incontro con le religiose della diocesi in tempo di quaresima
Richiamo brevemente il tema del nostro ultimo incontro, ” Il senso della preghiera cristiana inteso come movimento che va da Dio all’uomo e dall’uomo agli altri uomini”.
Dio che va verso l’uomo per renderlo partecipe della sua natura, per trattarlo come uno simile a sé, Dio s’intrattiene con gli uomini
Dio chiama gli uomini e li ammette alla comunione di vita e di esistenza con sé, non solo nell’altra vita ma già nella vita presente: nell’altra vita nello splendore della gloria, in questa vita nel mistero della fede. E’ ugualmente reale questa comunione, questa partecipazione già iniziata nel mistero qui su questa terra, come è reale quella che sarà ai tempi finali.
La preghiera è il cuore di questo avvenimento in cui siamo coinvolti, é il centro di questo rapporto che Dio vuole stabilire con noi. Per due persone che si mettono in relazione, il momento più bello è quello in cui stanno insieme, si intrattengono tra loro. La preghiera ha questo stesso significato. E, poiché il principale interlocutore, Colui che prende l’iniziativa, Colui che vuole compiere le meraviglie che già ha compiuto per l’uomo nella creazione e compie sempre per l’uomo nella redenzione, è Dio, la preghiera é soprattutto un momento di ascolto e di accoglimento.
Allora la preghiera diventa una contemplazione, uno sguardo sulle cose meravigliose che Dio ha fatto per noi, e quindi diventa stupore, gratitudine, disponibilità perché Dio faccia in noi ciò che Egli vuole.
Le difficoltà della preghiera.
Da questo momento incominciamo la conversazione di questa sera, che è importante per affrontare il problema della preghiera. Pregare è difficile e allora consideriamo le principali difficoltà dell’uomo di oggi e dell’uomo di sempre per pregare. L’uomo di sempre ha difficoltà a pregare proprio per la sua costituzione. Qualcuno potrebbe dire: se Dio ci ha fatto in modo che percepiamo più facilmente e direttamente le cose esteriori, perché pretende che noi ci mettiamo in relazione con Lui con la parte più intima di noi stessi? Io rispondo a questa difficoltà mettendovi dinanzi ad una precisa e importante constatazione.
Iddio ci crea senza averci chiesto come doveva farci e ci crea nella possibilità di realizzarci. La nostra costituzione di corpo e di spirito, di per sé, ci porta più facilmente alle cose esterne che a quelle interne, alle realtà esteriori piuttosto che a quelle interiori. Ma Dio non ci tratta come automi, -come le piante che sono create per seguire la loro linea di sviluppo e basta,- come se noi dovessimo seguire soltanto la nostra costituzione biologica e basta. Il meglio di noi, quello che specifica il nostro essere, la nostra persona, la nostra differenziazione dagli altri esseri creati, è di essere creature responsabili della edificazione di noi stessi. Noi siamo responsabili di ciò che è lo specifico nostro, quindi siamo responsabili di mettere in moto tutte le facoltà che sono caratteristiche dell’uomo e che sono nell’intimo dell’uomo.
Io parlo del cuore nel senso biblico per dire tutta l’interiorità dell’uomo, dai sentimenti alla intelligenza, dalla fantasia all’immaginazione, dalla volontà a tutto ciò che è dentro di noi, ma che non si sviluppa automaticamente come si sviluppa la nostra parte corporea per la quale basta semplicemente il nutrimento materiale. Ci vuole un impegno personale, per essere uomini e per essere donne, per sviluppare ciò che è caratteristico nostro, ciò che é l’intimo di noi stessi, quindi l’interiorità, il profondo della nostra persona , che ci dà la possibilità di metterci in rapporto con tutto e con tutti. Dio compreso.
Se io mi metto in rapporto con gli altri unicamente con gli occhi o con le mani, questo è un rapporto molto epidermico, superficiale, esteriore. Più il rapporto diventa vero, più tocca la profondità nel mio essere: il cuore, l’intelligenza, la fantasia, l’immaginazione, la creatività. Voi capite che se uno si abbandona a se stesso, non onora questa parte specifica e caratteristica di uomo, non cresce neppure come uomo, non é nella possibilità di mettersi in rapporto sia con gli altri uomini sia con il creato nel suo significato vero, sia con Dio. Quindi potete costatare che deve essere un impegno fondamentale che riguarda la nostra costituzione personale, per raggiungere la possibilità di pregare.
