Tricesimo,Udine,13-17 novembre,1974
All’origine del progetto c’è il Padre.
In questa meditazione non vi propongo una speculazione metafisica o concettuale su Dio Padre, ma il riverbero della paternità di Dio come si coglie nella storia della Rivelazione, nella storia del Popolo di Dio, nel Vangelo e nella vita della Chiesa. Per non entrare in sottigliezze, in distinzioni o precisazioni incominciamo dal Vangelo.
Nel vangelo esistono tre fasi, non in successione cronologica ma piuttosto in successione logica,
secondo le quali avviene la rivelazione del Padre.
–Gesù presenta Dio come Padre.
–Gesù afferma a varie riprese che Dio è suo Padre.
–Gesù, infine, ci fa sapere che Dio è nostro Padre.
La paternità di Dio, praticamente, è il Vangelo, é la buona novella annunziata.
La speculazione metafisica non ha detto niente del Padre. Nei nostri manuali c’era un trattato su Dio uno e trino con tanto di processioni, ma nessuna tesi su Dio Padre. Nel “De Verbo Incarnato” ci sono tante distinzioni tra le Divine Persone ma la persona, che sta come fondamento della persona di Gesù Cristo, è ignorata.
La speculazione metafisica non ha detto niente del Padre perché ha definito le Divine Persone secondo una ontologia astratta. Le Persone sono uguali e distinte, mentre la Rivelazione ce le svela nella economia della salvezza, nello svolgimento della salvezza con una personalità infinitamente distinta ed inconfondibile.
Potremo dire: anche gli uomini sono uguali e distinti, ma al di là della fisionomia, del carattere, del temperamento, delle condizioni sociali, esiste un fatto che li fa diversi e al di sopra di tutte le distinzioni. Prendiamo per esempio il fatto di essere “padri o madri”. La totalità della loro persona assume un rapporto irreversibile e vitale con l’altro nel quale essi sono riprodotti, si contemplano in una dimensione di esistenza, hanno una loro propria e unica e specifica continuità, e trovano una risposta vivente carica di capacità di amare. E’ il fatto più umano, più autenticamente umano, è il fatto più radicato nella natura umana.
Miei cari confratelli, se questo fatto non trova -non dico una compensazione-,ma un certo “di più” in una paternità ad un livello enormemente superiore, noi siamo dei falliti.
Tento di dire con parole banali l’impresa e l’avventura che corrisponde, nella esistenza umana, alla più grande gioia, alla più grande soddisfazione che corrisponde alla festa della vita. Ci sono tante feste ma questa é la festa della vita. Pensate alla gioia, alla festa di un papà e di una mamma allo sbocciare della loro prima creatura e di tutte le creature frutto del loro amore. Salvo ciò che di Dio dobbiamo credere, é riconosciuta la inadeguatezza delle nostre espressioni umane davanti al mistero. Dobbiamo pensare che l’esistenza di Dio è una festa ineffabile, traboccante di vita perché Dio è Padre.
L’esistenza di Dio non è semplicemente una “relatio ad” spoglia di elementi di vita, di vita traboccante di cui quella umana è un riflesso, una immagine infinitamente lontana. L’esistenza di Dio è una vita ineffabile e traboccante di vita perchè Egli é Padre, perché dice, esprime, comunica tutto se stesso in un atto infinitamente attuale di amore. La generazione eterna è una effusione infinita, in una accoglienza senza limiti di un atto di amore. Questa è la vita di Dio. Questa è la paternità di Dio che è una infinita contemplazione di una infinita bellezza in uno specchio infinitamente diveniente.
Lo splendore della sua gloria, l’immagine della sua divinità sono gli spiragli attraverso cui si intuisce il mistero. Il mistero di vita! La vita è la cosa più bella. La vita è la cosa più preziosa. La vita è la cosa più positiva. Questa vita bella, preziosa e positiva è appesa ad un filo.
La vita di Dio, invece, é infinitamente stabile e non statica. La vita di Dio é infinitamente sicura. Così,.. tanto per dire una parola umana. Il mistero della vita in Dio è: la propria vita stabilita in un’altra esistenza eterna da dove arriva la risposta di un amore infinito all’amore infinito.
Il Figlio è presente. Il Figlio dice a sua volta, eternamente ed infinitamente, l’eco della parola del Padre. Ripeto, questo è molto un balbettare di cose ineffabili che, però, non sono aliene dalla nostra persona, dalla nostra vita, dalla nostra esistenza, dalle nostre vicende personali, perché con l’incarnazione ha fatto irruzione nella storia il mistero della paternità di Dio. Con l’incarnazione ha fatto irruzione nella storia il mistero di un amore che si comunica personalmente e genera e rende partecipi.
