L’ambito del tema
La missione salvifica dei laici corrisponde alla missione salvifica della Chiesa, è intrinseca al suo mistero divino-umano, alla appartenenza al popolo di Dio ed è necessariamente implicata alla sua responsabilità missionaria.
Se il decreto sull’apostolato dei laici prescindesse dalla costituzione sulla Chiesa, resterebbe tutto al più un documento di metodologia apostolica, senza contenuto teologico, quindi senza fondamento soprannaturale e privo degli elementi propri per una efficacia apostolica.
La Chiesa è il luogo, il tempo e lo strumento dove il movimento incontenibile della pienezza della vita trinitaria si comunica agli uomini per prestare loro le capacità di essere e di vivere a immagine e somiglianza delle divine Persone, e a tal punto che la comunione a una stessa vita che caratterizza quella del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo diventi sorgente e forza di movimento intercomunicante di vita tra le persone degli uomini.
La figura biblica del Popolo di Dio che descrive più ampiamente il mistero della Chiesa non è una entità etnica o politica di natura sacrale, ma è piuttosto una entità sociologica di uomini che attendono l’ora di entrare nella terra promessa dei doni di Dio, che equivarrà alla partecipazione alla ricchezza inesauribile della sua vita. Così le altre figure (casa, vigna, ovile, sposa, ecc.) pongono sempre l’accento sui diversi aspetti della dinamicità di vita che ha per termine la comunione con Dio e degli uomini tra di loro.
San Giovanni esprime questa straripante comunicazione di vita con le parole: « come il Padre che vive ha mandato me, ed io vivo per il Padre, così chi mangia me, vivrà anch’egli per me » (6, 57); dove al ricevere corrisponde il donare e al vivere il comunicare.
Questa linea del movimento della salvezza è una espressione analogica che tenta di descrivere e di far intravedere il contenuto del mistero salvifico, che « nascosto » viene manifestato, per essere conosciuto e comunicato. Va dalle relazioni sussistenti delle divine Persone; alla missione del Verbo, alla sua Incarnazione e Redenzione; alla missione dello Spirito Santo sovranamente libera nella sua azione, e sicuramente presente e operante nella Parola, nei Segni sacri e nella Comunità.
Perciò la Chiesa è necessariamente istituzione concreta, incarnata e operante nella storia, organicamente strutturata come un corpo vivente e un popolo gerarchicamente ordinato; ma è nello stesso tempo una istituzione che trascende le istituzioni puramente umane perché l’organicità delle strutture è decisamente vitale e divina e l’ordinamento gerarchico mentre è carico di tremendi poteri sacri è al servizio delle membra di cui solo Cristo è Capo e Signore, laddove i portatori di codesti poteri non ne sono che il segno e lo strumento.
Un altro passo che ci avvicina a comprendere la missione salvifica dei laici è il carattere sacramentale della Chiesa. La sacramentalità della Chiesa è un incomparabile merito della teologia moderna che ha rimesso in luce un modo originario di concepire la Chiesa e il Concilio ne ha fatto uno dei suoi grandi temi: le sue affermazioni sono esplicite, ricche, insistenti e nella sola « Lumen gentium » ve ne sono oltre quindici di significato inequivocabile.
L’apostolato dei laici nei documenti conciliari
La natura vitale organica soprannaturale della Chiesa non permette di ridurre i suoi aspetti a categorie puramente razionali dove ognuno di questi trova la sua collocazione indipendentemente dagli altri.
La vocazione dei laici all’apostolato, per esempio, il suo fondamento e il suo fine specifico derivano da tre aspetti della complessa e misteriosa realtà della Chiesa, tuttavia alla base della loro esistenza e della loro validità ed efficacia, rimane sempre la totalità della Chiesa. Quindi è per una ragione prevalente di metodo che metteremo in luce come la vocazione all’apostolato del laico derivi dalla sua appartenenza al Popolo di Dio; che il fondamento dell’apostolato è la natura sacramentale della Chiesa e che il fine specifico di codesto apostolato corrisponde al ruolo proprio dei laici nel Popolo di Dio.
E’ proprio il Concilio a metterci su questa via.
