Al trullo d’oro ore 10, – Giugno 1967
Dobbiamo avere presenti alcuni principi che descrivono la natura, lo scopo della vita religiosa e corrispondono al piano di Dio nei riguardi della nostra salvezza.
Iddio, per attuare la nostra salvezza, é stato mosso essenzialmente dal suo amore infinito. Il suo amore infinito lo ha portato al punto di stabilirsi in mezzo a noi, di diventare simile a noi e di dare tutto se stesso nel Figlio suo Gesù Cristo.
La salvezza si opera in noi quando accogliamo il Figlio di Dio: Dio in mezzo a noi, Dio vivente nella nostra esistenza – e viviamo della vita del Figlio di Dio fatto uomo, – e diventiamo conformi ai suoi insegnamenti, ai suoi atteggiamenti, – e aderiamo ai suoi pensieri tutti impregnati e totalmente animati dall’amore: amore verso il Padre e amore verso i fratelli.
Guardiamo sempre Gesù Cristo nella sua posizione precisa di mediatore tra Dio e gli uomini: Gesù Cristo che manifesta l’amore di Dio agli uomini, Gesù Cristo che manifesta l’amore degli uomini a Dio. Egli ama il Padre con tutto se stesso e ama i fratelli donando tutto se stesso. E’ chiaro che il principio della vita cristiana, che deriva da nostro Signore Gesù Cristo, si impernia tutto sull’amore: amore di Dio e amore ai fratelli che non si disgiunge mai perché Dio ha in mente le sue creature: – e per questo si é rivelato, – e per questo si é stabilito in mezzo a noi, – e per questo il Figlio di Dio é morto in croce ed é risuscitato, – e per questo il Padre e il Figlio hanno mandato lo Spirito Santo.
Quindi il principio, l’essenza, la sostanza della vita cristiana in genere e della vita religiosa specificatamente, é la carità. Non c’è qualche cosa d’altro che possa equivalere, sostituire, completare la carità intesa come imitazione di nostro Signore Gesù Cristo, in continuazione, qui sulla terra, della vita di nostro Signore Gesù Cristo, che si esprime in amore verso Dio, e per amore di Dio in amore ai fratelli. In questo é la sostanza della vita religiosa che si può anche esprimere in tanti modi. Gesù Cristo continua in tanti modi la sua vita su questa terra, ma la continua in un modo caratteristico nello stato religioso. Dal momento che Egli continua ad essere presente nel mondo in tutta la chiesa, ma in particolare nello stato religioso, la vita religiosa é una imitazione di nostro Signore Gesù Cristo, é una espressione della vita del Figlio di Dio fatto uomo.
La vita religiosa che é una corrispondenza al piano di Dio, una risposta al suo amore, deve essere particolarmente una espressione di vita ecclesiale. La vita ecclesiale é il termine ultimo che si é proposto Dio. Iddio non solo ha voluto manifestare il suo amore e renderci capaci di amarlo, ma vuole renderci capaci di volerci bene tra di noi. Caratteristica del cristianesimo é che Dio si mette al posto di ogni creatura perché sono tutte opera della sua potenza, della sua sapienza, del suo amore infinto. Se noi rispondiamo al suo amore, dobbiamo amare tutto ciò che egli ama. In particolare, Dio nel suo piano di manifestazione, convoglia il suo amore sull’uomo. Tra le creature di Dio, l’uomo è il più amato, allora non c’è amore per Dio quando non c’è amore per gli uomini.
Gesù Cristo ha rivelato questo pensiero di Dio quando ha detto espressamente: “Qualunque cosa avrete fatto ad uno di questi miei più piccoli l’avrete fatto a me”. In questo particolare della vita cristiana, per cui amiamo gli altri come li ama Dio, c’è il compimento essenziale del piano di Dio. La Chiesa é il “fatto” di gente che si vuole bene. Attraverso la Chiesa Gesù Cristo vuole continuare la sua presenza nel mondo e vuole salvare il mondo.
