Ultima meditazione ai seminaristi nella cappella del seminario di Monopoli [1]
Abbiamo ascoltato la parabola con la quale Gesù ci vuole ammaestrare. C’é un padrone. Ci sono dei debitori.
Ci sono i servi del padrone. Uno di questi aveva un debito con un suo servo.
Il padrone perdona ad un servo un debito di 10mila talenti. Era una grande cifra. Lo stesso servo non perdona al suo compagno neppure un debito di 100 talenti e lo manda in prigione. Tutti gli altri compagni, evidentemente, sono sdegnati e lo denunciano al padrone.
Questa é la parabola, ma sotto la parabola c’é un significato, c’é una cosa vera, c’é una realtà che noi dobbiamo imparare. Qual é questa realtà? La realtà é che il padrone é Dio e che, verso questo padrone noi tutti siamo debitori.
Di che cosa siamo debitori? Gli siamo debitori, prima di tutto della nostra esistenza perché noi non ci siamo fabbricati con le nostre mani. Dio ha disposto che avessimo un padre e una madre per darci la vita e tutto ciò che accompagna la nostra esistenza: l’aria che respiriamo, il pane che mangiamo, l’acqua che beviamo, il vestito che indossiamo, la casa che abitiamo. Forse che l’aria, forse che l’acqua li abbiamo fabbricati noi?
E, quando siamo piccoli, ma anche quando siamo grandi, tante volte non é che ci procuriamo noi con le nostre mani il vestito che portiamo e il pane che mangiamo. Per lo meno abbiamo bisogno di altri che ci prepariamo quasi tutte le cose di cui abbiamo bisogno. E questi altri, le loro capacità, le loro possibilità da chi le hanno ricevute? Le hanno ricevute da Dio, quindi noi, verso Dio siamo debitori di tutto, a Lui dobbiamo tutto quindi, verso di Lui dobbiamo avere un sentimento di grandissima e di umile riconoscenza. Che, se il Signore un giorno dicesse a uno di noi: rendimi ciò che mi devi, di noi non ci sarebbe più niente. Altro che la prigione! Quindi se noi siamo, se noi viviamo, se noi abbiamo, quello che abbiamo é tutto dono di Dio, é tutta grazia di Dio.
Ma, come ognuno di noi ha bisogno di tutto dal Signore, così abbiamo bisogno dei nostri fratelli. Abbiamo bisogno dei nostri genitori, dei maestri, di tutti. Allora, direte, siamo debitori verso gli altri? Sì. Lo siamo gli uni verso gli altri. Io sono debitore verso di te, tu sei debitore verso di me e così tutti siamo in questa condizione di essere debitori gli uni verso gli altri. Tutti abbiamo bisogno gli uni degli altri. Non solo i piccoli hanno bisogno dei grandi, ma anche i grandi hanno bisogno dei piccoli. Non solo i giovani hanno bisogno degli anziani, ma anche gli anziani hanno bisogno dei giovani. Non solo i ricchi hanno bisogno dei poveri – in certi casi hanno più bisogno i ricchi che i poveri – e i poveri potrebbero avere bisogno dei ricchi. Così siamo debitori.
E se uno non volesse riconoscere questo insegnamento che ci vuole dare Gesù: che siamo debitori gli uni verso gli altri, che abbiamo bisogno gli uni degli altri? Sarebbe come quel servo che ha ricevuto il condono di 10mila talenti e poi non vuole rimettere poche monete che gli deve il suo compagno.
La grande lezione che ci vuole dare Gesù é questa: noi dobbiamo riconoscere che abbiamo bisogno gli uni degli altri e perciò dobbiamo essere buoni gli uni verso gli altri in ogni circostanza. Dice Gesù che il Padre ci tratterà come noi abbiamo trattato i nostri fratelli. Guardate che, il trattamento che il Padre farà non é tanto quello dell’altra vita di mandarci all’inferno con i dannati se non siamo buoni con i nostri fratelli, ma sarà anche nella vita presente. Se uno non ha la bontà nel cuore, se non ha rispetto per gli altri, se non ha sentimenti buoni nel cuore – si può dire e non é una esagerazione – che ha l’inferno nel cuore, perché é dispettoso, invidioso, geloso, cattivo. Se non ha la pace nel cuore, non ha neppure la serenità e la pace nello sguardo e lo vediamo imbronciato e cattivo e solo. Quindi già da questa vita riceve il castigo della sua mancanza di bontà verso gli altri.
Allora, la conclusione cui dovete pensare é questa: sono io buono con gli altri? Gli altri, non andateli a cercare tanto lontano. Gli altri siete voi che vivete insieme, siete voi quando siete in casa col vostro papà e con la vostra mamma, con i fratelli e le sorelle. Qui siete buoni o meno buoni, ognuno di voi verso gli altri.
Abituatevi alla delicatezza, ai modi buoni e gentili come vuole il Padre nostro che sta nei cieli. Se lo chiamiamo Padre nostro, vuole dire che fra di noi siamo fratelli e i fratelli in che cosa si devono distinguere se non nel volersi bene?
Dunque vogliatevi bene come vuole il Signore.
[1] Dal registratore- 8 settembre 1967
OM 107 Seminario 67