La seconda difficoltà è la nostra situazione. Noi normalmente abbiamo una visione delle cose che riguarda la loro utilità e non il loro valore. Persone comprese. Lasciamo da parte le persone e guardiamo le cose propriamente dette. Le cose, il creato, le creature, perché le guardiamo? Perché ci interessano, perché servono a qualche cosa. E’ vero. La funzione delle cose è quella di essere degli strumenti e non dei fini. Però le cose contengono anche un valore di gratuità, di segno, di presenza.
Un valore di gratuità. Se consideriamo bene tutto ciò che ci circonda, se consideriamo gli elementi essenziali della vita, ci accorgiamo che sono doni che non costruiamo con le nostre mani. Pensiamo all’aria, all’acqua e a tutti quegli elementi che crescono perché ci sono l’aria e l’acqua, per esempio, i frutti della terra, i fiori del campo o del giardino. Sono doni. Non sono invenzioni dell’uomo. L’uomo ha la possibilità di trasformare questi doni, di sfruttare le possibilità che questi doni offrono, di convogliarne le energie in un senso piuttosto che in un altro, ma già tutto é contenuto nella creazione, quindi già tutto è dono. Per noi credenti, tutto è dono di Dio.
Un pericolo dei nostri tempi è quello di trascurare, nei nostri rapporti con Dio, la visione della creazione. Non solo degli spettacoli della creazione ma anche la visione più umile e più semplice della creazione. Il santo va lungo la strada, percuote il fiorellino e dice: taci perché mi parli troppo evidentemente della bellezza di Dio. < Noi non abbiamo questa visione. Noi viviamo dentro alla creazione, ma senza un sentimento di riferimento “A”. Tutto va nel senso di “relazione A ” . Di “riferito” a Dio. La creazione ha il senso di segno. La creazione è un richiamo.
Nel mondo creato c’è la grandezza, l’immensità,la bellezza. la potenza delle forze, la varietà delle forme. Cosa sono queste realtà? Non sono passatempi o cose cadute lì per caso. Sono il frutto di una sapienza, il segno di una bontà che ci parla, che attraverso questo linguaggio ci dice che, Colui che ha creato tutte queste cose, é bello, è buono, è grande, è immenso, è potente, è sapiente,….
Siccome oggi gli uomini hanno acquistato molta scienza e fanno molte applicazioni della scienza, si sentono i padroni della creazione. Non lo sono. Il vero scienziato sta in atteggiamento di grande umiltà di fronte ai fenomeni della natura, perché sa benissimo che dietro ad ogni scoperta ce ne sono miriadi ancora da scoprire. Lo sguardo adesso si può portare nel firmamento, ma si dice che lo spazio – in certo quel senso – non esiste perché c’è una tale fuga nell’immensità che nessuno trattiene e che non dà cenno di arrestarsi. Il vero scienziato dinanzi a questi fenomeni si mette nell’atteggiamento di umiltà, di rispetto e di meraviglia.
Per il credente tutto questo dovrebbe assumere il significato di richiamo a Colui che ha fatto tutte le cose. Quindi se guardiamo la creazione come segno, come richiamo, come indicazione, come riferimento “A”, le creature non sono una siepe, una barriera, una cortina che ci separano da Dio, invece diventano elementi preziosissimi sulla nostra strada per incontrare Dio.
C’è un altro aspetto della creazione. Iddio è sempre attualmente presente nel creato con la sua azione. Se ci fosse un istante in cui Dio non continuasse più a creare, tutto ritornerebbe nel nulla. La concezione della fede è questa: non c’è “Dio” se non è uno solo. Se ci fosse qualche cosa d’altro indipendente da “Dio”, questa sarebbe “Dio” e due “Dio” non possono esserci, perché si eliminerebbero a vicenda.
Un assurdo.
Pensiamo a Dio sempre presente in tutto. Concretizziamolo come vogliamo. Non dobbiamo turbarci. Teniamo presente che la creazione non ci porta soltanto il dono di Dio, ma anche il dono della presenza di Dio. Se siamo dinanzi ad uno spettacolo della creazione, dinanzi ad una creatura, dinanzi agli occhi di un bambino, dinanzi ad un tramonto o di un’aurora, dinanzi alla vastità del mare, dinanzi alla maestà dei monti, noi siamo di fronte a Dio che è all’azione, per manifestare la sua presenza, per sostenere tutto ciò che esiste. Noi siamo alla sua presenza!
E’ solo necessario lavarci gli occhi da tutta la mondanità – non nel senso deteriore – nel senso di chiusura propria delle condizioni in cui viviamo. Oggi c’è una difficoltà particolare che deriva dalla mentalità tecnico scientifica. La scienza, assolutamente, non è un male. L’applicazione della tecnica delle scoperte della scienza di per sé non é un male. L’energia atomica, per sé, può servire a tutti gli usi positivi e utili all’umanità come può servire alla distruzione della umanità. Noi dobbiamo essere degli ammiratori tanto della scienza come della tecnica e non dei denigratori. A che cosa portano i denigratori se noi non ci difendiamo da una certa mentalità che deriva dal mondo scientifico e tecnologico? Ne deriva che incide sul nostro modo di pensare e quindi ci mette in condizioni difficili per pregare.