Noi Chiesa, diventiamo il sacramento, il segno efficace della salvezza del mondo quando veramente siamo Chiesa, cioè quando veramente ci vogliamo bene tra di noi. La vita religiosa, sotto una certa visione, – é la presenza nel mondo dell’Amore di Dio, – é la continuazione nel mondo del mistero del Figlio di Dio fatto uomo, – é la presenza nel mondo del mistero della Chiesa attraverso cui Dio vuole salvare il mondo. Questo mistero della chiesa é una risposta attuale e positiva all’amore di Dio attraverso l’amore per i fratelli.
Posta questa visione della vita religiosa, che é poi una specificazione della vita cristiana, si deve aggiungere un amore specifico di amore di Dio, cioè, il mettersi nella condizione di poter amare Dio con tutta la mente, con tutte le forze, con tutto il cuore e amare i fratelli come li ha amati Gesù Cristo. Lo stato religioso, perciò, é una condizione di vita nella quale la pratica del grande precetto dell’amore di Dio e del prossimo – che sono inscindibili – diventa più impegnativa.
Di fatto la creatura umana, in conseguenza del peccato e dei limiti del proprio essere, é fortemente ostacolata a realizzare una vita di amore per tutte le creature, compresa se stessa. Così che, se vuole attuare nelle condizioni umane il grande precetto della carità, deve far sì che le creature siano il meno possibile un ostacolo. San Paolo esprime questo pensiero dicendo: chi si sposa, naturalmente, é preoccupato di piacere alla sposa, o viceversa; chi invece é vergine, é nella condizione di essere libero da queste preoccupazioni di piacere alle creature e il suo cuore si può dedicare più liberamente e con più impegno a piacere a Dio.
Questa é la situazione in cui noi veniamo a trovarci. Dalla situazione di peccato, in conseguenza del peccato – di attrattiva del mondo, di soggezione al mondo, di suggestione e di tentazione del mondo – é nata la condizione di vita di abbandono e di rinuncia al mondo, per dedicarsi totalmente a Dio. Abbiamo detto fuga del mondo, ma non nel senso di lasciare che il mondo si perda perché noi ci mettiamo al sicuro e ci salviamo, come se il mondo fosse opera del diavolo e non fosse creatura di Dio.
Nel mondo c’è anche l’opera del male, ma il mondo é prima di tutto creatura di Dio e quindi non si sfugge il mondo per disprezzo. Ci si mette soltanto in condizione che il mondo, per quello che é dominato dal maligno, ci possa impedire di amare Dio con tutto noi stessi, come abbiamo scelto. Abbandono del mondo non per lasciarlo al suo destino e chiuderci nel nostro egoismo, ma per giovare al mondo ed aiutarlo maggiormente. Abbandono del mondo nel senso che non vogliamo prenderci, come compito nella vita, la cura delle cose temporali per se stesse, perché vogliamo attendere alle cose del Padre nostro che sta nei cieli.
I nostri fratelli che scelgono di rimanere nel mondo devono operare nel mondo, e per dovere di coscienza devono applicarsi alle cose del mondo: -devono amare come ama uno sposo la sposa, -devono amare come un padre e una madre amano i figli, -devono dedicarsi a trasformare il mondo per renderlo più degno delle creature e dei figli di Dio, -devono dedicarsi al lavoro come impegno specifico. Tutto questo, facilmente, distoglie da Dio, meno facilmente lascia libero tutto se stesso per dedicarsi a Dio. Il nostro abbandono al mondo é nel senso che lasciamo agli altri la cura degli interessi temporali e ci dedichiamo a favore dei fratelli, nelle cose di Dio.
Si può raggiungere questa condizione di libertà rispetto al mondo e alle creature, per dedicarsi con cuore indiviso all’amore di Dio e ai fratelli, quando si scopre che l’amore per Dio e per tutti i fratelli é un fatto più grande e più valido dell’amore per qualsiasi creatura; quando tra uno sposo che può essere un uomo ed uno sposo che può essere Dio, si ha la grazia di capire che lo sposo Gesù Cristo é infinitamente più grande, sotto qualsiasi aspetto, di quello che può essere uno sposo uomo. La vita religiosa incomincia da questa grazia e non dalla fuga dal mondo. Incomincia dall’avere scoperto che esiste qualche cosa che vale più del mondo e cioè, Colui che si é compiaciuto di aver fatto il mondo bello. Non si abbandona il mondo perché é brutto o non é valido, ma solo perché si é scoperto qualche cosa di più.
