Noi contemporaneamente siamo proiettati verso la trascendenza di Dio e immersi nella sua presenza.
……….a cui dobbiamo dedicarci è quello di avere chiaro dinanzi a noi il senso di un ritiro.
Si tratta, da una parte della presenza attiva, operante del Padre, del Figlio dello Spirito Santo, e dall’altra parte dell’ascolto della parola, e dalla celebrazione liturgica delle ore e soprattutto di quella eucaristica.
Dunque, si tratta prima di tutto di una presenza.
La presenza é condizionata – diciamo così con una parola non pienamente chiara – dal fatto di essere in più di due riuniti insieme. E il Signore promette la sua presenza, Gesù dice: dove due o più saranno riuniti nel mio nome, là sarò presente anch’io.
La presenza di Dio nella Parola.
La Parola ha una parte preminente, la parte più estesa del tempo del nostro ritiro. Sapete che, dove si annuncia la Parola attraverso il ministero della chiesa e specialmente attraverso il ministero del vescovo, che é il primo dei suoi ministeri, é Gesù che parla.
E la parola di Gesù, la parola di Dio in genere, non é semplicemente il suono di una voce, é essenzialmente ancora una presenza attiva di Dio, nostro salvatore.
Dio porta avanti di un passo, di due passi, di tre passi di quello che vuole, perché lui é sovranamente libero: la nostra salvezza.
Dio è presente, intento, in quest’operazione.
La presenza di Dio é assicurata durante la celebrazione delle ore liturgiche. Celebreremo, come abbiamo fatto, dopo la recita di nona, celebreremo i vespri, stasera, e poi soprattutto la presenza operante di Dio nella celebrazione eucaristica. Qui siamo al vertice e alla radice della presenza di Dio e della sua azione. Qui, nella celebrazione eucaristica si compendia il tutto: é presente il tutto.
Ma io sono preoccupato – spero che questa preoccupazione sia nell’ordine della volontà di Dio e del suo piano – di dare un senso a questo ritiro.
Io mi propongo, e penso di interpretare il proposito di Dio specialmente riferendomi all’evangelista San Giovanni e a San Paolo – di introdurvi – per dire così- in quello che il Cardinale Martini nella sua prima lettera alla Diocesi ha definito: la dimensione contemplativa della vita cristiana.
Da questa altezza della collina di san Fidenzio, in giornate buone, limpide, con lo sguardo noi vediamo, meglio contempliamo, tutto quello che ci sta dinnanzi. Intravediamo la città di Verona, la pianura disseminata di casolari e poi vigne e poi piante. Noi non ci domandiamo che piante sono, che case sono, che città é. Noi con uno sguardo attento, stupito, gioioso, contempliamo una realtà che sta sotto ai nostri occhi. Non facciamo un’analisi delle cose che vedono i nostri occhi, ma ci lasciamo riempire proprio gli occhi di colori, di luce, di sensazioni che ci fanno bene. Così è delle realtà della nostra fede.
Noi possiamo impegnarci a capire ognuna delle realtà della nostra fede, con un impegno intellettuale di conoscenza, attraverso anche il magistero della chiesa che é quello più completo nel proporci le realtà rivelate.
Non é questo che noi vogliamo fare con uno studio. Non é che noi vogliamo apprendere qualche cosa di più, conoscere qualche cosa di più anche se la conoscenza poi -vedremo – é molto impegnata in un senso ben preciso.
Noi dobbiamo lasciarci penetrare dal senso della solenne grandiosità delle meraviglie di Dio, rivelate, proposte, avvenute, e che accadono ancora attraverso questo dialogo che si é stabilito tra il cielo e la terra, tra Dio e l’uomo.
Dobbiamo toglierci da un certo senso di angustia che ci prende nella nostra vita e nella nostra giornata, per cui siamo come condizionati da tante piccole cose. Piccole, piccole cose di fronte alle meraviglie di Dio!
Dobbiamo entrare nella grandiosità delle meraviglie di Dio, uscire dai nostri limiti, dai limiti che ci circondano e dal mondo che ci angustia appunto con i sui problemi che non hanno soluzioni, perché non si lascia coinvolgere dall’azione salvifica di Dio.
