Messa vespertina del giorno di Pasqua 1968 in Sant’ Andrea
La vostra presenza numerosa mi dice che sentite la festa di Pasqua.
Ma la capite la festa di Pasqua?
Per la comune comprensione, forse, é più facile capire il Natale. La Pasqua può confondersi con il momento dell’anno particolarmente in sintonia tra ciò che avviene nella natura che si rinnova, tra ciò che avviene nelle nostre case che si ripuliscono con più cura, tra ciò che avviene per le nostre persone che in questa occasione abitualmente rinnovano il vestito, e con quello che avviene nelle nostre chiese spoglie fino alla settimana passata e oggi luminose.
C’è qualche cosa di più profondo. Accanto ai confessionali c’è ancora molta gente che attende per confessarsi e poi portarsi a fare la santa comunione. La santa comunione é fare Pasqua religiosamente. E’ vero anche questo. E’ giusto, é doveroso, ma mi permetto di insistere: di tutto questo ne comprendiamo il significato? Di questo rinnovamento, di queste cose fresche che danno il senso della novità della vita, siamo capaci di scoprirne la sorgente vera ed autentica?
Se io vi dicessi: < la Pasqua é il cristianesimo, < la Pasqua é l’unica vera festa del cristianesimo, la Pasqua non dobbiamo celebrarla soltanto una volta all’anno ma dobbiamo celebrarla sempre, e non soltanto quando veniamo in chiesa, ma dobbiamo celebrarla nella nostra esistenza quotidiana, che cosa mi rispondereste?
Eppure é così.
Iddio nel suo amore infinito, si é proposto di salvare gli uomini, ha incominciato a preparare la vera salvezza, quella che prende tutta la persona, dai primordi della storia della salvezza. Il popolo di Israele schiavo in Egitto, per l’intervento di Dio é liberato dalla schiavitù; Dio con i suoi prodigi accompagna il suo lungo peregrinare nel deserto e lo fa giungere alla terra promessa. Questo fatto, Iddio, lo tiene sempre presente nella memoria del suo popolo e, gradatamente, con una pazienza infinita, per mezzo dei suoi profeti, ne rende possibile il significato.
E’ un passaggio da uno stato di schiavitù ad uno stato di libertà. E’ un passaggio da uno stato di povertà ad uno di benessere non semplicemente materiale, ma soprattutto e definitivamente umano, e quindi ha la sua radice spirituale. E’ il passaggio dell’uomo dallo stato di schiavitù del peccato ad uno stato di libertà di figlio di Dio e alla condizione di figlio di Dio, erede del Padre, Signore di tutto ciò che esiste. Ma questo, che Dio ha fatto nel suo popolo, nel Vecchio Testamento, é soltanto un itinerario, sia pure spirituale o culturale e pedagogico, per portare tutto ciò che era semplicemente un ammaestramento in senso morale e in “figura”, ad una realtà.
La realtà del passaggio dalla schiavitù alla condizione di libertà e di pienezza di vita, la realtà del passaggio dell’uomo dallo stato di schiavitù del peccato ad uno stato di libertà di figlio di Dio e alla condizione di figlio di Dio, erede del Padre, Signore di tutto ciò che esiste, avviene: quando Gesù Cristo diventa la nostra Pasqua, quando il Figlio di Dio: si fa uomo e con la sua morte in croce distrugge il peccato e distrugge la conseguenza del peccato con la sua vittoria sulla morte.
Gesù, passando attraverso la morte giunge non al sepolcro, passa per il sepolcro, ma arriva alla risurrezione. Ecco la Pasqua. Questo è il passaggio che avviene in Cristo, questo é un fatto reale, questo è un fatto vitale che accade nella persona divina del Figlio di Dio fatto uomo.
Cristo si presenta a noi:
come il Signore che ha vinto la morte,
come il Signore che ha vinto il peccato,
come il Signore che dispone della vita,
come il Signore che porta la vita nuova abbondantemente nel mondo.
Cristo é la nostra Pasqua.
