza del rapporto che Dio ha voluto stabilire con noi.
La catechesi è comunicazione di vita
Noi stamattina dobbiamo parlare della catechesi. La catechesi si pone proprio nel cuore della missione della Chiesa, nel cuore di questo compito che realizza tra gli uomini il disegno di Dio: di volerci mettere in dialogo con Lui, in un rapporto di vita con Lui, in una comunione con Lui. Essa diventa l’attività strumentale attraverso cui tutto questo avviene.
Capite allora come la catechesi sia la continuazione dell’annuncio del Vangelo in tutta la sua pienezza: l’annuncio di un fatto, ma non attraverso espressioni verbali, perché è un annuncio di vita e, un annuncio che in definitiva è una comunicazione di vita non può essere fatto attraverso delle semplici parole. Attraverso delle parole si comunicano dei pensieri, dei sentimenti, delle emozioni anche profonde, ma di vitale non si trasmette niente: si possono comunicare degli impulsi, ma una realtà nuova come è la vita non la si comunica attraverso le parole.
Ci vuole qualche cosa di più: bisogna essere delle persone che comunicano questa vita che Dio vuole dare agli uomini attraverso tutto il proprio essere, che si manifesta anche nelle parole, nei gesti, nel comportamento, nello stile di vita, in ciò che ognuno è nel suo profondo più vero. Bisogna essere dei canali o meglio conche, come raccomanda S. Bernardo, attraverso cui trabocca questa vita.
Voi comprendete come da queste brevi indicazioni sia complessa, impegnativa, seria l’azione catechistica. Ci può essere fra di noi chi pensa di fare azione catechistica trasmettendo delle nozioni di tipo religioso-cristiano: ormai mi pare che sia una fase superata; chi pensa di dare delle indicazioni di comportamento: è già qualche cosa, però, è anche una cosa pericolosa
Proporre agli altri uno stile di vita così alto ed esigente come quello del Vangelo e non fornire la capacità di realizzarlo è come un tradimento o un esigere una cosa impossibile dai nostri fratelli. E’ porli anche in una condizione di sfiducia, di scoraggiamento, perché si accorgerebbero che non ce la fanno; bisogna dare qualche cosa di più, bisogna comunicare qualche cosa di più, bisogna comunicare quello di cui si vive.
Ma adesso cerchiamo di riprendere un po’ il nostro discorso per non spaventarci dinnanzi a questo compito così formidabile
Gesù Cristo ha affidato alla sua Chiesa, la sua missione: è la Chiesa che deve evangelizzare, che deve catechizzare attraverso l’esercizio di facoltà, di cui Gesù Cristo stesso l’ha dotata; queste facoltà sono animate dallo Spirito Santo, presente nell’azione della Chiesa. Perciò si dice che la Chiesa è ministeriale, cioè al servizio della missione di nostro Signore Gesù Cristo che vuole comunicare la vita nuova agli uomini.
Come la dobbiamo concepire la Chiesa? Questa Chiesa che deve esercitare il ministero di trasmettere ciò che Gesù Cristo ha portato su questa terra? Bisogna avere un concetto esatto di Chiesa.
Catechesi della chiesa
La Chiesa è il popolo di Dio, adunato nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo: uno è inserito nel popolo di Dio per mezzo della fede e del battesimo, e diventando membro di questo popolo, acquista una dignità che è uguale per tutti: tutti sono insigniti della stessa dignità. Nello stesso tempo acquista però la capacità e assume la responsabilità di viverla questa dignità, di vivere questa vita nuova che egli ha ricevuto nel Battesimo e che si esprime nel comandamento nuovo di nostro Signore Gesù Cristo: amerai. In questo popolo di Dio ciascheduno ha il suo posto, il suo compito.
