Il rapporto con Dio e con i fratelli, il cui sviluppo costituisce le tappe della maturazione della persona e della personalità del cristiano, hanno il loro punto di convergenza nella comunione con Dio e con i fratelli, che è, poi, una misteriosa comunione degli uomini con le Divine Persone. Questo è il tutto della vita cristiana dove, evidentemente, l’amore è il vertice, è la profondità, è l’abisso, è la perfezione del modo di essere cristiano.
Pensando al nostro ministero della carità, noi dobbiamo prendere coscienza di essere per la volontà di nostro Signore Gesù Cristo che ha costituito la sua Chiesa, il segno e lo strumento dell’unità nella carità. Gesù Cristo ha un’espressione molto esplicita quando prega il Padre, che i suoi siano quasi una sola persona, come lui e il Padre sono una sola cosa, “Ut mundus credat”.
Quindi c’è un segno di credibilità. Evidentemente, ogni cosa che fa Iddio è un segno di credibilità efficace, è un segno di credibilità che produce qualche cosa. – Siamo sempre nell’ambito della sacramentalità della vita cristiana.
Ut unum sint, ut mundus credat”.Noi siamo credibili per la carità.
Le prime testimonianze, che i pagani raccolgono dai primi cristiani sono espresse in questi termini: “Come si vogliono bene!”
Quale insistenza nel discorso di Gesù prima di lasciare i suoi alla vigilia del compimento del suo atto di amore, attraverso il quale egli avrebbe unificato tutto: “cum exaltatus fuero omnia traham ad meipsum”!
Come è insistente: “mandatum novum do vobis” “hoc est praeceptum meum”, “in hoc cognoscent quia discipuli mei estis”
E, qual è il precetto del signore? Che vi vogliate bene.
E, qual è il comandamento nuovo? Che vi vogliate bene.
Da quale segno vi distingueranno gli altri? Perché vi volete bene.
E noi sappiamo di avere il precetto del Signore di volerci bene secondo la sua misura: “dilexit nos et tradidit semetipsum pro nobis”.
Oggi si pone il problema della credibilità della Chiesa, della credibilità del cristiano e si fa la questione della credibilità del prete. C’è chi lo vuole povero, chi lo vuole casto, chi lo vuole sposato, chi lo vuole operaio, chi lo vuole prete a tempo pieno. Tutti, in qualche modo, vogliono il prete, ma se domandate che cosa vogliono dalla chiesa nel senso pieno della parola – chiesa popolo di Dio dove evidentemente anche il papa i vescovi e i sacerdoti sono popolo di Dio, inseriti in questo popolo per mezzo del battesimo – vi rispondono che vogliono vedere i cristiani che si vogliono bene e vogliono costatare che noi siamo delle persone che si vogliono veramente bene e su questo punto sono esigenti. Vogliono che i preti si vogliano bene tra loro.
Se il punto caratteristico della vita cristiana è quello dell’amore, se i grandi precetti sono quelli dell’amore di Dio e del prossimo, se il Cristianesimo s’identifica con l’amore per Iddio e per il prossimo, se non ci può essere un’altra prerogativa al di sopra di questa, perché uno sia ritenuto cristiano, tutte le manifestazioni che non hanno come origine e come sorgente e come giustificazione l’amore, sono dei rami sterili.
La castità, la nostra castità, se non procede da un motivo di amore per Iddio e per i fratelli è una castità sterile in tutti i sensi, è il rifiuto ad un compito che Dio ha assegnato alla natura umana di moltiplicarsi e di moltiplicarsi nell’amore. La castità del sacerdote deve nascere dall’amore. Affinché non sottovalutiate oppure vi venga il sospetto che io sottovaluti il valore della castità del sacerdote, affermo che se non nasce dall’amore è sterile. Dico anche che la stessa vita di preghiera, se non nasce dall’amore é sterile.
