E’ stato detto che qualora sulla faccia della terra scomparisse il Vangelo, il cristiano dovrebbe essere tale che chi lo vede potrebbe riscrivere il Vangelo.
In altre parole, un cristiano «di quelli che stanno con Cristo», a quattro passi magari dall’orto dell’agonia, come ci stavano Pietro, Giacomo e Giovanni; un «seguace», dico di tal fatta, è una luce che non ha bisogno di farsi luce. Tuttavia, noi lo tratteremo cercando di capire questa singolare alchimia che rende un uomo capace, nella sua quotidianità, di accedere all’Eterno. Così tanto da poter, noi, riconoscere nei suoi lineamenti: il cristiano. Non solo, ma anche la potenza del «padre».
Ebbene, eccolo sbendato questo «padre», trasmettitore di vita, il cui impulso spinge avanti il mondo, e concorda con il titolo di vescovo. E’ il mio vescovo: Carlo Ferrari, l’uomo dell’alto messo lì per illuminare la grigia vallata. Egli può anche difettare di una faccia tutto-miele come quella del Gesù delle pinacoteche, ma è sempre l’apostolo che enunzia con sicurezza la Parola di vita. Anche perché porta gli stessi segni sconvolgenti di Cristo che l’ha voluto. Un prete, cioè, nella sua pienezza, che viene con il suo travaglio di ricerca, e si ritrova, ad un certo momento, sporgente come «pietra d’angolo».
Non è facile parlarne. «La secolarizzazione è presente dovunque —ci ha ammonito di recente mons. Ferrari—, anche in coloro che esprimono domande religiose».
Certo, non tutte le domande possono essere acriticamente assunte. In quest’ora, ogni domanda religiosa sembra sottoposta a «crisi»: ecco perché ci servono, come «criteri» di verifica, quei diciotto anni di servizio del suo magistero compiuti dal vescovo nei panni del «padre». E’ molto importante il «discernimento» di questa paternità spirituale nei confronti della domanda religiosa.
Orbene, in questa raccolta di «epistole», odorosa d’inchiostro, sorretta da una cultura moderna e suadente, mossa da un amore che diventa produzione di «senso» per capire e vivere l’attualità del Vangelo, noi abbiamo colto subito la grande risposta del vescovo Ferrari, diventata per lunghi anni il suo modo di essere: dono apologetico, tutto da studiare.
In questi diciotto anni, si diceva, il vescovo Carlo è stato il padre, impegnato nel grande movimento della vita. E la vita si è servita di lui per procedere. Diremo anzi che a motivo di questo impegno non esiste «avventuriero» al mondo più sacro, più esposto e più vulnerabile di un padre. Possono esistere, sì, diecimila precettori, ma il mondo non si riscalda, non si umanizza se non attraverso questo sguardo «paterno»: il solo che può dare un volto a Dio. Gliene siamo grati.
LORENZO
Stampa: “La Gazzetta di Mantova”, 19 Settembre 1985, su la pagina di ‘Mondolibri’ per la pubblicazione del libro “Il concilio e una chiesa” di Mons. Carlo Ferrari.