Oltre l’immagine di popolo di Dio che definisce globalmente la Chiesa nel suo mistero, nella sua realtà, c’è anche quella del corpo di Cristo: la Chiesa è il corpo di Cristo, la Chiesa è anche il tempio vivo dello Spirito. Facciamo caso che si tratta sempre di realtà unitarie: un solo popolo, un solo corpo, un solo tempio. Inoltre si tratta di realtà viventi: il popolo dei figli di Dio, che costituisce la famiglia dei Figli di Dio, vivono della vita di Dio; nel corpo di Cristo, le membra vivono della vita che ricevono dal Capo. Il tempio che si edifica nello Spirito ha un’unica animazione: si tratta di pietre vive tutte animate da un unico Spirito. Si tratta di una unità organica: E’ un popolo gerarchicamente costituito. Cosa vuol dire gerarchicamente costituito? Non perché c’è la cosiddetta “gerarchia”, ma perché ognuno ha un posto, ognuno ha un suo compito.
Per unificare un popolo bisogna che ci sia chi ha il compito di unificare questo popolo. Per unificare le membra del corpo ci vuole il Capo, non si concepisce l’unità organica di un corpo senza il capo, il tempio vivo nello Spirito si edifica su un’unica pietra angolare che è nostro Signore Gesù Cristo; e ogni pietra concorre all’armonia e allo splendore di questo tempio stando al suo posto: se un capitello volesse diventare una base o viceversa, non starebbe più in piedi.
Catechesi nella chiesa
Perché ho detto questo? Per fare capire come deve essere concepita l’azione evangelizzatrice e catechetica. E’ azione del popolo di Dio, del corpo di Cristo, del tempio vivo dello Spirito, in cui ciascheduno deve svolgere il suo ruolo. Notate bene: perché il ruolo di ciascheduno sia quello che deve essere, bisogna che sia un ruolo che si riferisce a quello di tutto il popolo, a tutto il corpo, all’intero tempio. Per dirla con parole più semplici: io non posso fare catechismo o evangelizzare per mio conto, con un’azione individuale, prescindendo da tutto l’insieme, sia esso concepito come popolo, come corpo o come tempio. Io devo essere inserito nell’unica vita di questo popolo, di questo corpo, di questo tempio.
Ma ne deriva anche un’altra conseguenza che, direi, è fondamentale: chi fa un’azione nella Chiesa, che equivale a portare avanti la missione di nostro Signore Gesù Cristo, la deve compiere nella Chiesa; perché ci sia lo svolgimento della missione, che Gesù Cristo ha affidato alla Sua Chiesa, deve verificarsi un’espressione di Chiesa. Cercate di capire questo passaggio: perché ci sia lo svolgimento del compito di portare avanti la missione di Gesù Cristo, che egli ha affidato alla Sua Chiesa, bisogna che ci sia un’espressione di Chiesa.
Uno individualmente non è espressione di Chiesa, lo è in comunione con tutto il resto della Chiesa, con tutta la Chiesa.
E semplifichiamo, anche se in modo paradossale al fine di comprendere questa verità: il Papa parla da solo, per suo conto, nella Chiesa, un Vescovo predica per suo conto nella Chiesa, così il prete; risponderebbero all’intenzione di nostro Signore Gesù Cristo, che è quello di servirsi di questo strumento per portare avanti la missione della Chiesa di comunicare la vita di Dio agli uomini? Possiamo dire di no. Perché Gesù Cristo la Chiesa non l’ha concepita così: solo il Papa, solo i Vescovi, solo i preti. Iddio ha avuto un disegno ben preciso; che è stato esplicitato da nostro Signore Gesù Cristo, e nostro Signore Gesù Cristo ha voluto la Sua Chiesa dove il Papa ha un suo compito, dove i Vescovi hanno il loro compito e così i preti, dove ci sono tutti i battezzati con i rispettivi compiti.
Perché ci sia un’espressione di Chiesa bisogna che, in qualche modo, ci sia la comunione di quelli che noi chiamiamo i diversi ministeri, i diversi compiti, compiti destinati a complementari, destinati a integrarsi, per essere i compiti della Chiesa, altrimenti diventano i compiti del prete, i compiti di uno o più laici, e non siamo più nel piano di Dio e nelle intenzioni di nostro Signore Gesù Cristo. Ci dobbiamo essere tutti.