E’ il senso di alcune parabole del Vangelo. Un uomo scopre in un campo un tesoro, vende tutto quello che ha, si spoglia di tutto e lo compera. C’è un momento, perciò, in cui é totalmente povero ma ha la possibilità di acquistare quel campo dove ha trovato il tesoro. Attraverso quel distacco, da ciò che prima aveva diventa possessore di un tesoro inestimabile, infinitamente superiore al patrimonio che aveva. Il mercante va in cerca di perle preziose. Ne adocchia una di molto pregio. Va, vende tutto quello che ha, torna e compera la perla. Anche in questo caso c’è stato un momento in cui si é spogliato di tutto non per diventare un pezzente, ma per diventare più ricco d’altri beni. Se prima era ricco in case e di terreni, adesso é infinitamente più ricco perché possiede una pietra preziosa di inestimabile valore. La pietra preziosa di inestimabile valore, il campo dove c’è il tesoro, é Dio con il suo amore.
Lo scopo ultimo perciò essenziale, fondamentale della vita religiosa è: primo, raggiungere l’amore di Dio ricordando che l’amore di Dio abbraccia l’amore per tutto; secondo, assicurarsi l’amore di Dio perché da creature non siamo in condizione di amare senza prima essere amate. Se prima non fossimo amati, non esisteremmo e non avremmo nessuna possibilità di amare. La vocazione: é la scoperta di un tesoro, é l’assicurarsi questo tesoro che é l’amore di Dio, é il garantirci l’amore di Dio, é il metterci in condizione che l’amore di Dio sia una cosa sicura.
Chi non ha scoperto Dio, il suo amore e non è convinto di essere amato da Dio, non può dire di avere la vocazione. Chi non ha scoperto che l’amore di Dio vale più qualsiasi altro amore, non può dire di avere scoperto il motivo decisivo della vocazione religiosa. Quel farsi religiosi per mettere al sicuro la propria salvezza!…per mettere al sicuro la propria perfezione morale!…per dedicarsi genericamente e specificamente all’apostolato!…senza la scoperta dell’amore di Dio, senza una convinzione profonda di essere amati da Dio “ipse Pater amat vos”, non sono nella condizione di realizzare una vocazione religiosa, che é l’attuazione nella propria esistenza dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo.
Se non siamo amati, se non abbiamo la coscienza di essere amati, se non arriviamo ad una certa esperienza dell’amore che ci porta Dio, la vita religiosa non ha senso, manca del suo contenuto. I così detti consigli evangelici della castità, povertà, obbedienza, sono soltanto le conseguenze della scoperta dell’amore di Dio. Se ho scoperto che lo sposo Gesù Cristo é il più amabile degli sposi che posso incontrare nella mia vita, io rinuncio agli altri sposi. Ecco il motivo della rinuncia. Ho scoperto che Gesù Cristo vale più di tutto il mondo e allora sono disposto a rinunziare a tutti i valori del mondo per assicurarmi Gesù Cristo.
Ho scoperto che Gesù Cristo vale più di me stesso, che il suo pensiero é più sapiente del mio, che la sua intelligenza é più intelligente della mia, che la sua vista é più chiara della mia, che i suoi giudizi valgono più dei miei, che il suo amore vale più del mio, allora, io rinuncio a me stesso per assicurarmi il suo pensiero e per muovermi nella vita: -secondo il suo pensiero, -secondo la sua saggezza, -secondo il suo giudizio, -secondo il suo beneplacito e realizzo la rinuncia a me stesso, cioè il consiglio evangelico dell’obbedienza, perché al posto mio ci metto il giudizio e la volontà di Gesù Cristo.