Mi pare che san Tommaso faccia derivare la devotio, come la religio dalla giustizia. E’ vero che radica la giustizia nell’amore, ma stiamo attenti perché ci può essere anche una vita di pietà che nasce dalla giustizia, cioè dall’adempimento della legge. Il fariseo dice: pago le decime, osservo il sabato, non sono come gli altri, “sicut coeteri homines”. Si può anche dire: faccio la meditazione tutti i giorni, faccio l’adorazione eucaristica, recito il Rosario intero, non sono come tutti gli altri!
Se tutte queste cose non sono espressione di amore, sono rami secchi. Difatti si trovano nel nostro mondo le cosiddette persone pie, che non si vogliono bene: il mondo ecclesiastico e religioso. Negli istituti religiosi maschili e di più in quelli femminili, la vita comune intesa nel senso di fare tutti, le stesse cose, alla stessa ora, non è vita di comunione nella carità.
Andate nelle corsie di ospedali, negli orfanotrofi, nei vari Istituti, raccoglierete tante bellissime testimonianze sulle religiose, sui religiosi, ma se raccoglierete delle lamentele sarà solo perché non si vogliono bene. Perché? Perché hanno messo la santa regola prima del Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo che non conoscono, hanno messo i voti prima della carità, hanno concepito la vita comune in un modo del tutto giuridico. Scusatemi! Ecco, noi diventiamo credibili nel bene che ci vogliamo.
Guardate che, nella Chiesa un vescovo deve essere molto più preoccupato della carità vicendevole dei suoi sacerdoti che dell’ubbidienza nei suoi confronti. E’ molto più evangelico, è molto più ecclesiale che i sacerdoti si vogliano bene tra loro, di quanto sia necessario che ubbidiscano al vescovo, (non ditelo ai vescovi, quando predicherò ai Vescovi, glielo dirò io stesso) per una ragione evangelica ed ecclesiale, perché Gesù Cristo vuole che si vogliano bene tra loro, diligite alterutrum”, “si dilectionem habueritis ad invicem”, “sicut dilexi vos”, per una ragione evangelica ed ecclesiale, e poi per un motivo teologale perché noi partecipiamo dell’Unico Sacerdozio.
Il Sacerdozio è unico. Il Sacerdote è Uno e non ne abbiamo in consegna soltanto una porzione. Siamo totalmente nell’unico sacerdozio di nostro Signore Gesù Cristo e l’esercizio di questo sacerdozio deve avvenire nell’unità.
Si sente dire: io confesso come ne ho voglia, io predico come ne ho voglia, io battezzo come ne ho voglia, io celebro il matrimonio come ne ho voglia, il parroco sono io! Questi sono atteggiamenti contrari al Vangelo, contrari alla natura della Chiesa, contrari alla natura del sacerdozio di cui noi siamo investiti.
Si va a cercare la spiritualità del sacerdote diocesano. Se noi siamo insigniti del sacerdozio di nostro Signore Gesù Cristo dobbiamo soprattutto configurare noi stessi a Cristo Sommo ed eterno sacerdote, il quale ci chiede di amarci come Lui ci ha amato, di amare come lui ha amato, di non dividere, quello che non può essere diviso.
L’unico sacerdozio di nostro Signore Gesù Cristo è ad una distanza infinita da tutti i diversi ministeri di dignità di ordine canonico. Cari canonici non abbiatevene a male e sono sicuro che non ne avete a male, è infinitamente di più quello che ci rende uguali, è infinitamente di più quello che ci mette sullo stesso piano. E’ infinitamente più valido quello che ci fa tutti uguali nell’unico sacerdozio di nostro Signore Gesù Cristo.
Essere cancelliere invece che Vicario Generale, essere viceparroco invece che primicerio o qualunque altra cosa in capitolo, sono delle cose che meritano tutto il loro rispetto, però sono ridicole nei confronti del sacerdozio di nostro Signore Gesù Cristo. Guardate che è enorme e, se ci pensiamo bene, sono delle cose inconcepibili, il sentirsi di più, il sentirsi più in alto per quei vari titoli più o meno colorati, rispetto al titolo che ci mette ad un’altezza incommensurabile ed indicibile, che è quello del sacerdozio di nostro Signore Gesù Cristo. La Chiesa ha bisogno senz’altro di un ordinamento canonico perché è fatta di uomini e quindi ci vogliono anche queste cose, ma se l’animazione di ogni ordinamento canonico non parte da questa realtà teologale, siamo nel fittizio e possiamo cadere nell’idolatria.