Pregare è inoltrarsi nel mistero Pregare è inoltrarsi nel mondo del disegno di Dio che è sempre guidato dall’amore, ma che va per strade diverse dalla nostra logica e ancora più diverse da quelle della logica dell’interesse immediato. Che cosa avviene in una mentalità tecnico-scientifica? Avviene che tutto é calcolato. Nella preghiera, nei rapporti con Dio -se permettete- nei rapporti tra noi -tra nomini e donne, eccetera- niente può essere calcolato.
Quanto c’é di imprevedibile! ì ì Faccio una domanda apparentemente banale. Potrei chiedere ad ogni uomo sposato: sua moglie non è forse stata un imprevisto prezioso e gioioso, ma un imprevisto? Così è per la moglie rispetto al marito. Così è tra gli amici. Così è tra le persone che conosciamo. Se l’imprevisto c’è tra i rapporti umani, potete immaginare quali imprevisti ci possono essere nei nostri rapporti con Dio. Non è detto che Dio è capriccioso. Dio ha un piano infinitamente superiore a quello dei nostri progetti.
Nel mondo scientifico, invece, tutto è calcolato e il conto torna. Nella preghiera, non tutto torna. Hai voglia mettere gettoni di rosario! A volte ‘non salta fuori’ un bel niente! Hai l’impressione che non ‘salti fuori niente’, ma io vi dico subito che salterà fuori qualche cosa quando meno ve lo aspettate, quando neppure ve ne accorgete, e non secondo i vostri calcoli. Nella mentalità tecnico scientifico, tutto è pianificato. Se tutto non fosse pianificato, non si avrebbero gli sviluppi che ci sono. Sia una bene, sia un male è quasi una esigenza intrinseca della scienza e della tecnica il pianificare per potersi espandere.
Con Dio non si può pianificare niente. Il piano lo ha fatto Lui e noi dobbiamo entrare in questo piano. Capite che, se noi ci abituiamo ai nostri piani, se noi ci lasciamo prendere da questo mondo, dove tutto tende ad esser pianificato, noi ci allontaniamo dalla disponibilità ad entrare nel piano di un “Altro”. Notate bene che, nel piano degli uomini scientifici ci entriamo. Ci prendono con i loro strumenti dei quali diventiamo schiavi o ci lasciamo condizionare quasi senza accorgercene. Allora, il lasciarci prendere e travolgere dal piano di Dio, diventa molto più pericoloso per i nostri piani. I nostri calcoli possono andare all’aria.
Mi accorgo di fatti che avvengono nelle famiglie. Quest’anno sono entrati in seminario dei diplomati ed un laureato. Evidentemente la loro famiglia faceva un calcolo sul loro stipendio. Quando il papà e la mamma si sono sentiti dire: “Io vado in seminario” é stato un dramma. Il figlio prete? Che guaio! Che disgrazia! Avevano altri programmi.
Dio è il Dio delle sorprese. E’ per questo che per progredire bisogna abbandonarsi a queste sorprese. Una delle difficoltà di pregare è la paura di pregare, è la paura che il Signore ci prenda in parola, è la paura dell’imprevisto verso cui ci si incammina mettendosi sulla strada di Dio.
I giovani, specialmente ad una certa età, hanno paura a pregate perché pensano: se io prego seriamente mi può venire la vocazione di farmi prete, frate o suora.
Miei cari, se questo è il piano di Dio, lui ci arriverà anche se non pregate, anche se vi ostinate a non pregare e fate tutto il contrario della preghiera. Io vi do un consiglio che mi pare utile: pregate Dio che non vi dia quella vocazione, ma un’altra e, se siete capaci di far cambiare il piano di Dio, contenti voi è contento anche Lui, perché Dio non è detto che sia ostinato. Ho fatto una affermazione molto forte, che io ritengo anche molto vera.
Altra difficoltà é la mentalità utilitarista: “vale ciò che rende subito e con la minore fatica”. Adesso le cose sono diventate più facili e abbiamo raggiunto certi traguardi. Quando si era ad un livello ai vita molto più difficoltoso non c’erano certe aspirazioni. Quando si viveva lavorando dal sorgere del sole al suo tramonto, nessuno si meravigliava e tutti si sottoponevano a questo ciclo. Oggi constatiamo che con otto ore di lavoro al giorno per cinque giorni alla settimana, si produce più di quanto non si produceva prima. Viene come conseguenza la tentazione di cercare ciò che rende subito con una fatica sempre minore. Questo sta alla radice dei vari fenomeni della vita moderna.
