incontro con i sacerdoti
Loano 15-19 Febbraio 1971
Il fatto originale del cristianesimo è che Dio parla agli uomini
In continuità del tema della parola di Dio soffermiamoci a considerare un tema che ne deriva direttamente, quello della preghiera. La preghiera cristiana, come tutta la vita cristiana, non è un movimento che va dall’uomo a Dio, ma è un movimento che discende da Dio all’uomo. Iddio in persona ci viene incontro per salvarci, per invitarci e introdurci nella comunione di vita con Sé, per mezzo della Parola. Perciò la preghiera deve costituire questo incontro.
Il primo momento della preghiera, quello che decide della preghiera: è incontrarsi con Dio, è sapere di essere alla presenza di Dio non tanto perché noi ci siamo posti alla sua presenza, ma perché Lui ha deciso di essere con noi, di stare con noi. Dio con noi è il Dio di Israele: “Io sono con voi fino alla consumazione dei secoli”, dice Gesù accomiatandosi dai suoi apostoli. “Con voi”, non è una formulazione astratta. ” Con voi” significa che Gesù Cristo è con le singole persone che egli cerca, é con le singole persone che il Padre cerca per mezzo di Gesù Cristo, mandato appunto per cercare e trovare ciò che era perduto.
Chautar, in una nota del suo sempre attuale libro “L’anima di ogni apostolato” – è stato tradotto così ultimamente, ma la prima edizione era intitolata “L’anima dell’apostolato” – dice che la preghiera vale tanto quanto e riesce tanto quanto c’é, da parte nostra, di impegno per stabilire questo incontro con Dio che vuole stare con noi.
E’ troppo facile la tentazione di assolvere un dovere e perciò di dire le preghiere, di compiere, come si dice, un esercizio di pietà, ma potremmo anche fare a meno di compiere quell’esercizio di pietà in un senso materiale, fino a quando non abbiamo compiuto il primo atto della preghiera, che è il nostro incontro con Dio, e tutto il tempo che abbiamo avuto a disposizione, l’abbiamo impiegato, da parte nostra, a stabilire questo incontro.
Abbiamo o non abbiamo la sensazione, l’impressione, la coscienza che questo incontro sia avvenuto da parte nostra? Abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare per pregare. Insisto: teniamo ben presente che Dio non lo raggiungiamo da noi stessi, se egli non ci attira, se egli non ci attrae. “Nemo venit ad me nisi Pater traxerit eum” Nessuno va al Padre se non per mezzo di Gesù Cristo. E’ l’azione dello Spirito Santo che compie tutto questo. Lo Spirito Santo nella nostra vita spirituale, nello svolgimento della nostra vita spirituale, nel compimento della nostra vita spirituale è tutto, perché lo Spirito ha il compito di farci incontrare, personalmente, con Dio nella preghiera con la totalità della nostra persona.
Noi dobbiamo lasciarci incontrare da Dio così come siamo: così come siamo psicologicamente, come stato d’animo, come condizione morale. Il Signore ci prende così come siamo: se siamo stanchi, se siamo annoiati, se non ne abbiamo voglia. Dobbiamo lasciarci incontrare, dobbiamo lasciarci prendere personalmente, cioè nella totalità del nostro essere. Nella preghiera dobbiamo essere personali nel senso di essere tutto noi stessi -per esprimerci in termini aristotelici – corpo e anima, facoltà del corpo e facoltà dell’anima. Noi non siamo degli angeli. Dio non vuole incontrare degli angeli. Gli angeli ce li ha in cielo e là, forse, gli danno persino noia.
Questo è un aspetto molto trascurato nella nostra pietà cosiddetta occidentale. Noi, per via di Aristotele e compagni, abbiamo distinto e poi abbiamo separato anima e corpo e poi, una parte l’abbiamo tenuta come buona e l’altra l’abbiamo lasciata andare per suo conto, così l’educazione fisica, l’educazione psicofisica della nostra formazione non ci sono entrate. Quanta importanza danno nella spiritualità, i monaci nell’estremo Oriente alla posizione del corpo, agli esercizi del corpo, che noi oggi chiamiamo esercizi yoga! Dispongono di tutto il loro essere nel senso di totale padronanza di se stessi.