Le affermazioni di Gesù: “Qui videt me videt pater meum” Gesù, rivelazione del Padre. Gesù, frutto della paternità di Dio. Gesù, espressione umana vivente della paternità di Dio. “Pater amat vos” ! C’è una parola in san Giovanni che vale tutto il vangelo: “Come il Padre ha amato me così ama voi”.
Quindi, il fatto della salvezza, la vita cristiana, la nostra vita di battezzati è questo fatto dell’amore discendente del Padre che, attraverso il Figlio e nello Spirito, raggiunge ciascheduno di noi. Dall’altra parte, sotto l’azione dello Spirito di Dio, ci deve essere la nostra risposta ad un amore paterno infinito. Ci deve essere il nostro amore filiale in risposta all’amore paterno di Dio. La certezza che Dio ci e Padre equivale alla certezza che noi siamo figli del Padre. San Paolo dirà: lo Spirito insieme al nostro spirito ci dà la garanzia che noi siamo figli di Dio.
Questo fatto, questo evento, questa realtà che noi siamo per Dio dei figli, questa realtà che per il Padre che sta nei cieli, noi siamo i suoi figli, costituisce – non abbiamo altre parole – l’ essere introdotti nella realtà vivente della paternità di Dio, l’ essere introdotti nella ricchezza di vita che è la paternità di Dio, l’ essere introdotti nella festa di vita che è la paternità di Dio, l’ essere introdotti nella gioia infinita di Dio di essere Padre.
E’ infinitamente felice Iddio perché è Padre del suo Figlio.
Il Figlio è infinitamente felice di essere il Figlio del Padre.
Ricordiamo la parabola del figlio prodigo. Come nelle parabile della pecorella smarrita, della dracma ritrovata, l’ intento dell’evangelista è di mettere in evidenza la festa che si fa per ciò che è ritrovato. Non si fa festa per l’interesse, per la fortuna di avere ritrovato. Si fa festa perché c’è la gioia di un cuore, perché ciò che mancava al cuore non manca più. E questo cuore è il cuore del Padre. Il luogo della festa è il cuore del Padre.
La conclusione della parabola. Alzatosi andò da suo Padre. Lo vide il Padre mentre ancora era lontano e ne ebbe pietà. Allora correndogli incontro gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre ho peccato contro il cielo e in faccia a te, non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Ma il Padre ordinò ai suoi servi di portare subito la veste più bella e rivestitelo, di mettetegli un anello al dito e i calzari ai piedi, di prendete il vitello grasso, perché si banchetti,si faccia festa. Perché? “Questo mio figlio era morto ed è ritornato in vita, era perduto ed è ritornato. Si era perduto e si è ritrovato.
Questo motivo di festa è il vangelo. C’è un motivo di festa, perché c’è una gioia del cuore. Noi siamo chiamati ad osservare i comandamenti della legge di Dio nella gioia, perché Dio ha trasformato la nostra persona e, da schiavi ha fatto di noi i suoi figli ed ha mandato il suo Spirito perché diventassimo capaci di rispondere all’amore. Ma, l’origine di tutto è l’amore di Dio per noi.
Se dimentichiamo l’amore ci allontaniamo dalla sorgente di ogni possibilità di osservare i comandamenti. Se non siamo contenti dell’Amore, abbiamo perduto ogni senso di dignità. E se la nostra vita è una vita cristiana, deve essere una vita di amore e di gioia. “Vi ho detto tutte queste cose perché la mia gioia si in voi e perché la vostra gioia sia piena”! Certamente, la gioia di Gesù, è la gioia di essere Figlio del Padre
Ci sono dei temi della Rivelazione che sono normalmente ignorati mentre sono tanto evidenziati e in primo piano nella Rivelazione.
Che conto facciamo della gioia della nostra vita? Noi abbiamo bisogno di gioia. Noi abbiamo bisogno di motivi di serenità. Noi abbiamo bisogno di certezze che garantiscano le nostre speranze.
Dove le troviamo per noi, per gli altri? Dov’è la nostra gioia? Dove sono le nostre feste?
Evidentemente non ci può essere né gioia né festa se dinanzi ad ogni motivo di tristezza, dinanzi ad ogni motivo di insuccesso, dinanzi ad ogni motivo di scoraggiamento, dinanzi ad ogni motivo di difficoltà non affiora spontaneamente questa risposta convinta: ma io ho il Padre.
Se Dio è con noi chi sarà contro di noi?
“Non abbiate paura, io sono con voi”.
OM 718 Udine 74
Tricesimo,Udine,13-17 novembre,1974