Direte: ma il fatto personale della passione, morte e risurrezione di nostro Signore Gesù cristo appartiene alla storia. Sì. E’ un fatto storico accaduto nel passato ma Cristo é vivo, Cristo é attuale, Cristo siede alla destra del Padre e si é impegnato ad essere in mezzo al mondo fino alla fine, per continuare la sua Pasqua con i discepoli. Perciò ha dotato la sua chiesa degli strumenti necessari affinché: la sua Pasqua personale diventi la nostra Pasqua personale, il suo passaggio dalla morte alla vita diventi una possibilità per noi, personalmente, di passare dalla morte alla vita: di passare da una vita di cristiano incipiente a una vita cristiana che cresce, di passare da una vita cristiana adolescente, ad una vita cristiana adulta e piena.
Questo avviene attraverso tutti i mezzi di santificazione di cui Gesù Cristo salvatore ha dotato la sua chiesa e che sono i sacramenti. E fondamentalmente è il Battesimo. Che cos’è il Battesimo nella nostra vita?
Ne sappiamo qualche cosa del suo valore del suo contenuto di vita spirituale?
Nel nostro catechismo abbiamo imparato che il Battesimo imprime il carattere e che il carattere é qualche cosa che non si cancella mai.
Questo carattere, questo “segno” é come il “laccio” di unione che non si spezza mai tra noi e la persona di Cristo, per cui siamo cristiani.
Questo segno, inciso nella nostra persona, non é qualche cosa di inerte o un semplice un distintivo che non ha funzione vitale; é un segno impresso in noi perché diventi tramite di vita tra Cristo e noi: tra Cristo che muore e distrugge il peccato e noi che abbiamo bisogno di essere liberati dai nostri peccati; tra Cristo che risorge e porta la vita nuova e noi che abbiamo bisogno di affermare quella vita interiore che ci renda capaci di vivere non semplicemente “da nati” dalla carne e dal sangue, ma “da nati” da Dio: da figli di Dio.
Il Battesimo, allora, non é un fatto accaduto nei primi giorni della nostra esistenza, ma é una entità che portiamo sempre con noi, che purtroppo conosciamo poco, che qualche volta trascuriamo, ma che non possiamo cancellare.
Dobbiamo scoprirne tutto il valore, tutta la portata, tutta la forza, tutta la grazia per renderlo attuale in ogni giorno della nostra esistenza.
La Pasqua non deve essere un fatto di ogni giorno, cioè, tutti i giorni devono essere un passaggio – non un passaggio perché il tempo scorre – ma un passaggio da una condizione che é più vicina al peccato ad una condizione più vicina alla vita; dalla condizione più vicina di morte alla condizione più vicina di grazia: alla santità, alla ricchezza della vita interiore, alla sovrabbondanza di ciò che deve costituire il patrimonio intimo di ognuno di noi. Ogni giorno deve essere Pasqua.
Cari figliuoli, é così che concepiamo la nostra esistenza?
La celebrazione della Pasqua ci deve ricordare Cristo risorto.
Il nostro Battesimo ci deve ricordare il nostro impegno cristiano di uomini e donne, che vogliono vivere da cristiani e allora si allontanano e non si avvicinano alla morte. La morte spirituale deve essere ogni giorno di più allontanata da noi con un’affermazione di vita sempre migliore.
Non é vero che, tutti noi indistintamente, abbiamo fatto la esperienza, al termine di una giornata, di essere più contenti e più soddisfatti perché siamo stati più buoni?
Fare questo come impegno cristiano, come frutto del nostro Battesimo, come corrispondenza alla nostra vocazione di figli di Dio, é fare Pasqua, è lasciare che Cristo con la sua grazia e con la sua forza ci renda più vivi e quindi più contenti.
Davanti al ricordo di Cristo risorto, al pensiero della realtà del nostro Battesimo, poniamo l’impegno della nostra vita quotidiana. Facciamo Pasqua, non solo adesso che ci andiamo a confessare e ci accostiamo alla comunione, ma facciamo Pasqua ogni giorno nello sforzo di diventare più buoni.
OM 110 Pasqua 68 – Messa di Pasqua delle 17,30 in Sant’ Andrea 1968