Perché mai la nostra preghiera è una preghiera normalmente distratta? Perché, tutto in noi è slegato, tutto in noi va per proprio conto. Noi non abbiamo imparato a costituire l’unità nella nostra persona e quindi la sintesi di tutto il nostro essere nell’intimo del cuore – anch’essi usano questa parola – nell’intimo di noi stessi, cosicché i sensi, la sensibilità, gli stessi umori intesi nel senso delle funzioni endocrine del nostro corpo, siano tutte orientate, diventino tutte e totalmente presenti a Dio che ci ha creati così.
Io vorrei che queste cose non le prendeste come delle stranezze. Io vorrei che ci rifletteste sopra. Dio ci ha fatti così, Dio ci cerca così. Dio ci vuole così. Dio vuole salvare l’uomo, non vuole salvare l’anima dell’uomo. Dio ha creato tanto l’anima quanto il corpo. Nella descrizione biblica potremmo cogliere un impegno particolare da parte di Dio: nel plasmare il corpo dell’uomo. Nel plasmare il corpo siamo al vertice dell’opera della creazione. Il soffio di Dio anima il corpo. E’, un linguaggio pittoresco, un linguaggio immaginativo. I documenti della Rivelazione si esprimono così. Il corpo di Cristo? E’ vero che i testi biblici quando dicono corpo vogliono indicare la totalità della persona. La carne di Cristo che ci è data in cibo è strumento di salvezza. Mi pare che tutto questo dovrebbe farci riflettere, farci intendere qualche cosa sull’educazione di noi stessi proprio in ordine alla vita spirituale, in ordine alla vita religiosa, in ordine particolarmente alla preghiera.
Preghiera come incontro, preghiera come ascolto. Più che parlare a Dio nella preghiera, noi cristiani dobbiamo ascoltare Dio. Il fatto inaudito, inconcepibile per qualunque teologia, il fatto originale e unico del cristianesimo è questo: Dio parla agli uomini. Perciò la preghiera deve essere ascolto. Per questo motivo abbiamo messo la preghiera nel contesto della Parola di Dio. Dio che parla: parla nella sua parola proclamata nella sua chiesa, parla nella sua parola cosmica.
Ecco io vorrei cominciare dalla parola cosmica ” Coeli narrant gloriam Dei” Il mare potrà narrare la sua potenza o la sua immensità. E’ linguaggio di Dio. E’ parola di Dio. Questi nostri occhi abbagliati dagli schermi, queste nostre orecchie tormentate dalle radioline e dai tubi di scappamento, questi nostri sensi immersi nelle opere degli uomini, non percepiscono più l’opera di Dio, non colgono più il linguaggio di Dio attraverso il cosmo, attraverso il creato. Lo evidenzia Teilhard de Ghardin.
Non è necessario essere teilhardiani, però non sarebbe un male, intendendo bene le cose! Non è un teologo e quindi non bisogna giudicarlo alla stregua dei teologi nelle sue espressioni. E’ uno scienziato fino ad un certo punto, ma è un intuitivo, è un poeta, è un’anima religiosa che considera o contempla questo universo nel quale noi siamo, la nostra piccolezza insignificante che è la ragione d’essere di mondi sconfinati, perché un raggio della loro luce, un segno impercettibile della loro presenza giunga sino a Dio e sia riferito a Dio nella nostra coscienza, perché noi siamo la coscienza dell’universo.
