Inizio del tempo di quaresima 1977
Fra poco mi presenteranno alcuni vassoi contenenti le ceneri dei rami di ulivo, perché io le benedica e insieme ai miei presbiteri e diaconi le ponga sul vostro capo. Io ho già ricevuto le ceneri questa mattina nella celebrazione che abbiamo fatto per i nostri sacerdoti. Vorrei richiamare la vostra attenzione su questo rito che si inserisce nella celebrazione della santa Messa, all’inizio del cammino quaresimale in questo mercoledì delle ceneri.
Le ceneri di per sé, immediatamente dicono la caducità della vita, la fragilità della vita, l’inconsistenza della vita. Infatti, nel rito, risuona il monito: “Ricordati uomo che derivi dalla polvere e in polvere ritornerai”. Ma questo richiamo all’inizio del cammino quaresimale non ha un significato negativo perché niente è negativo nella nostra fede, niente é contrario alla vita, niente è sfavorevole al valore e al senso della vita.
Il richiamo è ad un fatto inevitabile che accompagna la nostra esistenza, che é l’incertezza del numero dei nostri giorni, che è l’incertezza della consistenza della nostra salute, che è l’incertezza dalle nostre condizioni di qualsiasi ordine da quello finanziario a quello politico. Tutto è incerto, tutto é imprevedibile nella esistenza umana. Proprio per questo nostro Signore Gesù Cristo ci mette in guardia e ci dice che dobbiamo essere vigilanti.
Qual è il senso del richiamo di nostro Signore Gesù Cristo alla vigilanza,ll’essere sempre pronti? Il senso non é soltanto nell’invito a tenere la nostra coscienza a posto per essere pronti a rispondere alla chiamata ed al giudizio di Dio? La vigilanza di cui parla nostro Signore Gesù Cristo e che è indicata dal significato delle ceneri, è un’altra.
La nostra vita lunga o breve che sia, accompagnata da tanta o poca salute, con tante o poche possibilità di qualsiasi genere deve essere vissuta intensamente con tutti i suoi doni. Più semplicemente: non dobbiamo perdere il tempo, dobbiamo evitare le cose inutili, cioè, tutto quello che invece di fare maturare la nostra persona e arricchirla, ci mantiene in una condizione di povertà umana, spirituale, soprannaturale. Allora, il richiamo di nostro Signore Gesù Cristo è un richiamo alla preziosità della vita, alla preziosità del dono della vita.
Miei cari, c’è qualche cosa nell’universo in tutte le realtà che ci circondano che si possa uguagliare alla vita? La nostra intelligenza, la cultura, il buon senso, il sentimento ci dicono con chiarezza che nessuna ricchezza e che nessun valore si può lontanamente comparare con la vita, e che la vita non è qualche cosa di statico, non è come un tesoro prezioso che ha valore per se stesso indipendentemente da tutte le potenzialità che ha in se stesso. Voglio dire che, la vita noi la dobbiamo vivere massimamente e non passivamente. Non dobbiamo permettere che la nostra vita non sia nelle nostre mani. Facciamo in modo che la nostra vita, nelle nostre mani sia gestita responsabilmente con il massimo impegno e nel modo più proficuo.
Gesù ha una parabola indicativa: la parabola dei talenti. Chi ha ricevuto un talento solo – per esempio la vita – e lo va a nascondere, e si accontenta di vivere alla giornata, ed è preoccupato unicamente di stare bene, e non si impegna a trafficarla, a farla rendere, a ricavarne tutte le possibilità possibili, é condannato. Gesù Cristo, il padrone descritto della parabola, lo condanna alla esclusione, lo mette fuori dal gioco della vita, lo mette fuori dall’ambito della vita, lo mette in una condizione in cui dovrà subire le conseguenze di una vita non vissuta.
Miei cari, quando parliamo della nostra vita parliamo precisamente del disegno di Dio riposto su ciascuno di noi, che è un pensiero del Padre a riguardo della sua creatura prediletta il quale vuole, con le esigenze che sono nel cuore e nella natura di un padre, che figlio realizzi tutto quello che può essere. Ogni persona, realizzando se stessa, può realizzare le attese del Padre e corrispondere al dono dell’amore del Padre. Per questo i Padri della Chiesa dicevano che, la gloria di Dio é l’uomo vivente. Dio è glorificato quando noi impegniamo la nostra vita nel modo più intenso che è possibile.
Ecco allora che quelle ceneri non devono essere il segno di un impegno triste, lugubre, mortificante che può accompagnare la concezione della nostra vita, ma devono essere uno stimolo al richiamo di nostro Signore Gesù Cristo per essere delle persone impegnate nella vita, perché il nostro Dio non è il Dio dei morti. E’ il Dio dei viventi che amano la vita.
Adesso compiamo il gesto liturgico della imposizione delle ceneri meditando sul significato che esse hanno.
OM 536 Ceneri 77