60a Laureto 1992 B
Questo brano del vangelo é richiamato molte volte nella celebrazione liturgica e, ci sono persone più o meno praticanti che fanno consistere tutto il vangelo nelle così dette beatitudini.
Se noi guardiamo bene le cose da vicino, questa é una prospettiva della grazia del Signore. Non si può essere beati nella povertà, beati nella afflizione, beati nella persecuzione, beati nella mortificazione se non c’é una più grande beatitudine, cioè, una ricchezza più grande, una consolazione più consistente, una purezza più limpida e una promessa sicura di un esito finale che sia garantito da Dio nella vita eterna.
E questa garanzia che proviene dalla rinuncia alle ricchezze, dalla rinuncia ai piaceri e specialmente ai piaceri sensuali, dalla rinuncia alla consolazione e al conforto che può provenire dagli uomini,tutto questo é dono di Dio che ci fa scoprire – lo ripeto – una ricchezza più grande.
Il mondo oggi non é cristiano o non é cristiano autenticamente, se continua a perseguire:
l’idolo della ricchezza economica specialmente,
l’idolo del profitto andando anche contro la giustizia,
l’idolo della sensualità che assoggetta lo spirito alla materia,
l’idolo di una felicità terrena che non ci può essere data da nessuno e da niente.
Tutto é frutto di un dono di Dio, di una sua grazia. Gesù lo dice esplicitamente per quel che riguarda la castità. “Chi ha orecchie da intendere intenda! E intenderanno coloro ai quali dal Padre é stato dato”.
Dunque, la conclusione di una considerazione su questo grande vangelo è: la preghiera al Padre, che ci illumini con il suo Spirito per sapere valutare i beni di Dio e i beni del mondo, i beni di Dio che sono da perseguire con tutte le forze e i beni del mondo dai quali bisogna essere liberi, quindi distaccati, quindi -se è il caso- anche mortificati, per garantirci le beatitudini del vangelo.