E noi lo percepiamo questo universo? Noi che dobbiamo essere la risposta a questo linguaggio di Dio? Convincetevi, miei cari, che questa non è poesia, è realtà, è creazione, è opera delle mani di Dio. Se Dio ha fatto il mondo così, perché noi dobbiamo trascurare il creato? Perché non dobbiamo farlo entrare nella nostra vita, nel più profondo della nostra vita, nella espressione più alta della profondità della nostra vita che è la preghiera?
Dio parla nella storia. Dio è il padrone della storia. Dio è il grande regista della storia. La storia degli uomini, qualunque senso prenda, è nella mani di Dio. Nella nostra formazione siamo rimasti privi di senso storico, perché addirittura la storia era una delle materie più o meno secondarie. Non conosciamo il mondo in cui viviamo e viviamo la nostra vita prescindendo dal contesto in cui la nostra vita si è intessuta, si è costruita. Non conosciamo la nostra storia come risultato di tutte le vicende che hanno toccato le generazioni che ci hanno preceduto. Ricordate come si insegna la storia nelle scuole. Sono elencati Ciro, Alessandro Magno, Carlo Magno, Napoleone. Quella non è storia! Quelle sono frange della storia. Quelle sono i margini della storia. Quelle sono esplosioni di situazioni storiche. Noi, non siamo noi stessi se non siamo nell’ambiente che ci ha fatti, di generazione in generazione. Come è vivo il senso storico nella Sacra Scrittura!
Dio parla nella sua Chiesa. Oggi non si vuole più ascoltare neppure la Chiesa. La chiesa di Dio, è il popolo convocato da Dio, è l’oggetto del piano di Dio, è il luogo, è il tempo, è lo strumento della nostra salvezza. A volte nella chiesa si ascolta quello o quell’altro teologo e non la chiesa come comunità gerarchicamente ordinata. Così noi non siamo in ascolto di Dio. Dio non ci può parlare se il nostro atteggiamento fosse questo: l’ascolto diretto della parola nella chiesa.
Quindi il nostro libro di meditazione ad un certo punto dovrebbe essere la Sacra Scrittura e la S.Scrittura ci rimanda a tutto: ci rimanda al creato, ci rimanda alla storia, ci rimanda alla chiesa, perché tutto è di Dio, dovunque è presente Dio, tutto è linguaggio di Dio, tutto è sacramento della presenza di Dio e della sua azione. Quindi dobbiamo rivedere la preghiera come scoperta di ciò che Dio fa per l’uomo. Di ciò che Dio fa perché non ha semplicemente fatto. La creazione – da parte di Dio – non è stata compiuta in un istante e, a parte la durata dell’assestamento dell’universo che non è ancora terminato, – la sua azione continua. La creazione non sarebbe creazione se Dio non la creasse ininterrottamente, attualmente. Che cose stupende fa mai Dio!
Richiamo brevissimamente un’osservazione. Gli uomini scoprono qualche cosa di impercettibile di tutto ciò che Dio fa nel suo creato. Se non hanno il senso di Dio, se non hanno il senso della presenza di Dio nel creato, è naturale che si meraviglino di più per uno Sputnik che va verso la luna, che di tutte le leggi che presiedono all’armonia, allo svolgimento, al progresso del cosmo intero. Così non si meravigliano della natura più vicina, delle creature più minute, come possono essere un filo d’erba, un uccello che pigola. Queste cose le abbiamo lasciate agli scienziati, ai poeti o tutt’al più a san Francesco. Sono cose di Dio!
Dobbiamo ritrovare la preghiera come scoperta di ciò che ha fatto Dio, i “mirabilia dei”. Tutta la scrittura è un continuo richiamo alle opere stupende che compie Dio e ci fa esclamare la lode per ciò che Dio ha fatto perché ci meravigliamo, perché rimaniamo stupiti, perché godiamo incantati davanti a ciò che Egli fa. Guardate che, non siamo abituati ad uscire dalle strettezze delle nostre piccinerie – scusate – anche di carattere morale o spirituale per spaziare in questo ambito creato da Dio per noi. Perché alle volte siamo piccini, gretti, insofferenti, scorbutici? Ma perché viviamo in un mondo troppo piccolo, perché ci siamo costruiti, da noi stessi, un mondo piccolo e ristretto, mentre invece il mondo di Dio è immenso.