Appartenenza dei laici al Popolo di Dio e loro vocazione all’apostolato
Poiché bisogna che tutti, « operando conforme a verità, andiamo in ogni modo crescendo in colui che è il Capo, Cristo; da Lui infatti tutto il corpo, ben connesso e solidamente collegato, attraverso tutte le giunture di comunicazione, secondo l’attività proporzionata a ciascun membro, opera il suo accrescimento e si va edificando nella carità » (Ef. 4, 15-16).
Questo principio della divina economia è espressamente riconosciuto e ribadito dai Padri: « i sacri Pastori, sanno benissimo quanto contribuiscano i laici al bene di tutta la Chiesa. Sanno di non essere stati istituiti da Cristo per assumersi da soli tutto il peso della missione salvifica della Chiesa verso il mondo, ma che il loro eccelso ufficio è di pascere i fedeli e di riconoscere i loro ministeri e carismi, in modo che tutti cooperino concordemente, nella loro misura, al bene comune » (Lumen gentium, 30).
«Quantunque per volontà di Cristo alcuni siano costituiti dottori e dispensatori dei misteri di Cristo e pastori a favore degli altri, tuttavia vige tra tutti una vera uguaglianza riguardo alla dignità e all’azione comune a tutti nell’edificare il Corpo di Cristo » (ivi, 32).
«Il Signore infatti desiderava dilatare il suo regno anche per mezzo dei suoi fedeli laici, ecc. » (ivi, 36).
«I laici derivano il loro dovere e diritto all’apostolato dalla loro stessa unione con Cristo Capo. Infatti, inseriti nel Corpo mistico di Cristo per mezzo del battesimo, fortificati dallo Spirito Santo per mezzo della cresima, sono deputati dal Signore stesso all’apostolato.
«Vengono consacrati per formare un sacerdozio regale e una nazione santa onde offrire sacrifici spirituali mediante ogni attività e testimoniare dappertutto il Cristo » (Apostolicam actuositatem, 3).
L’affermazione precedente è ripresa dalla Costituzione « Lumen gentium » e sta a dimostrare come il Concilio veda l’apostolato dei laici come conseguenza della loro appartenenza al Popolo di Dio. Ecco il testo nella sua dichiarazione esplicita: « i fedeli incorporati a Cristo col battesimo sono destinati al culto della religione cristiana dal carattere, ed essendo rigenerati quali figli di Dio, sono tenuti a professare pubblicamente la fede ricevuta da Dio mediante la Chiesa. Col sacramento della confermazione vengono vincolati più perfettamente alla Chiesa, sono arricchiti di una speciale forza dallo Spirito Santo, e di conseguenza sono più strettamente obbligati a diffondere e a difendere con la parola e con l’opera la fede come veri testimoni dl Cristo » (Lumen gentium, 11; cfr. Apostolicam actuositatem, 1).
Ancora: « I laici, radunati nel Popolo di Dio e costituiti nell’unico Corpo di Cristo sotto un solo Capo, chiunque essi siano, sono chiamati come membri vivi a contribuire con tutte le loro forze, ricevute dalla bontà del Creatore e dalla grazia del Redentore, all’incremento della Chiesa e alla sua ascesa e santità.
L’apostolato dei laici è quindi partecipazione alla stessa missione salvifica della Chiesa, e a questo apostolato sono tutti destinati dal Signore stesso per mezzo del battesimo e della confermazione. Dai sacramenti poi, e specialmente dalla Eucarestia, viene comunicata e alimentata quella carità verso Dio e gli uomini, che è l’anima di tutto l’apostolato » (Lumen gentium, 33).
« Grava dunque su tutti i cristiani il glorioso peso di lavorare, perché il divino disegno di salvezza raggiunga ogni giorno più tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutta la terra. Sia perciò loro aperta qualunque via affinché, secondo le loro forze e le necessità dei tempi, anch’essi attivamente partecipino all’opera salvifica della Chiesa » (ivi 33). E il decreto Apostolicam actuositatem incalza: ” a tutti i cristiani quindi è imposto il nobile impegno di lavorare affinché il divino messaggio della salvezza sia conosciuto e accettato da tutti gli uomini, su tutta la terra » (n. 3). Perché è proprio per il carattere di universalità che adorna il Popolo di Dio che la Chiesa cattolica efficacemente e senza soste tende a ricapitolare tutta l’umanità con tutte le sue ricchezze, in Cristo Capo, nell’unità dello Spirito di Lui e a tutti i membri di questo popolo è rivolto l’ammonimento « ciascuno di voi metta a servizio degli altri il dono ricevuto, come buoni dispensatori delle diverse grazie ricevute da Dio» (1 Pt. 4, 10; Cfr. Lumen gentium, 13).