Stavo parlando dei preti che si vogliono bene tra loro, e dicevo che anche se non ubbidiscono al vescovo, non fa niente, ma non ci credo. Io ho la convinzione che se i preti si vorranno veramente bene tra loro, poi vorranno bene anche a quel loro confratello che è il Vescovo e quindi ubbidiranno al Vescovo.
“Alterutrum, ad invicem”: è una faccenda seria specialmente per i giovani sacerdoti che hanno una sensibilità particolarmente acuta a questo riguardo. Va bene. Sono idealisti, sono tutto quello che volete, ma sono molto vicini alla verità e si scoraggiano e si turbano nel costatare che i preti non si vogliono bene.
Ecco io penso sempre che noi dobbiamo tenere presenti le motivazioni storiche dell’inamovibilità dei parroci, dei confini territoriali, della giurisdizione limitata al territorio. Questo ha continuato per secoli, almeno dal Concilio di Trento. Per di più, poi, gioca la nostra formazione, che è stata una formazione individualistica. Non insisto su questo punto. Tutti sappiamo ex exsperientia cosa significa. Ci sono delle difficoltà, però dobbiamo essere animati da un senso di fiducia.
Questi nuovi tempi sono tempi di grazia che ci hanno portato alla riscoperta di valori autentici, alla riscoperta della gerarchia dei valori nella vita della Chiesa e della vita spirituale. Vuole dire, allora, che lo Spirito Santo si muove in questo senso e quando si muove lo Spirito Santo le cose non rimangono come prima. Vuole dire che in mezzo a noi c’è la forza di Dio. Vuole dire che è operante in mezzo a noi l’incontenibile potenza della forza con cui Dio ci salva. Questo è il motivo della nostra fiducia, il motivo della nostra speranza per tutto, ma particolarmente per questo punto della vita della Chiesa. Io credo di non esagerare se mi esprimo così: da qui comincia il rinnovamento, perché da qui cominciamo ad essere autentici discepoli di nostro Signore Gesù Cristo.
Se siamo in un tempo di rinnovamento – lo dice espressamente il Magistero, ci sono gli atti del Magistero – certamente siamo in sintonia con quello che vuole fare lo Spirito Santo, allora lo Spirito Santo è all’opera per fare questo aggiornamento, per operare in noi questo rinnovamento. Cerchiamo di ascoltare lo Spirito Santo, di non resistere allo Spirito Santo, di non spegnere lo Spirito Santo.
La prima volta che lo Spirito Santo si è manifestato nella Chiesa ha trasformato i discepoli di nostro Signore Gesù Cristo. Secondo una tradizione molto fondata era presente Maria. Non poteva mancare questa presenza. Maria è stata la prima creatura sulla quale lo Spirito Santo ha incominciato a fare nuove tutte le cose. E lo Spirito Santo si manifesta nella Chiesa insieme alle manifestazioni della Madonna.
Io non vado a cercare certe manifestazioni. Può sembrare che ci sia una crisi rispetto alla devozione della Madonna, ma può essere una crisi salutare nel senso della purificazione di molti concetti, di molte pratiche che non erano autentiche. C’è una chiarificazione del ruolo di Maria nella Chiesa, come la più alta espressione sempre efficace della maternità della Chiesa e quindi del posto di Maria nella nostra vita spirituale.
Noi sacerdoti che possiamo essere nella condizione di soffrire la tentazione dell’isolamento per via di una certa solitudine da cui possiamo essere circondati, possiamo stare molto tranquilli e molto sicuri se c’è la presenza di questa Donna Madre della Chiesa.
OM 357 Loano 71