Il proprio della catechesi
Cosa ne deriva come conseguenza? Chi evangelizza, chi fa catechesi, è la Chiesa o un’espressione di Chiesa, la quale comunica la vita che ha ricevuto. Abbiamo già illustrato questo concetto: si comunica quello che si è ricevuto, non si dicono semplicemente delle parole, non si insegnano semplicemente delle nozioni, una dottrina; bisogna trovarsi dinnanzi a delle espressioni di Chiesa viva ed attiva. Diciamo le cose con maggiore concretezza. Prendiamo la parrocchia, espressione più comune e più dettagliata e nel senso delle dimensioni, più piccola di Chiesa. C’è il prete zelantissimo che predica e organizza la catechesi e gli altri attendono dal prete e dalla sua organizzazione che ne salti fuori quel miracolo, quella meraviglia stupenda che è la comunicazione della vita di Dio per gli altri, per i bambini, per i ragazzi, per i giovani, per gli adulti. Non siamo nel piano di Dio: si riduce tutto ad un’azione del prete, il quale organizza un’attività che può essere da un punto di vista didattico e pedagogico anche valida. Ma se il prete non è a capo, diciamo così, non presiede la carità di coloro che hanno il diritto e il dovere di trasmettere agli altri la stessa carità che hanno ricevuto, non ci siamo.
Il prete di per se stesso, isolatamente, non è un’espressione di Chiesa: deve avere intorno a sé delle membra, ma non delle membra del suo corpo, ma delle membra del corpo di Gesù Cristo, membra vive in cui inserire o da cui far scaturire questa attività che è la catechesi. Allora noi ci troviamo dinnanzi ad un organismo vivo che attraverso un’espressione viva, un’attività viva com’è la catechesi, comunica una realtà di vita. Ecco dove si definisce concretamente la catechesi.
Adesso io non scendo a descrivere nei particolari i diversi momenti dell’attività catechistica, le leggi che sono iscritte nelle pedagogie delle catechesi, o altro. A me preme mettere in risalto questo fatto: la nostra prima preoccupazione, preoccupazione del Vescovo, dei preti, di ciascheduno di voi che volontariamente, generosamente si mette a disposizione del Vescovo, dei preti, per fare azione catechistica, quale deve essere? Quella di creare una comunità viva, di far nascere un nucleo di persone che esprimono la Chiesa, l’unità del popolo di Dio, del corpo di Gesù Cristo, del tempio che si edifica nello Spirito, di persone, cioè, che riferiscono in un modo cosciente la totalità della loro persona, della loro vita e delle loro azioni a nostro Signore Gesù Cristo, dal quale riceviamo per mezzo dello Spirito la vita che il Padre vuole comunicare a ciascheduno di noi.
Non persone dell’altro mondo, ma persone di questo mondo, persone che mangiano, che bevono, che lavorano, che hanno dei rapporti sociali, dei rapporti professionali di lavoro, ma che riferiscono tutto se stessi e tutto quello che fanno a nostro Signore Gesù Cristo, che sono di nostro Signore Gesù Cristo, che vivono in nostro Signore Gesù Cristo. Io non sto, anche qui, a dettagliare maggiormente queste affermazioni, ne comprendete la portata, ne capite il significato; capite anche quanto sia impegnativo perciò trovarsi in una classe a fare catechismo. Non ci sono per mio conto, ci sono per conto di tutta la comunità, e d’altro canto la comunità di coloro che si riferiscono coscientemente, radicalmente a Gesù Cristo deve essere con me.
Per mio conto, sia pure in modo denso, forse troppo denso, ho cercato di descrivere la natura dell’azione catechistica o catechetica nella Chiesa.
Relazione del Vescovo mons. Carlo Ferrari tenuta il 5 marzo 1978 a conclusione degli incontri organizzati dall’Azione Cattolica diocesana per animatori di gruppi parrocchiali.
ST 368 Catechesi 78
Stampa-: sette pagine strappate da una pubblicazione e raccolte in archivio Ferrari