Natura sacramentale della Chiesa fondamento dell’apostolato dei laici
Il Concilio ha rimesso in luce la dottrina del « mistero », cioè del sacramento e l’ha ampiamente riscontrata nella sua meditazione sulla Chiesa, proponendola come uno dei grandi temi del suo magistero. E’ il Piano di Dio preparato dal Padre, realizzato dal Figlio, continuato nella Chiesa dallo Spirito. E’ la presenza di Dio tra gli uomini che si nasconde e si manifesta nel « segno » e opera la loro salvezza. Al tempo della preparazione il segno erano i « mirabilia Dei », al tempo della realizzazione delle « figure » è l’Umanità santissima del Verbo a Lui congiunta in unità di Persona e dopo la sua ascensione al Cielo è la Chiesa suo Corpo animata dallo Spirito Santo.
La natura genuina della Chiesa è quella di essere sacramentale e ha perciò « la caratteristica di essere nello stesso tempo umana e divina, visibile ma dotata di realtà invisibili, fervente nell’azione e dedita alla contemplazione, presente nel mondo e tuttavia pellegrina; tutto questo in modo che tutto ciò che in lei è umano sia ordinato e subordinato al divino, il visibile all’invisibile, l’azione alla contemplazione, la realtà presente alla futura città verso la quale siamo in camminati. In tal modo la liturgia (la quale, se non esaurisce tutta l’attività della Chiesa è dalle altre inscindibile e con esse il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù: cfr. nn. 9 e 10), mentre ogni giorno edifica quelli che sono nella Chiesa in tempio santo nel Signore, in abitazione di Dio nello Spirito, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo, nello stesso tempo e in modo mirabile irrobustisce le loro forze perché possano predicare il Cristo; e così a coloro che sono fuori mostra la Chiesa come vessillo innalzato sui popoli, sotto il quale i dispersi figli di Dio possono raccogliersi, finché si faccia un solo ovile e un solo pastore » (Sacrosanctum Concilium, 2).
In questa affermazione si trova in germe tutto l’orientamento del Concilio e, si può dire, tutti i documenti che sono seguiti ne hanno svolto il contenuto e il carattere eminentemente sacramentale.
Ecco alcuni tra i testi più significativi che descrivono l’arco che va da Cristo presente e operante nella Chiesa, alla Chiesa sacramento della sua azione salvifica, fino ai singoli membri, senza distinzione, i quali nella Chiesa sono strumenti responsabili ed efficaci della salvezza del mondo.
« Il solo Cristo, presente in mezzo a noi nel suo Corpo che è la Chiesa, è il Mediatore e la via della salvezza » (Lumen gentium, 14).
« Cristo è la vera vite che dà vita e fecondità ai tralci, cioè a noi, che per mezzo della Chiesa rimaniamo in Lui e senza di Lui nulla possiamo fare » (ivi, 6).
« Cristo, unico Mediatore, ha costituito sulla terra e incessantemente sostenta la sua Chiesa santa, comunità di fede, di speranza e di carità, quale organismo visibile attraverso il quale diffonde su tutti la verità e la grazia » (ivi, 8).
« Dio ha convocato tutti coloro che guardano con fede a Gesù, autore della salvezza e principio di unità e di pace, e ne ha costituito la Chiesa, perché sia per tutti e per i singoli sacramento visibile di quella unità salvifica » (ivi, 9).
« La Chiesa è in Cristo come un sacramento o segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano » (ivi, 1).
Il popolo messianico « costituito da Cristo per una comunione dl vita, di carità e di verità è pure lui assunto ad essere strumento della redenzione di tutti e, quale luce del mondo e sale della terra, è inviato a tutto il mondo » (ivi, 9).
I laici sono il Popolo di Dio, l’unico Corpo di Cristo e come tali devono contribuire « all’incremento della Chiesa e alla sua continua ascesa alla santità ». Questa loro vocazione è fondata sui Sacramenti del Battesimo e della Confermazione e alimentata dall’Eucaristia.