Non per metterci la volontà dei superiori o di altri! Si suppone che i superiori manifestino la volontà e il piano di Dio, ma potrebbero anche non manifestarlo. Qui la questione si fa complicata. Limitiamoci alla motivazione dei consigli evangelici. -Scoperto Dio, -scoperto il suo Amore, -scoperto Gesù Cristo, rinuncio a tutto perché: -a confronto di Dio, -a confronto di Gesù Cristo, -tra le altre cose che cose valide -uno sposo é cosa valida, -l’amore umano é una cosa valida, -avere i figli ed educarli e lavorare é una cosa santa, -produrre ricchezze per l’elevazione della vita é una cosa valida, io faccio la scelta e allora nella scelta é implicita la rinunzia.
La rinuncia nelle condizioni attuali di stato di peccato, é sempre accompagnata da una sofferenza, da un distacco. Il peccato ci radica nel mondo. Per natura siamo radicati nel mondo in modo ordinato essendo al di sopra di tutte le creature, quindi dovremmo essere nelle condizioni di dominarle con padronanza, ma in conseguenza del peccato le creature dominano noi. Fino ad un certo punto!… Allora per strapparci dal dominio delle creature, dalla suggestione o tentazione che ci viene da esse, dobbiamo essere disposti ad un distacco doloroso, crocifiggente.
L’amore di Dio nel Figlio suo Gesù Cristo, per raggiungerci e salvarci, é passato attraverso la croce perché esiste il peccato, e noi che siamo nella vita religiosa la continuazione del mistero di nostro Signore Gesù Cristo, dobbiamo anche attuare il mistero della croce. Dobbiamo quindi trovare normale la sofferenza del distacco. Dobbiamo trovare normale che nella nostra esistenza sia presente il mistero della croce. Ed è normale perché c’è il peccato da cui dobbiamo liberarci. E’ normale perché c’è il dominio del peccato nel mondo da cui dobbiamo sottrarci.
La sofferenza nella vita di tutti ma in particolare nella vita religiosa, é una caratteristica. Noi vogliamo realizzare l’amore di Dio ma c’è di mezzo il mondo e dobbiamo operare il distacco: questo é sofferenza. Il peccato ha prodotto un disordine nel mondo e va riparato a prezzo di amore e l’amore si prova particolarmente come ce lo ha provato nostro Signore Gesù Cristo, dando se stesso per noi, sacrificandosi e morendo in croce per noi. Noi vogliamo realizzare l’amore di Dio nel mondo? Dobbiamo sapere che andiamo in croce e che i chiodi della nostra crocifissione sono anche la pratica dei consigli evangelici.
La pratica della castità, povertà ed obbedienza sono una crocifissione. La crocifissione é quello strumento che ci libera dal mondo, ci unisce a Gesù Cristo, ci fa partecipi del suo amore per il Padre, per il mondo, per i nostri fratelli. A volte, nel concepire la vita cristiana immaginiamo le croci in un determinato modo. Pensiamo che le croci ci debbano venire dal cielo, invece sono tutte quelle cose che ci fanno soffrire e che incontriamo sulla strada quotidiana della nostra esistenza. “La mia più grande sofferenza é la vita comune”, si dice tra i proverbi della vita religiosa. Certo! Le croci più autentiche della vita religiosa sono i religiosi. E’ normale che non capiscano, quelli che vivono nel mondo: “hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi”.
Ma il fondo del calice che ha dovuto bere nostro Signore Gesù Cristo c’é: Voi che siete i miei amici non siete stati capaci di vegliare un’ora con me. Colui che intinge il suo pane nel mio piatto é colui che mi tradisce! Se il mio nemico mi avesse maledetto…ma tu mio amico, mio intimo, tu devi diventare il motivo della mia sofferenza. E’ il mistero della croce.
Dopo questa impostazione generale, dopo questa visione della vita religiosa, mettiamoci …
termina la bobina…e non è la prima volta…penso che abbia sovrapposto le sue lezioni
OM 67 Trullo_01 1967