Non so fino a che punto ho reso il mio pensiero.
Cerco di fare non dico degli esempi, ma di richiamare le cose principali.
Dio che rivela se steso:
la sua potenza,
la sua grandezza,
la sua ira,
la sua misericordia,
la sua sapienza –
in una parola che poi mediteremo a parte- nella sua gloria, che é la presenza della potenza di Dio rivolta verso il disegno della nostra salvezza.
Ma intanto riflettiamo: noi partecipiamo della natura di Dio.
Partecipiamo della natura di Dio. Noi, tutta la nostra persona, corpo e anima, partecipiamo della natura di Dio che si unisce alla nostra natura per purificarla ed elevarla infinitamente al di sopra di quello che si possa pensare o desiderare.
Seconda affermazione
Noi partecipiamo all’esistenza di Dio, alla vita di Dio.
Dico l’esistenza per adeguarmi e per adeguarci al nostro vivere nella successione dei tempi, che corrispondono, da parte di Dio, in un presente sempre vivo e attivo, per cui noi diventiamo, giorno dopo giorno sempre più partecipi della vita di Dio, del suo essere e del suo operare dentro di se stesso, nella relazione tra il Padre il Figlio e lo Spirito Santo, e nei suoi rapporti con ognuno di noi.
Non é stupendo tutto questo?
Non é grandioso?
Noi, impegnati quotidianamente in una certa quotidianità necessaria, ma dalla quale, non dico dobbiamo sottrarci o nasconderci, ma elevarci per abitare con il nostro spirito ad un livello infinitamente superiore, che non é fantastico ma é realissimo. Molto più reale di quanto non siamo a noi stessi che ci tocchiamo con le mani, molto più reale di quello che vediamo, udiamo, gustiamo-ripeto- nella nostra quotidianità.
Di questo Dio, noi siamo figli.
Si fa presto dire “figli di Dio” si fa presto dire “Padre nostro”.
Dio é nostro padre infinitamente di più di quanto lo sia un padre qui in terra: un padre buono, un padre santo, un padre amabile, un padre amante.
Dio é infinitamente più padre di qualunque paternità che esista sopra la terra. E la paternità di Dio vuol dire un rapporto non solo tra creatore e creatura – c’é anche questo rapporto – ma che questa natura é elevata, dopo essere purificata, a queste altezze in cui palpita la paternità di Dio del quale siamo figli.
Il Dio della rivelazione non é un Dio generico, un Dio che corrisponde a determinate categorie filosofiche o anche teologiche.
Il Dio della rivelazione é un Dio ben definito non da definizioni scolastiche o di altro genere, ma dal suo rivelarsi nei fatti, negli avvenimenti della rivelazione e della storia della salvezza, quindi se siamo figli del padre siamo fratelli con il Figlio.
Fratelli con il Figlio!
Siamo fratelli tra di noi perché abbiamo un unico padre e un unico salvatore che é Gesù Cristo.
Ma abbiamo un rapporto sicuro, certo, vitale con il Figlio, per cui ci fa partecipe della sua figliolanza. Noi entriamo in quella corrente infinita, vorticosa, per cui il Padre ininterrottamente genera il Figlio, il Padre ininterrottamente genera i figli con il Figlio.
Un’altra meraviglia.
Noi siamo la dimora di Dio e si manifesta nella presenza in noi dello Spirito Santo di cui siamo il tabernacolo, di cui anche il nostro corpo é un tempio di questa dimora dello Spirito Santo.
Noi contemporaneamente siamo proiettati verso la trascendenza di Dio e immersi nella sua presenza.
Lo Spirito Santo é in noi con certezza, con una sicurezza di ordine sacramentale, “nati dall’acqua e dallo Spirito Santo ”. E lo Spirito che é entrato in ognuno di noi non se ne va più.
Io, quando vado per le cresime dico agli adulti: ricordate la vostra cresima. Non é un fatto che appartiene al passato. E’ un evento che é ancora presente perché lo Spirito Santo che é disceso in voi non se né é andato più. Anche se lo avete dimenticato, anche se lo avete contristato, anche se gli avete resistito, lui sta alle porte del vostro spirito per poter entrare in ogni momento e compiere la sua missione che é quella di introdurre nella verità e dare forza alla nostra debolezza, soprattutto a diffondere nei nostri cuori la capacità di amare di Dio stesso.