« Ma i laici sono soprattutto chiamati a rendere presente e operosa la Chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze, in cui essa non può diventare sale della terra se non per loro mezzo. Così ogni laico, per ragione degli stessi doni ricevuti, è testimonio e insieme vivo strumento della stessa missione della Chiesa ” secondo la misura con cui Cristo gli ha dato il suo dono” (Ef. 4, 7).
Oltre a questo apostolato, che spetta a tutti assolutamente i fedeli, i laici possono anche essere chiamati in diversi modi a collaborare più immediatamente con l’apostolato della Gerarchia, a somiglianza di quegli uomini e donne che aiutavano l’apostolo Paolo nell’evangelizzazione, faticando molto per il Signore (cfr. Flp. 4, 3; Rm. 16, 3 ss.). Hanno inoltre la capacità per essere assunti dalla Gerarchia ad esercitare per un fine spirituale, alcuni uffici ecclesiastici » (Lumen gentium, 33).
« L’apostolato si esercita nella fede, nella speranza e nella carità: virtù che lo Spirito Santo diffonde nel cuore di tutti i membri della Chiesa. Anzi in forza del precetto della carità, che è il più grande comando del Signore, ogni cristiano è sollecitato a procurare la gloria di Dio con l’avvento del suo regno e la vita eterna a tutti gli uomini: perché conoscano l’unico vero Dio e colui che egli ha mandato, Gesù Cristo.
A tutti i cristiani quindi è imposto il nobile impegno di lavorare affinché il divino messaggio della salvezza sia conosciuto e accettato da tutti gli uomini, su tutta la terra » (Apostolicam actuositatem, 3).
« I fedeli, che, dopo essere stati incorporati a Cristo col battesimo e costituiti Popolo di Dio e, nella loro misura, resi partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano» (Lumen gentium, 31).
« Il popolo messianico, pur non comprendendo in atto tutti gli uomini, e apparendo talora come un piccolo gregge, costituisce per tutta l’umanità un germe validissimo di unità, di speranza e di salvezza » (ivi, 9).
Le citazioni potrebbero continuare.
Il Concilio non lascia dubbi che l’apostolato nella Chiesa, quindi anche quello dei laici, ha il suo fondamento ultimo in Cristo al quale attinge mediante il suo inserimento nella Chiesa sacramento del Cristo, per mezzo del carattere del battesimo e della cresima e (nel caso dei ministri sacri) dell’ordine, con la partecipazione alla grazia di tutti i sacramenti, con la pratica delle virtù teologali e di quelle morali che ci configurano a Cristo « et hunc crucifixum » e l’esercizio degli uffici profetico, sacerdotale e regale, proprii dell’attività salvifica di tutto il Popolo di Dio.
Intenzionalmente abbiamo citato per ultimo il breve comma del n. 9 della « Lumen gentium », per un evangelico richiamo agli atteggiamenti di umiltà, interiorità e di fiducia che deve animare ogni azione nella Chiesa.
Il Concilio inoltre mette in risalto tre compiti che convengono all’apostolato dei laici; i compiti sono presentati alle volte in modo distinto, ma nella realtà sono esercitati come espressione di una unica vita personale o di gruppo, di una unica azione salvifica e lo scopo è la salvezza degli uomini, la edificazione di una città degna della persona umana e la liberazione stessa del creato.
Così ci sono dei testi che accentuano il dovere della testimonianza, altri quello della evangelizzazione, altri quello della animazione delle realtà temporali e della liberazione del cosmo dalla schiavitù della corruzione.
« Il Popolo santo di Dio partecipa pure dell’ufficio profetico di Cristo col diffondere dovunque la viva testimonianza di lui, soprattutto per mezzo di una vita di fede e di carità e con l’offrire a Dio un sacrificio di lode, cioè frutto di labbra acclamanti al nome di Lui » (Lumen gentium, 12).
