La preghiera è l’attività specifica della vita cristiana. Della preghiera si danno molte definizioni: tutte hanno qualche aspetto di verità, ma, nel senso del discorso che portiamo avanti, essa va intesa secondo il significato dell’evento della divina Rivelazione.
Il Concilio, nella costituzione sulla Liturgia, ha distinto la preghiera liturgica, quella comunitaria e quella personale. Il tema che io intendo prendere in esame, è la preghiera personale.
La prospettiva non sarà quella dell’uomo che cerca Dio, ma del Dio che cerca l’uomo. Si è tanto insistito sullo sforzo dell’uomo che cerca Dio; ma non si è tenuto presente una realtà che per la rivelazione cristiana è elementare: una lontananza quasi incolmabile del senso delle divine Scritture ha portato degli stravolgimenti che si sono rivelati estremamente dannosi per la vita cristiana
Il “Dio presente” della Bibbia è diventato un Dio irraggiungibile, lontano dall’uomo, per cui era naturale che nascesse il sospetto di un Dio indifferente alle vicende umane. E, se indifferente, perché costringerlo a interessarsi alle nostre persone e alle nostre cose?
La preghiera intesa come ricerca di Dio è normalmente soggetta alle variazioni della creatura umana: prego quando ne ho bisogno, prego quando mi sento, eccetera.
La preghiera, invece, va ricondotta nelle giuste prospettive: è Dio che cerca l’uomo, è Dio che vuole stare con l’uomo, è Dio che trova la sua gioia a stare con i figli degli uomini. Questo fatto è insospettabile, è sorprendente, è destinato a riempire il cuore dell’uomo della gioia piú ineffabile.
Certo che, come per altri aspetti della vita cristiana, questo richiede un capovolgimento di mentalità, che, in certo qual modo, cancelli quanto era ritenuto in passato un patrimonio da custodire gelosamente.
Quanto ho detto sul “Dio presente” va tutto richiamato in questo momento: quando io penso di mettermi alla presenza di Dio, Egli c’è già. Il suo amore infinito è già tutto proteso verso la mia persona e a tutto ciò che mi sta a cuore, non per concedermi delle grazie, ma per donarmi la sua grazia, che, come abbiamo già ripetuto, è una partecipazione reale alla sua vita, al suo essere, alla potenza del suo amore. E’ Padre che mi concepisce e mi realizza come suo figlio; è Gesú che venendo a portarmi la sua vita sovrabbondante, mi comunica la capacità di amare i figli di Dio e tutte le creature con l’amore con cui egli ama il Padre; è lo Spirito Santo che rende attuale il progetto del Padre e l’opera del Figlio. Io non mi sorprendo soltanto alla presenza di Dio, delle Divine Persone, ma anche nel cuore delle meraviglie compiute dal mio Dio in tutta l’estensione del tempo e dello spazio. La preghiera infatti mi mette in comunione con Dio e con le sue creature: « la creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio » (Rm 8, 19).
Durante la preghiera io mi trovo dinanzi al Dio della salvezza le cui opere e parole non appartengono al passato, ma sono realmente attuali. E’ in questo momento che il Padre mi ama al punto di donarmi suo Figlio: « Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito » (Gv 3, 20), « egli che non ha risparmiato il proprio figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci darà ogni cosa insieme con Lui? » (Rm 8, 32). E’ ancora in questo momento che il Figlio mi dona se stesso: « questa vita nella carne io la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me » (Gal 2, 20). E’ ancora lo Spirito Santo che in ogni momento diffonde l’amore di Dio nei nostri cuori (cfr Rm 5, 5).
L’atteggiamento di chi prega è mettersi e stare in contatto col Dio presente. A questo punto si pone il problema del raccoglimento, che non va concepito come un vuoto della mente e della fantasia, ma come l’accoglienza dell’iniziativa e dell’azione dello Spirito Santo, che apre il nostro spirito e lo rende disponibile alla presenza e all’azione di Dio.
Questa attenzione e questa disponibilità ci aprono all’amore di Dio, che vuole comunicare tutto se stesso alla creatura umana: il suo essere, la sua vita, la sua potenza e sapienza, la sua tenerezza e bellezza, cioè tutto il mistero insondabile della sua realtà. Ciò che i testi della divina Rivelazione ci dicono di Dio è vero, ma questi non possono manifestare tutta la verità di Dio. Al di là della lettera delle Scritture c’è l’infinito, che sarà rivelato, in pienezza, nella gloria. Ora vediamo come in uno specchio, in figura, nel mistero; ma questa visione è destinata a progredire nella misura della nostra attenzione e disponibilità all’azione dello Spirito, il quale ha il compito di introdurci in tutta intera la verità (cfr Gv 16, 13).
Nasce così il problema della contemplazione, che è la maturazione e il culmine della preghiera. Non è un disimpegno, è invece lasciarci inondare dalla pienezza dell’amore di Dio, diffuso nei nostri cuori dallo Spirito Santo, che urge il nostro essere a rispondere a tutte le sollecitazioni dell’amore: dalla intimità sempre piú profonda con il Padre, con il Figlio e con lo Spirito Santo, all’impegno di amare i nostri fratelli, le nostre sorelle e tutte le creature.
La contemplazione non è un privilegio, è il frutto naturale del Battesimo e la conseguenza della consapevolezza sempre piú chiara del dono di essere figli del Padre, ricolmi della vita del Figlio e animati dallo Spirito Santo.
E’ giusto chiedersi se nella preghiera personale si debbano esprimere sentimenti particolari. La risposta è affermativa. L’intimità con le Divine Persone e la comunione con le creature suscitano sentimenti diversi.
Le Divine Persone sono protese verso chi è attento e disponibile e, nel momento della preghiera, esprimono e comunicano la pienezza del loro amore. Ora è naturale la risposta che lo Spirito Santo, con gemiti inenarrabili, suscita nei nostri cuori e che si coglie specialmente nella ricchezza e nella varietà dei salmi, dove emergono sentimenti di adorazione, di gratitudine, di perdono, di domanda, di lode e di glorificazione. La docilità allo Spirito Santo ci spinge a fare nostri questi sentimenti al fine di realizzare un rapporto autentico e pieno col nostro Dio.
La preghiera personale non è individuale: ha l’estensione di tutto l’universo creato e redento. E’ bello e gioioso ascoltare il silenzio, pensare di essere la voce di tutto il creato, con lo stupore e la meraviglia, con la lode e la gratitudine; di essere in comunione con chi crede e con chi non crede, con chi soffre e con chi gioisce, con chi è oppresso e con chi opprime, con chi fa il male e con chi fa il bene; di realizzare il piano di Dio e il comandamento di Suo Figlio.
L’ambito della preghiera non termina su questa terra, ma si apre sull’universo della gloria dove la Madre di Dio, gli Angeli e i Santi sono amati da Dio e amano Dio e tutte le sue creature.