Ecco. Ultimo punto. La meta del nostro ritiro.
Perché facciamo questo ritiro che ci vuole introdurre nella dimensione contemplativa della nostra vita spirituale?
Le mete sono i frutti o i doni dello Spirito Santo:
la certezza,
la sicurezza,
la pace,
la gioia.
Alle volte ci muoviamo tastoni come per incerto. Crediamo ma la nostra fede non é limpida, chiara, cristallina, per cui quello che é, é per noi. Noi siamo radicalmente fragili e lo costatiamo quotidianamente, noi per questo abbiamo bisogno di certezza e la certezza la acquisteremo nella misura in cui contempleremo, con uno sguardo disponibile ed amoroso tutte le meraviglie di Dio che egli compie in noi.
Lo Spirito Santo rende testimonianza al nostro spirito che siamo figli di Dio.
E come!
Una fonte di certezza é lo Spirito Santo che portiamo in noi. “Rende testimonianza al nostro spirito che siamo figli di Dio” non é solo un modo di dire. San Giovanni dirà: é tutto vero, é tutto reale, ma non sappiamo ancora quello che sarà realmente. Lo sapremo quando vedremo Dio faccia a faccia.
Certezza, sicurezza.
Anche qui noi siamo degli insicuri, non soltanto dei fragili ma degli insicuri. Alle volte cerchiamo motivi di sicurezza nell’economia, nella scienza, nella tecnica, Come confida l’uomo moderno nella tecnica! Però, se guarda bene, poi si accorge che tutti i mezzi tecnici, alla fine non portano a maggiore sicurezza, ma addirittura come conseguenza ultima dell’orgoglio del mondo, alla distruzione totale, apocalittica.
Pace.
Abbiamo bisogno di essere pacificati. Non soltanto di essere in pace con gli altri. Anche di essere in pace con gli altri! Anche essere portatori di pace, portatori di serenità, portatori di saggezza, per cui, nel dirimere le questioni noi non saliamo in cattedra ma ci lasciamo guidare dal nostro buon senso e soprattutto dal quel sentimento profondo che penetra le nostre coscienze e ci dice “pace”
Il Dio della pace apporti, circondi, penetri tutto il vostro essere perché siate in pace.
Il fine della redenzione è la gloria di Dio – vedremo che cos’è la gloria di Dio – e la pace agli uomini. Questo dono di Dio! Essere pacificati “beati i pacifici” che si nutrono giorno dopo giorno della pace, che Dio manda in terra “et in terra pax”
Come ultima conseguenza, non unica però, é la gioia.
I cristiani – mi pare che dicesse Nice- diventeranno credibili il giorno in cui prenderanno coscienza di essere dei salvati.
Dobbiamo lasciarci prendere da questo senso del bisogno di salvezza.
L’uomo occidentale rifiuta il bisogno di salvezza. Si dichiara infatti autosufficiente. Noi, invece, dobbiamo riconoscere con chiarezza, il nostro bisogno di salvezza e nello stesso tempo sapere con chiarezza, sapere con certezza, che Dio opera la nostra salvezza, al di là di ogni nostro pensiero, di ogni nostro desiderio perché noi non abbiamo la conoscenza e la coscienza sufficiente di che cosa sia la liberazione dal peccato e la generazione soprannaturale.
La rigenerazione soprannaturale!
Noi dobbiamo essere delle persone contente.
Anche nei momenti di prova, di oscurità, di aridità, di tentazione, di dubbio e così via dicendo, noi nel profondo del nostro spirito, dobbiamo coltivare una zona di contentezza, perché,
Dio é mio padre,
Dio é onnipotente,
Dio é sapientissimo,
Dio può fare tutto.
Può fare tutto!
Ecco, come vedete, nel suo complesso questo ritiro tende ad ampliare i nostri orizzonti, ad allargare il nostro cuore perché il cuore di Dio é più grande del nostro, a portare – ripeto- certezza, sicurezza, pace e gioia.