« Ogni laico deve essere davanti al mondo un testimone della resurrezione e della vita del Signore Gesù e un segno del Dio vivo. Tutti insieme e ognuno per la sua parte, devono alimentare il mondo con i frutti spirituali e in esso diffondere lo spirito da cui sono animati quei poveri, miti e pacifici, che il Signore nel Vangelo proclamò beati. In una parola: ciò che l’anima è nel corpo questi siano nel mondo i cristiani » (ivi, 38).
« I laici quindi, anche quando sono occupati in cose temporali possono e devono esercitare una preziosa azione per la evangelizzazione del mondo. Che se alcuni di loro, in mancanza di sacri ministri o essendo questi impediti in regime di persecuzione, suppliscono alcuni uffici sacri secondo le loro facoltà; e se pure molti di loro spendono tutte le loro forze nel lavoro apostolico, bisogna tuttavia che tutti cooperino alla dilatazione e all’incremento del Regno di Cristo nel mondo. Perciò i laici si applichino con diligenza all’approfondimento della verità rivelata e impetrino insistentemente da Dio il dono della sapienza » (ivi, 35).
« Come i sacramenti della Nuova Legge, alimento della vita e dell’apostolato dei fedeli prefigurano un cielo nuovo e una nuova terra, così i laici diventano efficaci araldi della fede e delle cose sperate, se senza incertezze congiungono a una vita di fede la professione della fede. Questa evangelizzazione o annunzio di Cristo fatto con la testimonianza detta vita e con la parola acquista una certa nota specifica e una particolare efficacia, dal fatto che viene compiuta nelle comuni condizioni del secolo » (ivi, 35).
Ruolo dei laici nel Popolo di Dio e fine specifico del loro apostolato
I laici come membri del Popolo di Dio partecipano, per la loro parte, a tutta la missione salvifica della Chiesa, ma in questa missione hanno una parte propria e assolutamente necessaria (cfr. Apostolicam actuositatem, 1).
« Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio. Vivono nel secolo cioè implicati in tutti e singoli i doveri e affari del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta. Ivi sono chiamati da Dio a contribuire, quasi dall’interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo mediante l’esercizio del proprio ufficio e sotto la guida dello spirito evangelico, e in questo modo, a manifestare Cristo agli altri, principalmente con la testimonianza della loro stessa vita, e col fulgore della loro stessa fede, della loro speranza e carità » (Lumen gentium, 31).
« Tutte infatti le loro opere, le preghiere e le iniziative apostoli che, la vita coniugale e familiare, il lavoro giornaliero, il sollievo spirituale e corporale, se sono compiute nello Spirito, e persino le molestie della vita, se sono sopportate con pazienza, diventano spirituali sacrifici graditi a Dio per Gesù Cristo i quali nella celebrazione della Eucarestia sono piissimamente offerti al Padre insieme all’oblazione del Corpo del Signore. Così anche i laici, in quanto adoratori dovunque santamente operanti, consacrano a Dio il mondo stesso »(ivi, 34).
Non sfugge al Concilio la necessità di una distinzione e di una armonizzazione tra i diritti e i doveri che spettano ai laici come cittadini e fedeli: « per la stessa economia della salute imparino i fedeli a ben distinguere tra i diritti e i doveri che loro incombono in quanto sono aggregati alla Chiesa, e quelli che loro competono in quanto membri della società umana. Cerchino di metterli in armonia tra loro ricordandosi che in ogni cosa temporale devono essere guidati dalla coscienza cristiana, poiché nessuna attività umana neanche nelle cose temporali, può essere sottratta al comando di Dio. Al nostro tempo è sommamente necessario che questa distinzione e questa armonia risplendano nel modo più chiaro possibile nella maniera di agire dei fedeli, affinché la missione della Chiesa possa più pienamente rispondere alle particolari condizioni del mondo moderno » (ivi, 36). Ma i laici sono soprattutto chiamati a rendere presente e operosa la Chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze, in cui essa non può diventare sale della terra se non per mezzo loro. Così ogni laico, per ragione degli stessi doni ricevuti, è testimonio e insieme vivo strumento della stessa missione della Chiesa ” secondo la misura in cui Cristo gli ha dato il suo dono” (Ef. 4, 7) » (ivi, 33).