Oggi, abbiamo sentito che il 25% dei francesi hanno la preoccupazione non dei prezzi che aumentano, ma della incolumità della loro vita fisica, per lo scatenamento di delinquenza che si verifica in Francia. E noi costatiamo quello che avviene in Italia. La “cosa” ha due facce. C’é una classe sociale in tutto il mondo che guadagna esageratamente senza nessuna fatica e c’è, per riscontro, chi che per guadagnare molto e non fare fatica corre il rischio di rovinare la propria persona e non tiene in nessun conto il valore della vita degli altri. Questo è sulla strada di quella mentalità che guarda a ciò che è utile, rende subito e senza fatica.
Quando uno concepisce la vita secondo questo parametro, secondo questo schema, la preghiera non ha più senso, la preghiera non ha più un posto nella vita. Dio impegna. Non impegna dal sorgere del sole al suo tramonto come si diceva prima, impegna sul piano morale totale, non impegna ad andare per una via in discesa ma a salire sulla via stretta e seguire nostro Signore Gesù Cristo il quale dice: prendi la tua croce e seguimi. E’ tutto il contrario della mentalità diffusissima, oggi, non soltanto nel mondo lontano dalla chiesa. Questa mentalità si insinua nella chiesa e nei credenti che credono di conciliare Dio e Mammona. Non si possono conciliare.
Poi c’é la mentalità individualista. C’è l’egocentrismo: “Io non Dio” sono il centro dell’universo e tutto l’universo deve ruotare intorno a me. Tutto deve servire al mio egoismo. Voglio ciò che serve al mio interesse a qualunque costo. Guardate che, siamo molto ammalati di questa mentalità individualista, non soltanto nell’ambito della vita quotidiana e profana, ma anche nell’ambito della vita religiosa. Sento dire: io mi dico le mie preghiere, io mi faccio la mia comunione, io ho sentito la mia Messa e sono a posto, io faccio il mio dovere, io vado per la mia strada e gli altri facciano ciò che vogliono, a me non importa. Comprendete come tutto questo è contrario al vangelo? Comprendete come è contrario allo spirito di nostro Signore Gesù Cristo questo atteggiamento della preghiera individualista o se volete individuale?
Poiché devo rispondere ad una domanda fatta l’ultima volta: la preghiera deve essere un atto personale o un atto comunitario, rispondo che c’é una grande differenza tra individuale e personale. Individuale corrisponde ad individualismo, egocentrismo, egoismo. Personale richiama un rapporto, una relazione: relazione “a”, relazione con Dio e relazione con coloro che Dio ama: tutti gli uomini e tutte le donne coi quali Dio ha voluto stabilire un rapporto. Allora la mia preghiera deve essere, prima di tutto, una preghiera personale.
Quando Dio mi ha concepito, ha disposto che io non un altro venisse nel mondo. Mi ha concepito con una fisionomia determinata, con una identità precisa, ed é con me che vuole intrattenersi, ed é con me che vuole realizzare il suo piano, ed é con me che vuole stabilire quei rapporti di vita perchè sono io che devo crescere e svilupparmi.
Devo crescere e svilupparmi per rispondere al piano di Dio, il quale vuole che io sia “qualche cosa” per gli altri, vuole che io sia il più possibile “me stesso” per gli altri, vuole che io mi realizzi fino all’estremo delle mie possibilità per gli altri. Questo é il piano di Dio. Allora la mia preghiera é una preghiera con Dio che é aperto al mondo su tutte le creature, su tutti gli uomini e su tutte le donne.
Inoltre con la preghiera mi realizzo in quanto acquisto capacità di rapporti con gli altri. Allora la preghiera personale matura la preghiera comunitaria, la preghiera liturgica, la preghiera paraliturgica, la preghiera di gruppo, la preghiera famigliare. Una richiama l’altra, ma non ci può essere l’una senza l’altra. Una preghiera personale che non sfocia in una preghiera comunitaria non ha il suo svolgimento e una preghiera comunitaria che non alimenta la preghiera personale, non é autenticamente comunitaria.
Poiché noi comprendiamo il piano di Dio che va in questo senso, io mi permetto di concludere leggendo alcune espressioni di Giovanni….. Non dice che noi dobbiamo amare Dio soltanto, ma che noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Allora la preghiera che si pone in questa corrente di amore é personale e comunitaria.
OM 543 Suore 77