Noi siamo chiamati a scoprirlo proprio nella preghiera che è il momento in cui Dio ci illumina, ci conduce per mano alla scoperta di ciò che egli fa, ci conduce per mano addirittura all’esperienza di ciò che egli compie, le mirabilia Dei! Tutto ha compiuto Dio per l’uomo e, nel momento della creazione dell’uomo Iddio consegna il mondo all’uomo. I n tutti gli istanti della storia Iddio consegna tutto il mondo a ciascun uomo. E’ tutto per te! Quando non è tutto per me, è perché ci é entrato qualcosa che ha rotto la meraviglia di Dio, il piano di Dio, è entrato il peccato che impedisce che tutto sia comune.
Noi facciamo l’esperienza che l’uomo – particolarmente l’uomo occidentale che poi è l’uomo cristiano sia protestante o cattolico ha poca importanza -, ha talmente esaltato i valori estrinseci all’uomo e a dio da strumentalizzare l’uomo per altri valori: per il profitto, per il capitale, per l’azienda, per la proprietà privata. Direte che “ce l’ho” contro la proprietà privata Direte che ce l’ha già il Governo, non c’è bisogno che ce l’abbia io! Questo è lo scandalo del mondo! Come possiamo noi presentarci a quelli che non hanno una fede della rivelazione cristiana, compresi quindi anche i musulmani e tutti gli altri, e dire loro: vi portiamo la civiltà, quando la civiltà è l’assoggettamento dell’uomo alla macchina, al profitto, e al profitto di pochi?
Direte, cosa c’entra questo con la preghiera?
E’ nella preghiera che queste cose si capiscono! Non si capiscono attraverso l’economia, la politica o la politica economica o altre cose del genere. Si capiscono solo nella preghiera, dove ci si incontra con l’amore di Dio, dove si è animati dall’amore di Dio perché si entra in comunione con l’amore di Dio. E’ solo l’amore che mette al giusto posto ogni cosa.
Sentiamo la preghiera come sosta, come intrattenimento con Dio, come coscienza della gioia che prova il Padre perché un suo figlio si intrattiene con lui e riconosce tutto ciò che egli ha fatto e, in questa sosta esprimere il senso dello stupore, della meraviglia e, in questa sosta gustare il senso della gioia, del riposo, della pace, in questa sosta lasciarci prendere, lasciarci possedere, lasciarci penetrare da tutto quello che Dio ha compiuto per noi. Questa è contemplazione perfetta.
Noi quando sentiamo la parola contemplazione, così,[1]ma…. Eppure la contemplazione dovrebbe essere la forma più normale, nel senso di sostare, di lasciarci prendere, lasciarci “alitare” dallo Spirito di Dio per comprendere ciò che Dio ha fatto per noi.
Il rabbino Heschel nel libro “Dio alla ricerca dell’uomo” (ed. Mulino) ha quell’affermazione che è stata ripetuta da tanti: la Sacra scrittura non è una teologia per l’uomo, è un’antropologia per Dio. La Sacra Scrittura ci dice come ci ha fatto Dio, quello che ha fatto Dio per noi e si potrebbe dire che solo per riverbero si viene a scoprire qualche cosa di Lui.
E’ naturale che la preghiera deve essere anche un impegno a proclamare ciò che abbiamo scoperto nella preghiera, nell’incontro con Dio: deve essere anche un impegno “contemplata aliis tradere”, deve essere anche un impegno a rendere operanti le realtà che noi abbiamo scoperto, nella nostra vita e nella vita dei nostri fratelli.
OM 351 Loano 71
[1]I puntini non sono vuoto di incisione – è evidente che suppongono un gesto