« Inoltre i laici, anche consociando le forze, risanino le istituzioni e le condizioni del mondo, se ve ne siano che spingono i costumi al peccato, così che tutte siano rese conformi alle norme della giustizia e, anziché ostacolare, favoriscano l’esercizio delle virtù. Così agendo impregneranno di valore morale la cultura e le opere umane. In questo modo il campo del mondo è meglio preparato per il seme della parola divina, e insieme più aperte sono le porte della Chiesa per le quali l’annunzio della pace entri nel mondo » (ivi, 36).
« I fedeli perciò devono conoscere la natura intima di tutta la creatura, il suo valore e la sua ordinazione alla lode di Dio, e aiutarsi a vicenda a una vita più santa anche con opere propriamente secolari; affinché il mondo sia imbevuto dello spirito di Cristo e raggiunga più efficacemente il suo fine nella giustizia, nella carità e nella pace. Nel compiere universalmente questo ufficio i laici hanno il posto di primo piano. Con la loro competenza quindi nelle profane discipline e con la loro attività, elevata intrinsecamente dalla grazia di Cristo, portino efficacemente l’opera loro perché i beni creati, secondo l’ordine del Creatore e la luce del suo Verbo, siano fatti progredire dal lavoro umano, dalla tecnica e dalla civile cultura per l’utilità di tutti assolutamente gli uomini e siano tra loro più convenientemente distribuiti e, nella loro misura, portino il progresso universale nella libertà umana e cristiana. Così Cristo per mezzo dei membri della Chiesa illuminerà sempre di più col suo salutare lume l’intera società umana » (ivi, 36).
« Ai laici tocca assumere la instaurazione dell’ordine temporale come compito proprio e, in esso, guidati dalla luce del Vangelo e dal pensiero della Chiesa e mossi dalla carità cristiana, operare direttamente e in modo concreto; come cittadini cooperare con gli altri cittadini secondo la specifica competenza e sotto la propria responsabilità; cercare dappertutto e in ogni cosa la giustizia del regno di Dio.
L’ordine temporale deve essere instaurato in modo che, nel rispetto integrale delle leggi sue proprie, sia reso ulteriormente conforme ai principi della vita cristiana e adattato alle svariate condizioni di luogo, di tempo e di popoli. Tra le opere di simile apostolato si distingue l’azione sociale dei cristiani, che il Concilio desidera oggi si estenda a tutto l’ambito dell’ordine temporale, anche a quello della cultura » (Apostolicam actuositatem, 7).
« Questa missione della Chiesa nel mondo i laici l’adempiono:
a) anzitutto nella coerenza della vita con la fede, mediante la quale diventano luce del mondo, e con la loro onestà in qualsiasi affare, con la quale attraggono tutti all’amore del vero e del bene, e in definitiva a Cristo e alla Chiesa;
b) con la carità fraterna con cui diventano partecipi delle condizioni di vita, di lavoro, dei dolori e delle aspirazioni dei fratelli, dispongono a poco a poco il cuore di tutti alla salutare operazione della grazia;
c) con pienezza di coscienza della propria parte nell’edificazione della società per cui si sforzano di svolgere la propria attività domestica, sociale, professionale, con cristiana magnanimità. Cosi il loro modo d’agire penetra un po’ alla volta l’ambiente di vita e di lavoro. (ivi, 13)
«Ai laici spettano propriamente, anche se non esclusivamente gli impegni e le attività temporali. Quando essi, dunque, agiscono quali cittadini del mondo, sia individualmente sia associati, non solo rispetteranno le leggi proprie di ciascuna disciplina, ma si sforzeranno di acquistarsi una vera perizia in quei campi. Daranno volentieri la loro cooperazione a quanti mirano a identiche finalità. Nel rispetto delle esigenze della fede e ripieni della sua forza, escogitino senza tregua nuove iniziative, ove occorra, e le realizzino. Spetta alla loro coscienza, già convenientemente formata, di inscrivere la legge divina nella vita della città terrena » (Gaudium et spes, 43).
« In questo regno anche le stesse creature saranno liberate dalla schiavitù della corruzione per partecipare alla gloriosa libertà dei figli di Dio. Certamente una grande promessa e un gran comandamento è dato ai discepoli: “infatti tutto è vostro, ma voi siete di Cristo, e Cristo è di Dio” (1 Cor. 3, 23) » (Lumen gentium, 36).
CARLO FERRARI
ST 217 Laici 66 [1]